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Would You Shot Your Sister If You Have To?

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All the places you have been

Trying to find a love supreme

(R.Williams, "Supreme")

***

FBI, Washington

h. 6:29 p.m.

C'erano momenti in cui le sembrava di aver sprecato la sua vita. La sensazione di perdita veniva dal profondo, era qualcosa che a volte nemmeno sentiva, eppure in certi giorni le dava malessere e svogliatezza.

Il senso del dovere la spingeva a continuare nel suo lavoro. Spesso alla fine della giornata si rendeva conto che, in fondo, era proprio quello il lavoro adatto per lei, perché il tempo volava, non si accorgeva nemmeno che l'ora di andare a casa era arrivata.

Come quella sera.

Quando anche l'ultimo collega d'ufficio fu uscito e lei ebbe risposto con un gesto appena accennato della mano, continuò per una buona mezz'ora a battere il rapporto riguardante le fotografie che le erano arrivate via fax. Lavorava meglio nella tranquillità della sera, piuttosto che in mezzo alle mille chiacchiere vuote e vane che i tre uomini scambiavano con una facilità quasi infantile.

"Ancora qui? Mi sa che stai lavorando troppo con Mulder e Scully."

Mel Carter alzò lo sguardo dal computer. "Ciao Walter. Ho quasi finito il rapporto." disse, mentre il vicedirettore, lasciata la sua postazione sulla soglia, si avvicinava alla scrivania.

"Hai anche finito l'orario di lavoro. Perché non vai a riposare un po'?"

"Lo sai che odio quando cerchi di farmi da padre... o da madre."

L'uomo sorrise leggermente. "Stavo andando a casa e ho pensato che magari avevi bisogno di un passaggio in macchina."

Mel scrollò le spalle. "Prendo il bus o un taxi. Voglio finire il rapporto." In realtà le mancava solo una frase, una rilettura e l'invio tramite fax, quindi avrebbe finito. Ma non aveva voglia di tornare a casa con Skinner. Era diventato iperprotettivo, le dava fastidio.

L'uomo annuì e la salutò: "Non diventare stakanovista come i due del seminterrato, ok?"

Mel salvò il file, lo inviò e spense il computer. Quando fu certa che Skinner era ormai andato via, raccolse la giacca e la borsa. Si fermò sulla soglia dell'ufficio che condivideva con i tre colleghi che in quel periodo riusciva a sopportare a malapena, e guardò le scrivanie disordinate, i computer spenti, i cestini della carta colmi, le lampade lucide appese ai soffitti senza crepe.

Di colpo piombò in un nitido ricordo, dove tutto era il contrario di quello che ora vedeva. Era sulla porta della camerata delle bambine all'orfanotrofio. Aveva diciotto anni e stava prendendo il volo, lasciando il nido caldo e accogliente che era diventato il Froebel da quando la madre superiora aveva lasciato tutto nelle mani di Suor Romana. Aveva un buon lavoro in un negozio di animali, con cui poteva mantenersi gli studi di veterinaria, e un piccolo ma estremamente utile conto in banca apertole da un angelo custode che lei sapeva chiamarsi Oliver Svanzen, ma che non si era mai dichiarato. Le file di letti perfettamente rifatti, divisi da poche tende logore ma perfettamente pulite, come le coperte e le lenzuola, spiccavano in una precisione militare, residui dell'organizzazione della madre superiora. I lampadari, utili solo per dare la sveglia negli scuri mattini d'inverno, erano appesi all'alto soffitto crepato, che rendeva la stanza impossibile da scaldare.

L'agente Carter chiuse gli occhi e sospirò. Quando li aprì, davanti a lei c'era di nuovo l'ufficio dell'FBI. Aveva aperto molte porte, in passato, e ci si era buttata attraverso senza esitazione. Il lavoro all'ABC Pet Shop, l'università di veterinaria, Quantico, l'FBI, le relazioni con Martin Fraser, Alex Krycek e Nathan, il trasferimento a Washington nella speranza di lavorare agli X-Files. In quel momento si chiedeva dove aveva trovato il coraggio per buttarcisi a capofitto, quando ora non trovava nemmeno il coraggio di inoltrare la domanda per ritornare ad essere un'agente operativa sul campo.

L'ascensore sussultò quando arrivò a fine corsa e le porte si aprirono dandole accesso al seminterrato. In quel momento ebbe l'impressione che oltrepassare la soglia introducesse in un mondo a parte. Le sembrava quasi di vedere un grande cartello di legno con la scritta:

"Benvenuti nell'Universo degli X-Files"

Sorrise e alzò la mano per bussare alla porta, ma si fermò. Dall'interno dell'ufficio proveniva la voce di Mulder, decisamente intento a cercare di convincere Scully che la sua teoria era vera e provata. Si sentì in colpa ad origliare. Avrebbe preferito sentirli discutere su ben altri argomenti, ma in realtà non aveva mai visto tra i due un atteggiamento affettuoso che andasse al di là di un bacio sulla mano. Questo, naturalmente, non serviva minimamente a scalfire la sua convinzione che tra i suoi due agenti preferiti ci fosse la più romantica storia d'amore dell'universo.

Finalmente si decise a bussare ed entrare.

"Sei ancora senza macchina." disse Mulder, senza perdersi in convenevoli.

Carter scrollò le spalle. "Sono venuta a salutare i miei stakanovisti preferiti, prima di andare a casa."

"Ti accompagno io, stavo giusto uscendo per andare ad Annapolis." disse Mulder.

"Appuntamento galante?"

"No, devo trovarmi con un medico..."

"Ah, sì, conosco anch'io un medico di Annapolis..."

Dana alzò gli occhi al cielo.

"Non Scully." Mulder raccolse una foto dalla scrivania. "Secondo me è un'autentica prova aliena, ma Scully non ci crede."

Mel fece una smorfia. "Perché dovrebbe?"

"Perché Scully dovrebbe crederci o perché questa dovrebbe essere aliena?"

Mel scrollò le spalle.

"Cicatrici tipiche di rapimenti alieni."

Carter gli rese la foto. "Passo. Oggi ho già analizzato troppe foto."

"Quelle del caso di New Orleans, sul traffico di animali?" chiese Scully.

Mel annuì. "Già." Senza aggiungere altro sull'argomento, riprese: "Non c'è bisogno che mi accompagni, comunque, Mulder. Vado a casa sola, grazie. Devo passare a comprare il polline. Ci si vede."

"Esco ora." replicò Mulder, lanciando un'occhiata a Dana, che alzò leggermente le spalle. Raccolse la giacca e seguì Carter nel corridoio. Le si avvicinò fino a quasi sfiorarle la spalla. "Allora che c'è che non va?"

"Mh?" mugugnò lei.

Mulder chiamò l'ascensore e la guardò in faccia. "Quando non parli a raffica si sente nell'aria che c'è qualcosa che non va."

"Stai insinuando che sono logorroica?"

"Esattamente. Allora?"

Mel sospirò ed entrò nell'ascensore. "Non so..."

"Non sai." replicò Mulder.

"E'..." sbuffò.

"Qualcosa che non va con il lavoro?"

Lei annuì. "Anche. Cioè... non ti è mai capitato di pensare che una piccola scelta nel tuo passato abbia determinato tutto quello che ti è successo dopo? Magari una scelta insignificante, che non pensavi potesse segnarti a vita..."

"Sì, capisco quello che dici."

"Ecco... mi sembra di aver preso una svolta, non so dove, né quando... tale che ora io sia destinata a rimanere ancorata per sempre a questa vita, a questo lavoro..."

"Se ciò che non ti va è essere fuori dalle missioni sul campo, fai domanda di reintegrazione."

Mel non rispose. Mulder aveva ragione. Ma quella era una porta che non aveva il coraggio di passare. C'era un muro mentale sulla soglia. Ma se ci fosse stato anche un vero muro, appena fuori? Se la sua domanda fosse stata respinta?

"Ti va se usciamo, sabato sera?" Mulder interruppe il flusso dei suoi pensieri. "Potremmo uscire con Scully e Charles."

Mel scoppiò a ridere. "Perché chiami Dana per cognome e suo fratello per nome?"

"Non ci intendiamo se li chiamo tutti e due per cognome."

Mel sorrise e scosse leggermente la testa. "Charles è in mare. Non so tra quanto torna..."

"Ah, ho capito..."

"No... non è quello... E' che... non so... a volte penso che mi piacerebbe vivere in un altro mondo... un universo in cui le cose vanno meglio che in questo."

Mentre uscivano dal garage, Mulder le chiese: "Avendo un'altra vita?"

"Sì, magari io sarei sposata con Charles, tu con Dana, voi due non dovreste nascondervi dentro gli schedari per fare quello che fate e tutti assieme faremmo il barbecue di sabato sera..."

"Agenti dell'FBI al picnic?" chiese Mulder, ignorando l'allusione.

"No, non saremmo agenti dell'FBI. In un mondo perfetto non ci sono criminali."

"Che lavoro faresti, allora?" Mulder sorrise: "La star di Hollywood?"

Carter rise. "No, magari qualcosa di più tranquillo..."

"La maestra?"

"Ho detto più tranquillo, Mulder."

"La veterinaria." replicò lui.

"O il medico..."

"Non avevi detto qualcosa di più tranquillo?"

"L'astronoma." rispose lei. "E tu?"

"Io? No, io credo che in ogni universo sarei un agente dell'FBI... o qualcosa del genere."

"L'attore no?" lo prese in giro Carter, ritorcendogli contro la sua battuta.

"Io? Nah!"

"Ti ci vedo bene a girare in accappatoio e mutandoni di lana sul set di qualche film cult." Mel indicò in fondo alla strada. "Il negozio è quello."

"Sembra piccolo."

"E' l'unico dove trovo il polline." Quando Mulder ebbe accostato, lei gli disse: "Va' al tuo appuntamento, io posso tornare a casa a piedi da qui."

"No, ti aspetto. Sono di strada, comunque."

Carter sorrise leggermente: "Non era più divertente quando ci stuzzicavamo in continuazione?"

"Anche i fratelli crescono e maturano, Carter."

Mel fece un sorriso largo. "Non sempre."

 

*****

It seemed forever stopped today.

(R.Williams, "Supreme")

***

Ephrata Market

h. 8:07 p.m.

Il negozio era piccolo, ci stavano solo pochi scaffali e c'era una sola cassa. Il polline d'api si trovava nell'ultimo ripiano, tanto che Carter dovette allungarsi stando sulla punta dei piedi per prenderne un vasetto. Se anche non avesse avuto particolari proprietà nutritive, come Mulder sosteneva, di certo faceva bene, anche solo per il fatto che comportava esercizio fisico raggiungere il vasetto.

Quando si diresse verso la cassa capì che c'era qualcosa che non andava. Vedeva il negozio come se fosse immerso nella nebbia. I contorni degli oggetti intorno a lei erano sfocati... Era come se il negozio si trovasse di colpo immerso in una strana nebbia, che dava al tutto un'aria di irrealtà... Mel aveva l'impressione di star guardando un vecchio film muto in bianco e nero, proiettato al rallentatore... Una pellicola polverosa che scorrendo spargeva intorno un odore di cantina.

Vide Mulder sulla soglia, con la pistola spianata. Probabilmente stava parlando. Stava dicendo qualcosa, ma lei non lo sentiva. Continuò a camminare lentamente verso la cassa, con la sensazione di muoversi in uno spazio alterato, dove il tempo era distorto e ci volevano altri sensi per percepire i suoni.

C'era un uomo vestito di nero davanti alla cassa e la donna dietro al bancone stava piangendo. Carter uscì dal vano protettivo degli scaffali colmi mentre si reso conto di riuscire di nuovo a sentire.

Ma sentì un solo suono. Uno sparo.

Il negozio si alzò di colpo verso di lei e il pavimento sbatté contro la sua schiena, mentre le lampade del soffitto si allontanavano affievolendo la loro luce. Mel sentì un altro sparo e il sapore di sangue in gola.

 

*****

We will rock you.

(Queen, "We Will Rock You")

***

Ephrata Market

h. 8:09 p.m.

Tutto era successo troppo in fretta. Una corrente fredda stava velocemente spazzando via l'odore di polvere da sparo dal locale. Inciampò in un scatolone vuoto mentre correva verso il punto in cui all'improvviso era apparsa la collega. Perché diavolo era uscita allo scoperto? Non aveva sentito la sua voce, le urla? Non aveva sentito lo sparo con cui lo psicopatico aveva ferito la prima persona che gli era capitata sotto tiro?

Si abbassò accanto a lei, appoggiando la pistola a terra. "Carter, mi senti?" Un'ondata di adrenalina minacciò di lasciarlo cadere nel baratro del panico quando vide il sangue. Era tantissimo. Aprendole la giaccia riuscì finalmente a vedere la ferita sul torace. "Merda, no!" esclamò, mentre le sentiva il battito cardiaco. "Chiamate un'ambulanza!" urlò. Le mise un braccio dietro le spalle e le premette l'altra mano sulla ferita per fermare l'emorragia e sperando, allo stesso tempo, che l'ondata di dolore che aveva provocato, avrebbe fatto riprendere a Mel i sensi, anche solo per qualche secondo.

Ma Carter rimase immobile, abbandonata tra le sue braccia.

 

 

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Monica M. Castiglioni

Humana Species 21

EDEN

Caso X-3MC10240502

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Things I almost remember

And a song someone sings

Once upon a December

Someone holds me safe and warm.

(D.Carter, "Once Upon a December")

***

Ospedale di Circolo, Annapolis

h. 10:28 p.m.

Mulder guardò l'orologio per l'ennesima volta. Non erano passati nemmeno cinque minuti dall'ultima occhiata. Sospirò e guardò verso la porta, rimanendo con i gomiti appoggiati alle cosce, finché non sentì la voce di Scully.

"Ho trovato il messaggio di Skinner sulla segreteria telefonica." Si sedette accanto a lui. Notò che aveva macchie di sangue sulla giacca e sulla camicia. "Cos'è successo?"

Mulder sospirò leggermente. "Ho accompagnato Mel al negozio, per prendere il polline. Ad un certo punto ho sentito uno sparo e ho visto un uomo armato, all'interno. Sono entrato e c'era una persona a terra. L'uomo le aveva sparato alle gambe. Ho cercato di convincere l'uomo a lasciare cadere la pistola. Lui s'è girato verso la cassiera e stava per sparare... ho..." Mulder si fermò.

Scully gli mise una mano sulla spalla. "Mulder..."

"Ho sparato. Pensavo di prenderlo al braccio che teneva la pistola. Solo che in quel momento è apparsa Mel... tra me e lui... sulla traiettoria..."

"Mulder, hai fatto la cosa giusta, poteva capitare a chiunque..."

L'agente si alzò in piedi di scatto, allontanandosi dalla collega. "Ma è successo a me, Scully!" esclamò. "Ho sparato io a Carter, se non esce da quella stanza sarò io ad averla uccisa!"

"Mulder, è stato un errore, non..."

Mulder si avvicinò a lei, abbassando la voce in un sussurro doloroso: "E' mia mezza sorella, Scully. L'unica mia parente ancora viva. E ho premuto io il grilletto."

Dana chiuse gli occhi per un istante, quindi abbracciò il collega. "Uscirà di là. Mel è una guerriera, supererà anche questa."

Mulder non rispose. Chiuse gli occhi e lasciò che la rabbia scivolasse lentamente nella disperazione.

 

*****

Will you survive?

You must survive.

(R.Williams, "Supreme")

***

Ospedale di Circolo, Annapolis

Una settimana dopo, h. 10:28 a.m.

Aprendo gli occhi aveva sentito un indolenzimento fastidioso in tutto il corpo. C'era qualcosa che le si era appiccicato al fianco e dava decisamente fastidio. Cercò di strapparlo, infilando la mano sotto il camice, ma si accorse a sue spese che era meglio lasciarlo dov'era.

Non aveva mai visto una stanza così bella. Imbiancata bene, con lenzuola pulite e di un tessuto particolarmente morbido e raffinato.

"Dove sono finita?" si chiese, mettendosi a sedere con un certo sforzo. C'era uno strano macchinario che emetteva un fastidioso segnale intermittente accanto a lei. Quando poi si tolse tutti gli strani cavi che aveva attaccati al corpo, il suono si fece continuo e ancora più insistente. Si tappò le orecchie con le mani e si alzò dal letto.

Una donna completamente vestita di bianco, candido come le lenzuola, entrò di corsa e quasi urlò, vedendola in piedi. "Oh, agente Carter!" L'infermiera spense l'infernale macchinario e sospirò. "Non dovrebbe alzarsi."

La donna si guardò un attimo in giro e chiese: "Dove sono?"

"All'ospedale, è stata ferita con un'arma da fuoco. Ora, per favore, torni a letto."

Lei scosse la testa. "No... aspetta, io non ho voglia di tornare a letto. Non mi piacciono gli ospedali. Voglio andare via."

"Di già?! Si è appena svegliata!"

"Sono stata rinchiusa qua dentro?"

"No..."

"Allora..." il suo tono di voce si ammorbidì notevolmente. "Fammi uscire, ti prego."

L'infermiera annuì. "Chiamerò il medico e poi le farò firmare la dimissione."

Lei annuì. Quando l'infermiera se ne fu andata aprì una porta, trovandosi nel bagno. Si guardò allo specchio per qualche istante. Poi sorrise. "Ragazza mia, ti sei tenuta bene." Un sorriso soddisfatto e malizioso apparve sul suo volto.

 

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I'm burning through the skies.

(Queen, "Don't Stop Me Now")

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Ospedale di Circolo, Annapolis

h. 11:29 a.m.

Mulder aprì lentamente la porta. Alzò lo sguardo e vide il letto vuoto. "Non è possibile!" Mentre una morsa di terrore lo aggrediva, corse verso la reception e chiese: "C'era una donna nella stanza 212. L'agente dell'FBI Carter. I medici mi hanno detto che stava meglio, ieri!"

L'infermiera gli rifilò uno sguardo in tralice: "Un momento..." consultò il computer. "E' stata dimessa."

"Dimessa?! Com'è possibile?"

"La prego di fare silenzio, signore, o sarò costretta a chiamare la sicurezza."

Mulder scosse la testa. "E' pazzesco..." In quel momento con la coda dell'occhio vide qualcosa che attirò la sua attenzione. Si girò e gli parve di vedere Carter scomparire nell'ascensore. Corse verso di esso, ma ormai le porte si erano chiuse. Mentre scendeva le scale, chiamò Scully. "Sono in ospedale. Ho due notizie, una buona e una cattiva... La buona è che Carter sta meglio, la cattiva è che si è fatta dimettere."

Arrivato all'uscita notò di nuovo Melody tra la gente, ma riuscì a raggiungerla solo quando la folla si fu dissipata.

"Mel!"

La ragazza si girò e trasalì. "Ciao!" esclamò poi, sorridendo.

"Ehi, non mi aspettavo di vederti già fuori dall'ospedale... stai bene?"

Mel si scostò un ciuffo di capelli dalla fronte e sorrise di nuovo. "Ma certo che sto bene. Sto cercando di capire come tornare a casa..."

"La tua auto non è qui... vuoi..." Mulder si fermò, non sapendo se proseguire. "Vuoi un passaggio?" chiese, quasi sottovoce.

"Certo, sarebbe fantastico. Grazie."

 

*****

I'm floating around in ecstasy

So don't stop me now don't stop me.

(Queen, "Don't Stop Me Now")

***

Appartamento di Melody Carter, Annapolis

12:30 p.m.

Spingendo forte contro la porta, riuscì finalmente ad aprire l'infernale meccanismo. "Eh, si blocca..." disse, mentre entrava. "Dunque... mmm..." Carter si guardò intorno. "Vuoi qualcosa?"

"No, grazie... devo tornare in ufficio."

"Ah, sì..."

"Dirò a Skinner e a Scully che stai bene." Mulder sorrise, un po' innervosito dalla situazione. "E' bello vederti in piedi... io... Mel, mi dispiace per quello che è successo."

Carter scrollò le spalle. "Tranquillo, è tutto ok."

Enya, la gatta, trotterellò in sala per accogliere la padrona, ma si fermò accanto al divano. Mel le lanciò un'occhiata.

"Le ho dato da mangiare io." si affrettò a dire Mulder.

"Ah. Grazie." Mel sorrise e si abbassò per accarezzare la gatta. Ma Enya fece un balzo indietro e iniziò a soffiare, inarcando la schiena.

"Che cos'ha?"

"Mah... non so..." Carter allungò la mano e la gatta le sferrò una zampata, lasciandole il segno di quattro unghie sul dorso, prima di scappare di nuovo in camera. "Merda!" esclamò Mel, ritraendo la mano.

"Ti ha fatto male?" chiese Fox, avvicinandosi.

"No! No, è solo un graffietto." Gli sorrise. "Sai com'è... i gatti ogni tanto..."

Mulder annuì. "Sarà l'odore dell'ospedale."

"Sì, forse è meglio che mi lavi."

"Ok... allora... ti lascio... se hai bisogno di qualcosa... chiama pure, ok?"

Lei annuì e lo accompagnò alla porta. Quando finalmente l'ebbe richiusa dietro di sé, si guardò il dorso della mano e sibilò: "Maledetto gattaccio."

 

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Caviar and cigarettes

Well versed in etiquette.

(Queen, "Killer Queen")

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FBI, Washington

h. 4:04 p.m.

"Non l'ho trovata male..." Mulder stava parlando al telefono con Skinner. "Solo un po' frastornata... per aver avuto una pallottola nel polmone una settimana fa, direi che è in gran forma." Appoggiò la cornetta e sospirò.

"Frastornata?" gli chiese Scully.

"Come minimo." Mulder si alzò in piedi. "Solo che mi sembra tutto così strano, Scully..."

 

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Come and live a love supreme

Don't let it get you down

Everybody lives for love.

(R.Williams, "Supreme")

***

Appartamento di Melody Carter, Annapolis

h. 7:07 p.m.

Dopo aver rovistato in tutta la casa, aveva finalmente trovato quello che cercava. Lo stava rimirando davanti alla finestra, quando un'ombra apparve davanti a lei. Si tirò indietro di scatto, quindi mise a fuoco la figura e aprì la finestra.

"Ehi." sorrise.

"Joy, ciao..." sussurrò Krycek. "Posso... posso?" indicò l'interno.

"Non devi nemmeno chiedermelo."

Si scostò dalla finestra perché lui entrasse.

"Hai rimesso il mio anello." disse lui, indicando l'oggetto che lei teneva in mano.

"Oh... sì, è stupendo... è un diamante, vero?"

"Naturalmente."

Mel sorrise. Si infilò l'anello al dito, le andava a perfezione, quindi iniziò a slacciarsi la camicetta.

"Joy, vai di corsa?"

"C'è un incendio da spegnere, Alex." Gli sorrise provocante e lasciò cadere a terra l'indumento.

 

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Let's talk about what he's done

To become your number one

Or was it all the promises of diamonds,

Pearls and party dresses that turned you on.

(Backstreet Boys, "Get Another Boyfriend")

***

Appartamento di Melody Carter, Annapolis

h. 10:13 p.m.

Alex si girò sulla schiena e osservò Melody, intenta a rimirare l'anello.

"E' successo qualcosa che non so?" chiese.

Lei scosse la testa. "Sai quanto mi piace questo diamante?"

Krycek rise. "Ero convinto che non ti interessasse."

"No. Anzi..." Si girò e sussurrò: "Ne vorrei tanti."

Alex si allungò a spegnere la luce e chiuse gli occhi, trascinando la donna sul materasso accanto a lui. Attese che Melody si addormentasse, quindi si alzò in piedi, si vestì e uscì dalla finestra. Lanciando un'ultima occhiata all'amante sussurrò: "Ma che ti è preso, Svetlo?"

 

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Recommended at the price

Insatiable an appetite.

(Queen, "Killer Queen")

***

Appartamento di Melody Carter, Annapolis

11:21 a.m.

"Walt..." Melody sorrise, quando aprì la porta.

"Mel." fece lui, guardandola stranamente. Raramente lo chiamava con il diminutivo del suo nome. Mel aveva i capelli scompigliati ed era vestita solo a metà, come se si fosse appena alzata dal letto. "Ci stavamo preoccupando. Non rispondi al telefono, né alla porta."

Lei sorrise: "Scusatemi... sei qui solo?"

Lui annuì.

"Entra." Si scostò dalla porta per farlo passare, quindi la chiuse dietro di sé.

"Stai bene?" chiese Skinner.

"Mai stata meglio." sorrise e si avventò su di lui, baciandolo.

Il vicedirettore si tirò indietro di colpo. "Che diavolo stai facendo?!"

"Ti bacio." disse lei, con naturalezza.

 

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In conversation

She spoke just like a baroness.

(Queen, "Killer Queen")

***

FBI, Washington

3:21 p.m.

Carter chiuse il cassetto e sbuffò. "Maledizione, che rogna!"

"Mel, c'è qualcosa che non va?"

La donna alzò lo sguardo e vide Mulder davanti alla scrivania. "Oh... ciao." Gli sorrise. "Stavo... hm... stavo cercando il..." Chiuse gli occhi, come se cercare la parola adatta fosse un'impresa. "Il tesserino... sai quel coso..."

"Cosa? Il distintivo dell'FBI?"

"No, no, quello me l'ha trovato Walt..." Si mise ad estrarre tutto ciò che aveva nel portafogli sotto gli occhi stupiti di Mulder.

"Skinner? Non è rientrato al lavoro oggi..." fece lui, casualmente.

"Oh, lo so... si vede che l'ho stancato troppo."

Mulder le lanciò uno sguardo interrogativo e Carter rise, coprendosi la bocca con la mano. "Andiamo, lo sai come sono fatta, no?" Sollevò una mano, mostrandogli una carta di credito. "Eccola! Oh, finalmente!"

"Mel, sei sicura di stare bene? Cioè... voglio dire... forse dovremmo parlare un attimo di quello che è successo..."

"Andiamo, Mulder, lo sai che mi imbarazzo a parlare di sesso con te."

Fox chiuse gli occhi e sospirò. "Intendevo... quando tutto questo è iniziato."

Lei scrollò le spalle. "Non ne ho molta voglia... hai una sigaretta?"

"Tu non fumi!" esclamò lui.

Mel si mise le mani suoi fianchi: "Senti, fratellino, tu ti sarai anche votato alla vita casta da santo, mentre attendi la tua bella Scully, io però non ho voglia di aspettare il principe azzurro." Poi sorrise. "Allora, ce l'hai una sigaretta o no?"

 

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What are you really looking for?

Another partner in your life

To abuse and to adore?

(R.Williams, "Supreme")

***

Appartamento di Melody Carter

h. 1:12 a.m.

Seduta sul divano, Mel Carter rimirava i diamanti che aveva acquistato in diverse gioiellerie che aveva trovato sulla via, prosciugando completamente il suo conto in banca. Diamanti semplici, senza montature di alcun tipo. Aveva anche fatto distruggere l'anello di Krycek.

Radunò le pietre preziose in un sacchetto di velluto e tornò in camera. Una luna d'argento tagliente inondava con la sua luce fredda il letto di lenzuola candide scompigliate intorno al corpo dell'uomo addormentato. Non era lui, la ricerca sarebbe stata ancora lunga. Ma intanto poteva approfittare della situazione e divertirsi un po'. Gli massaggiò leggermente le spalle, finché lui non si svegliò.

"Mel?" chiese, girandosi.

Lei sorrise, accomodandosi sui suoi fianchi. "Sono qui, agente Doggett, tutta per te."

 

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I'm a rocket ship on my way to Mars

On a collision course

I am a satellite, I'm out of control

(Queen, "Don't Stop Me Now")

***

Ufficio degli X-Files

6:21 p.m.

"Non puoi continuare a dannarti l'anima." sospirò Scully.

Mulder alzò lo sguardo. "Continuo a pensare che il suo modo strano di comportarsi sia dovuto al trauma di vedersi sparare addosso da me, da una persona di cui si fidava."

"Se riesco, le parlo. Ma mi sembra irraggiungibile, in questi giorni."

Mulder annuì. Non aveva particolarmente voglia di parlare, quindi si connesse ad Internet e iniziò a girovagare tra i siti che di solito controllava. Un messaggio di posta elettronica interruppe il suo navigare. Era Mel.

<<Ciao fratellino,

volevi che ne parlassi? Be', anche il nostro collega Doggett non è per niente male, ed è pure stato così gentile da spiegarmi come funziona questo dannato 'computer', la posta elettronica e tutto il resto.

Ci vediamo presto, ora torno tra le braccia del mio cavaliere.

ML>>

Fox scosse la testa e cancellò il messaggio. C'era qualcosa che non andava. Mel era un'appassionata di Internet, probabilmente aveva imparato ad usarlo quando lui ancora non sapeva usare un cellulare... e aveva bisogno di Doggett per spiegarle come funzionava la posta elettronica... e per chissà cos'altro?! E perché si firmava "ML"?

"Mulder, mi ascolti?"

Fox si girò, accorgendosi che Scully gli stava parlando. "C'è qualcosa che non va." Si alzò e prese la giacca. "Io vado da Melody."

 

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I am a sex machine ready to reload

Like an atom bomb about to

Oh oh oh oh oh explode.

(Queen, "Don't Stop Me Now")

***

Appartamento di Melody Carter, Annapolis

7:07 p.m.

Carter sorrise quando aprì la porta. "Oliver, ciao. Entra."

"Mel." disse lui. "Allora, adesso come stai? L'ultima volta che ti ho visto non eri nella tua forma migliore."

"Sto perfettamente." replicò lei. Gli mise le braccia intorno al collo e lo baciò.

"Mel..." sussurrò lui. "Che fai?"

Lei sorrise e gli sfilò la camicia dai pantaloni, sfregandosi contro di lui. A quel punto, Svanzen fece un passo indietro, facendola quasi cadere a terra. "Che ti prende? Mel..."

La donna avanzò e iniziò a slacciargli i bottoni della camicia. "E' tanto tempo, Oliver..."

Lui indietreggiò di nuovo. "Non è una buona scusa per saltare almeno cinque minuti di preliminari."

"Facciamoli, allora." Lo prese per mano e lo trascinò in camera da letto.

"Ti stai comportando stranamente." Svanzen si fermò davanti a lei, che si era seduta sul letto. "Non sei mai stata una tale predatrice."

Mel si buttò indietro sul letto: "Preferisci che reciti la parte della preda?"

"Fino a pochi giorni fa era in stato incosciente in ospedale, sotto litri di sedativi. E oggi sei qui con un comportamento che è tutto meno che normale, per te."

Carter alzò le gambe e cominciò a strofinarle contro le sue. "Smetti di parlare e vieni a prendermi."

Oliver si districò dalla presa e si sedette sul letto accanto a lei. "Cosa ne dici se parliamo un po' di cos'è successo?"

Mel scrollò le spalle e infilò una mano sotto la sua camicia. "Parlare, parlare... è meglio passare alle azioni." Gli tolse l'indumento e mentre Svanzen cercava di rimetterselo, le sue mani si insinuarono sotto la T-shirt.

"Carter, piantala." fece lui, cercando di allontanarla.

Le mani di lei si ritrassero non appena sentì la cicatrice che Oliver aveva sul petto. Per un brevissimo istante si fermò, quindi si abbassò su di lui e lo baciò. Ma quell'indecisione non passò inosservata a Svanzen, che aveva anche notato come la donna stava cercando di afferrargli i polsi.

Dopo averle concesso un lungo bacio, Oliver si alzò in piedi di scatto, facendola cadere a terra.

Mel urlò e cercò di tirarsi in piedi, ma ormai Svanzen l'aveva intrappolata. "Ti aspettavo, lo sai."

Carter si morse le labbra e poi sorrise: "Mi hai presa, amore, andiamo avanti ora." Si allungò leggermente per cercare di baciarlo, ma Oliver si ritrasse.

Quel movimento le diede la possibilità di liberarsi dalla stretta e passare all'attacco. Gli sferrò un calcio agli stinchi e Svanzen si ritrasse, riuscendo a schivare il primo colpo, ma non il secondo.

"Non mi fermerai!" urlò lei. "Farò quello che devo fare!" Si rimise in piedi e gli tirò un altro calcio.

Oliver lo schivò, ma non riuscì ad afferrare la ragazza. Dovette indietreggiare, lasciandole spazio per rotolare sul letto e infilare la mano sotto il materasso, estraendo quella che all'apparenza sembrava una pistola con il silenziatore.

Svanzen rimase immobile.

La donna sorrise, puntando l'arma. "Non dovevi venire a mettermi i bastoni tra le ruote."

Sparò due colpi. Nell'aria si diffuse un rumore di libri antichi che venivano chiusi di colpo e uno strano odore di polvere di biblioteche ristagnò nell'aria per qualche secondo.

 

*****

She's a Killer Queen

Gunpowder, gelatine

Dynamite with a laser beam

Guaranteed to blow your mind

Anytime

(Queen, "Killer Queen")

***

Appartamento di Melody Carter, Annapolis

7:47 p.m.

La maggior parte del lavoro era stato fatto. Mancava poco, pochissimo. La carta di credito che aveva trovato nel portafogli di Svanzen richiedeva una combinazione che non era riuscita a trovare, non era quindi servita a nulla. Aveva ancora bisogno di denaro, per acquistare gli ultimi diamanti, e di qualcosa che era ancor più raro delle pietre preziose... ma era sicura che l'avrebbe trovato, cercando bene. Non mancava molto: presto il suo progetto sarebbe stato completato.

Trasalì al suono improvviso del campanello.

Sbuffando andò a vedere chi fosse. "Che palle..." sussurrò. Quindi aprì la porta esibendo un largo sorriso. "Ciao, fratellino." disse.

"Ehi. Come stai? Svanzen mi ha detto che sarebbe venuto a trovarti e mi avrebbe fatto sapere qualcosa, ma non l'ho visto."

Carter scosse la testa. "Non l'ho visto nemmeno io... Oh... vuoi entrare?" gli chiese, sperando che le dicesse di no.

Ma Mulder annuì. "Scully ha detto che passava anche lei, probabilmente ha trovato più traffico."

"Scully?" chiese lei, con un tono leggermente incredulo nella voce.

"Sì, perché?"

"Oh... niente." Mel sorrise. "Vuoi qualcosa da bere?" Estrasse una birra già aperta dal frigorifero e iniziò a bere.

Mulder la guardò ancora più stupito. "A te non è mai piaciuta la birra..."

"Mmm..." Mel deglutì e disse: "Ma questa marca è buona." Raccolse un pacchetto di Morley e con la destrezza di una persona che lo faceva da anni, estrasse una sigaretta e l'accese.

Qualcuno suonò alla porta e Mulder prese la scusa per raccogliere le idee andando ad aprire.

"Ehi, Mel..." Scully rimase sulla soglia della cucina a fissare l'amica intenta a fumare e tracannare birra. --Mulder, hai ragione. Mio Dio, quanto hai ragione.--

Alla vista di Scully, per poco Carter non si strozzò con la birra. "Ehi." sorrise. "Ma perché siete tutti così preoccupati per me?" Si avvicinò a Scully e le diede un bacio sulla guancia. Sorrise. "Sto bene, davvero. Ho solo bisogno di un altro paio di giorni lontana dal lavoro e poi sarà tutto a posto."

Dana annuì, poco convinta, mentre il fumo della sigaretta di Mel saliva in volute disordinate e lei ne prendeva un'altra boccata.

"Piuttosto, voi ragazzi uscite, stasera?"

I due scossero la testa all'unisono, come se non avessero più la capacità di parlare.

"Be', fratellino, non è che hai un migliaio di dollari da prestarmi?"

"Mille dollari?!" esclamò Mulder, di botto. "A cosa ti servono mille dollari? E il tuo conto?"

"Calmo! Non devo comprarmi droga né altro del genere. Purtroppo il mio conto è tutto congelato in azioni. Ho la macchina dal meccanico e devo pagarlo. Ho bisogno di farlo domani, se no come ci vengo al lavoro?"

 

*****

I'm telling you, he'll eat you up from inside.

(Backstreet Boys, "Get Another Boyfriend")

***

Garage dell'appartamento di Melody Carter, Annapolis

8:07 p.m.

Non avevano parlato per tutto il tempo che erano stati in ascensore. Poi fu Scully a iniziare per prima: "Hai ragione, Mulder. E' strana."

"Non è lei."

"Forse... l'incidente l'ha davvero cambiata, come dicevi..."

"No." disse Mulder. "Non lo dicevo in senso metaforico. Quella non è Mel Carter."

"Cosa intendi dire, Mulder?"

"Ne abbiamo parlato in passato. Nel momento che precede il trapasso le anime fluttuano sopra il corpo. Due anime lasciano il corpo nello stesso momento, ma solo uno dei due corpi viene salvato. Quale delle due persone è tornata indietro?"

"Mulder..." Scully sospirò. "Come saprebbe tutti i nostri nomi, il fatto che voi siete fratelli e tutto il resto?"

"Non ho ancora una spiegazione per tutto, però..."

"Vai a casa a dormire un po'." lo interruppe lei. "Riposa. Vedrai che tutto si sistemerà."

 

*****

Don't stop me now

I'm having such a good time.

(Queen, "Don't Stop Me Now")

***

Appartamento di Dana Scully, Annapolis

8:27 p.m.

Scully aveva alzato il telefono pensando fosse Mulder, invece si era ritrovata a parlare con Carter.

"Ho trovato un posto bellissimo, oggi." disse. "E' tranquillo, in mezzo agli alberi, che ne dici di starcene là per qualche ora, in pace? E' sabato sera, possiamo guardare le stelle, parlare del significato della vita, mangiare cioccolato a raffica fregandocene della linea."

Scully sorrise. Mulder delirava quando diceva che quella non era Mel Carter. "D'accordo. Dove vuoi che ci troviamo?"

"Puoi passare a prendermi? E' a circa un'ora da Annapolis."

"Va bene, arrivo subito." Scully appoggiò il telefono sulla base e considerò per alcuni istanti l'ipotesi di chiamare Mulder. No, non era il caso. In fondo Mel era sua amica, perché doveva riferire a Mulder tutte le mosse che facevano? Prese le chiavi e uscì di casa.

 

*****

To avoid complications

She never kept the same address.

(Queen, "Killer Queen")

***

Appartamento di Melody Carter, Annapolis

8:31 p.m.

Mel Carter aprì l'armadio. Sul suo volto si disegnò un sorriso maligno. "Si sta bene qui dentro?"

Oliver Svanzen alzò la testa e le lanciò uno sguardo d'odio. Sangue blu colava ancora dalle ferite sul torace e sulla gamba, che restavano ben in evidenza data la posizione in cui era stato legato.

"Mi dispiace solo che quest'armadio abbia abbastanza fessure da poterti concedere ancora aria." disse lei. "Ma non fa niente, in breve aprirò quel varco per sempre e non avrò bisogno di ragazzine cretine che sperano di vivere in un altro universo per girare tutte le vite che voglio."

Oliver emise un gemito di rabbia e tirò le braccia verso il basso, nella vana speranza che la stecca per i vestiti cedesse.

"Vuoi parlare?" La donna gli sciolse il bavaglio e gli puntò la pistola sotto la gola. "Non urlare o ti faccio un'altra bocca."

"Se fai del male a Mel ti ammazzo..."

"Così legato, cosa vuoi poter fare?" sorrise lei.

"Non mi interessa, ma se le fai del male, sei morta, Myla."

"Non ti preoccupare, non posso incontrarla." sorrise. "Sto andando a prendermi il cuore puro."

Svanzen cercò di strappare le corde, ma nulla cedette. "Non puoi uccidere una donna innocente!"

"E invece sì, posso. Ora basta, hai parlato troppo." Gli rimise il bavaglio e chiuse l'armadio proprio mentre Scully suonava alla porta.

 

*****

Can't fight the moonlight.

(L.Rimes, "Can't Fight the Moonlight")

***

Stardustwood

9:09 p.m.

"Eccoci, dovremmo esserci!" esclamò Mel, eccitata.

"Meno male che ho portato un maglione in più, sembra che faccia fresco..." disse Scully, parcheggiando. "Dove andiamo?"

"Vieni, da questa parte." Si inoltrarono nel bosco, camminando per alcuni minuti nell'oscurità illuminata solo dalle loro torce e dalla luce gelida della Luna.

"Eccoci!" esclamò Carter.

"E' molto bello." disse Scully, guardando in alto. "Ma non credo che si vedano bene le stelle da qui, ci sono troppe foglie e..." Non poté finire la frase. Cadde a terra, tramortita da un colpo alla testa.

"Scusami, Dana, ma non posso farti fuori adesso." Mel trascinò Scully al centro della radura e, mettendola seduta contro un piccolo tronco tagliato, le legò mani e piedi con sciarpe che aveva trovato in casa. Da una tasca estrasse il sacchetto di velluto in cui aveva riposto tutti i diamanti, anche gli ultimi che aveva comprato con il prestito di Mulder. Alla luce della Luna brillavano con un riflesso freddo e tagliente e la donna li posizionò uno per volta, formando un cerchio attorno a Dana.

 

*****

Far away, long ago

Glowing dim as an ember

Things my heart

Used to know

Once upon a December.

(D.Carter, "Once Upon A December")

 

***

Alcuni giorni prima

Ora e luogo sconosciuti

Melody Carter aprì gli occhi, mentre un forte colpo di tosse le faceva scendere la lacrime sulle tempie. Percepì subito l'aria viziata e intossicata da qualcosa che sembrava un denso fumo irritante. Si girò su un fianco e tossì di nuovo, trasalendo per un forte dolore al petto. Sentiva un pavimento duro e freddo sotto di sé e aveva la sensazione di essere finita a terra con tutte le coperte. Ma quando si mise a sedere, aggrappandosi avidamente alla prima cosa che gli capitò sotto mano - una sedia, le parve - si rese conto che le coperte non erano tali, ma una larga gonna nera cosparsa di sporco, strappi e rattoppi.

"Che cavolo....?"

Si scostò i capelli dagli occhi e si guardò in giro. Pochi mobili rustici si intravedevano dietro la nebbiolina malsana che si alzava da una pentola sopra un fuoco a poca di distanza da lei. Si alzò in piedi e andò a guardare che cosa ci fosse in quella padella nera e unta.

"Che schifo..." sussurrò, quando vide il fondo incrostato di una sostanza nera e oleosa. Soffiò sopra il fuoco, con l'unico risultato di ravvivarlo. Imprecò e cercò qualcosa per togliere la padella dal fuoco. "Ma dove cavolo sono finita?" si chiese, mentre tentava inutilmente, con uno strofinaccio meno sporco del resto, di spostare il calderone sul pavimento. "Pesa troppo..." Prese una bacinella d'acqua - che appariva pulita - da una tinozza e la buttò sul fuoco che si spense in uno sfrigolio puzzolente contro il fondo nero della pentola.

"Oh... meno male." Si asciugò la fronte con la manica del vestito e riprese a guardarsi in giro. L'unica cosa pulita appariva essere l'acqua nella tinozza. "Dove sono finita è un mistero..." Trasalì quando sentì bussare. --Potrebbe essere qualche amico del padrone di casa e se mi trova qui chissà cosa pensa...-- Si guardò in giro e corse alla finestra, sperando di poter scappare da lì: ma l'apertura, l'unica della sola stanza che vedeva, dava uno strapiombo di decine di metri. --E ora che faccio?-- Fece per correre verso il fondo della stanza, dove c'era il letto, ma inciampò nella gonna e cadde a terra, sbattendo i gomiti e sentendo di nuovo la fitta al petto.

"Myla?" La porta si aprì di uno spiraglio.

Carter rotolò dietro il tavolo e stette in ascolto, respirando lentamente per non farsi sentire e per cercare di scacciare il dolore.

"Myla? Ci sei? Stai bene?"

La voce era nota... Sentì dei passi avanzare oltre la soglia.

"Che puzza, che cosa hai fatto questa volta? Myla? Dove sei Myla? Mi stai spaventando."

Mel sbirciò da dietro il tavolo e poi si alzò di scatto. "Mulder?!" esclamò. "Che ci fai qui? Cioè, che ci faccio io qui? O meglio, dove cavolo siamo?"

Lui la osservò a occhi spalancati: "Buon Dio, Myla, mi hai spaventato."

"Myla?" Mel scosse leggermente la testa. "Mulder, come cavolo ti sei conciato?" Indicò la sua mantella blu che recava una croce argentea gigliata. Poi abbassò lo sguardo: "E come cavolo sono conciata io!"

Lui rimase in silenzio a scrutarla per qualche istante. "Non mi pare che siamo vestiti in modo strano."

Mel alzò un sopracciglio, fissando la spada che pendeva dal fianco dell'uomo. Quindi alzò lo sguardo. "E tu da quando porteresti i baffi?"

Lui sospirò e si mise le mani sui fianchi: "Da quando sono entrato nell'esercito. Piuttosto, tu. Che schifezze hai fatto questa volta che ti hanno mandato il cervello in poltiglia?"

"M-ma... i-io... no-non..." balbettò lei senza concludere nulla. "Mulder!"

Lui scosse di nuovo la testa. "Arrivi anche a storpiarmi il nome... Se non la smetti con questi esperimenti pazzi, la gente penserà davvero che sei una strega, e allora non avrai molto scampo... Io lo so che tu non sei una strega..." Si avvicinò al calderone e fece una smorfia di disgusto. "...Però non tutti la pensano allo stesso modo. Mi sto solo preoccupando per te, Myla..." Si girò verso di lei, che lo guardava con aria completamente stupita. "Non stai bene?" Velocemente fu accanto a lei. "Che cos'hai?"

"I-io..." Prese un profondo respiro e si mise la mano sul petto. "Ho un forte dolore qui... fa molto male..."

"Siediti..." L'accompagnò al letto disfatto e si sedette accanto a lei: "E' dove sei stata colpita in battaglia, ricordi?"

"No... Io... Io credo che... che ci sia un errore."

"Myla, Myla..." sospirò lui. "Il medico ti aveva consigliato di riposarti molto, dopo quella ferita... e tu che fai? Passi le notti insonni alla ricerca di quella formula per fabbricare diamanti."

Mel scosse la testa energicamente e gli prese un braccio, perché lui non si allontanasse. "Credo che ci stato uno scambio di persona... io... io non sono Myla... e forse tu non sei Mulder..."

"Mauldér." replicò lui. "Mi chiamo Mauldér." Poi la guardò a lungo, con la fronte aggrottata e quegli occhi indagatori che anni prima le avevano fatto venire i brividi. "No... Mi sembri proprio tu, Myla. E io sono io, questo te lo posso assicurare."

"No... no, aspetta Mulder... Io... credo di non essere di questo posto."

"Certo che non lo sei. Vieni da Bylatrix."

"No... no, no, non ci intendiamo! Io vengo..." Si alzò e andò a guardare dalla finestra. Vide una sconfinata campagna giallo ocra che si estendeva al di là di alte mura, poste a proteggere una città riempita di carrozze, guardie e mercati. "Vengo da un altro universo..." Fu dura ammetterlo per lei.

Mauldér la fissò.

"Stai pensando che... che questa roba mi abbia fatto definitivamente impazzire, vero?"

Lui sorrise leggermente e scosse la testa. "Di solito sono io quello che espone teorie stravaganti, non la mia concreta sorellina." Si alzò in piedi e la raggiunse alla finestra. "Se fosse davvero così... si spiegherebbero molte cose..."

"Quali?"

Mauldér sospirò. Rimase in silenzio per un po', guardando l'orizzonte lontano. "Andiamo via di qui, si respira male... Lasciamo che la casa cambi aria."

Le luci arancioni del tramonto inondarono lentamente le vie lastricate, sulle quali si affacciavano case semplici di pietra, dai davanzali traboccanti di gerani profumati e colorati, che lasciavano cadere i loro petali a terra come gocce di sangue.

"Buona sera, capitano." Una donna che ritirava i panni asciutti e profumati di sole da un ampio terrazzo si rivolse a Mauldér con un sorriso. "Non ci difenderete voi, questa notte?"

"No, il mio turno è finito." sorrise lui.

"Le strade saranno meno sicure..." Le parole della donna svanirono in un sussurro quando notò Mel. Le rivolse uno sguardo ostile e rincasò con le braccia colme di panni.

La ragazza rimase confusa da quell'atteggiamento, ma scacciò il pensiero. "Capitano?" chiese al fratello, una volta che furono entrati in un cortile interno.

"Capitano delle Guardie Armate del Re." rispose lui. "Tu... mi conosci anche nel tuo... universo?"

"Sì... sei..." Sorrise. "Agente speciale dell'FBI."

"Efbiai? Cos'è?"

"Una... una sorta di milizia investigativa." rispose guardando un cavallo che brucava tranquillamente sotto il portico. "E' tuo?"

Mauldér annuì. "E'... è un cavallo."

"Sì..." Mel rise. "Sì, lo so."

"Scusa." fece lui. "Esistono... anche da te, quindi..."

"Sì..."

"E... e io... io sono molto diverso?"

Mel si girò verso di lui, staccando lo sguardo dal cavallo. "No... non molto."

Lui annuì. "Vieni. Potrai mangiare qualcosa di caldo." Aprì la porta per lei e Mel si godette per qualche istante il tepore e il clima familiare del piccolo ambiente accogliente.

"Myla starà a cena."

Carter si girò per vedere la persona a cui Mauldér si era rivolto.

La ragazza che stava accanto al fuoco, dai capelli nero corvino, lunghi e lisci, le rivolse uno sguardo freddo, quindi annuì all'uomo e riprese a mescolare la zuppa che spandeva un ottimo odore per tutta la stanza.

"E' Samantha?" chiese Mel, sottovoce.

"Chi?... Lei è Sabién."

"Sabién?"

Mauldér sorrise e rivolse alla ragazza uno sguardo pieno di dolcezza.

Carter fece un involontario verso di fastidio e dissimulò un po' tardi. "Ah... Mauldér... Io non mi chiamo Myla, ma Mel."

"Mel? D'accordo."

"Mel?" Sabién si girò verso di loro, nei suoi occhi passò un lampo di odio. "Prima Sveha, poi Myla e adesso Mel..." sussurrò.

"Sabién, ti prego." Mauldér le sorrise e questo parve avere l'effetto di raddolcire istantaneamente la donna.

"Perdonami." Riportò la sua attenzione sulla cena, senza dire altro.

"Che significano quei nomi?" chiese Mel, scostandosi i capelli dalla fronte.

"Sono i nomi con cui ti sei presentata da noi..." Le fece cenno di sedersi alla tavola, mentre lui aggiungeva un fondo e un cucchiaio. "E credo di aver capito il perché." Si sedette e attese che Sabién finisse di versare la zuppa e si sedesse per riprendere. "Penso che solo la prima Sveha che abbiamo incontrato sia quella che abita in questo universo... che Myla e Mel sono di un altro posto... per questo sono così diverse. E si fanno chiamare in modo diverso perché sono anime diverse."

Sabién appoggiò il cucchiaio nel piatto e guardò seria la ragazza. "Hai desiderato di cambiare universo... l'hai desiderato anche tu?"

Mel deglutì e annuì. "Sì..."

Sabién annuì. "E' successo anche a me, sai... Io... vengo da un mondo fantastico, dove la medicina non è più un arte, ma una scienza. Da un modo dove si salvano le vite e dove si comunica con posti lontani milioni di miglia alla velocità della luce." Abbassò lo sguardo sul piatto, quindi sorrise e alzò lo sguardo. "Qui ho trovato Mauldér... Ma ogni tanto il mio mondo mi manca..."

Mauldér le sorrise e le strinse una mano.

"Non so cosa abbia scatenato questo cambio... forse la Sabién di qui, chiunque fosse, aveva deciso di cambiare nello stesso momento... così come tu e Myla avete fatto." continuò la donna. "Ora non mi rimane che prendere la vita per come verrà..." Rise leggermente. "Anche perché non saprei decidere, se anche ne avessi l'occasione." Sorrise a Mauldér, che ricambiò e poi si rivolse a Mel: "Vuoi farla tu, la preghiera di ringraziamento?"

"Non lo faccio dai tempi dell'orfanotrofio..." rispose lei. "No... ti prego, falla tu."

Mel osservò il cielo limpido e pieno di stelle, incastonato nel ristretto rettangolo tra i tetti delle case adiacenti a quella di Mauldér. Si strinse le braccia attorno al corpo, cercando di scaldarsi. Sentì la porta aprirsi dietro di lei e si girò appena per vedere Mauldér uscire sulla soglia.

"Perdonami."

"Per cosa?"

"Per il mio comportamento di questa sera."

"E' normale che tu ti senta spaesata... dopo quello che ti è successo. Anche Sabién... poveretta, era proprio sperduta. Sai, io ho sempre creduto in questa idea delle porte inter-universali... ma nessuno mi ha mai dato ragione."

"E' una storia che ho già sentito." Mel sorrise.

"Poi un giorno, nella mia ronda, ho incontrato Sabièn." Camminò lentamente fino ad alcuni panni stesi vicino alla tettoia e tolse un panno. Tornò accanto a lei e glielo mostrò. "Guarda. Quando l'ho trovata era in stato di incoscienza e vestiva pochi panni leggeri, tra cui questo."

Mel lo prese in mano: era una T-Shirt in maglina di cotone, stampata industrialmente. "C'è una scritta, qui..." disse. Si avvicinò alla finestra, dalla quale proveniva la luce del focolaio. ""Mother Teresa Hospital"."

"Sì." disse Mauldér. "Era il luogo dove lavorava Sabién, prima di finire qui. Era una specie di sanatorio."

"Un ospedale." disse lei. "Li conosco." Ritornò accanto a Mauldér e gli porse l'indumento. "Perché io e lei siamo qui? Come ci siamo finite realmente?"

Lui scosse leggermente la testa. "Non lo so di preciso... credo che... che tu e Myla, e anche Sveha, siate la stessa persona in diversi mondi, per così dire "paralleli"... E che vi siate trovate, nello stesso momento, a desiderare fortemente di andare via. Così com'è successo a Sabièn, anche se io non conoscevo il suo doppio di questo luogo..."

"E basterebbe questo?"

Mauldér sorrise. "Sento il tono scettico che ti era proprio di alcuni mesi fa, prima che diventassi Myla... Non lo so comunque... ricordi se è successo qualcosa?"

Mel abbassò lo sguardo sul terreno. "Ero in un negozio... ho sentito uno sparo e poi... un altro ancora. Sangue nella gola e poi più nulla."

"Sangue..." replicò Mauldér. "Come... come quando c'è una ferita al torace?"

Mel aggrottò la fronte.

"Scusa... se non conosci la sensazione, non puoi sapere..."

"No." lo interruppe lei. "La conosco..." Sospirò. "Sì... credo sia stato così."

"Forse... stavi per morire." disse lui, realizzando ad un tratto una possibile soluzione. "E questa situazione ha aperto delle porte... Ti ha messo in uno stato di fluttuazione... E sei finita qui."

Mel si lasciò andare in una risata amara. "Cambiare universo è come un biglietto della lotteria... Può essere quello giusto e allora finisci in un mondo perfetto... ma se è quello sbagliato, ci rimetti i soldi dell'acquisto."

Mauldér la guardò alzando un sopracciglio.

Mel scosse leggermente la testa. "Lascia perdere." Sospirò. "Comunque... Mi dispiace per essermi comportata male con Sabién. E' che io tendo ad essere molto gelosa per Scully..."

"Scully?" chiese lui.

Mel emise un gemito. "Non dirmi che qui non esiste Dana Scully."

Vide Mauldér trasalire. "Intendi... Intendi Déina?"

Mel scrollò le spalle. "Penso di sì. Alta poco meno di me... rossa."

Mauldèr annuì, con espressione afflitta.

"C'è... c'è qualcosa che non va riguardo Déina?"

Lui sospirò. "Déina... Déina è andata via... con un altro uomo."

"Dio mio, voglio tornare nel mio universo..." Mel abbassò lo sguardo. "Mi dispiace... scusa... io... non volevo riportare ricordi negativi."

Mauldér sospirò. "Non fa niente, non potevi saperlo... gelosa di lei?" Si girò e le sorrise leggermente.

Mel annuì. "Sì... mi dispiace se non mi sono comportata bene con Sabién."

"Gelosa di Sabién? Nah..." Lui scosse la testa. "Sabién è come una sorella per me."

"Non mi sembra che lei ti guardi come un fratello."

Mauldér rise sottovoce. "Lo so."

Mel ebbe un brivido a causa del freddo. "C'è un altro motivo per cui voglio tornarmene a casa. Non avete i caloriferi qui, vero?"

Lui alzò un sopracciglio e le rivolse uno sguardo interrogativo. "Che cosa sono?"

"Oh, be'... sono dei... termosifoni."

Mualdér rise e le pose un braccio sulle spalle per invitarla a rientrare. "Vieni, entriamo in casa. Magari riusciamo a trovare qualcosa di simile a... com'è che si chiamano? Calforieri?"

--Fratelli o non fratelli, dormite nella stessa stanza.-- pensò Mel. La sua casa un alto alla torre era ancora impregnata dello strano odore e Mauldér aveva proposto a Carter di restare a dormire a casa sua. Mel aveva accettato volentieri, più che altro per la paura di rimanere a dormire da sola in mezzo a un paese - a un universo - sconosciuto.

Si rigirò sul letto diverse volte e si chiese come facesse nel Seicento la gente normale a dormire. Quel letto era una sorta di giaciglio da fachiro per lei, occidentale abituata a letti perfetti all'americana, anche se lo preferiva comunque alla dura scrivania dell'FBI su cui si era addormentata a volte... e il risveglio con Skinner che blaterava non ne aumentava il piacere.

Quel cuscino, poi, era il massimo dell'orrore, ma per lo meno era utile per poterci ficcare sotto la testa. Per una volta nella sua vita, Carter non aveva nessuna intenzione di ascoltare qualsiasi dichiarazione d'amore potesse uscire dalla bocca del suo mezzo fratello.

--Dio, se mi fai uscire da questo guaio, giuro che non origlierò mai più fuori dalla porta dell'ufficio degli X-Files... o per lo meno, tenterò di non farlo...--

Si girò su un fianco e quando il letto finì di scricchiolare, Mel si accorse che poteva distinguere proprio ciò che non voleva sentire, al di là della parete. Si coprì le orecchie con le mani e ripensò a Scully... e a Svanzen, Charlie Demian, David Knight e a tutti coloro che in quell'universo non c'erano... anche il suo Mulder.

"Mulder?" Si mise a sedere, quando sentì bussare.

La porta si aprì di uno spiraglio e la luce incerta di una lampada a olio apparve a illuminare il volto di Mauldér. "Stai bene? Ho... sentito... Scusa..." Entrò nella stanza e si avvicinò a lei. "Ti ho sentito piangere."

Mel sospirò e abbassò lo sguardo. "Sono stata una cretina..."

"Non dire così..."

"No... è vero. Volevo cambiare universo perché nel mio pensavo di aver toccato il fondo... ma di qui sono messa a scavare..."

"Non è così male, qui." Si sedette accanto a lei sul letto, appoggiando la lampada a terra. "Eri nell'Esercito Reale con me, prima che arrivasse Myla... però... anche lei cercava il modo di andarsene, quando voleva, come voleva. Per questo faceva tutti quegli esperimenti... la magia dice che i diamanti possano aprire varchi e lei cercava di crearne."

"Nel mio universo non è difficile fare i diamanti, ma non sono belli... Li chiamano zirconi." Mel alzò lo sguardo. "Tu pensi che ci sia riuscita?"

Lui rimase in silenzio a pensare per qualche istante. "Una volta ho letto la formula che aveva Myla... Non bastano i diamanti. Ci vuole anche un cuore puro. Non so cosa significhi di preciso... Ma Myla... no..." Scosse la testa. "Non ha un cuore puro."

Mel guardò la lampada, la fiammella danzava dietro il vetro, prendendo ampi respiri dall'apertura superiore. "Nemmeno io lo sono..."

"No, non è detto... Sai... Myla è stata bandita da alcune città."

"Per cosa?!"

"Stregoneria, furti, delitti vari... Tu non mi sembri il tipo...."

"Già... Io sono nell'FBI..." fece lei. "Ero..."

"Lavori assieme al Mauldér del tuo universo?" Sorrise. "Come io e Sveha." Sospirò. "Ma non come Myla... Lei è... uno spirito nero. Tutto quello che fa, lo fa solo per interesse personale. Però... non ha avuto una vita facile... Si può capire perché è così. Anche se non ha un cuore puro, le voglio bene comunque. E' pur sempre mia sorella... come te." Le rivolse un sorriso caldo, accarezzandole la guancia con il palmo aperto della mano. "E poi chi ha davvero un cuore puro? Io non credo di averlo..."

Mel chiuse gli occhi e appoggiò la guancia sul palmo di Moldar. "Se torno nell'altro universo, ti devo dire che ti voglio bene."

"Vuoi tornarci davvero?"

Mel aprì gli occhi di scatto. "Tu sai come potrei fare?"

Mauldér scosse leggermente la testa. "Non lo so... Ma se è come penso... non basta che tu lo voglia intensamente, deve volerlo anche Myla. E potrebbe volerci qualcos'altro."

La donna sospirò. "Forse dovrei spararmi."

"Non credo sia la soluzione giusta... E... comunque credo che cambiare universo... non so, potrebbe essere pericoloso... potresti finire chissà dove."

"Devo correre il rischio. Il mio mondo è quello, il mio posto è là, da agente dell'FBI, da amica di Mulder e Scully."

Mauldér annuì. "Se riuscirai a tornare nel tuo universo, vorrei che ricordassi una cosa... Nonostante ciò che è Myla e nonostante tu non sia di questo mondo... ti voglio bene, sorellina."

Mel sorrise, poi chiuse gli occhi per proibire alle lacrime di scendere. Lui l'abbracciò. La strinse tanto forte da quasi toglierle il respiro. Mel sentì di nuovo la forte fitta al torace e portò le braccia in alto, per stringerlo a sé. "Voglio tornare indietro..." sussurrò. "Ad ogni costo..."

 

*****

Do you believe?

You must believe.

(R.Williams, "Supreme")

***

Appartamento di Melody Carter, Annapolis

h. 9:09 p.m.

Mulder aprì la porta lentamente. "Carter, si può?" chiese. "Ti ho chiamato, non rispondevi al telefono.... senti... se devo andarmene dillo subito, ma sono preoccupato... volevo parlarti e... Carter?"

Estrasse la pistola di scatto quando sentì un rumore. Stette in ascolto e il rumore ritornò. Camminò lentamente verso la camera da letto, tendendo la pistola puntata verso il soffitto.

"Carter?"

Due colpi arrivarono dall'armadio e Mulder aprì le ante, puntando l'arma verso l'interno. "Svanzen!" esclamò, abbassandosi accanto all'uomo per togliergli il bavaglio. "Che è successo? Dov'è Carter?" gli chiese, mentre iniziava a slegarlo.

"Dove sia Carter non ne ho idea..." disse lui. "Ma la persona che ne ha le sembianze sta cercando di uccidere la tua collega."

"Scully?!"

Finalmente libero, Oliver si alzò, con l'aiuto di Mulder. Faceva fatica a stare in piedi e sanguinava ancora. "Stanno andando da qualche parte... non ti so dire dove..." Prese un profondo respiro e trasalì alla fitta. "Ma dobbiamo andarci... prima che uccida Scully."

"Non è possibile... perché mai Mel dovrebbe voler uccidere Scully?!"

"Mulder, credi a tutto... è così difficile credere... che quella non sia la *nostra* Mel?"

Fox scosse la testa. "No, ma..." Alzò una mano, notando le tracce di sangue scuro. Rimase a guardarlo per qualche istante, poi guardò l'altro uomo: "Svanzen, stai... sanguinando..."

Oliver fece una breve risata sarcastica: "Non me n'ero accorto... Sbrighiamoci, andiamo." Appoggiandosi alla sponda del letto si alzò in piedi e si diresse zoppicando verso la porta.

"Non puoi andare da nessuna parte conciato così!" esclamò Mulder. "Devo portarti in ospedale!"

Oliver si girò leggermente verso di lui. "Forse non hai capito, Mulder... quella pazza sta per ammazzare Scully... io sono l'unico che ti può portare da lei... quanto ancora vuoi aspettare?"

Mulder lanciò un'occhiata al fianco sanguinante dell'uomo. "Solo un paio di secondi." disse, correndo in bagno. Ne uscì con alcune salviette e andò verso Svanzen. "Ok, appoggiati a me. Andiamo."

Saliti in macchina, Svanzen si legò una salvietta intorno alla gamba, quindi ne premette una contro la ferita che aveva sul fianco.

"Dove andiamo?"

"A sinistra." disse Svanzen.

Mulder seguì senza obiettare le sue indicazioni, ma mentre imboccavano la statale per uscire da Annapolis, lanciò al superiore un'occhiata interrogativa piena di significati.

Svanzen rise leggermente, chiudendo per un istante gli occhi ad una fitta più forte. "Che cosa vuoi chiedermi, Mulder? Sputa il rospo. E gira a destra qui."

"Be'... come fai a sapere dov'è Mel? E se non è lei... chi diavolo è?"

"Hai presente gli universi alternativi?"

"Sì... ne parlavo con Mel giusto pochi giorni fa... vuoi dire che quella... è?..."

"La Mel di un altro universo, Myla."

"Come fai a saperlo?"

"Ne circola la leggenda tra la nostra gente da tempo. Myla sarebbe destinata a far crollare tutto il mondo... mondo inteso come insieme di universi, aprendo una porta che potrà essere usata senza restrizioni."

"L'anarchia universale." disse Mulder

Svanzen annuì. "Sì. Non credevo che sarebbe arrivata da questa parte proprio attraverso Mel..."

"Perché ha cercato di ucciderti?"

Oliver prese un profondo respiro. "Non può uccidermi, come io non posso uccidere lei... solo che possiamo tentare di metterci i bastoni tra le ruote a vicenda... quando ho sentito di questa leggenda, anni fa, non credevo che sarebbe toccato a me..." Si abbandonò contro lo schienale del sedile e tolse la salvietta dalla ferita.

"Il sangue non si è ancora fermato?" chiese Mulder.

"No... ha usato un'arma strana... una sorta di laser anticoagulante..."

Mulder scosse la testa. "Non ho mai sentito parlare di una cosa del genere..." Poi realizzò. "Non è di questo universo."

"Così pare..." Svanzen soffocò un urlo, quando l'automobile prese una buca.

"Devo fermarmi?"

"No... vai avanti..." Oliver fece una risata amara. "Se parli con il gruppo Millennium, riferiscigli questa storia... credo che stiano anche loro dando la caccia a Myla... o come diavolo la chiamano..."

"Tu sei... uno di Loro, vero? Come Nathan..."

"Sì... ma... rimanga tra noi, ok?"

Mulder annuì. "Come Enola... il tuo sangue è meno blu, però..."

"Ho un cuore in meno, Mulder, l'ho perso." Ispirò profondamente. "Per questo sembro normale..."

Imboccarono una stradina che portava verso le colline e viaggiarono per qualche minuto in silenzio.

"Dove vado ora, Svanzen?" chiese Mulder, trovandosi di fronte a un muro d'alberi. Quando non arrivò risposta, Fox si girò verso Oliver. La salvietta che teneva sul torace era ormai completamente impregnata, sangue violaceo filtrava tra le sue dita. "Merda..." sussurrò Mulder, cercando il battito cardiaco all'uomo, privo di sensi. Adesso era solo. Alzando lo sguardo si accorse che c'era la macchina di Scully a pochi metri. Scese ed estrasse la pistola. Seguendo le tracce, si inoltrò nella foresta, mentre chiamava col cellulare un'ambulanza per Svanzen.

Ben presto si ritrovò in vista di una radura. E il suo sguardo si posò su uno spettacolo che gli gelò il sangue nelle vene. Scully era legata al centro di un cerchio luccicante, si agitava scompostamente nel vano tentativo di urlare e liberarsi. A pochi passi da lei, Mel, o meglio Myla, stava arroventando un coltello su un piccolo fuoco.

Mulder si rese conto di avere due sole possibilità di azione. Una era convincere Myla ad andarsene, lasciando che Mel ritornasse nel suo corpo.

L'altra era ucciderla.

La seconda soluzione era terrificante quanto pensare che lei potesse uccidere Scully.

Uscì alla scoperto puntandole direttamente contro la pistola, mentre gli occhi umidi di Scully si posavano su di lui, implorandolo di riportare indietro la loro Mel Carter.

"Butta quell'arma o sarò costretto a sparare!" urlò Mulder.

Myla si alzò ed entrò nel cerchio di diamanti, stando alle spalle di Scully, con in mano il coltello dalla lama arroventata. "Quel bastardo ti ha mandato a farmi fuori, eh? Non puoi uccidermi, Mulder. Io sono Mel Carter, la tua unica parente ancora viva, la tua sorellina."

"Hai una pistola puntata alla testa, appoggia quell'arma!"

Dana scosse la testa violentemente, cercando di urlare.

"Aprirò le porte del mondo, degli universi e soprattutto delle vostre menti." Alzò il coltello sopra Scully e si preparò ad abbassarlo con un colpo preciso.

Ma qualcosa glielo impedì.

Sentì un suono secco e odore di polvere da sparo nell'aria. Le sue braccia persero la forza e il coltello le scivolò via dalle mani, cadendo a terra senza causare danni. Abbassò lo sguardo e si trovò a fissare un rivolo di sangue che le usciva dal petto. Guardando di nuovo verso quel suo mezzo fratello di quest'altro universo, vide Mulder con in mano la pistola fumante.

Cadde a terra e decise che era ora di non sentire né vedere più nulla.

 

*****

I'm a fiend but I'm living for a love supreme.

(R.Williams, "Supreme")

***

Stardustwood

10:13 p.m.

L'aria era ritornata calma e fresca. In alto le stelle brillavano sublimi come piccoli fuochi azzurri e bianchi, nascoste in parte dalle foglie verde smeraldo degli alberi che coprivano il cielo nero come dita, mosse alla brezza della notte.

Mulder abbassò le braccia lungo i fianchi e lasciò che la pistola gli scivolasse di mano. Rimase fermo qualche istante, poi si avvicinò lentamente a Scully. Si abbassò accanto a lei, senza guardarla, e le sciolse le bende che la tenevano legata. Quindi si lasciò a cadere a terra, seduto accanto a lei.

Dana si divincolò dai lacci, si chinò verso di lui e lo abbracciò, asciugandosi le lacrime con il dorso della mano. Guardarono per un istante, in un silenzio che urlava, il cadavere di Myla... o Joy Melody Carter... stringendosi l'uno all'altra con tanta forza da quasi soffocarsi. Poi Mulder appoggiò il volto al collo di Scully, chiuse gli occhi e si lasciò andare, cullato dal vuoto creato dalle percezioni sensoriali che svanivano.

 

*****

Saying love will stop the pain

Saying love will kill the fear.

(R.Williams, "Supreme")

***

 

Ospedale di Circolo, Annapolis

2:12 a.m.

Mulder si girò quando sentì la porta aprirsi. Oliver Svanzen apparve sulla soglia, silenzioso. Fox sperò che fosse arrivato per dargliele di santa ragione, così avrebbe perso i sensi e non avrebbe più dovuto pensare a quello che aveva fatto.

Svanzen gli sorrise leggermente. "E' tutto ok."

Mulder chiuse gli occhi. Sentì la porta chiudersi e Svanzen allontanarsi. Si girò verso il letto, dove giaceva il corpo immobile della collega: "Non ti ho nemmeno detto che ti voglio bene..." Lentamente abbracciò Mel. Non riusciva a darsi pace.

Era colpa sua. Solo colpa sua.

Mel Carter sentì un forte fitta al torace e portò le braccia in alto. "Voglio tornare indietro..." sussurrò.

Mulder si ritrasse di scatto. "Mel?!"

La donna si girò e lo guardò: "Boje moi... Mulder... sei Mulder, vero? Non sei Mauldér?"

"Cosa?" chiese lui, sorridendo. "Come ti senti?"

"Come se mi avessero sparato..." Scoppiò a ridere e trasalì al dolore.

"Mel, mi dispiace. Io non so..."

"Shhh... sono io che mi sono esposta al momento sbagliato... scusa... è che in quel momento non stavo pensando nel modo giusto... volevo andarmene... sparire, cambiare universo..."

Mulder sorrise. "E ora?"

"C'è Scully?"

"Non è qui, è andata via un paio di ore fa."

"State assieme?"

Fox scoppiò a ridere. "No... anche se tu lo credi."

"E Sabién?"

"Chi?"

Mel sorrise. "E' il mio universo, questo." Cercò la mano di Mulder e lui si affrettò a stringergliela. "Enya?"

"Le manchi. Le ho dato da mangiare io in questi giorni."

"Quanti giorni?"

"Quattro."

Carter chiuse gli occhi.

"Non sforzarti, Mel. Se hai sonno, cerca di dormire."

"No... ho solo ricordato che devo dirti una cosa... avvicinati un po'..."

Fox si chinò su di lei.

Mel sorrise e sussurrò: "Ti voglio bene, fratellino."

Mulder sorrise. "Anch'io." Le accarezzò una guancia e le diede un bacio sulla fronte.

"Mulder?"

"Dimmi."

"Si può avere un antidolorifico?"

Mulder annuì: "Tutto quello che vuoi." Mel si mosse leggermente e si scostò il lenzuolo dal petto. Fox fece per alzarsi, ma poi si fermò un istante a guardarla. Perché, per un momento, aveva creduto di averla davvero uccisa? E perché era convinto che le avesse sparato intenzionalmente al cuore, e non che un proiettile l'avesse presa, per sbaglio, al polmone?

Per un istante, un miscuglio di immagini estranee, che non sapeva posizionare nel tempo, si riversarono nella sua mente... Mel che fumava e beveva birra... sangue stranamente blu che sgorgava da una ferita di Svanzen... Scully legata in mezzo a una foresta... lui che sparava a Melody, uccidendola con un solo colpo al cuore...

Mulder scosse la testa. Per qualche minuto si chiese da dove erano venute quelle immagini. Mentre guardava Carter dormire, una risposta arrivò naturale alla sua mente: era una realtà che poteva accadere, forse di un altro universo, ma che in quel caso, per una piccola scelta fatta in passato, forse da Melody, forse da lui, non si era realizzata.

Sorrise fra sé. Poi, cercando di non far rumore, uscì per andare a cercare un medico che potesse dare un antidolorifico a Mel. In fondo, quell'universo gli piaceva. Ora che Carter era salva, Mulder poteva ricominciare a pensare a come riavere il distintivo e la pistola, ma sapeva che non sarebbe stato un grosso problema.

Si avviò verso l'uscita. Sotto il cielo nero, dove qualche stella che ammiccava dall'oscurità come diamanti al chiaro di luna, prese il cellulare e chiamò Scully.

"Mel sta bene. Si è svegliata." disse subito.

Dana sorrise. "E' una guerriera." rispose lei.

"Già... Scully... devo dirti una cosa..." Mulder guardò le stelle e sussurrò al telefono. "Ti voglio bene."

FINE

 

 

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Ispirato in parte da "Star Wars" episodi I e III

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La serie "Humana Species", che comprende anche questo racconto, è reperibile all'indirizzo: http://digilander.iol.it/xbellatrix/jmc/

Fox Mulder, Dana e Charles Scully, Walter Skinner, John Doggett e Alex Krycek appartengono a Chris Carter, 1013 e Fox. Non sono stati tratti profitti da questa storia, nessun infrazione di copyright è voluta.

L'episodio "4-D" è stato scritto *dopo* la presente storia, ma come si sa, i paralleli tra la IVS e la serie di Chris Carter (che adoro alla follia... diffidate delle imitazioni, quello vero ce l'ho nell'armadio io, interpreta Oliver Svanzen, anche se ogni tanto esce per andare a Los Angeles...) sono ormai così tanti che non ci facciamo nemmeno più caso. Evidentemente le menti geniali lavorano in parallelo ;).

Joy Melody Carter, Sveha, Myla, Oliver Svanzen, Enola, Nathan, i Caerulei, Martin Fraser, l'ABC Pet Shop, l'Ephrata Market, "Humana Species" e questa storia appartengono all'autrice (copyright 2001). Il nome Svanzen è stato inventato da Fiorangela Monti.

Una curiosità: "Ephrata" è presumibilmente da lì (ma chi lo sa?) che Carter finisce nell'altro universo. Ephrata è inoltre l'antico nome di Betlemme (Genesi XXXV, 16).

I commenti sono più che benvenuti all'indirizzo: xmcarter@email.it - li adoro e rispondo sempre. :)

La colonna sonora di EDEN

L'Ufficio di Joy Mel Carter (Once Upon A December - D.Carter, from "Anastasia")

L'Ufficio degli X-Files

Il Negozio (We Will Rock You - Queen)

In Ospedale (Can't Fight the Moonlight - L. Rimes)

Myla e Mulder (Don't Stop Me Now - Queen)

Myla e gli Uomini (Killer Queen - Queen)

Myla e Svanzen (Get Another Boyfriend - Backstreet Boys)

Myla - EDEN Theme (Supreme - Williams)

Finale (Millennium - M.Snow)