***

Mar dei Sargassi

2:12 a.m.

L'aria era immobile e la nebbia attutiva i rumori e lo sciabordio dell'acqua. I fari tentavano inutilmente di fendere il fitto muro grigio che circondava la nave.

"Siamo abbastanza al largo?" chiese Henry, controllando sul radar la posizione della terra ferma.

"Sì. Possiamo iniziare." rispose John, la sua voce era sicura.

"Mi agita fare questa cosa..."

"Pappamolla. Avanti, vieni."

Henry si guardò intorno, ma il buio era talmente fitto che non poteva vedere molto. Seguì John per non rimanere solo. Sentiva uno strano suono nell'aria, come un leggero lamento sommesso, che nasceva nelle profondità del mare e faceva vibrare l'acqua e la nebbia. Rabbrividendo, Henry continuava a pensare che pulire i serbatoi al largo della costa poteva comportare dei rischi. La legge lo proibiva, perché era estremamente inquinante.

Henry sentì il rumore di acqua che si muoveva e si fermò. Aveva sempre avuto una fervida immaginazione e nella sua mente cominciò a crearsi un paesaggio di pesci rossi inferociti che mangiavano la nave.

"Andiamo, Henry! Vieni! Non abbiamo molto tempo!"

La voce di John lo riportò indietro e i feroci pesci rossi si rituffarono nel suo inconscio.

"John?"

"Vieni, dobbiamo pulire tutto prima che arrivi l'alba. Accendi la torcia."

Henry si girò per prendere la lampada elettrica, ma un rumore improvviso lo fece fermare. Hai sentito anche tu?"

"Cosa?" fece spazientito l'altro.

"Un rumore..."

"Sì, i pesci che saltano di notte. Forza, dobbiamo pulire."

Henry annuì. Ricacciò via di nuovo i pesci rossi inferociti e accese la lampada.

Lavorò in silenzio cercando di non pensare alle migliaia di animali che sarebbero morte per colpa di quel petrolio, fin quando un forte rumore squarciò la nave in due, facendola colare a picco nel mare ormai nero.

 

***

Monica M. Castiglioni

GaJa

(GAIA)

Humana Species 17

X-3MC02070301

***

 

***

Appartamento di Dana Scully

8:09 p.m.

Non fece in tempo nemmeno ad aprire la porta, che Mel Carter le aveva già buttato le braccia al collo.

"Come stai?" le chiese Mel. Poi scosse la testa. "Domanda scema, scusa..."

"No... be'... fisicamente sto bene." Scully lasciò in sospeso il resto della frase. "Entra." le disse, scostandosi dalla porta.

"Ancora nessuna... notizia?" chiese Carter.

Scully scosse la testa. "No... Tante piste contraddittorie, ma... niente di valido." Si sedettero sul divano, una accanto all'altra.

"Be', Dana... devo dirti una cosa..."

"Bella?"

"Direi..." Mel rise, arrossendo. "Sai che hai un fratello davvero fantastico?"

"A Natale avevo visto che vi guardavate parecchio!" Dana sorrise. "Anch'io devo dirti una cosa."

Carter la guardò interrogativamente. Non riusciva a capire se fosse una buona o una cattiva notizia. Scully stava sorridendo, ma aveva un'aria decisamente malinconica. Si vedeva lontano un miglio che Mulder le mancava da morire. "E' una bella notizia?" chiese.

Dana annuì e sorrise. "Aspetto un bambino."

Mel scoppiò a ridere di gioia, abbracciando l'amica. "E' fantastico!"

 

***

Ufficio degli X-Files

10:13 a.m.

Carter era ferma sulla porta ad osservare l'ufficio degli X-Files. Con due scrivanie lo spazio era diminuito parecchio, eppure l'ufficio sembrava vuoto. Mel sospirò. Mulder mancava. La sua mancanza si sentiva nell'aria. Camminò lentamente fino alla scrivania che fino a poco prima era stata occupata dal suo agente preferito. Sì, non l'aveva mai ammesso, nemmeno con se stessa, ma adorava il modo in cui Mulder lavorava, la sua passione per il lavoro, la sua completa dedizione, il coraggio di affrontare qualsiasi cosa e esporre qualsiasi teoria, pure di risolvere un caso.

Raccolse il cartellino e sorrise. "Dana Scully". Il suo sorriso si fece ancora più grande, quando ricordò la conversazione della sera precedente. Appoggiò il cartellino e si diresse verso l'altra scrivania. "John Doggett". Mel sospirò. Girò sui tacchi e imboccò velocemente l'uscita.

***

Ufficio di Skinner

10:28 a.m.

Skinner alzò lo sguardo vedendo Carter entrare nell'ufficio.

"Kim non c'è." disse lei.

Il vicedirettore chiuse la penna e la appoggiò sopra al fascicolo che stava leggendo. "Che c'è, Mel?"

La ragazza non si sedette, ma rimase in piedi davanti a lui. "John Dojjett. Chi è?"

"Doggett." la corresse Skinner. "E' appena stato assegnato agli X-Files."

"Appunto. Quel posto doveva essere mio."

Skinner scosse la testa. "E' stato messo lì da Kersh, io non c'entro."

"Immaginavo. Come se non bastasse quanto già odio Kersh."

"Carter..."

"Avanti, da dove viene quello?"

Skinner sospirò. "E' assegnato alla ricerca di Mulder."

"Ha più anni di servizio di me, vero?"

Walter annuì.

"Mi ha fregato sotto il naso."

"Andiamo, Carter, lo sappiamo bene che non avrebbero mai assegnato due agenti donne agli X-Files. La tua era una vana speranza."

Mel sospirò e si lasciò cadere sulla sedia. "Mi sembra di fare la parte dell'approfittatrice in questo campo."

"Ma non lo sei."

"Be'... Spero almeno che l'agente Dojjett sia interessato agli X-Files."

"Doggett." replicò di nuovo Skinner. "E comunque, se vuoi, puoi iniziare da qui." Le passò un fascicolo.

"Sparizioni al largo della costa orientale... Barche squarciate...Sembra un X-File."

Skinner annuì.

"Lo devo risolvere insieme a..."

"All'agente Doggett."

"Scully?"

"E' in ospedale... per un controllo."

Carter trasalì. "Sta bene?"

"Mel, risolvete quel caso in fretta. Non merita più di un paio di giorni."

L'agente gli lanciò uno sguardo interrogativo, ma poi disse: "Sai, Walter... Avrei preferito risolverlo con Mulder."

"Molti agenti, anche se non lo ammetterebbero mai, avrebbero voluto lavorare con lui."

 

***

Ufficio degli X-Files

10:56 a.m.

John Doggett si bloccò sulla porta, fascicolo aperto in mano, sguardo fisso verso l'intrusa di turno. "Desidera?" chiese ad alta voce.

Carter smise di frugare tra i fascicoli e si girò. "Agente Dojjett, immagino..."

"Doggett." replicò lui. "E io ho il piacere di parlare con...?"

"Agente Mel Carter." fece lei, quindi raccolse un fascicolo.

"E... desidera?" insistette Doggett.

"Il vicedirettore Skinner mi ha assegnato un X-File. Sostituirò temporaneamente l'agente Scully."

"L'agente Scully? Come mai?"

"Al momento non può essere qui."

Doggett si mise le mani sui fianchi. "Se mi dice cosa sta cercando, le posso dare una mano."

"L'ho già trovato." replicò lei. "Ah, per inciso, ho avuto l'autorizzazione a frugare qui dentro da Mulder un anno fa e da Dana dieci minuti fa al telefono." Con una certa soddisfazione si sedette alla scrivania di Scully. L'amica non l'avrebbe presa male. "Immagino che abbia già letto il fascicolo."

"Lo stavo giusto facendo."

"Be', che ne pensa?" Senza dargli il tempo di replicare, proseguì: "Alcuni anni fa gli agenti Mulder e Scully avevano indagato su sparizioni simili a queste, ma avvenute in un lago."

Doggett la guardò incredulo: "Mostri marini?"

"Coccodrilli." ribatté lei. "In questo caso, penso l'ipotesi più adatta sia quella di correnti marine. A volte possono essere abbastanza forti da spaccare le navi."

"Ma in questo caso si sarebbe verificata una turbolenza, registrata dalle sonde meteorologiche, di cui invece non c'è stata traccia."

Carter annuì. "E' per questo è sono tornata alla prima ipotesi."

"Mostri marini." ripeté Doggett.

"Esatto. Anche perché altrimenti non sarebbe un X-File."

"Agente Carter, le hanno mai detto che i mostri non esistono?"

"Agente Dojjett, le hanno mai detto che non tutte le specie animali sono conosciute?"

"*Doggett*. E comunque, un mostro marino non si nasconde in un tronco d'albero."

"Dipende dalla grandezza dell'albero. E del mostro."

John estrasse una foto dal fascicolo: "Questo è parte del relitto che è stato trovato sulla spiaggia di Tricy, una nave da pesca. Uno scoiattolo a due teste difficilmente sarebbe riuscito a spezzarla in due come invece è accaduto."

"Quali sono le sue ipotesi, dunque?"

"Penso che la nave possa essere stata colpita da un altro oggetto. Un'altra imbarcazione, un missile, un asteroide."

"Assieme allo scoiattolo a due teste e alla mia, non ho idea di quale delle ipotesi sia la più fantasiosa." Mel prese il fascicolo e lo aprì su una pagina. "L'ultima nave scomparsa per i suoi quattro quinti in questa zona, era una nave mercantile. La parte che stata ritrovata è questa." Mostrò una foto. "Parte del serbatoio. Il portello di chiusura era aperto."

"Non c'è da meravigliarsene." fece Doggett. "Quella nave è aperta ovunque."

"No, non mi sono spiegata bene. Era aperto, non scardinato. C'è una bella differenza. Il serbatoio è stato aperto prima che la nave diventasse uno sformato di coriandoli."

"Che cosa intende dire, agente?"

"Che i marinai stavano pulendo il serbatoio in mare. Hanno approfittato del buio e della nebbia. Io voglio andare sul posto." Si alzò in piedi e si diresse verso la porta. "C'è un aereo che parte alle 13:12, io ho intenzione di prendere quello."

Doggett annuì. "D'accordo."

Carter uscì in corridoio, concludendo: "Allora ci vediamo in aeroporto, agente Dojjett."

"*E' DoGGett!*" esclamò lui.

 

***

Ospedale S.Maria

1:12 p.m.

"Ma da dove l'hanno pescato?"

Scully raccolse sulla forchetta le carote bollite. "Non è così male come sembra."

Carter raccolse una patatina fritta dal suo pacchetto. "No? Sembra appena uscito da un film di 'Terminator'."

Dana rise. "Hai ragione... Però ti assicuro, ci si lavora bene assieme."

"Ero abituata ad esporre teorie più scientifiche rispetto a..." Si bloccò. Sospirò. "Scusa..."

Dana scrollò le spalle. "Mel, Mulder è scomparso. Non è più... attualmente non lavoriamo assieme. Non è un mistero."

"Sì... però..."

"Non puoi evitare l'argomento per sempre... lo so."

Carter annuì. "Per quanto tempo ancora ti terranno qui?"

"Non lo so... vogliono tenermi sotto controllo..." Scully sorrise e le batté una mano sulla spalla. "Lo sopporterai benissimo, ne sono certa."

"Il più sarà riuscire a risolvere il caso. Non so se hai presente i miei precedenti con Jeffrey Spender."

"In confronto a lui, ha una mentalità molto aperta. Vedrai."

Carter annuì. "Ok. Finisci la verdura, mi raccomando." Sorrise e le diede un bacio sulla guancia. "Vado a prendere l'aereo con Dojjett."

Dana ricambiò il bacio. "Si dice Doggett."

"Già. Me ne dimentico sempre."

 

***

8:07 a.m.

Il gestore del motel alzò lo sguardo quando vide due persone entrare nella reception. --Agenti dell'FBI.-- pensò. La donna non aveva esattamente l'aria di un'agente, ma lui era il classico bacchettone federale.

"Due stanze?" chiese l'uomo.

I due agenti annuirono e gli passarono i distintivi. Carter aveva proposto di cercare un motel dove lasciare le valigie, quindi di andare a fare un giro di perlustrazione sulla costa. Doggett aveva accettato l'idea senza discutere.

"Volete la porta di connessione?" chiese l'uomo dietro al bancone.

"No." esclamarono assieme i due agenti.

Venti minuti dopo erano sulla spiaggia dove erano stati trovati i resti della nave.

Carter fece scorrere il raggio della torcia sulla sabbia. "Li vede?"

Doggett arrivò accanto a lei. "Che cosa?"

"Questi segni." Indicò con la torcia delle strisce nella sabbia. "Ricordano quelli di un serpente. I serpenti lasciano questi segni paralleli, strisciando."

"Serpenti marini?" fece Doggett, con voce incredula.

Carter scrollò le spalle. "Lei che ne pensa?"

"Barche. Macchine."

"Forse. O forse no." Carter si alzò in piedi e punto la torcia verso il mare buio. "Che ne pensa se domani andiamo a farci un giro in barca, agente Dojjett?"

Lui le lanciò un'occhiata: --Ma allora fa apposta...-- Scrollò le spalle. "Per me va bene."

"Due giorni." continuò lei.

"In mare?"

"No, per risolvere il caso." Carter spense la torcia e i due agenti piombarono nel buio totale della spiaggia dal cielo nuvoloso.

"Agente Carter, le spiace riaccendere la torcia?"

"Ops." sussurrò lei. "E' buio..."

 

***

Motel

11:29 a.m.

Carter aprì la directory della posta in arrivo. Scorse velocemente i mittenti, poi sospirò. Ogni giorno scaricava la posta nella speranza di trovarci un'e-mail di Mulder. Anche quel giorno, restò delusa.

Dette un'occhiata veloce ai messaggi dei Lone Gunmen, dei colleghi, quindi aprì quella di Charles Scully.

Sorrise.

Aprì il messaggio e iniziò a rispondere.

"Ehi Charlie,

sono a Tricy a investigare con il nuovo collega di Dana, Terminator. Domani andremo sul mare. Potresti venire tu a farci da guida. :)"

Carter si fermò e scosse la testa. --Ma perché non tagli la crapa al torero e gli dici chiaro e tondo che ti piace?-- pensò.

 

***

12:30 p.m.

"Agente Carter, non le è sembrato un po' costoso il noleggio di questa bagnarola?" disse Doggett arrivando verso Mel, ferma a guardare il mare in prua.

"Non l'è venuto nessun dubbio? Nessuno ci voleva portare in mare. Una ragione ci sarà."

"Mostri marini?"

Carter sospirò. "Andiamo, agente, sono due giorni che giriamo intorno a questa storia. Sì, secondo me potrebbero c'entrare i mostri marini."

Doggett scosse la testa: "Le navi abbattute trasportavano merci in qualche modo pericolose. Petrolio, munizioni."

"E due avevano i serbatoi aperti. Forse il mostro marino s'è incazzato perché gli stanno sporcando la casa."

Lui scosse la testa e si girò per rientrare nella cabina.

"Agente Dojjett, ha una sigaretta?" lo richiamò Carter.

"Non fumo." rispose lui.

"Nemmeno io." disse lei.

Doggett le lanciò uno sguardo incuriosito. Mel entrò nella cabina, dove trovò il comandante della barca. "Ha una sigaretta?" gli chiese.

L'uomo le sorrise e le offrì un pacchetto.

"Grazie." sorrise lei, accettando anche un fiammifero. Ritornò sul ponte e accese la sigaretta, tossendo un paio di volte. Lasciò che la sigaretta bruciasse per qualche istante, quindi la lasciò cadere in mare. Si voltò verso Doggett e con un sorriso gli disse: "Vediamo se ci sparano addosso un missile." Quindi ritornò sotto coperta.

 

***

Mare dei Sargassi

10:13 p.m.

Carter sbuffò.

"Stanca?"

Mel trasalì e si girò per vedere Doggett con le mani in tasca appoggiato alla soglia della cabina.

"Non succede niente." disse.

Lui annuì.

"Eppure siamo nel Triangolo delle Bermuda, ormai."

L'agente camminò lentamente fino alla collega, quindi si sedette sulla panca accanto a lei. "Pensava che sarebbe successo qualcosa qui?"

Carter annuì.

"Anche sul Triangolo ci sono troppe leggende metropolitane."

"Mulder non sarebbe d'accordo."

Doggett le lanciò un'occhiata che Carter ignorò.

"Io vado a dormire." disse, poco dopo, Carter. "Decida lei se tornare in porto o no."

"Domattina." rispose lui.

"Ok. Buona notte, agente Dojjett."

Lui si girò e la richiamò: "Agente Carter?"

"Sì?" fece lei, ferma sulla soglia.

"E' Doggett."

"Ah... sì, scusi."

John annuì. "'Notte."

 

***

4:04 a.m.

"-Mamma, che succede?-"

"-Shhh... a bassa voce, Svet.-"

Svetlanasi avvicinò alla madre, stringendosi al suo fianco. "-Siamo quasi arrivati-" sussurrò. "-Me l'ha detto... come si chiama?...-"

La nave oscillò leggermente.

"-Mamma, come si chiama...? Mi... mi sto dimenticando i nomi dei miei amici, perché?-"

Lilia chiuse gli occhi per un istante. "-E' la stanchezza, amore mio. Vedrai che quando saremo a New York e sarai riposata e avrai mangiato, starai meglio.-"

"-Chiederemo aiuto a papà?-"

"-Non credo, Svet...-"

La carena della nave solcò nel fondo sabbioso e l'imbarcazione si inclinò. Un uomo aprì la porta di scatto, facendo trasalire tutti i clandestini della nave. "-Dovete andare via. Subito. La polizia sta per salire sulla nave.-"

"-E dove andremo?!-" esclamò un uomo dal fondo.

"-In mare. Con le scialuppe. Non potete stare qui. La polizia vi rimanderà tutti in Bielorussia se non ve ne andate subito!-"

Lilia si alzò in piedi e prese la figlia per mano. "-Andiamo Svet.-"

"-Lilia, dove pensi di andare?! Non c'è scampo!-"

Lei scosse la testa. "-Non riporto mia figlia in Bielorussia!-"

La nave scrollò di colpo. Carter si mise a sedere di scatto sul letto. Ci mise alcuni secondi a ricordare dove si trovasse. Si alzò in piedi, cercando di mantenere l'equilibrio contro le oscillazioni della nave. La luce elettrica non funzionava, per cui decise di prendere la torcia. Uscì dalla porta di corsa, risalendo velocemente il corridoio. Batté la mano sulla porta della cabina di Doggett. Non dovette aspettare molto perché lui aprisse, evidentemente stava già per arrivare.

"C'è una tempesta!" esclamò lui.

"No, non si sente vento. C'è solo il mare mosso."

I due agenti salirono sul ponte.

"La barca è senza comandi." notò Doggett.

"E dov'è il capitano?" urlò Carter tornando di corsa verso di lui.

"Se ne sarà andato. Avrà avuto paura della leggenda!"

"La scialuppa c'è ancora." replicò Mel. "Non se n'è andato. E' stato trascinato in mare dalla leggenda!"

Il mare era agitato, ma nell'aria c'era solo una leggera brezza. Carter si guardò in giro puntando la torcia intorno alla barca. Con la coda dell'occhio vide un movimento e si girò di scatto. "L'ha visto?"

"Visto cosa?" replicò Doggett uscendo dalla cabina.

"Non lo so... ho visto qualcosa che emergeva dal mare... in questa zona. Il radar indicherà qualcosa!"

"E' fuori uso." replicò lui.

Carter si girò di nuovo. "Adesso l'ha visto, però!"

"Non c'è niente!" esclamò Doggett.

"Allora io cosa diavolo vedo?"

"Proprio quello: niente!"

 

***

10:56 p.m.

Qualcuno aveva suonato il campanello. Aprì gli occhi, cercando di capire se il suono era solo un sogno o c'era stato davvero. Chi poteva essere alle undici di sera? Il suono si ripeté. Si alzò in piedi, in fondo non era abituato ad addormentarsi così presto, un imprevisto non era poi un problema.

Andò alla porta e guardò fuori dallo spioncino. "Oh mio Dio!" esclamò aprendo velocemente la porta.

Mel gli sorrise leggermente.

"Cosa ci fai qui, Mel?"

"Non sapevo dove andare." disse la ragazza, scrollando le spalle.

Svanzen si scostò velocemente dalla porta: "Entra. Come sei arrivata qui?"

"Ho guardato sulla rubrica telefonica."

"Sì, ma... sei arrivata qui a piedi?"

Lei annuì.

"C'è una bella strada da qui all'orfanotrofio... perché... sei scappata da lì, vero?"

Mel annuì di nuovo.

"Cos'è successo, questa volta?"

La ragazza abbassò lo sguardo ed esitò a rispondere. "Be'... ho... fatto a botte con un altro ragazzo."

Oliver sospirò. "Questa storia l'ho già sentita."

Mel alzò lo sguardo. "Anch'io avevo già sentito le offese."

Svanzen annuì. "Immaginavo. Ma perché invece di prenderlo a botte non sei andata a dirlo a qualche suora, a qualche educatore?"

"Non serve a niente. Mi dicono sempre che devo risolvermele da sola queste cose."

"Anche Suor Romana?"

"Lei non c'è mai."

"Ok, ma... è il caso di scappare per una cosa del genere?"

"Ma la Madre Superiora stava per ammazzarmi..."

Oliver la fissò per un istante poi disse: "In che senso?"

"Continuava a picchiarmi."

Svanzen sospirò. "Non può andare avanti così. Dobbiamo denunciarla."

"Nessuno mi crederebbe."

"Perché no?"

"Perché io mi prendo a botte coi bambini. Lei continua a dire che dovrei andare in riformatorio."

"Oh, cazzate." fece lui. "Ti ha fatto molto male?"

Lei annuì. Si girò e si alzò la felpa, mostrandogli molti lividi.

"Oh, merda." replicò Oliver. "Devo portarti in ospedale..."

"No... ti prego... non voglio andarci..."

Lui chiuse gli occhi per un istante. "D'accordo." Le accarezzò una guancia e chiese: "Hai mangiato?"

Mel scosse la testa.

"Vuoi farti una bella doccia e poi mangiare un piatto di lasagne al microonde?"

Lei sorrise e annuì.

Pochi minuti dopo era uscita dal bagno e Oliver aveva cambiato le lenzuola al letto. "Dormi qui stanotte?" le chiese, sapendo già la risposta.

"Grazie." rispose lei.

Oliver sorrise. "Ho una cosa per te. Pensavo di portartela un giorno, ma già che sei qui..." Le porse una scatola.

Mel sorrise. "Sei troppo gentile con me." Era un'altra tuta di felpa. "Grazie!"

"So che è già la seconda, ma non so cos'altro prenderti."

"E' bellissima... e poi adoro le tute."

Dove aver finito un piatto di lasagne fumanti, Mel notò che Oliver aveva messo un cuscino e una coperta sul divano. Si sedette lì e disse: "Sei sempre così gentile con tutti?"

L'uomo si sedette accanto a lei. "No, solo con chi se lo merita."

Mel sorrise e abbassò lo sguardo. "Non credo di meritarmelo."

"Perché no?"

"Sono una cattiva ragazza."

"Chi ti dice queste stro... cose?"

"Tutti."

"Be', tutti hanno torto." Le mise un braccio intorno alle spalle.

"No, non è vero."

"Vorresti dire che allora ho torto io a dirti che non è così?"

Mel rise. "D'accordo, allora..." Appoggiò la testa al suo braccio. "Mi piacerebbe che tu fossi mio padre." sussurrò.

"Piacerebbe anche a me." rispose lui. "Mi dispiace di non potere, Mel."

Lei scrollò le spalle. "Nessuno adotterebbe una come me."

"Ma che dici?"

"Sono cattiva, sono grande e sono ritardata."

"Ma chi ti dice queste cazzate?!"

Mel non rispose. Chiuse gli occhi.

"Be', non è vero." replicò Oliver. "Sei intelligente e sei buona. Solo vivi in un mondo che non ti va bene. Vedrai che quando cambierai ambiente, starai meglio."

"Sono grande, comunque." disse.

"Oh, Mel..."

"Nessuno vuole adottare una quindicenne... vogliono solo bambini piccoli."

"Be', questo è vero... ma non è detto che tu non possa farti una vita al di fuori dell'orfanotrofio."

"Come?"

"In qualche modo... ce la farai, ne sono sicuro." Si alzò in piedi. "Be', ora è tardi per una quindicenne. E' ora di andare a letto." Le sorrise e le porse una mano per aiutarla ad alzarsi.

"Non sto qui?"

"No, il divano lo prendo io. E non discutere."

Mel si alzò in piedi e gli diede un bacio sulla guancia. "Ti voglio bene."

Oliver stava preparando il caffè quando qualcuno suonò alla porta. Sospirò, preparandosi a fare un bel discorso a qualunque assistente sociale arrivasse a rompere sul fatto che Joy Melody Carter non avrebbe dovuto essere lì.

"Ciao Oliver." disse Walter Skinner, entrando in casa con naturalezza.

"Ah... Walter, cosa ci fai qui?"

"Non ti ricordi? Abbiamo detto che avremmo scritto il rapporto sul caso..." si fermò quando vide il cuscino e la coperta sul divano. "Oliver, hai ospiti?"

"Ah... ehm... sì... ecco..."

Skinner strizzò un sorrisetto diabolico: "Una ragazza?"

"Sì..." Poi fissò il collega, sgranando gli occhi. "Ma non nel senso che intendi tu..."

"Ah no?" Skinner sorrise, quindi si girò per appendere la giacca e vide sulla porta della camera Joy Melody. La ragazza rientrò di corsa e Skinner si girò verso Svanzen. "Oliver, sei completamente impazzito?"

"No, certo che no!"

"E' una minorenne! Potrebbero accusarti di..."

"Walter, è venuta da me ieri notte, aveva dei lividi enormi sulla schiena... non potevo portarla indietro."

Skinner sospirò. "Ti stai affezionando troppo a lei." disse.

Anche l'altro sospirò. "Forse è vero. Ma prova a conoscerla e a non affezionartici." Aprì la porta della camera ed entrò. "Mel?" chiamò, non vedendola. Guardò in bagno, quindi sotto il letto. "Esci di lì."

"Non voglio andare in riformatorio." disse lei.

Svanzen alzò gli occhi al cielo. "Volevo presentarti il mio collega."

"Dovrò andar via?"

"Forse. Ma solo per tornare al Froebel..."

Mel uscì da sotto il letto. Si alzò in piedi e seguì Svanzen.

"Walter Skinner, Mel Carter." la ragazza gli strinse la mano, ma poi si riattaccò subito al fianco di Oliver.

"Penso che potremmo denunciare la Madre Superiora." disse lui. "Vero, Walter?"

"Se ci sono prove tangibili, sì."

"Mel, ti spiace?"

La ragazza scosse la testa e gli mostrò i lividi.

Skinner scosse la testa. "E pensare che dovrebbe dare un'educazione cattolica."

Oliver stava per replicare, ma il telefono squillò.

"Svanzen... Oh, salve... sì... è qui. No... Ah, davvero?... Riferirò, grazie." Appoggiò la cornetta sulla base quindi si girò verso Mel. "Pare che la Madre Superiora stia male. Pare che... stia per morire."

Mel annuì. Le dispiaceva dover in parte gioire per la morte di una persona. Ma non poteva farci niente. Andò ad abbracciare Oliver, che ricambiò.

Il suo braccio sulla schiena gli faceva leggermente male, ma lei non ci fece caso.

Aprì gli occhi e vide un soffitto marrone, increspato. Cercò di capire dov'era e perché la schiena le faceva così male, nonostante non avesse preso botte dalla Madre Superiore da anni. Si mise a sedere lentamente e si portò una mano sulla schiena. Sbuffò. Quindi ricordò qualcosa.

"Dojjett!"

Si alzò in piedi, ignorando il dolore nella schiena e si guardò in giro. Sembrava una specie di caverna sotterranea, ma era illuminata da una spaccatura nella volta del soffitto.

Corse verso la forma distesa del collega e gli mise una mano sulla gola per essere sicura che fosse ancora vivo. "Agente Dojjett." lo chiamò. "Si svegli."

Doggett aprì gli occhi e si mise a sedere quasi di scatto. "Dove siamo?"

"Sottoterra, credo."

"Come ci siamo finiti?"

Carter sospirò e si sedette a terra accanto a lui. "La mia teoria?"

Lui annuì.

"Siamo nel frizer del mostro."

"Non fa tanto freddo."

Carter sorrise leggermente. Spostò lo sguardo sul collega, per ribattere, ma si fermò: "E' ferito."

"E' solo un graffio. Me lo sarò fatto cadendo qua dentro."

Carter scosse la testa e gli prese il braccio. "Questo non è un graffio." disse, indicando la ferita circolare. "Aspetta..." Carter si fermò. "Ti dispiace se iniziamo a chiamarci per nome?"

Doggett era leggermente sorpreso, ma mascherò il fatto. "No, certo che non mi dispiace. Così magari la smetti di chiamarmi Dojjett."

"Ah, è Doggett?"

John sospirò: "Ma fai apposta?"

"No!" esclamò lei. "Mi confondo..." Estrasse da una tasca un fazzoletto. "Va fasciata quella ferita."

"Non è il caso."

"Fidati, sono un veterinario."

"Consolante."

Carter sbuffò e gli legò il fazzoletto intorno al braccio.

"Non pensavo che le donne portassero ancora fazzoletti di stoffa." disse Doggett. "Tanto meno fazzoletti bianchi da uomo."

"L'ho imparato da Mulder." Sospirò e si mise in piedi. Si infilò di nuovo la mano sotto la maglietta, nel vano tentativo di farsi passare il dolore alla schiena.

"Melody?"

"Mel." fece lei, prendendosi una piccola rivincita.

"Hai qualcosa sulla schiena..."

"Qualcosa di vivo?" fece lei, girandosi di scatto.

"No... Un... segno circolare."

Mel cercò di guardarsi la schiena, riuscendo solo a scorgere un piccolo cerchio sulla spalla.

"Sei piena..."

Andando a sentire con la mano, si accorse che aveva cinque cerchi leggermente gonfi, in fila. "Assomigliano alla ferita che hai tu." Lo guardò e disse: "Una piovra."

Doggett non si pronunciò.

 

***

7:07 a.m.

Mel sospirò e chiuse gli occhi. La forma della crepa nella cupola, impressa sulle sue retine, si formò scura sulle palpebre. Si mise a sedere e aprì gli occhi: "Dogg... Dojjett?"

L'agente, seduto contro la parete, alzò lo sguardo: "Fai apposta."

"E' Doggett." si corresse da sola. "Che ore sono?"

"Le sette e undici."

"Del mattino?"

Lui annuì.

"Allora l'alta marea deve ancora arrivare."

John osservò la crepa. "Se entra abbastanza acqua da portarci in cima alla cupola, possiamo uscire."

"Sì, ma rimarremmo in mare aperto... forse."

"E quaggiù? Abbiamo setacciato ogni centimetro di questa caverna, non c'è un solo buco."

Mel sbuffò. Sbadigliò e si sdraiò di nuovo a terra. "Prima o poi qualcuno si accorgerà che non ci siamo..." Si alzò in piedi e camminò fino a sedersi accanto al collega. "Posso chiederti come sta andando la ricerca su Mulder?"

"Pensavo che l'agente Scully ti tenesse informata."

"Non ho il cuore di chiederglielo."

"Non abbiamo trovato molto. Solo una lapide con il suo nome, appena scolpito con quelli della sua famiglia. Ma pare un vicolo cieco."

Carter annuì. Nessuno dei due parlò per qualche minuto.

"Com'era... lavorare con lui?" chiese Doggett, spezzando il silenzio.

"Con Mulder?" Mel si girò a guardare il collega. "Era... spettacolare. Mulder aveva un'intuizione brillante. Un'intelligenza viva e la mente più aperta che io abbia mai conosciuto. Lavorare con lui era fantastico. L'ho sempre stimato molto... Anche se all'inizio non lo ammettevo. Aveva anche il coraggio delle sue idee... la forza delle sue convinzioni." Sorrise. "E poi quando lavorava con Scully... la coppia perfetta. Dana riusciva a dare una forma scientifica ad ogni ipotesi di Mulder, a farla diventare... razionalmente fantastica." Carter sospirò. "Spero che riusciate a riportarlo indietro." sussurrò.

L'uomo non disse nulla.

"Be'," riprese Carter, dopo un po'. "ti sei fatto un'ipotesi sulla piovra?"

"Calamari giganti. Pare che ne esistano in natura."

"Sì." annuì Carter. "Sono la passione dei criptozoologi... cioè, cercarli, non friggerli e mangiarli. Devono essere abbastanza indigesti. Peccato che non credo che un calamaro, per quanto gigante possa essere, abbia la capacità di distruggere navi e provocare le ferite come le nostre."

"Ok, Carter, qual è la tua ipotesi?"

Mel sorrise. "Stai attento a chiamarmi per cognome, potrei finire per chiamarti Doggett."

"Mi farebbe piacere." ribatté lui. "Si pronuncia così il mio cognome."

Carter chiuse gli occhi per un istante. "Mmm... vabe'... hai mai sentito parlare della leggenda di Gaia?"

"No, sarebbe?"

"Gaia è la Terra. Un immenso organismo vivente, che orbita intorno al Sole e su cui noi, parassiti, viviamo. E ogni tanto Gaia cerca di liberarsi di questi parassiti. I tentacoli sono i suoi arti. In questo modo si potrebbe anche tentare di spiegare l'avvistamento di alcuni mostri in giro per il mondo, da Lochness al Big Blue."

"Spiegami come mai nessun satellite ha mai visto questi tentacoli."

"Forse Gaia conosce gli spostamenti delle mosche che ha in giro. E poi i tentacoli potrebbero essere trasparenti, magari fatti di una sostanza simile all'acqua." Lo sguardo del collega fece ridere la ragazza. "Ok, ho capito non ci credi."

"Hai pensato per un solo istante che potessi crederci?"

Lei scrollò le spalle: "Dissimuli abbastanza bene l'espressione da 'piantala con queste stronzate'."

 

***

12:30 p.m.

Con le pistole spianate verso l'apertura e il fiato trattenuto, aspettavano di poter identificare il rumore.

Ma contro un mostro grande come la Terra, le pistole sarebbero valse a poco.

"C'è qualcuno là sotto?"

Mel abbassò la pistola e urlò: "Charlie?!"

"Mel!"

"Siamo quaggiù!"

Due teste apparvero nell'apertura. "Mel? Agente Doggett?"

"Dana!"

"Agente Scully!"

"Vi tiriamo fuori subito!"

 

***

4:04 p.m.

Carter uscì su ponte e si mise accanto a Charles Scully. "Ehi."

"Ciao." sorrise lui. "Stai bene?"

"Sì. Una doccia, una mangiata e una dormita e torno come nuova." Mel si tirò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. "Come mai qui?"

Charles rivolse lo sguardo all'orizzonte. "Be'... Doc aveva... Dana aveva bisogno di un passaggio in mare... e visto che questa zona la conosco abbastanza bene..."

"E' un miracolo che ci abbiate trovato."

"No, non è stato difficile. Dana aveva delle fotografia satellitari, sull'isolotto c'era una parte del relitto della barca che avete preso all'andata."

Carter annuì. "Hai idea di cosa abbia potuto sfasciare così la barca?"

Charles tardò qualche istante a rispondere: "Conosci la leggenda di Gaia?"

 

***

Ufficio degli X-Files

3:21 p.m.

Mel Carter entrò lentamente nell'ufficio. Prese in mano il cartellino di Scully e passò con l'indice le lettere del suo nome e sorrise. Sentì la porta aprirsi e si girò: "Agente Dogg... Dojj..."

"Doggett." disse lui. "Abbiamo lasciato da parte il nome?"

"Non mi suona, qui dentro."

Lui annuì.

"Abbiamo ottenuto una maggiore sorveglianza ecologica." disse Carter, alzando la cartelletta. "Anche se naturalmente il caso rimane irrisolto." Aprì uno dei cassetti degli X-Files. "Lo schedo sotto mostri marini. Non credo che per Mulder sarà un problema, se lo considera fuori posto."

Doggett non disse nulla.

"Non ha molte speranze, vero?"

L'agente alzò lo sguardo sulla collega. "Riguardo?"

"Ritrovare Mulder vivo."

Doggett sospirò.

"Be', non abbatta anche quelle di Dana." Mel fece un piccolo sorriso, quindi uscì dall'ufficio. A metà del corridoio si fermò e tornò indietro. Si affacciò sulla porta e disse: "E' Dojjett, vero, non Doggett?"

FINE