***

Appartamento di Joy Melody Carter, Annapolis, Maryland

11:21 p.m.

Si girò su un fianco e si asciugò le lacrime con il dorso della mano. Sentì lo scricchiolio della carta, quando finì sopra i fogli che aveva letto e riletto centinaia volte. Li sapeva ormai a memoria e anche se all'inizio non voleva crederci, ormai sapeva che erano veri.

Alex Krycek era stato accusato di omicidio e frode.

Le aveva mentito.

Mel allontanò i fogli da sé. Pensava di essere stata fortunata che Skinner non l'avesse nemmeno minacciata di sbatterla fuori dall'FBI.

"Dio mio..." sussurrò, ricordando le parole del vicedirettore: 'Krycek è un traditore e un impostore.' Aveva favorito il rapimento Scully, venduto segreti di stato all'estero, ucciso persone a sangue freddo.

Carter scosse la testa. Quello non era l'Alex che ricordava, non era l'Alex che conosceva.

Per quanto Skinner fosse rimasto neutrale e Dana l'avesse rassicurata e lasciata dormire nel suo letto, Mel non aveva potuto fare a meno di leggere un'ombra di rancore negli occhi di Mulder. 'Traditrice'.

Mel si alzò in piedi e andò in bagno. Non riusciva a guardarsi allo specchio. Si bagnò il volto con acqua fredda, cercando di scacciare il bruciore agli occhi.

 

***

Appartamento di Joy Melody Carter, Annapolis, Maryland

11:29 p.m.

Mulder suonò il campanello ripetute volte. Sospirò. Bussò e chiamò Carter. Nessuna risposta. Tentò la maniglia, ma la porta era chiusa a chiave. Estrasse i sottili ferri che usava per aprire le serrature e poco dopo entrò nell'appartamento.

"Carter?" chiamò. Se era con Krycek, non voleva sorprenderla in un momento intimo, d'altra parte non voleva nemmeno che lui scappasse di nuovo. L'appartamento era silenzioso e Fox camminò lentamente fino alla stanza. La luce veniva dal bagno. La porta era aperta e non c'era rumore di acqua che scorreva.

"Carter?" Non ricevendo risposta, Mulder entrò nel bagno.

Mel era stesa a terra raggomitolata. C'erano delle macchie di sangue sul pavimento intorno a lei e sui suoi vestiti. Fox le si accovacciò accanto, mettendole una mano sulla gola per sentire il battito. Tirò un sospirò di sollievo, quando sentì il suo cuore battere regolarmente.

Doveva capire da dove veniva il sangue, prima di chiamare un'ambulanza. "Carter?" la chiamò di nuovo, prendendole la mano sinistra. Era bagnata di sangue. Mulder la girò delicatamente e vide un taglio dritto e poco profondo. Scosse la testa e prese un asciugamano dall'armadietto del bagno per tamponarle il braccio, quindi controllò che il destro non fosse tagliato. Portò la donna in camera, tirando indietro le coperte e stendendola sopra le lenzuola.

Andò a prendere una salvietta bagnata, quindi si sedette accanto a lei sul letto. Le bagnò il volto per farla rinvenire.

Pochi istanti dopo, Carter sbatté le palpebre e aprì gli occhi.

"Ehi, Mel." le sorrise lui.

"Mulder?..."

"Che è successo?" le chiese. "Ti ho trovata svenuta in bagno."

Carter sospirò. "Come mai sei qui?"

"Krycek è scomparso dalla prigione. Avevo paura che fosse venuto qui..."

Mel scosse la testa e si mise a sedere.

"Cos'è successo, allora?"

Carter non rispose.

"Mel, lo sai che puoi parlare tranquillamente con me." Le prese la mano sinistra. "A cosa stavi pensando?"

"Mi dispiace, Mulder..."

"Per cosa?"

"Per Krycek."

"Non è colpa tua."

"Sì, invece... io..." Non concluse la frase.

"Che ti succede, Mel?"

"Sono stanca." disse. "Sono stanca di fallire, sono stanca di essere usata... di deludere le persone."

Fox scosse la testa. "Tu non mi hai deluso."

"Sì che l'ho fatto..."

"Devo dirti la verità, per i primi cinque secondi ho pensato che eri una traditrice. Poi ho capito che Krycek aveva messo nei guai anche te."

"Era strano quello che mi diceva. Avrei dovuto aprire gli occhi e indagare. Ma non l'ho fatto."

Mulder le scostò un ciuffo di capelli dal volto. "Non è colpa tua."

"Non ce l'hai con me?"

"Certo che no!" Fox sorrise.

Mel sospirò e chiuse gli occhi. "Grazie, Mulder... Io... non so cosa fare ora."

"Hai una benda?"

"Sì... c'è in giro qualcosa..." Fece per alzarsi.

"Resta lì. E' in bagno?"

Lei annuì. Mulder si alzò e andò in bagno a prendere una scatola bianca dall'armadietto. Si risedette sul letto e dopo averle pulito il braccio, lo fasciò con una benda, quindi le strinse dolcemente la mano. "Mel, io odio Krycek, e so che tutto quello che hai fatto, tenere nascosta la tua relazione con lui, non indagare sul suo conto... l'hai fatto per amore. E so che l'amore può accecare."

"Mulder, non so più cosa fare... mi sembra di impazzire."

"Io posso aiutarti, Mel." Le prese il viso tra le mani. "Ma promettimi che non farai mai più una sciocchezza del genere, ok?"

Lei annuì. "Non sei arrabbiato, Mulder?"

"No, Mel, no no no." Mulder scosse la testa. "No, non ce ne sarebbe motivo."

Carter sospirò. "Non ci sarei riuscita."

"A fare cosa?"

"A tagliarmi le vene."

"Ho visto." Mulder le prese la mano sinistra nelle sue e la girò con il palmo verso l'alto. Tracciò con la punta dell'indice due vene che si incrociavano all'altezza del polso, appena sopra la benda. "Sei una 'niña de crux'. Lo sapevi?"

Mel scosse la testa. "Che significa?"

"Vedi queste due vene che si incrociano? Sono il simbolo dei 'niños de crux', i bambini della croce. Secondo la leggenda sono persone particolari."

"No, non sono io."

"Oh sì, invece sì che lo sei. Anche Enola lo era."

Melody sorrise leggermente. Fox le accarezzò una guancia. "Va meglio adesso?"

Lei annuì. "Grazie."

"Vuoi uscire domani sera? Possiamo organizzare qualcosa con Scully. Ti va?"

Lei scosse la testa. "So che state seguendo quel caso orribile con la VCS. E' meglio che vi riposiate."

Mulder annuì. "Ok. Se cambi idea sai dove trovarci."

Carter sorrise. "Perché sei così buono, Mulder?" Sospirò. "David mi aveva proposto di andare con lui in un nuovo locale ad Alexandria, domani sera. Magari potrei andarci."

"Il 'Cyclon'?"

"Sì, David viene apposta qui con alcuni amici da New York. Ci sei stato?"

"No, ma ne ho sentito parlare. Pare sia un bel posto. Poi dicci com'è, così magari quando siamo fuori dal caso, ci andiamo."

Mel annuì.

"Te la senti di rimanere sola o vuoi che stia qui con te?"

"No... no, grazie. Sto bene. Mi sono passate le manie suicide e adesso che il polso mi fa male, comincio a pagare la cazzata che ho fatto."

"Vuoi che chiami Scully?"

"No. Adesso... mi lavo via il sangue, poi... guardo un film... dormo..."

"Non guardare 'Fiori d'Acciaio'." scherzò Mulder.

"No, quello non ho bisogno di guardarlo. Lo so a memoria. 'A Bug's Life'."

Mulder annuì. Abbracciò l'amica, tenendola stretta a sé per più del necessario. "Qualsiasi cosa, Mel, chiama."

"Ok."

"Promesso?"

"Promesso." La lasciò libera, quindi andò via.

 

***

Cyclon Music Bar, Alexandria, Virginia

10:56 p.m.

Melody si sentiva terribilmente a disagio con la salopette che aveva comprato assieme a Dana tempo prima. Aveva tentato di sedersi al tavolo verso la vetrata, ma David l'aveva appositamente fatta finire in mezzo, convinto che così lei non avrebbe avuto occasione di isolarsi. Carter continuava a tirare la gonna verso le ginocchia e mentre gli altri si stavano godendo la serata, lei stava pensando a una scusa per andarsene. Era troppo diversa dagli amici di Knight per divertirsi. Mentre tutti avevano ordinato alcolici, lei era stata l'unica a chiedere un succo di frutta. Quando tutti si erano alzati a ballare in mezzo alla pista, lei era rimasta seduta. David l'aveva invitata un paio di volte a ballare con lui, poi aveva lasciato perdere.

"Ciao."

Mel alzò lo sguardo al suono di una voce. "Ciao." rispose al ragazzo che le stava sorridendo.

"Aspetti qualcuno?"

"No... i... i miei amici sono in pista."

"Non balli tu?"

"No... ho... mhm... ho... ho una... una caviglia che mi fa male."

"Oh mi spiace... Peccato."

Lei scrollò le spalle.

"Posso sedermi qui?"

Lei annuì.

"Mi chiamo Nathan." disse, allungando la mano verso di lei.

"N-Nathan?"

"Sì." Lui sorrise. "E tu?"

"Mel." replicò, stringendogli una mano.

"Posso offrirti un drink?"

"No... grazie... io stavo per andare via..."

"Perché? La notte è appena iniziata."

"No, io non..."

"Hai bevuto un succo di frutta?" chiese, indicando il bicchiere che Mel aveva davanti. "Ne ordino uno anch'io." Chiamò un cameriere perché prendesse le ordinazioni. "Due succhi di frutta, uno a...?"

"Albicocca." disse Mel.

"E l'altro alla pesca." concluse Nathan.

"Sei gentile."

"Figurati, dai. Non prenderla nel verso sbagliato ma... sei una bella ragazza."

"In che verso devo prenderla?"

"Be', come complimento, credo. Non vorrei finire come quello della barzelletta."

"Quale?"

"Un tizio a una ragazza: 'Lo so che siamo qui per lo stesso motivo.' La ragazza: 'Ah, anche tu qui per cuccare belle donne?'"

Mel scoppiò a ridere e fece un cenno di ringraziamento verso il cameriere che aveva portato loro i succhi. "Quindi per cosa sei qui tu?"

Nathan scrollò le spalle. "Ascoltare musica, ballare, conoscere gente nuova." Sorrise. "Chi sono i tuoi amici?"

Mel bevve un sorso e indicò la pista con un gesto del capo. "In realtà del gruppo con cui sono qui conosco solo David. E' quello che sta ballando con tre donne."

"Sai che credo di averlo già visto da qualche parte? Dove potrei averlo visto?"

Mel scrollò le spalle. "Non lo so."

"Ah... aspetta... non è che lavora all'FBI di New York?"

Carter annuì. "Sì, anch'io lavoravo lì."

"Eri un'agente?"

"Lo sono ancora, ma lavoro a Washington." fece lei, sottilmente stupita dal fatto che Nathan le avesse subito chiesto se fosse un'agente e non una segretaria. "E tu?"

"Ma, niente. Ho lavorato qualche anno a Salt Lake City, poi ho ottenuto l'anno scorso il trasferimento a New York. Sezione scientifica."

Mel rise. "Ti hanno mandato al mio posto."

Nathan sfoderò un sorriso enorme: "Davvero? Forte!"

Carter sentì di essersi rilassata molto. Forse era per il fatto che ora sapeva che Nathan era anche lui un agente dell'FBI, forse perché aveva visto che era una persona simpatica e socievole.

<<You keep on walkin' on the other side

Other side, other side

You keep on walkin' on the other side

Other side, other side

Wherever you go, I'm going with you

Shouldn't you know I'm bound to follow

Whatever you say, whatever you do

I give you a clue, I'm gonna follow.>>

"Andiamo a ballare?" gli chiese.

"E la tua caviglia?"

"Non è vero, ho inventato una palla."

Nathan la guardò sorridendo, con un sopracciglio alzato.

"Mi vergognavo." disse Mel. "Ma ora non mi vergogno nemmeno di averla raccontata." La sua risata fece un suono stridulo che parve strano anche alle sue orecchie, ma non ci fece caso e seguì Nathan sulla pista da ballo.

<<And the stars will show

Where the waters flow

Where the gardens grow

That's where I'll meet you...>>

Di colpo a Mel sembrò che tutti i suoi problemi dell'ultimo periodo fossero svaniti. Guardò Nathan, che stava ballando in modo perfetto davanti a lei. I loro corpi in sincronia. Gli occhi di lui puntati nei suoi. Il suo sorriso incredibile.

<<Stars will show

Where the waters flow

Where the gardens grow

That's where I'll meet you.>>

Al diavolo, era la sua vita. Mise le braccia attorno alle spalle dell'uomo e lasciò che le mani di lui si sistemassero sui suoi fianchi.

<<And the sun will glow

Melting all the snow

Knowing all I know

That's where I'll meet you

And the stars will show

Every breeze will blow

Knowing all I know

That's where I'll meet you.>>

La canzone finì e sfumò in un'altra, ancora più veloce e martellante. Nathan si chinò verso di lei e disse: "Ho già pagato le ordinazioni e un posticino tranquillo sul retro. Ti va di andarci?"

Lei annuì e si lasciò trasportare sul retro del locale.

"Conosco il proprietario." disse Nathan, aprendo una porta. Mel lo seguì all'interno. C'erano un letto a due piazze, un tavolino e una porta finestra che dava su un piccolo giardino non delimitato.

Mel abbracciò Nathan e lo baciò sulle labbra. L'uomo la prese da sotto le gambe per farla sedere sul tavolino. Carter soppresse un gemito quando sentì qualcosa pungerla sulla coscia. --Maledette schegge.-- pensò. Nathan la spinse contro il muro, continuando a baciarla.

"Nathan..." sussurrò lei.

"Sono tornato..." sussurrò lui. "Sono qui per te... tutto per te..." Sorrise, quindi iniziò a slacciarle la salopette, facendola poi scivolare lungo i fianchi fino a terra. Le sfilò le scarpe, quindi iniziò a sbottonarle la camicia.

Carter aprì gli occhi di scatto. "No." disse. Ma Nathan, che non l'aveva neppure sentita, andò avanti a baciarla.

"No!" urlò lei, spingendolo indietro con tutte le sue forze e facendolo cadere a terra.

"Che cazzo ti prende?!" esclamò lui.

Mel si mise in piedi e corse fuori dalla portafinestra.

"Oh merda!" urlò Nathan, cercando di tirarsi in piedi e rinfilarsi i pantaloni allo stesso tempo. Non riuscendovi, fu bloccato davanti alla finestra da un'altra caduta. "Cazzo!" urlò, sbattendo la mano a terra. Quando riuscì finalmente a rimettersi in piedi ed arrivare in strada, Carter era scomparsa.

**********

Monica M. Castiglioni

Humana Species 14:

WAHRHEIT

(Bielo Svezda)

X-2MC22191100

Dedicato a Joy, ai nostri primi 3 anni di amicizia!

21.11.1997-21.11.2000

TRE ANNI!!!

(4^ parte della sottoserie "Le Verità")

***

***

Wahrheit Street, Alexandria, Virginia

11:29 p.m.

Mulder spense l'autoradio, stanco di musica da discoteca trasmessa su ogni stazione. Ormai mancava poco ad arrivare a casa, poi si sarebbe fatto una bella dormita: il caso era stato inaspettatamente concluso, quando il pazzo criminale di turno aveva commesso la follia più sana consegnandosi spontaneamente ai commessi di un supermercato ed ammanettandosi ad un palo.

La città sembrava tranquilla, probabilmente erano tutti al Cyclon. --Anche Carter dovrebbe essere là.-- pensò. Sperò sinceramente che si stesse divertendo.

Poi inchiodò di colpo.

Scese dalla macchina e corse verso la donna in camicia e collant che stava camminando lentamente sul marciapiede. "Carter?!" la chiamò.

Lei non si girò, ma continuò a camminare.

Mulder la prese per un braccio e lei trasalì, girandosi di scatto.

"Dio, che t'è successo?"

Lei lo fissò, sfregandosi le mani sulle braccia. "Io..."

Mulder si tolse il soprabito e glielo mise sulle spalle. "Che cosa è successo? Stai bene?"

Lei annuì e guardò nella direzione da cui era venuta. "Non posso tenere il soprabito..."

"Cosa?"

"Io... devo abituarmi al freddo."

Mulder scosse la testa. "Non ti capisco."

Lei lo fissò con uno sguardo vacuo e replicò: "Mi hanno buttato fuori."

"Dal Cyclon?" chiese lui, incredulo.

"Dalla Base."

"Da... da che Base?"

"Quella..." Carter indicò un punto distante in fondo alla strada. "Devo stare fuori fino a domani mattina, altrimenti Vnebracnyj mi..." Mel si interruppe.

"Chi?"

"Vnebracnyj."

Mulder sospirò. "Sai dove siamo?"

Lei annuì. "A Bellatrix, in Bielorussia."

Mulder rimase fermo a fissare la ragazza, che abbassò lo sguardo. Dopo lunghi istanti di stordimento, Fox le chiese: "Sai come ti chiami?"

"Sì, il mio nome è Svetlana Tereskova, signore."

"Dio, dimmi che stai scherzando."

"No, signore... Sono la figlia di Lilia."

"Quanti anni hai?"

"Quattordici."

Mulder sospirò. "Vieni, devo portarti in ospedale."

Lei si tirò indietro di scatto. "No."

"Carter... Mel... Svetlana, tu non stai bene..."

"Io non ci voglio andare in ospedale, signore."

"Mulder." replicò lui. "Io sono Fox Mulder. Non ti ricordi di me?"

Lei scosse la testa. "La prego, signor Mulder, non mi porti in ospedale."

La sua voce era seriamente disperata e Mulder annuì. "Ti porto a casa."

"Non posso. Vnebracnyj mi picchierà se rientro prima di domattina."

"Andiamo a casa mia, allora. Sali in macchina, dài."

Mel guardò sospettosa l'automobile parcheggiata a pochi metri di distanza. Mulder le aprì la portiera: "Ti prometto che non ti porto né a casa né in ospedale. Puoi fidarti di me."

Lei lo guardò. Quindi camminò lentamente fino allo sportello. "Se mi vedono venire con lei, mi puniranno."

"Sali e non preoccuparti di niente. A loro ci penso io."

Finalmente Mel si sedette, così Mulder poté chiudere la portiera e avviare la macchina. Carter restò a fissare le case che passavano accanto al finestrino.

"Mel?... Svetlana?"

"Sì?"

"Cosa è successo prima?"

"Prima quando?"

"Prima di uscire."

Lei non replicò.

"Di me ti puoi fidare."

"Ero in ospedale." disse.

"Come mai?"

"Vnebracnyj mi ha sparato."

Mulder le lanciò un'occhiata, ma non riuscì a capire che cosa lei volesse dire. Parcheggiò il più vicino possibile all'entrata. "Mel, ce la fai a camminare ancora per un po'?"

La ragazza si guardò un attimo in giro, poi disse: "Dice a me, signor Mulder?"

"Mulder. Solo Mulder, ok?"

"S-scusa..."

"Non fa niente. Allora, ce la fai a camminare?"

Lei annuì e uscì dall'automobile, camminando in silenzio con lui fino alla porta dell'appartamento.

"Siediti." le disse. "Vado a cercarti qualcosa per cambiarti."

Mel si sedette sul divano, stringendosi intorno il cappotto. Guardò i pesci nell'acquario di Mulder, finché lui non tornò in sala. "Sono molto belli." disse.

Lui sorrise, passandole un tuta blu che di certo le sarebbe stata enorme, ma che sarebbe stata comunque meglio di niente... o di quel poco che aveva addosso.

"Grazie." fece lei, iniziando a slacciare gli ultimi bottoni della camicia.

Mulder andò in camera e ne emerse solo alcuni minuti dopo. Si sedette accanto a lei. "Sei ferita?" le chiese.

Lei scosse la testa. "No." Si mise una mano sulla coscia. "La ferita è già cicatrizzata. Non so come mai ha fatto così in fretta."

"Ti fa male da qualche parte?"

Lei annuì, ma non disse nulla.

"Ti fa male la testa?" replicò Mulder.

"No."

"Vuoi sdraiarti un po'? Puoi dormire, se vuoi. Intanto io chiamo Scully... ti ricordi di lei, Dana Scully?"

Lei scosse la testa, ma non si mosse.

"Devi stare tranquilla. Qui nessuno verrà a farti del male."

"Dove siamo?"

"Negli Stati Uniti."

Mel esitò, quindi disse: "Mamma mi ha detto che ci saremmo venute. Ma lei dov'è?"

Fox si trovò in difficoltà su come rispondere. "Non... non è potuta venire subito qui... ma... è... è scappata anche lei dalla Base."

"Lara? E Alex? Lui aveva detto che sarebbe venuto a prendermi."

"Oh... lui... non lo so..."

"Li rivedrò?"

"Non lo so, Mel."

"Perché mi chiami sempre Mel? E' la mia nuova identità?"

Mulder sospirò, poi annuì. "Sì. Joy Melody Carter. Ti ricorda qualcosa?"

Lei scosse la testa. "Dovrebbe?"

"Non ha importanza. Adesso vieni, ho messo le lenzuola pulite, così puoi riposare un po'." La condusse in camera da letto, la fece sdraiare e le rimboccò le coperte. "Stai tranquilla, ora. Nessuno ti farà più del male."

Mel sorrise. "Grazie." sussurrò.

 

***

Appartamento di Fox Mulder, Alexandria, Virginia

12:30 a.m.

"Era abbastanza calma." disse Mulder, mentre Scully si toglieva il soprabito. "Ho chiamato David Knight, ma non sapeva niente. La stava cercando, gli ho solo detto che l'ho incontrata io e che era tutto a posto."

Scully annuì. "Hai fatto bene." Entrò in camera e Carter si girò di scatto verso di lei, portandosi le coperte fin sotto al mento.

"Ciao Mel. Ti ricordi di me?"

Lei scosse la testa.

"Ti va di parlare un po'?"

Carter annuì e si mise a sedere.

"Qual è l'ultima cosa che ti ricordi, prima di arrivare in strada?"

Mel non rispose, ma guardò Mulder oltre le spalle di Scully, quindi girò il volto verso la finestra.

"Ti ricordi dov'eri?" le chiese.

"In ospedale."

"C'era qualcuno con te?"

"Vnebracnyj."

"Chi è?"

"Il capo reparto."

Scully le prese la mano sinistra notando la fasciatura. "Mel, non so se Mulder te l'ha già detto. Sono un medico e vorrei..."

Carter si ritrasse di colpo. "Non voglio andare in ospedale." disse.

"No... non... voglio solo vedere se hai qualche cosa che non va."

"No... io non voglio..."

"Mel, potresti avere un trauma cranico o qualcosa di abbastanza serio."

"Perché? Io... non ho mal di testa."

"Non ti farò male. Voglio solo assicurarmi che stai bene."

"Niente esami...? Niente... niente di...?"

"Niente che ti farà male, ok?"

"Promesso?"

Scully annuì.

Quindici minuti dopo, Scully uscì dalla camera, trovando Mulder seduto sul divano intento ad osservare il televisore spento.

"Allora?" le chiese subito, girandosi verso di lei.

"Grazie al cielo nessun trauma cranico, nessun microchip alla base del collo. Però ha il segno di una puntura sull'esterno della coscia destra."

"Pensi che possano averle iniettato qualcosa?"

Scully annuì. "Vorrei farle fare un esame del sangue per controllare, ma si rifiuta di farlo."

"E avendo trent'anni, non possiamo costringerla appellandoci al tribunale minorile."

Scully annuì. "Dobbiamo cercare di convincerla."

"Perché pensi che abbia così paura degli ospedali?"

"Credo che questo Vnebracnyj o comunque si chiami, le facesse qualcosa di male tutte le volte che lei ci andava. Ha una cicatrice sulla gamba sinistra, direi d'arma da fuoco, risale almeno a vent'anni fa."

"Ok, ma non credi che possa esserselo inventata? Dopo... un trauma più recente?" ipotizzò Mulder. "E di traumi ne ha subiti ultimamente."

Scully sospirò. "Mulder, Mel ha delle cicatrici a forma di mezzaluna sulle ginocchia e sulle braccia, e dei graffi all'interno delle cosce. Penso che ormai tu sappia cosa significhino entrambe le cose."

Mulder sospirò. Poi scosse la testa. "Aveva solo quattordici anni."

"Prima Krycek, poi Vnebracnyj. E' tornata a quell'epoca e dobbiamo scoprire perché per riportarla al giorno d'oggi."

"Ok. Dobbiamo cercare di convincerla."

I due agenti entrarono in camera. Mel era seduta sul letto. Aveva le braccia attorno alle ginocchia e si dondolava leggermente. Li guardò, stringendosi attorno le coperte.

Mulder sospirò. Sembrava davvero una bambina di quattordici anni, in quel momento. Si sedette accanto a lei e le parlò con il tono più dolce possibile: "Mel, dovremmo portarti in ospedale."

Lei scosse la testa. "No... non voglio andarci."

"Mel, qui siamo negli Stati Uniti."

Lei scrollò le spalle. "Papà ha detto che qui è uguale. Che c'è il Progetto pure qui."

Scully si avvicinò lentamente. "Mel, se ti promettiamo che uno di noi due starà sempre con te?"

Carter scosse di nuovo la testa.

"Non permetteremo a nessuno di farti del male, Mel."

La ragazza sospirò. "Non lascerete che Vnebracnyj venga da me?"

"No, non verrà. Rimarremo con te, a controllare."

Mel deglutì e annuì.

 

***

Mother Teresa Hospital, Washington

1:12 a.m.

"Non è come l'ospedale della Base."

"No." Mulder si alzò dal bordo del letto quando Scully entrò.

"Mel, ho bisogno di un po' di sangue per fare gli esami."

Lei annuì, e alzò la manica della felpa.

"Stai tranquilla." Dana legò il laccio emostatico. "Non ti faccio male." Scully infilò l'ago nella vena, cercando le parole per tranquillizzarla in caso lei si fosse lamentata del dolore. Ma Mel non disse nulla.

"Non devo fare altri esami, vero?"

"Non lo so, Mel, per ora direi di no. Adesso vediamo se esce qualcosa da quello del sangue."

"Perché?"

"Be', per... perché hai dimenticato una parte della tua vita."

"Ho dimenticato il viaggio da Bellatrix a qui." disse lei, piegando il braccio, quando Scully ebbe finito il prelievo. Osservò Mulder, che era rimasto vicino alla porta, quindi si distese sul letto.

Fox camminò lentamente fino ad arrivarle accanto. "Come va?"

Mel scrollò le spalle.

"Ti dispiace se mi siedo qui, vicino a te?"

Carter si scostò per fargli spazio.

"Scully non ti ha fatto male, vero?"

Lei scosse la testa. "Questo non è male."

 

***

Mother Teresa Hospital, Washington

7:07 a.m.

Scully aprì la porta e vide che Carter stava dormendo, o comunque riposando, e Mulder era seduto accanto a lei. "Mulder." lo chiamò sussurrando.

Lui si alzò lentamente ed uscì dalla stanza.

"Gli esami hanno rivelato una sostanza non identificata presente in grande quantità nel sangue."

"Di che genere?"

"Una droga, probabilmente. La stanno ancora esaminando, comunque è una struttura simile a quella del sodio pentotal."

"A che scopo?"

Scully scosse la testa. "C'è un'altra cosa. Ci sono anche tracce di rohypnol."

Mulder sospirò. "Forse non c'entrano cospirazioni questa volta." Guardò Mel attraverso la finestrella sulla porta. "Forse qualcuno al Cyclon voleva portarsela a letto e ha pensato di prendere una strada breve."

"Devo farle fare un altro esame, Mulder." disse Scully. "Ma temo che questa volta sarà più difficile convincerla."

Fox annuì e sospirò. "Scully, perché darle un'altra droga?"

Lei scosse la testa. "Non ne ho idea. Per saperlo, dovremmo scoprire cos'è quella droga che le hanno iniettato. Molto probabilmente il rohypnol gliel'hanno versato in una bibita."

Mel si mise a sedere sul letto, guardandosi in giro. Mulder aprì la porta e le disse: "Sono qui, Mel." Lei annuì e si distese di nuovo.

 

***

Mother Teresa Hospital

Washington

8:27 a.m.

Arrivata a dieci metri dalla porta, Mel vide Mulder seduto fuori ad aspettare. Corse nella stanza e si buttò sul letto, tirandosi le coperte fin sopra la testa.

"Com'è andata?" chiese Mulder, quando Scully lo raggiunse.

"Non ha avuto rapporti nelle ultime ventiquattro ore, grazie al cielo." disse lei. "Pensi che dovremmo avvertire Svanzen?"

"Non ancora. Vorrei riuscire a portarla a casa sua, prima."

Scully annuì. "Vado a vedere se hanno scoperto qualcosa sulla droga."

Mulder entrò nella stanza della ragazza e si avvicinò al letto. "Mel?" la chiamò. La ragazza non rispose. Mulder si sedette sul bordo del letto. "Preferisci che ti chiami Svet?" Ancora silenzio. "Mel? Ti prego, dimmi qualcosa."

"Non voglio più fare esami." La sua voce era debole e incerta, ovattata dalle coperte.

"Non ne farai più, è una promessa."

"Non credo che Dana la pensi così."

"In tal caso le farò cambiare idea io."

"Voglio andare via di qui."

"Vuoi che ti porti a casa tua?"

"No..."

"Mel, non è la tua vecchia casa, è quella nuova."

"Ci dovrò stare da sola?"

"No. Se vuoi starò lì con te."

Carter si scostò le coperte dalla testa. "Davvero?"

"Sì. E' un bell'appartamento poco distante da qui."

Lei si mise a sedere. "Ci andiamo?"

"Vorrei solo che prima Scully parlasse con un medico per vedere cosa ti hanno dato, poi possiamo andare."

La porta, rimasta socchiusa, si aprì e Skinner apparve sulla soglia. "Melody, che è successo?" chiese con tono preoccupato.

Carter guardò l'uomo terrorizzata. Quindi trovò le forze per saltare in piedi e correre verso la porta del bagno. Ma appena entrata non fece nemmeno in tempo a chiudere la porta perché scivolò e batté il volto sullo sgabello di plastica.

Fox, già dietro di lei, cercò di aiutarla, ma Mel lo spinse via, urlando. L'agente si tirò indietro e disse a Skinner: "Signore, devo chiederle di uscire dalla stanza."

Il vicedirettore, impressionato da quella reazione, uscì senza dire altro e chiuse la porta.

Mulder si inginocchiò accanto alla ragazza raggomitolata sul pavimento. "Mel, se n'è andato." Le mise una mano sulla spalla.

"No!" urlò lei.

"Svetlana, sono io."

"Voglio andare via."

Mulder la alzò tra le braccia, notando che stava sanguinando dalla fronte. "Mel, stai tranquilla... non era Vnebracnyj." Prese la salvietta e gliela mise delicatamente sul viso.

"Era Sivov... Anche lui... mi fa sempre... male." disse lei, tra i singhiozzi.

"No, era Skinner. Il nostro superiore."

Mel scosse la testa. "Voglio tornare da mia madre." disse piangendo, mentre Mulder le puliva il volto dal sangue. "Mi avevi detto che non sarebbe venuto nessuno!"

"Mi dispiace, non era previsto, ma ero con te, nessun ti avrebbe fatto del male."

Mel lo abbracciò, scoppiando in un pianto disperato. "Voglio mia mamma!"

Fox la strinse a sé, cercando di calmarla. "Va tutto bene, Mel, la rivedrai. La rivedrai presto."

Scully arrivò davanti alla porta della camera e fu stupita di trovarvi Skinner. "Signore?"

"Agente Scully..."

"Come mai è qui?"

"Sono venuto per trovare un amico e ho visto per caso l'agente Carter... temo di aver scatenato qualcosa."

Scully, dopo aver spiegato la situazione al superiore, entrò nella stanza lentamente, trovando Mulder e Carter, seduti a terra e abbracciati. Mel stava piangendo e aveva un taglio sulla fronte. Dana si accovacciò accanto a loro.

"Pare che Skinner assomigli a uno dei bastardi." disse Mulder.

"Non voglio più fare esami..." sussurrò Carter.

"No, no... basta, non ne facciamo più." disse Scully, prendendo la salvietta che Mulder le stava porgendo. La bagnò e la mise sulla ferita della ragazza. "Cos'è successo?"

"E' scivolata, ha battuto la fronte sullo sgabello."

Scully le tamponò la ferita. "E' tutto a posto, Mel. Il sangue s'è già fermato, vedi?"

Lei stava ancora piangendo. "Voglio mia madre." disse.

"Scully, c'è altro da fare?"

"No, solo sistemare questa ferita. Secondo loro la droga perderà il suo effetto in breve tempo. Spero sia quello che..." lasciò la frase in sospeso.

Mulder annuì. "Allora possiamo andare. Voglio portare Mel nel suo appartamento."

Carter annuì, senza più piangere. Si alzò in piedi aiutata dai due agenti, quindi si sedette sul letto, iniziando a sfregarsi le mani sulle braccia.

"Hai freddo?" le chiese Mulder, mentre Scully usciva dalla stanza.

Lei annuì.

Mulder le mise sulle spalle la coperta, quindi si sedette accanto a lei. "Mel, so che ti avevo promesso che nessuno sarebbe venuto a disturbarti. Ma quello che è entrato non era Sivov, era Skinner, il nostro superiore. Non ti avrebbe fatto male."

Mel annuì, per niente convinta. Mulder scosse la testa e le mise un braccio intorno alle spalle. "Ero qui con te, no?"

Lei annuì di nuovo e poi sospirò. "Non dovrò più venirci qui?"

"No. Abbiamo finito." Mulder scosse la testa. "Mettiti i vestiti che ti ha portato Dana, così poi andiamo."

 

***

Appartamento di Joy Melody Carter, Annapolis, Maryland

10:56 a.m.

"Perché Dana non è venuta con noi?"

"Voleva aspettare che fossero pronte le analisi."

"E' rumena?"

"Dana? No, perché?"

"E' un nome rumeno 'Dana'."

Mulder parcheggiò vicino alla macchina di Carter nel sotterraneo. "Siamo arrivati."

Mel scese dalla macchina e si guardò in giro. "E' qui?"

"Di sopra, al quarto piano."

Salirono in silenzio, mentre Mel si guardava in giro con aria curiosa. "Papà m'ha parlato degli ascensori. A Bellatrix non esistono."

"Come si chiama tuo padre?"

"Raul." Mel uscì dall'ascensore.

"Raul Tereskov?"

"No, Tereskova è il cognome di mia madre." Entrò nell'appartamento, dopo che Mulder ebbe aperto la porta con le chiavi che Scully gli aveva dato. Si guardò in giro incuriosita.

"Ti piace?" chiese Fox, sapendo di fare una domanda estremamente stupida.

Lei non rispose. Fece qualche passo in avanti verso il divano, poi si girò e tornò indietro, aggrappandosi al braccio di lui. "Mi dà una strana sensazione."

"Spiacevole?"

Lei annuì. "Devo proprio rimanere qui da sola?"

"Vuoi che stia un po' con te?"

Carter si guardò in giro. "Non lo so..."

"Vuoi tornare a casa mia?"

Mel annuì subito.

"Andiamo." Mulder la fece uscire, quindi chiuse la porta. Aveva sperato che l'appartamento potesse farle tornare la memoria.

 

***

Appartamento di Fox Mulder, Alexandria

2:13 p.m.

Mel finì la fetta di pizza che aveva in mano e si leccò la punta delle dita, poi abbassò la mano di scatto. "Scusa." disse.

Mulder scosse la testa, leccandosi a sua volta le dita. "Lo faccio anch'io."

"E' molto buona."

Fox annuì e raccolse il cartone e i tovaglioli, portandoli in cucina. Quando tornò, vide che Mel stava contemplando i pesci nell'acquario. Si sedette dietro di lei. "Ti piacciono molto gli animali, vero?"

Carter annuì. "Io vorrei un gatto, ma non possiamo tenerli dentro le camere. Ce ne sono tanti al laboratorio..."

"Al laboratorio?"

Mel annuì. "Mi piacerebbe liberarli tutti. Ma ho paura che poi Vnebracnyj mi spari sul serio."

"Sul serio?"

"Mi ha già sparato qualche volta." disse.

"Ti ha preso?"

Mel annuì.

"Quante volte?"

"Non lo so." scrollò le spalle. "Cinque o sei."

Mulder l'abbracciò, tirandola verso di sé. "Lo sai che qui sei al sicuro."

"Lo so." Mel sorrise. "Hai anche mandato via quell'uomo che assomiglia a Sivov... come si chiama?"

"Skinner."

"Dovrei chiedergli scusa."

"Non ti preoccupare, capirà." Si alzò in piedi, pensando di chiamare Scully.

"Mulder? Posso leggere uno dei tuoi libri?"

Fox annuì. "Prendi quello che vuoi."

La guardò alzarsi in piedi e dare un'occhiata ai dorsi dei volumi. "Sono tutti inglesi." disse.

"Mel, sai che lingua stiamo parlando?"

La ragazza si girò verso di lui e aprì la bocca per dire qualcosa, ma poi rimase in silenzio per diversi istanti. "Inglese." disse poi. "Non pensavo di saperlo così bene." ammise. "Mamma mi ha sempre detto di studiarlo bene..." Si voltò di nuovo verso gli scaffali. Lesse i titoli per qualche minuto, quindi estrasse un volume intitolato 'Paranormale e società precolombiane'. "Posso leggere questo?"

Mulder annuì. La ragazza si sedette e iniziò a leggere il libro.

 

***

Appartamento di Fox Mulder, Alexandria

11:21 p.m.

Mel aveva insistito per poter dormire sul divano, vicino ai pesci.

Mulder stava osservando il soffitto, senza riuscire a dormire. Si chiese come avrebbero potuto riportare indietro l'amica. Si girò sul fianco e scorse una figura sulla soglia. "Mel?" Accese la luce.

"Mulder... non riesco a dormire."

"Che cosa c'è?" le chiese, mettendosi a sedere.

"Ho freddo."

"Vuoi un'altra coperta?"

"No... Ho anche paura."

"Di cosa?"

"Di dover tornare indietro."

"Indietro dove?"

"In Bielorussia... o qui in America, al Progetto."

"No... no, non ci tornerai più."

"Mulder?"

"Sì?"

"Posso dormire qui?"

Fox annuì. "Sì, vieni. Io vado a dormire sul divano..."

Ma lei lo fermò subito. "No... intendevo se posso dormire con te."

Mulder fissò la ragazza senza rispondere. --Ho sentito bene?-- si chiese. "Mel..." balbettò.

"Ti prego..." disse lei, sorridendo leggermente. "Ho tanto freddo."

Mulder annuì e alzò le coperte, scostandosi pochi attimi prima che Mel s'infilasse accanto lui.

"Sei molto gentile." gli disse, rannicchiandosi dove poco prima c'era lui.

"Oh, be', figurati." fece lui, rimboccandole le coperte. Spense la luce e chiuse gli occhi, decisamente a disagio, cercando di capire in che modo dormire.

"Mulder?"

Fox aprì gli occhi. "Che c'è?"

"Posso avvicinarmi un po' a te? Ho freddo."

Mulder deglutì nervosamente. "Sì, vieni."

Mel si girò su un fianco, andandogli praticamente addosso.

"Mel, però forse è meglio se io vado... se io mi metto sopra le lenzuola..."

"Ma così mi terresti meno caldo."

"Sì, ma..."

"Lo so come vanno le cose, Mulder." disse lei, interrompendolo. "Ho quattordici anni, non sono più una bambina."

--Sapessi...-- Mulder si scostò da lei di qualche centimetro. "Lo so, ma... Lascia stare."

"Ti piace fare l'amore, Mulder?"

Lui si mise a sedere di scatto. "Mel..."

"Mamma dice che a tutti gli uomini piace."

"Forse è meglio che vada a dormire sul divano." disse Fox. "Resta qui, il letto è ancora caldo. Ti do un'altra coperta."

Mel sospirò. Si rannicchiò e aspetto che lui le portasse l'altra coperta. "Non intendevo metterti in imbarazzo." gli disse. "E' che..." Si mise a sedere. "Sei stato tanto buono con me."

Mulder si abbassò accanto al letto. "Non ti preoccupare. Credo solo che..."

"Mi piaci." lo interruppe. "Penso di essermi innamorata di te."

"Questo non è possibile, Mel."

"Lo dici perché non sei tu quello che sente il cuore battere forte. O non lo senti per me, ma per Dana."

"Ok, senti, Mel, continuiamo questo discorso domani mattina."

Carter lo guardò uscire e sospirò. "Stronzo." disse. "Come tutti gli altri."

 

***

Appartamento di Fox Mulder, Alexandria

10:13 a.m.

Mel cercava di fare maggior silenzio possibile, volendo ascoltare la conversazione tra Mulder e Scully che stava avvenendo al di là della porta.

"Non è cambiato niente da ieri sera." stava dicendo la donna. "Le analisi non hanno portato a niente di nuovo. Dobbiamo decidere cosa fare."

Mel si morse il labbro.

"Forse sarebbe meglio avvertire almeno Svanzen."

"Sì, lo credo anch'io."

Carter scosse la testa. "Non ci torno in ospedale." Si alzò dal letto e uscì dalla stanza. "Ciao Dana." disse sorridendo.

"Mel." sorrise lei.

Carter non poté fare a meno di notare che, a differenza del proprio, era un sorriso sincero.

"Vuoi la colazione?" le chiese Mulder.

Lei scosse la testa. "No, voglio solo andare a vedere il negozio di dischi qui all'angolo. L'ho visto ieri sera quando passavamo."

Mulder annuì. "Va bene. Vado a prendere la giacca."

"No, voglio andarci da sola." replicò lei. Al silenzio dei due agenti replicò: "Sono in arresto?"

"No, certo che no!" esclamò Scully.

"Allora perché non ci posso andare? E' qui all'angolo. Non mi piace che ci sia gente che mi sta ad aspettare, voglio stare tranquilla quando guardo i dischi. Mia mamma mi ha promesso che ci saremmo andate in un posto come quello."

Mulder annuì. "D'accordo. Stai attenta alle macchine, però."

Mel annuì. "Ok, a dopo." Sorrise a Dana, senza però degnare nemmeno di uno sguardo Mulder.

Scese in strada, camminò fino all'angolo, attese che passasse un taxi e lo fermò. "Annapolis, al 5 di Boadicea Street." disse. Di chiunque fosse stata la giacca che aveva addosso, si era dimenticato cinquanta dollari in una tasca.

 

***

Appartamento di Joy Melody Carter, Annapolis, Maryland

12:30 p.m.

Il cibo che c'era nel frigorifero era buono. I saponi avevano un ottimo profumo e le lenzuola erano pulite. Quell'appartamento le piaceva e ora Mel si pentiva di aver raccontato una bugia a Mulder, solo per stare con lui.

"Stronzo." sussurrò all'aria calda e accogliente della casa. Prese in mano la pistola che aveva trovato nel comodino e pazientemente la smontò pezzo per pezzo. Quindi la rimontò. La infilò sotto il cuscino e riprese a leggere.

"Anche nel sonno, il dolore che non si dimentica cade goccia a goccia sul nostro cuore, finché nella nostra solitaria disperazione contraria alla volontà divina non giunge la saggezza, attraverso la maestosa grazia di Dio."

 

***

FBI, Quartier Generale di Washington

5:05 p.m.

"CHE SIGNIFICA L'AVETE PERSA?!"

"Sembrava tranquilla." replicò Scully.

"Pensavamo che..." iniziò Mulder.

"Maledizione!" Svanzen era più fuori di sé del solito. "Potrebbe essere finita chissà dove! E poi non mi piace questo fatto che non mi si avverte delle cose che le succedono!" Lanciò a Skinner uno sguardo indiavolato. "Avete guardato a casa sua?"

Scully annuì. "Sì, signore."

Svanzen sospirò. Prese la giacca e uscì senza dire altro.

 

***

Appartamento di Joy Melody Carter, Annapolis, Maryland

8:07 p.m.

Quasi non poteva crederci. Non l'avevano trovata, era riuscita a sfuggirgli così bene che ora non riusciva a smettere di sorridere. Uscì dall'ascensore, ma vide troppo tardi la persona in piedi davanti alla porta del suo appartamento. Fece per tirarsi indietro quando lui si girò. Ma poi lo guardò bene.

"Alex?"

"Joy..."

"Alex, ma che...?" Si avvicinò a lui. Era diverso da come lo ricordava. "Dio, che ti è successo?"

Lui sorrise appena. "Perché?"

"Be'... sembri... sei davvero tu?"

"Certo."

Mel lo guardò per qualche istante. "Oh, be', questa è la mia nuova casa, vuoi entrare?"

"Nuova casa?"

"Entra. Sono arrivata qui qualche giorno fa." Aprì la porta e Alex le porse la rosa bianca che aveva in mano. "Grazie." sorrise lei.

"Joy, che ti prende?"

"Conosci già il mio nuovo nome? Ma come fai?"

"No, scusa, ma di che stai parlando?"

Mel scrollò le spalle. "Sai che mi sembri... non offenderti, più vecchio."

Lui sorrise appena. "E' starti lontano che mi invecchia."

"Sì, ma dimostri... che ne so... più di trent'anni."

Alex scosse la testa. "Scusa, ma quanti ne dovrei dimostrare?"

Mel lo guardò stranita. "Venti."

Krycek si sedette sul divano. "Joy? Che cavolo stai dicendo?"

Lei sorrise. "Tu hai sei anni in più di me."

"Ma tu non hai quattordici anni."

Mel scosse la testa: "Li devo ancora compiere, ma ne ho quasi quattordici."

Krycek scosse la testa. "Stai scherzando vero? Lo sai benissimo di aver trent'anni."

Fece per accarezzarle una guancia ma lei si ritrasse.

"Trenta?" balbettò.

"Joy, che hai?"

Carter si mise una mano sul volto. "No." disse. "Non è possibile." Corse in bagno seguita subito da Alex. "Oh moj Bog..." disse, guardandosi allo specchio. "Dove sono finiti gli altri sedici anni?"

"Joy, che cosa ricordi?"

La ragazza si girò verso di lui e lo spinse indietro. "Vattene."

"No, aspetta, voglio sapere che cosa t'è successo!"

"No!" urlò lei. Lo spinse ancora più forte per allontanarlo e questa volta riuscì a farlo cadere. Quindi scappò fuori dalla porta.

"Joy!" urlò lui, rialzandosi. Uscì dall'appartamento, facendo appena in tempo a vedere le porte dell'ascensore che si chiudevano. Imprecò e iniziò a scendere di corsa le scale, ma, arrivato al pian terreno, non c'era traccia di Mel.

 

***

Annapolis, Maryland

9:43 p.m.

Cosa le era successo? Dov'era stata in tutti quegli anni? Aveva perso diciotto anni della sua vita. Perché non li ricordava più? L'aria era fredda, come lo era stata in Bielorussia.

Mulder e Scully. C'entravano forse qualcosa loro? Si strinse le braccia attorno le spalle, cercando di scaldarsi. Anche Alex era invecchiato. In che anno erano? Alzò lo sguardo verso il cielo nuvoloso e buio. Se erano passati sedici anni doveva essere...

"Il 1999!" esclamò.

Un'automobile si fermò a pochi passi da lei e Carter si tirò indietro di scatto, per cercare di fuggire. "Melody!" urlò una voce maschile. "Melody!"

Carter iniziò a scappare lungo la strada deserta. L'uomo la inseguì. "Mel! Fermati! Sono io, Oliver! Non voglio farti male!"

La ragazza non si fermò per guardarsi indietro e cercò di correre più veloce che poteva. Ma le forze iniziavano a mancarle. Pochi istanti dopo, Svanzen riuscì a prenderla mettendole le braccia intorno alla vita.

"No! Lasciami!"

"Mel, sono Oliver!"

"Lasciami!"

"Lo so che non ti ricordi di me, ma cerca di ascoltarmi. Non voglio farti del male!"

Carter cercò di liberarsi, ma senza risultati. "Non voglio tornare in ospedale!"

"Ti riporto a casa tua." disse lui.

"Lasciami!"

"Oh, smettila!" La trascinò in macchina, quindi la ammanettò alla portiera.

"Ho perso sedici anni..." sussurrò, ancora incredula. "Dove mi porti?"

Svanzen si sedette in macchina. "A casa."

"Chi sei?"

Lui le lanciò uno sguardo: "Oliver Svanzen. Il tuo superiore."

"Del Progetto?"

"Dell'FBI."

"FBI? Quello di Mulder?"

"Sì, quello." Mise in moto e girò per tornare verso Boadicea Street. Mel lo stava fissando. Era un'espressione che ben conosceva. "Lo sai che mi innervosisci quando mi fissi." le disse, con voce tranquilla.

"Lo so? Non mi ricordo. Cosa ne è stato dei miei ultimi sedici anni? Tu lo sai?"

"No, ma qualcuno ti ha drogata. E io ho intenzione di farteli ricordare."

"Come?"

"E' inutile che te lo dica."

"Non ci torno in ospedale."

"Non ti ci porto!" urlò lui, spazientito.

Mel si appiattì contro la portiera.

"Scusa." fece lui. "Stai tranquilla. Nei sedici anni che non ricordi, ti fidavi di me."

"Perché dovrei farlo ancora?"

"Perché io mi fido di te."

"Che vuol dire?"

"Ti voglio bene, Mel, voglio riportarti indietro. Sei d'accordo?"

"Se non mi porti in ospedale."

Svanzen parcheggiò accanto all'automobile di Melody. "Ti piace?" le chiese, indicandola.

Mel annuì.

"E' tua."

La ragazza rise sarcasticamente. "Mi prendi in giro."

"E' tua davvero." Svanzen uscì dalla macchina e andò ad aprire le manette, legandole al proprio polso. "Andiamo."

"Sono in arresto?"

"No. Ti libero appena siamo di sopra."

"E' davvero mia la macchina?" fece lei, guardando indietro.

"Sì! Hai uno stipendio da agente dell'FBI, ti puoi permettere un'utilitaria metallizzata!" La trascinò nell'ascensore.

"Potevi almeno lasciarmela vedere un attimo!"

"Avrai tutto il tempo che vuoi per guidarla, graffiarla su ogni pilastro del garage e parcheggiarla storta, adesso saliamo in casa!"

Mel si lasciò portare a casa. Una volta entrati chiese: "Come mi conosci?"

"Non sto a spiegarti tutto, tra poco non ce ne sarà bisogno."

"Mi liberi?"

Oliver la portò in camera, quindi aprì le manette. Mel gli tirò un calcio sullo stinco con tutte le sue forze, quindi corse fuori dalla stanza. Ma appena oltre la soglia, Svanzen la buttò a terra, intrappolandola. Mel emise un gemito di dolore e lui la lasciò andare. "Ti sei fatta male?"

Carter si divincolò. "Ho sbattuto la testa..." disse.

Oliver la prese tra le braccia. "Mi spiace. Ma perché hai queste idee strane?" La riportò in camera.

Carter si sedette sul letto, sfregandosi la mano sulla fronte. "Non so chi sei."

"Giusto." fece lui. "Adesso però calmati."

"Non so se potrò riuscirci."

Svanzen si sedette accanto a lei e le disse: "Certo che ci riuscirai. Ti do una mano io." disse. Le mise una mano sulla fronte dove aveva sbattuto a terra. Mel si sentì di colpo mancare le forze. Si appoggiò a lui e sussurrò: "Mi sento così stanca..." disse.

"Lo so. Ora devi solo pensare a dormire."

Lei annuì. Chiuse gli occhi.

"Dormi, piccola stella bianca, e stai tranquilla. Tra poco tutto tornerà come prima."

Mel si addormentò. Oliver la prese tra le braccia e la baciò sulla fronte. "Ti amo, Melody."

 

***

Appartamento di Joy Melody Carter, Annapolis, Maryland

10:28 p.m.

Krycek guardò dallo spiraglio dell'armadio. Sperò che a Svanzen non venisse in mente di aprirlo. Forse non era stata un'idea del tutto geniale restare lì, sperando di capire cosa fosse successo a Joy. Ma che diavolo le stava facendo, comunque? Mel si era ormai addormentata tra le sue braccia... come se lui fosse...

"Merda..." sussurrò Alex.

 

***

Appartamento di Joy Melody Carter, Annapolis, Maryland

10:56 p.m.

Carter aprì gli occhi e vide Svanzen, seduto sopra le coperte, che la guardava.

"Ehi, stella bianca."

"Oly? Che è successo? Mi sento così stanca."

"Hai usato molte energie, poco fa." le disse. "Stai tranquilla. Basta che riposi per un po'."

Lei annuì. "Come ci sei finito qui? Cioè, anch'io...? Ero al Cyclon... Oh moi..."

"Mel, che c'è?"

"Il... Un... c'era un tizio... che... ha cominciato a parlarmi e mi ha offerto qualcosa... Poi non ricordo più niente."

"Ti ha drogato." disse lui. "Ma non ha fatto in tempo a farti niente perché sei scappata. Comunque," aggiunse. "i particolari potrà darteli Mulder, è lui che ti ha ritrovato in strada."

Mel sgranò gli occhi. "Non ricordo niente..."

Svanzen annuì. "Adesso è meglio che tu dorma. Vuoi bere un po' di succo di frutta?"

Mel scosse la testa. "No... ho solo sonno."

"Dormi, allora, stella bianca."

Carter sorrise, con gli occhi già chiusi. "L'ultima persona che mi ha chiamato stella bianca e offerto succo di frutta è stato Nathan..."

Svanzen la guardò addormentarsi. "Nathan era una persona magnifica." sussurrò.

 

***

Mother Teresa Hospital, Washington

10:13 a.m.

"L'esame tossicologico risulta negativo." disse Scully. "E' probabile che quando la droga ha finito il suo effetto, la tua mente sia ritornata allo stato attuale."

Carter annuì. "Be', indipendentemente da quello che ho ricordato in quello stato, so che non andrò mai più in una discoteca."

Scully sorrise.

"Si può?" chiese Mulder, entrando dalla porta socchiusa.

"Ehi." gli sorrise Mel. "Grazie per quello che hai fatto." gli disse. "Anche se non ricordo cos'è."

"Be', prego. Non c'è di che." Lui ricambiò il sorriso. "Stai bene ora?"

Lei annuì. "Sì, sto bene. Non ricordo niente, ma ora è tutto ok."

"Perfetto." annuì Mulder. "Ho pensato che... avresti gradito una sorpresa." Le passò una scatola marrone cubica di due spanne di lato. Mel la prese tra le mani, sentendo che il peso all'interno non era uniformemente disposto sul fondo. "Non dovevi, Mulder... grazie." replicò, imbarazzata.

"Figurati." fece lui. "Spero solo che sia del modello giusto."

Carter sollevò il coperchio e dovette trattenere un urlo di gioia. "Ah! Che bello!" esclamò, sollevando il gattino tra le mani. Scoppiò a ridere. "E' bellissimo!"

"E' una femmina. Mi hanno detto che sono meglio da tenere in casa."

Carter annuì. "Come facevi a saperlo?"

"Be', quando avevi perso al memoria, guardavi il mio acquario e dicevi di volere un gatto."

Carter sorrise. "E il colore? Così, bianco con le macchie marroni tigrate. Come facevi a sapere che vado matta per i gatti così?"

"Ho tirato ad indovinare."

Mel rise. La gattina la guardò con i grandi occhi verdi e miagolò. La ragazza si alzò in piedi. "Vado a farle conoscere la sua nuova casa."

 

 

***

Appartamento di Oliver Svanzen, New York

Tre giorni dopo, 7:07 p.m.

Oliver chiuse la porta dietro di sé e abbandonò la posta sul tavolino. Quindi si diresse verso lo studio per ascoltare i messaggi sulla segreteria telefonica. Ma, appena varcata la soglia, sentì una pistola puntata alla tempia.

"Sei poco cauto, Svanzen. Butta la pistola a terra e tieni le mani abbassate."

Oliver estrasse la propria arma e fece come l'uomo gli aveva detto. "Chi sei?" gli chiese, visto che non poteva vederlo, sia per il buio che per la posizione.

"Questo non è importante."

"E allora che vuoi?"

"Niente in particolare." fece lui. "Voglio solo farti sapere che sono a conoscenza del tuo segreto."

"Quale segreto?"

"Non fingere." replicò lui. "So che conoscevi Nathan. So che cos'è quella cicatrice che hai sullo sterno."

"Gliel'ho detto, non so di che parla."

"1973. Un'altra delle vostre navi è arrivata sulla Terra. Siete incappati in una trappola dei nostri e ti sei beccato un proiettile che nessuno aveva neutralizzato. Eri davanti a Nathan. L'hai salvato e lui è riuscito a farti scappare, anche se era ancora un ragazzino. Un medico terrestre ti ha salvato la vita, anche se ti ha dovuto asportare uno dei tuoi due cuori. Da quel giorno hai vissuto come una persona normale, perché il Governo ti ha perso di vista completamente. Sei uno dei pochi che è riuscito a sfuggirci."

Svanzen non rispose.

"E io ti ho ritrovato."

"Che cosa vuoi?"

"Niente." rispose lui. "Ma so che Melody Carter ti vuole bene."

"Alex Krycek." replicò lui. "Ho sentito parlare di te a lungo. Mi ero ripromesso di ucciderti."

"Temo che non potrai farlo. O il tuo segreto verrà sparpagliato per il mondo."

"Sei venuto qui solo per questo?"

"No. Sono venuto per Mel. Se la fai soffrire, sei morto."

"Senti chi parla."

"Ho commesso errori che tu non puoi permetterti di fare." Abbassò la pistola e Svanzen si girò verso di lui, guardandolo in faccia per la prima volta. "Siamo in piena guerra, Svanzen." continuò Krycek. "Ma Melody deve rimanerne fuori."

"E' un patto?"

Krycek annuì, quindi uscì dall'appartamento.

 

***

Appartamento di Joy Melody Carter, Annapolis, Maryland

8:07 p.m.

--Ho già deciso che il mio posto preferito è il braccio sinistro della mia umana domestica. E' più tranquillo del destro. Ci sono due tizi che parlano nella scatola lucida dalla parte opposta all'ammasso di cuscini. Blaterano su alieni e cose del genere. Non è una discussione molto interessante e capisco totalmente perché la mia umana è più interessata a grattarmi la testa che ad ascoltarli. La banana bianca emette un trillo fastidioso, che però l'umana, che deve chiamarsi Mel, fa smettere, prendendola in mano.--

"Pronto?" fece lei.

--Che strano che una persona parli dentro a dei forellini su una banana bianca. Che poi la mamma mi ha sempre detto che le banane sono gialle o marroni o al massimo nere.--

"Ciao Mel, tutto bene?"

"Oly. Come mai mi chiami?"

"Così, volevo sapere come stai."

--Devo capire se la mia umana domestica riesce a comunicare con un altro umano domestico attraverso la banana bianca. Un giorno provo ad annusarla.--

"Tutto bene. Sto vedendo 'MIB'. Tu come vai?"

"Mi manchi."

"Oly..."

"No, lo so... ne abbiamo già parlato mille volte..."

"Per ora sto bene da single. Se avrò voglia di una relazione a distanza, ti chiamerò, ok?"

"Ok." Nella sua voce c'era un sorriso.

"Mulder mi ha regalato una gatta."

--Alzo la testa. Sta parlando di me. Certo che preferirei che parlasse di me con la vicina di casa, quella che canta sempre. Non mi sembra normale parlare con una banana bianca.--

"Bella. Come l'hai chiamata?"

"Per ora Enya."

"Enya, carino come nome."

"Se le rimane appiccicato. L'ho chiamata anche Stella Bianca."

"Stella Bianca?"

"Sì... Oly... m'avete chiamato così sia tu che Nathan, lo sai?"

"Davvero?"

"Già."

"Ah be'... non era una leggenda indiana o qualcosa del genere, quella della stella bianca?"

"Boh, non lo so."

--Ok, adesso basta parlare con la banana bianca. E' ora di mangiare. Mi giro e muovo una zampa verso di lei, miagolo.--

"Oly, devo andare. E' ora di cena, per me e per la gatta."

"D'accordo. Buonanotte, Mel."

"Dobraja Noc', Oly."

Svanzen sospirò e appoggiò la cornetta del telefono. Fino a quel giorno non aveva avuto nostalgia della sua terra... del suo pianeta. Ora avrebbe rivisto volentieri la Stella Bianca rischiarare il cielo verde.

FINE