Monica M. Castiglioni

CATALEPTON

(Humana Species 7)

File X-2MC14030800

Con la collaborazione di Joy

 

 

Nota: Questo racconto contiene citazioni di "Omega" di M.M.Castiglioni e S.Murazio, oltre a citazione ai precedenti "Humana Species".

 

***

*§1

Venerdì - 7:07 p.m.

Finalmente venerdì sera.

Il frigorifero era vuoto, ma quella non era una novità. Avrebbe potuto ordinare una pizza, ma non aveva realmente fame. Uscì dalla cucina come vi era entrato e si diresse verso la camera da letto.

Cosa doveva fare?

Di cosa aveva bisogno?

Una valigia, prima di tutto. La tirò fuori dal ripiano alto dell'armadio e l'aprì sul letto.

Bene. Ora aveva davanti a sé una valigia vuota. Un valigia vuota va riempita. Indeciso sul da farsi, aprì l'armadio, guardò i vestiti e i completi, ma, abbandonando subito l'idea di portarsi via giacche e cravatte, iniziò a passare in rassegna le camicie.

Erano tante.

Erano troppe.

Dieci minuti dopo ai suoi piedi c'era un cumulo di camicie in disordine, che stavano perdendo ogni parvenza di stiratura. Rovistò tra le T-shirt e i jeans, tra i maglioni e la biancheria, alla fine, di corsa, mise nella valigia un paio di comodi cambi sportivi e la chiuse.

La prese in mano, era leggera, poteva forse farci stare qualcos'altro. Appoggiò la valigia sul divano e cominciò a passare in rassegna la sala. Il computer. No, il computer no. Troppo impegnativo. Le fotografie. Infilò la cornice che teneva sulla scrivania nella tasca anteriore della valigia, quindi guardò sugli scaffali. Un paio di libri per compagnia. Iniziò a passarli in rassegna. Uno per uno, i libri passavano dal loro posto sullo scaffale alle sue mani, per finire sul pavimento in un mucchio disordinato di pagine e parole.

Quando fu arrivato ormai alla fine della fila di libri, notò l'orologio.

Era tardi.

Lasciando perdere i libri, frugò velocemente tra i cassetti della scrivania, estraendo qua e là oggetti e infine ripiegando alcune banconote che si infilò in tasca assieme a una carta di credito.

Estrasse completamente il primo cassetto e andò a recuperare una busta nascosta sotto il piano della scrivania. Non l'aprì, si limitò ad infilarla nella tasca della valigia, quindi uscì di casa.

 

***

§2

Washington, D.C.

Lunedì - 8:24 a.m.

"Where've you been?

Who've you seen?"

Possibile che proprio quella mattina dovesse incontrare un incidente? Era già in ritardo, si era svegliata tardi e ora era bloccata nel traffico.

"You didn't phone when you said you would!

Do you lie?"

L'autoradio le teneva compagnia, ma ascoltarsi intere ore di musica non era quello che preferiva fare per arrivare al lavoro. Scully sospirò, cercando di guardare l'immensa fila di automobili che si profilava davanti alla sua.

"Do you try

To keep in touch? You know you could"

L'incidente non sembrava grave, non era nemmeno stata chiamata l'ambulanza, ma aveva bloccato la strada, imbottigliandola in mezzo a guidatori meno pazienti di lei.

"I've tried to see your point of view

But could not hear or see

For jealousy"

Sospirò quando la fila davanti a lei ricominciò a muoversi. Smaltito il traffico arrivò velocemente in ufficio. La porta era chiusa. "Mulder?" chiamò da fuori. Nessuna risposta. "Mulder, apri, non ho le mani libere." Sospirò. Forse aveva trovato anche lui un incidente. Cercò di aprire la borsa per estrarre le chiavi, ma il plico di fascicoli che aveva sotto il braccio si rovesciò completamente a terra. Sospirando, Scully appoggiò la borsa a terra e finalmente riuscì a trovare le chiavi. Aprì l'ufficio. Nell'aria ristagnava il solito odore di chiuso e di muffa tipico del seminterrato dopo il weekend.

Appoggiò la borsa sulla scrivania del collega, quindi uscì per raccogliere i fascicoli. "Che disastro..." sussurrò sottovoce, mentre si inginocchiava a raccogliere le carte. Quando sentì l'ascensore aprirsi e il rumore di passi avvicinarsi, non si girò né si alzò, disse solo: "Hai trovato anche tu l'incidente?"

I passi si fermarono. Quindi, pochi attimi dopo, una voce maschile disse: "Nessun incidente venendo da Crystal City."

Scully trasalì alla voce e si girò. "Oh, signore... pensavo fosse Mulder." Leggermente in imbarazzo per essere stata trovata accovacciata a terra a raccogliere fogli, Scully cercò di velocizzare l'operazione.

"Sono venuto a parlarle proprio di Mulder." disse Skinner, camminando finché non le fu davanti. Si abbassò per raccogliere alcuni fogli che erano fuori dalla portata di Scully.

"Mulder?" L'agente alzò lo sguardo. "Gli è successo qualcosa?"

"Vorrei che fosse lei a dirmelo." Le passò un plico di A4 e Scully lo ringraziò con un leggero sorriso. "Oggi ho trovato una sua lettera sulla scrivania."

Scully si alzò in piedi, stringendo i fascicoli tra le mani. "Di Mulder?"

"Già. Pare che... mi ha chiesto due settimane di ferie."

Dana socchiuse le labbra per dire qualcosa, ma nessuna parola le venne alla mente.

"Per problemi personali e... d'ufficio." Skinner incrociò le braccia. "Pensavo che lei sapesse dirmi qualcosa."

Dana scosse la testa. "Io... non ne ho idea... pensavo sarebbe venuto in ufficio... non... non so cosa..."

Skinner annuì. Come se volesse cambiare discorso, disse: "Ha il rapporto su quel caso ad Arcadia?"

Scully annuì. "E' qua dentro." disse, alzando leggermente il plico. "Lo riordino e glielo porto subito." Si girò ed entrò in ufficio. Mentre cercava assentemente le pagine del rapporto, pensava a Mulder. Se n'era andato. L'aveva scaricata un'altra volta. O c'era qualcos'altro sotto? Skinner era sulla soglia. Lei si girò e gli porse il fascicolo.

Il vicedirettore annuì. "Agente Scully... la lettera di Mulder... non era firmata." Skinner le porse la busta, prese il fascicolo e uscì. Scully ascoltò i suoi passi svanire nel corridoio, quindi si lasciò andare sulla sedia. Mulder se n'era andato. E l'aveva lasciata lì.

 

***

§3

Ufficio degli X-Files

Lunedì - 8:24 a.m.

Scully aprì la busta che Skinner le aveva dato. C'era la lettera di Mulder, scritta nel suo stile, in cui richiedeva due settimane di ferie. Senza firma. Sospirò. Infilò la lettera nella busta.

Quindi controllò nella posta, scaricò le e-mail, cercò messaggi sulla segreteria telefonica. Nessuna traccia.

Mulder era scomparso.

Dana si coprì il volto con le mani. "Egoista..." sussurrò. "Bastardo egoista."

Si alzò in piedi, prese la borsa e uscì dall'ufficio. Guidò nel traffico con impazienza fino ad Alexandria. Poi, finalmente arrivò a casa del collega. Bussò alla porta, ma nessuno le rispose.

A terra c'erano i quotidiani di sabato e lunedì. Aprì la porta ed entrò lentamente, pronta a prendere la pistola se se ne fosse presentata l'occasione. "Mulder?" chiamò. "Ci sei?" Camminò verso la sala: "Mulder, sono io, sono Sc..." Si interruppe di colpo quando vide che il disordine nell'appartamento era molto peggio del solito. Estrasse la pistola ed entrò in camera. Anche lì, tutto era stato buttato in aria.

E Mulder non c'era.

Scully controllò anche nelle altre stanze, ma tutte erano nelle stesse condizioni: erano vuote e a soqquadro. Tornò in sala. C'erano molti libri a terra, i cassetti erano aperti. La prima cosa che notò tra il disordine fu la mancanza delle foto di Samantha sulla scrivania.

Se n'era andato.

Scully accese il computer. "Non fidarti di nessuno", come password, questa volta non funzionò. "Dannazione, Mulder!" esclamò, tentando altre parole. "Samantha", "Teena", "Diana" e "egoista" non funzionarono. --Conoscendo Mulder, potrebbe essere anche qualcosa del tipo 'vxgbql'...--

Scosse la testa. "Accidenti, Mulder!" Si lasciò cadere sulla sedia, calpestando i libri sotto alla scrivania. Guardò sul piano. C'era una cartellina di quelle che usavano per gli X-Files. La sfilò da sotto una quantità di ciarpame. "X73317" era l'unica indicazione sulla copertina. Era vuota, ma dalle strane pieghe si vedeva che era stata riempita.

Digitò il numero nel computer. "X73317"

Password corretta.

Dana rimase leggermente stupita, ma la sorpresa si trasformò subito in disapprovazione quando il computer si bloccò: 'sistema operativo non presente su disco'.

"No, Mulder! Non puoi aver fatto questo, maledizione!" esclamò. Aveva formattato l'hard-disk.

Spazientita, abbandonò la cartelletta sulla scrivania, spense il computer e uscì dall'appartamento. Mentre camminava nel corridoio, prese il cellulare e chiamò Skinner: "Signore, ho ragione di credere che l'agente Mulder sia stato rapito... sì, sono stata nel suo appartamento... è stato messo a soqquadro... vorrei qui una squadra per le rilevazioni." Spense il telefonino ed entrò in ascensore. Non ci credeva nemmeno lei. Era chiaro che Mulder se n'era andato di sua spontanea volontà.

Mentre scendeva, ricordò la cartelletta. Avrebbe dovuto prenderla, per controllare a quale X-Files vi fosse contenuto. "73137" se ben ricordava.

 

***

§4

Ufficio di Walter S. Skinner

Lunedì - 1:12 p.m.

"Non sono stati trovati segni di scasso, né di lotta, in casa dell'agente Mulder." le stava riferendo Skinner. "Ho fatto sospendere le operazioni quasi subito, dopo aver saputo questo."

"Lo so, signore, ma la lettera non è firmata. Non può portare dei dubbi, questo? Potrebbe non essere stato lui a scriverla."

Skinner sospirò. "Sì, questo è vero. L'ha fatta analizzare?"

Scully annuì. "Ho qui i risultati..."

"E sarebbero?"

Scully esitò per un istante, poi disse: "Ecco... la lettera ha le impronte digitali di Mulder... oltre naturalmente alle sue e alle mie."

"Non si tratta quindi di un caso di rapimento, Scully. Mulder ha preso ferie di sua spontanea volontà."

"Ma signore..."

"L'agente Mulder" la interruppe lui. "parla di problemi di ufficio nella sua lettera. Lei sa di che si tratta?" le chiese di nuovo.

Scully scosse la testa. "No, signore."

Skinner le passò una cartelletta sottile. "Questo è un caso che proviene della VCS. Vorrei che lei gli desse un'occhiata. Gli ultimi testimoni hanno parlato molto chiaramente e similmente, dando descrizioni molto simili tra di loro di entità aliene. Il tutto riguarda una serie di omicidi."

Scully annuì e prese la cartelletta.

"E' stata richiesta la sua collaborazione per l'autopsia dell'ultima vittima. Farà riferimento all'agente speciale in carica Tirion."

 

***

§5

Sala VCS - FBI Headquarters

Lunedì - 2:13 p.m.

"Agente Tirion?" chiese Scully, entrando nella sala. Diversi uomini e donne erano radunati intorno al tavolo, altri stavano parlando tra di loro. Martin Tirion, un uomo sui quaranta, dai capelli scuri e gli occhi intelligenti, si girò e le fece un mezzo sorriso. "Agente Scully, immagino." disse, stringendole la mano.

"Skinner mi ha appena assegnato a questo caso, posso averne i ragguagli?"

Tirion annuì. "Prego, si sieda." L'uomo le passò un fascicolo più consistente di quello che le aveva dato Skinner. "La prima vittima è stata trovata tre mesi fa. All'inizio si pensava a una morte per ipotermia, essendo stata trovata in una foresta del Montana." Le passò una fotografia di un uomo dalla pelle bluastra. "Il caso non fece molto scalpore, non venne nemmeno eseguita l'autopsia. L'uomo, razza caucasica, 45 anni, single, era solito fare queste 'gite notturne'." Tirion le passò altre due foto. "Più scalpore indubbiamente fece la morte di queste due persone, ritrovate assiderate in Nebraska e nell'Idaho tre settimane dopo."

Scully guardò le foto. I corpi erano ridotti nello stesso modo. "Le autopsie su questi cadaveri cosa hanno portato alla luce?"

"I risultati sono andati misteriosamente persi." disse Tirion, calcando sulla parola 'misteriosamente'.

Dana alzò un sopracciglio. "Che intende dire?"

"Che..." abbassò la voce. "Non sono del tutto sicuro che la perdita dei referti sia stata così casuale."

Scully abbassò lo sguardo di nuovo sulle fotografie. --Un altro teorico delle cospirazioni.-- pensò.

Tirion riprese: "La quarta morte di questo genere mandò in panico la polizia, perché il corpo fu ritrovato in Florida."

"Ah. Sempre morto per congelamento?"

"Singolare, vero?"

"E l'autopsia cosa ha rivelato?"

"Questa volta c'è andata ancora peggio: i familiari della vittima..." Martin le passò una foto della vittima, una donna dai lunghi capelli biondi. "... non acconsentirono all'autopsia."

"Dalle foto appare anche questa ipotermia." disse Scully.

"Già. Infine, l'ultima vittima è stata ritrovata ieri mattina." Le passò una foto.

"Congelamento."

Tirion annuì. "Questa volta ci sono tre testimoni. Non so quanto possano essere attendibili, ma quando sono stati interrogati dalla polizia, hanno riportato la stessa storia." Le passò i tre rapporti. "Le risparmio la fatica." disse lui. "Hanno visto una grande luce, una sorta di grande triangolo nero fluttuare sopra di loro. I quattro sono stati rapiti, portati in una sorta di 'navetta spaziale', quindi si sono ritrovati in cubi di ghiaccio, consci, potendo vedere gli altri in simili posizioni."

Scully annuì. "Uno di loro è morto e gli altri tre no?"

"Già, ma erano tutti sotto shock per il freddo e per questo teorico rapimento."

"Si conoscevano?"

"No. Si sono ritrovati per caso."

"Dove?" Scully appoggiò i rapporti sul tavolo.

"Skyland Mountains, in Virginia."

Scully impallidì di colpo.

"Agente Scully? Si sente bene?"

Dana si appoggiò al tavolo: "Sì... solo... ho bisogno di un caffè, quindi andrò a fare l'autopsia sulla vittima." Si alzò e fece per uscire, ma Tirion la richiamò: "Agente Scully."

"Sì?"

Lui si avvicinò a lei. "Ho richiesto io il suo intervento proprio perché so che ha un'ottima esperienza per quanto riguarda questi casi... strani e per le autopsie. So che di solito lavora in coppia con l'agente Mulder e anche se il vicedirettore Skinner ha rivolto la richiesta solo a lei..."

"Non si preoccupi." disse Scully. "L'agente Mulder non è in città." Gli sorrise leggermente quindi uscì.

 

***

§6

Lunedì - 7:08 p.m.

Il rapporto era già uscito dalla stampante da diverso tempo, ma Scully stava ancora fissando lo schermo. Il piccolo UFO dello screen-saver roteava sopra un cielo stellato. Scully lo fissava ma non lo vedeva.

Una giornata. Un'intera giornata e Mulder ancora non l'aveva contattata.

Due leggeri colpi sulla porta la fecero trasalire. Tirion era sulla soglia, la porta era aperta: "Mi scusi, agente Scully." disse, un po' imbarazzato.

"Oh... entri, agente Tirion... ho... appena finito di stampare il rapporto sull'autopsia." Spense il computer e raccolse i fogli dalla stampante. "Eccolo."

"Agente Scully... hm..." L'uomo si sedette davanti a lei ricevendo il fascicolo. "Skinner mi ha appena detto che l'ha definitivamente assegnata al caso."

"Sì, mi ha telefonato poco fa per dirmelo."

"Potremmo... insomma, lavoreremo assieme, vista la sua specializzazione in questi casi. Può chiamarmi Martin. Io... posso chiamarla...?"

"Scully..." disse lei, subito scosse la testa. "Dana."

"Se preferisce Scully..."

Sorrise imbarazzata. "Non fa differenza. Immagino che vorrai un resoconto da parte mia, Ti... Martin."

"Vorrei sapere le tue impressioni."

Dana annuì. "Ecco, la vittima è effettivamente morta per congelamento. Ma ho trovato tracce di sostanze chimiche non ancora identificate... anche se mi pare di ricordare che una..." Si alzò e si mise a frugare in uno dei cassetti. "Oh... No, dev'essere stato uno dei file andati a fuoco." Si girò verso il collega. "Alcuni anni fa... hm... circa sei, io e l'agente Mulder..." fece una breve pausa. "siamo stati assegnati a un caso e... purtroppo le cartelle sono andate perse quasi tutte nell'incendio dell'anno scorso, ma credo che la sostanza chimica trovata nel corpo dell'ultima vittima possa essere la stessa."

"Di che si trattava?"

Scully prese un profondo respiro: "Un altro caso di rapimento alieno... o meglio, presunto tale."

Tirion annuì.

"Poi, c'era anche questo." Gli passò una provetta. "Questa era alla base del collo dell'uomo."

Martin guardò la provetta. C'era un puntino che scivolava sulle pareti trasparenti della provetta. "Che cos'è?"

"E' un microchip."

L'uomo alzò lo sguardo: "E'... è... incredibile, Dana... che ci faceva là un microchip?"

"Ci sono molte ipotesi... una di queste è che quel chip sia un modo per controllare la mente dell'individuo a cui è stato impiantato."

Martin lo mise quasi di scatto sul tavolo.

"Fino al '94, si sono ritrovati frammenti di un materiale non identificabile, come nei casi di Billy Miles e Duane Barry. Queste piccole barre avevano delle incisioni simili a un codice a barre." Indicò la provetta. "In seguito, ho trovato... questi."

"Controllo della mente? Ma... Dana... non metto in dubbio che... voglio solo dire... è incredibile!"

Scully annuì.

L'agente scorse per qualche istante il rapporto dell'autopsia. "Mhm... E... il congelamento?"

"Questo è più raro." disse lei. "Ma ad esempio alcuni coetanei di Billy Miles furono trovati morti per assideramento in Oregon, in primavera."

Lui annuì. Poi sospirò. "Dana, devo dire di essere un po' confuso con questo caso. Non è di routine."

La donna si limitò ad annuire.

"Tu pensi... che ci sia qualcosa dietro questi... rapimenti?"

"L'agente Mulder ne è convinto."

Martin annuì. "Grazie dell'aiuto... ci vediamo domani."

Dana sorrise in risposta.

 

***

§7

Lunedì - 11:29 p.m.

L'automobile sfrecciò sulla strada buia e sterrata. I sassi schizzavano sulla carrozzeria, rigandola. I tergicristalli andavano all'impazzata senza che ci fosse pioggia. Frenò di colpo, slittando sul fondo ghiaioso.

Si fermò sul bordo della strada e scese. Tutto era stato progettato entro i minimi dettagli.

Non avrebbe fallito.

Lasciò la portiera dell'automobile aperta e si allontanò.

 

***

§8

Martedì - 6:07 a.m.

Scully entrò di corsa nell'ufficio di Martin Tirion. "Un altro?" chiese.

"Sì. Il corpo è già giù, all'obitorio. Puoi pensarci tu, vero Scully?"

"Certo. Mi preparo e vado." Lasciò il soprabito e la borsa sulla sedia davanti alla scrivania di Tirion, quindi raccolse il camice bianco che era appeso all'entrata e corse fuori. Nell'ascensore era sola. Guardò la cartelletta che aveva in mano. Parlava di un rapimento alieno, le descrizioni dei rapitori da parte dei testimoni oculari riempivano quasi trenta fogli. Scully chiuse il fascicolo. "E' un X-File." disse. Guardò il numero. 73137.

"Il fascicolo..." le porte dell'ascensore si aprirono. Scully uscì camminando speditamente verso il fondo del corridoio. Entrò nell'ufficio degli X-Files e camminò fino ad arrivare agli schedari. Prese un profondo respirò e tirò la maniglia di un cassetto. Il corpo era ancora ricoperto dal lenzuolo azzurro. Sospirò. Avrebbe dovuto fare un'autopsia al giorno per due settimane?

Si infilò i guanti di lattice e sollevò il lenzuolo.

Il corpo di Mulder era disteso davanti a lei.

Scully si svegliò urlando. Si mise a sedere di scatto nel letto, accese la luce e tentò di calmare il respiro. "Dannazione..." sussurrò. Guardò la sveglia. 6:29 a.m. Non sarebbe più riuscita a dormire. Tanto valeva rimettersi al lavoro.

Non per il caso della VCS, ma per il suo caso personale: Fox Mulder.

Il sogno le aveva ricordato il numero del file che aveva trovato a casa di lui. Molto probabilmente era andato distrutto nell'incendio come tutti gli altri, ma fortunatamente lei aveva sempre tenuto un elenco breve dei loro casi. Si sedette al computer e aprì il file.

"Caso 'X73137'. Eccolo. 'Presunta licantropia in una tribù di nativi'." Scully alzò un sopracciglio. "Che c'entra questo, Mulder?" Sospirò. "D'accordo... fammi pensare... hai scovato altri licantropi del genere?" Scosse la testa. "Me l'avresti detto." Spense il computer. "Rinuncio." Si alzò in piedi. "La cartelletta non c'entrava niente, ma posso sempre chiedere a qualcuno di nostra conoscenza..."

 

***

§9

Ufficio dei Lone Gunmen

Martedì - 8:25 a.m.

Scully sospirò. "Così Mulder se ne è andato senza dire niente nemmeno a voi. Sempre che se ne sia andato." Si alzò in piedi e andò verso il monitor che mostrava la porta.

"Scully, pensi che qualcuno l'abbia portato via di forza?" chiese Byers.

Lei scrollò le spalle. "Le condizioni in cui si trova l'appartamento mi lascia pensare che qualcuno si sia introdotto senza scassinare la porta, abbia messo a soqquadro, infine abbia portato Mulder con sé..." Scully scosse la testa. "Non lo so... La lettera che ha ricevuto Skinner aveva solo le sue impronte, ma non era firmata... E chi può dire cosa manca dalla casa di Mulder? Ho notato solo l'assenza della fotografia di Samantha. Non credo che un eventuale rapitore avrebbe... tirato fuori tutte le sue camicie dall'armadio, raccolto quella foto e trascinato Mulder fuori di lì."

"Quindi potrebbe essersene andato senza dirti niente." disse Byers.

Scully annuì. "Non è la prima volta..."

Langly prese parola: "Hai detto che l'hard-disk è stato formattato?"

Scully annuì. "Sì... Mi ha fatto insospettire anche questo."

"Si formatta un hard-disk," disse Frohike. "quando si vogliono far sparire prove in fretta."

"Già. Devo andare in ufficio, adesso." Dana raccolse la sua borsa ed uscì.

 

***

§10

FBI Headquarters, Washington

Martedì - 10:13 p.m.

Scully stava per entrare nell'ufficio degli X-Files, quando sentì una voce.

"Agente Scully?"

Dana alzò lo sguardo per vedere Skinner.

"La stavo cercando."

"Ah... Signore..."

"Spero che lei non stia indagando su un caso che non esiste, vero?" la sua voce era dura.

"Signore..."

"Mulder ha lasciato una lettera, Scully. L'agente speciale Tirion ha bisogno di lei."

"Sì, signore. Lo contatterò subito." Non entrò nemmeno in ufficio, ma si diresse direttamente da Tirion. "Skinner mi ha detto che mi cercavi."

"Sì." disse lui, sorridendole. "Guarda cos'ho trovato." Le passò delle radiografie. "Quando i tre testimoni sono stati portati in ospedale, sono state fatte anche delle radiografie." Ne estrasse una e gliela porse. "C'è qualcosa di spaventoso, qui."

Dana osservò la radiografia in controluce. "C'è un innesto di metallo, nella cavità nasale."

Tirion si sfregò la punta del naso con il dorso della mano. "Non voglio nemmeno pensare che problemi di respirazione possa avere. Comunque, le altre due persone, la donna e il terzo uomo, hanno invece di questo..." Fece un gesto con il dito. "Hanno quel microchip alla base del collo, almeno credo..." Le passò le altre due buste e Scully non poté che confermare.

"Come ci sono finiti lì, Dana?" chiese Tirion.

L'agente sospirò. "Sono stati impiantati, anche se non so dirti esattamente per cosa."

"Da chi?"

Scully lo guardò, cercando le parole giuste da dire. "Martin, è molto complesso... So per certo che ci sono organismi paragovernativi che lavorano per ragioni non ancora ben definite, rapiscono persone come queste," alzò le radiografie che aveva in mano. "e fanno esperimenti su di loro."

Tirion guardò altrove per qualche istante, poi prese gentilmente Dana per un gomito e la allontanò dal resto della squadra. Scully gli lanciò uno sguardo di disapprovazione. "Senti, Dana... non fraintendermi, ma non è da tutti i giorni sentir parlare di cospirazioni governative in questo modo... secondo te, decine... centinaia di persone vengono rapite per fare esperimenti..." Martin alzò le mani. "...di controllo della mente di... di non so cosa..."

"Mutazione del DNA." disse Scully. "Se avessi ancora l'X-Files che mi riguarda potrei dartelo da leggere. Purtroppo è andato tutto bruciato."

"Dana..." Tirion la guardò interrogativamente.

"1994. Poi sono stata rapita ancora, circa un anno fa. Non ho quasi ricordi di questi due periodi. So solo che, quando sono stata ritrovata, c'era una parte di DNA mutato nel mio sistema."

"Le tue analisi ci sono ancora?"

Lei scosse la testa: "Tutto perso."

Martin annuì. "Perché..." si schiarì la gola. "DNA mutato sembra apparire anche... in questo caso."

 

***

§11

Appartamento di Dana Scully

Martedì - 8:07 p.m.

Il massaggio dell'acqua era abbastanza rilassante da potersi lasciare andare a un oblio privo di pensieri, anche se solo per pochi minuti. Uscì dalla doccia, si infilò subito l'accappatoio e andò in camera. Si sedette sul letto, asciugandosi i capelli. Abbandonato l'asciugamano, aprì il cassetto del comodino e ne estrasse un disegno che una sua amica, disegnatrice freelance della polizia, le aveva fatto. Ritraeva un sottile volto di donna, dai capelli scuri e gli occhi grandi. Quel viso abitava i suoi sogni da mesi.

Nicole.

Doveva essere stata con lei, durante il suo ultimo rapimento. Ma lei non riusciva a ricordare nulla. Solo un ammasso di nomi e immagini strani si affacciavano alla sua mente, quando cercava di ricordare. Nicole, Krycek, un ragazzo e una donna, panini alla marmellata e Mulder che la stringeva a sé per scaldarla.

Ripose il disegno nel cassetto imponendosi di non cercare di ricordare. Si infilò il pigiama e quindi andò a letto, sperando che, quella notte, il dolce volto di Nicole, sarebbe tornato a trovarla nei sogni.

 

***

§12

Appartamento di Dana Scully

Mercoledì - 5:25 a.m.

La sirena. Stava suonando la sirena. Era un allarme. Stava succedendo qualcosa, qualcosa di grave. La sirena. Doveva scappare, uscire, o non si sarebbe salvata. Ma era legata. Non riusciva muoversi. Era buio, o forse c'era così tanta luce da accecarla. Dana urlò.

Poi fortunatamente si svegliò.

Ma la sirena c'era ancora. Dana accese la luce e prese il telefono: "Chi parla?"

"Dana, sono Martin. Scusami, ma hanno trovato un altro corpo... puoi venire?"

"Certo, arrivo subito. Dove sei?"

"Sono qui con la squadra all'inizio della salita per le Skyland Mountains, in Virginia."

Scully ritardò a rispondere per qualche istante: "Ok..." sussurrò "Sono subito lì." Si alzò in piedi. Pensò che forse un incidente sulla strada, come un autista ubriaco che la speronava di lato, forse avrebbe potuto evitarle le Skyland Mountains. Non sapeva quale delle due alternative fosse la peggiore.

Quando arrivò sul luogo, la zona era già stata delimitata e alcuni agenti la stavano setacciando alla ricerca di prove e indizi. Scully scivolò sotto i nastri gialli e raggiunse Tirion.

"Dana." la salutò. "Vieni, non abbiamo toccato nulla."

Scully camminò dietro di lui finché non vide il corpo.

"E' un uomo." disse Martin.

Dana si bloccò appena lo vide. Era steso a faccia in giù nell'erba. Aveva i capelli castani ed era alto. Scully scosse la testa leggermente e le analogie con Mulder svanirono. Si chinò accanto al corpo, mentre si infilava i guanti di lattice.

Scostò leggermente i ciuffi di capelli che ricadevano sulla nuca. Non c'era nessuna ferita apparente. Girò delicatamente il corpo e fece una smorfia. "Temo che non sia il nostro caso." disse.

Tirion aprì la bocca per dire qualcosa, ma ne uscì solo un 'oh'.

La vittima era morta per ragioni ben più terrene: aveva un evidente foro in fronte.

Dana alzò lo sguardo su Tirion. "Posso fare l'autopsia, se vuoi. Ma non credo che questo faccia parte del nostro caso."

"No..." borbottò Martin evidentemente deluso. "Faremo fare un paio di radiografie, ma..." Sospirò. "Dana, mi spiace di averti chiamato così presto..."

Scully si mise in piedi e si sfilò i guanti: "Faccio anch'io parte di questa squadra, Tirion."

"Lo so, ma..." indicò il corpo. "Posso almeno offrirti la colazione?"

 

***

§13

PCTools Bar

Mercoledì - 9:09 a.m.

"Non ti facevo una frequentatrice di PCTools." disse Tirion, rompendo un lungo silenzio, spezzato in precedenza solo dalle ordinazioni.

Scully fece un mezzo sorriso mentre mescolava il cappuccino. "Ci vengo spesso con un'amica. Una collega, Mel Carter."

"Sì, la conosco anch'io. Lavora alla scientifica, vero?"

Scully annuì e sorseggiò il cappuccino. Pensò che avrebbe dovuto chiamare Mel, era da tempo che non si sentivano. Indicò con un gesto il fascicolo sul tavolo. "Che ne pensi?"

Tirion prese un profondo respiro. "Dana... voglio essere sincero con te. Questo caso mi sta dando il panico. Non mi ero mai trovato di fronte a una cosa del genere..." Sospirò. "Sono grato che tu sia con me in squadra."

"Mi dà da pensare la morte per congelamento." disse lei, come se non avesse nemmeno sentito le ultime parole di Martin. "Non mi pare che ce ne siano state spesso, Oregon a parte."

--Ecco perché ti chiamano 'regina di ghiaccio'...-- pensò Tirion. "Sarebbe un modus operandi insolito, quindi, per..." Fece un gesto con le mani.

Scully annuì e finì il cappuccino. "A dire la verità, di solito i rapiti non ricompaiono oppure..." Fece una breve pausa. "...vengono ritrovati carbonizzati." Scully scosse leggermente la testa. "Speravo fosse finita." Si alzò e fece per estrarre il portafoglio.

"Ah no, Dana. La colazione la offro io."

Scully annuì: "Andiamo, devo mostrarti una cosa."

Si diressero nell'ufficio degli X-Files e Scully diede al collega un fascicolo che risaliva a poche settimane prima. Tirion lo sfogliò con attenzione, alla fine lo chiuse e scosse la testa. "Alla faccia del congelamento..."

"Sono stati trovati alla base aerea di El Rico. Ci sono ancora molti fatti da spiegare, ma..."

Dana si bloccò di colpo. Un forte bruciore alla base del collo quasi le strappò un urlo. Cadde a terra, cercando di aggrapparsi alla scrivania. Il mondo intorno a lei divenne ovattato e nero.

...Nicole...

...doveva chiamare Nicole, lei l'avrebbe aiutata... di nuovo... Mulder aiuto... Mulder... aiutami! non lasciarmi qui... non lasciarmi sola... nel buio, no... non lasciarmi sola, ho freddo... lasciami restare qui, tra le tue braccia, fuori dal mondo... Sto cadendo, lentamente, l'acqua è fredda... Bill vuole uccidere il mio coniglietto... ma è già morto, l'ho asfissiato, è colpa mia, papà si arrabbierà quando saprà che sto fumando, mamma ti prego, voglio la camomilla, ho i brividi e non voglio saltare la gita al museo di scienze naturali, Skinner minaccerà di buttarci fuori quando saprà che l'auto è esplosa, non sarà contento della macchia sul tappeto, ma è sangue, è sangue, c'è sangue ovunque, sulle mani, sulle braccia, è sangue di Mulder...

"Dana? Dana... cos'hai?"

Lentamente sentì che il sangue ricominciava a fluire nella maniera corretta. Poi, finalmente, i sensi esterni ripresero a funzionare.

Martin era davanti a lei. "Dana, stai bene?"

Sbatté gli occhi qualche volta: "Sì, sto bene." disse, cercando di rimettersi in piedi. Ma l'uomo la fermò con un gesto. "Non alzarti. Potresti cadere di nuovo. Vuoi che chiami un medico?"

"*Io* sono un medico, Tirion." rispose lei, stanca di essere assillata. Si alzò in piedi e prese la cartelletta. "Pensavamo che con questo episodio, tutto il caos sarebbe finito. Invece, evidentemente, ci siamo ancora immersi."

Mentre cercava tra i file che Mulder aveva salvato con un paziente lavoro di recupero, i capelli le caddero ai lati del volto, scoprendole il collo. Martin, che le stava alle spalle, vide chiaramente la cicatrice che la donna recava sulla nuca. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma poi ci ripensò. Dana si girò quasi di scatto, trovandoselo a pochi centimetri. Fece un passo indietro. Poteva sopportare quella vicinanza con Mulder, che fin dall'inizio aveva invaso il suo spazio personale con una facilità che l'aveva sempre stupita.

"Uhm... scusa." disse Tirion.

"Smettila di fissarmi in quel modo." disse lei. "Sto bene."

 

***

§14

Appartamento di Dana Scully

Mercoledì - 8:07 p.m.

Scully riprese in mano le fotografie dell'autopsia che aveva eseguito lunedì. C'era qualcosa che non andava. Fuoco, ghiaccio... quale sarebbe stata la prossima trovata?

Lo squillo del telefono la fece sobbalzare. Prese la cornetta, sperando di sentire Mulder dirle qualcosa su Elvis.

"Hola!" L'inconfondibile saluto telefonico di Joy Melody Carter.

Scully sorrise: "Ciao Mel. Tutto bene? E' un po' che non ti sento..."

"Lo chiedi a me, se va tutto bene? Tesoro, tu e il tuo amore di collega siete diventati impossibili da trovare."

Scully sospirò. "Melody..." disse in tono di avvertimento.

"A-ah, lo so cosa stai per dirmi, quindi non dirlo. Guarda, senza volerlo ho sentito che avete..." Mel fece una breve pausa. "Che Mulder s'è preso una vacanzetta, che lavori con Martin Tirion, quindi stasera puoi fare una scappata fuori e andiamo a cuccare a PCTools, OK?"

Scully scosse la testa e fece un lieve sorriso. "Prima di tutto mi chiedo cosa serva a te andare a cercare uomini, visto che sei fidanzata..."

"Cosa serve a te, allora?" Melody non le lasciò il tempo di replicare. "Dai, infilati la prima cosa che trovi e troviamoci là tra un'ora."

"No, Mel, non..."

"Sì, be' forse non proprio la prima cosa che trovi... potresti trovare un pigiama, un camice da medico legale, una camicia di Mulder..."

"Mulder non lascia le camicie a casa mia." ribatté Scully. "Non ho voglia di uscire, Mel..."

"OK, vengo con una pizza e una videocassetta a casa tua?"

 

***

§15

Appartamento di Dana Scully

Mercoledì - 11:21 p.m.

Scully bevve l'ultimo sorso di birra e si lasciò andare sul divano, contemplando le ultime scene di 'Fiori d'Acciaio' sullo schermo.

"Mel?" sussurrò, appena 'il coniglio' salì in moto. "Mi spieghi perché finiamo sempre per guardare questo film?"

La donna sorseggiò indolentemente dalla sua lattina di aranciata. "Perché è bello?"

"Non c'è dubbio, ma è triste..."

"Be', non più di tanto. Comunque, vediamo un po'... Non mi pare che 'E.T.' rientri nello stile di una di noi, 'A Bug's Life' non piace a te, 'Playing God' a me, anche se devo ammettere che il protagonista è notevole."

Scully sorrise.

"Assomiglia un po' a Mulder, non credi?" chiese Mel.

"Chi?"

"Il protagonista di 'Playing God'."

"Nah..."

"Dai, tira fuori la cassetta e rivediamolo. Ti assicuro è uguale."

"L'ho cancellato, quel film."

Mel la guardò stupita: "Ah. Me l'hai fatto sorbire per una serata intera e poi l'hai cancellato?!"

Scully scosse la testa. "Esistono altri film oltre 'Fiori d'Acciaio'."

"Sì, è vero, ma mi vergogno a vedere 'Red Shoes Diary' in compagnia..." Carter appoggiò la lattina vuota sul tavolino.

"Il protagonista di quello è notevole." fece Scully finendo la birra.

Carter si mise a sedere girata verso di lei. "Il burino che vende scarpe?"

"No, l'architetto."

Mel fece un sorrisetto. "Anche quello assomiglia un po' a Mulder."

Scully fece un gemito. "Ma devono tutti assomigliare a Mulder, Melody?"

Carter rise. "No, ad esempio questo qui" Indicò sullo schermo un attore apparso mentre il videoregistratore riavvolgeva la cassetta. "non assomiglia a Mulder." Lo fissarono entrambe. "Ecco, questo è il prototipo del burino."

Scully scosse la testa. "'Law and Order' non m'è mai piaciuto." Cambiò canale. "Perché non possiamo vedere qualcosa tipo... 'MIB'?"

"Perché 'Fiori d'Acciaio' fa ridere di più e in modo più intelligente."

"Ormai recitiamo le battute a memoria, prima che le attrici le dicano..."

Rimasero in silenzio per qualche istante, finché la cassetta nel videoregistratore non si fermò. "Allora," riprese Mel. "che c'è?"

"Che c'è cosa?"

"E' tutta la serata che eviti l'argomento 'Mulder'."

Scully scosse la testa. "Non è vero."

"Non che sia una novità. Ma oggi più del solito. Che è successo? Qualcosa in quel caso sotto copertura è andato storto?"

"No." Scully si alzò in piedi e raccolse i contenitori vuoti dal tavolino, scomparendo in cucina.

Carter sospirò. "-Sei nervoso? -Nooo! Piantala!" Si alzò e seguì l'amica. "Dana, lo sai che con me puoi parlare."

Dana scosse la testa. "Non c'è niente, Mel." le sorrise. "Davvero."

"E le vacanze di Mulder? Queste ti disturbano, vero?"

Scully non rispose. Rimase ferma, in silenzio. Poi annuì. "Mi ha scaricata. Se n'è andato senza dirmi niente..." Scosse le spalle. "Non è la prima volta, non sarà l'ultima." Fece di nuovo un falso sorriso.

Mel sospirò. Guardò verso la sala. "Ehi, Dana, vieni a vedere in TV. Ci sono due tipi che si prendono a botte e nessuno interviene."

Dana guardò sullo schermo e rise. "E' un incontro di boxe, Melody."

"Dovrebbero vietarlo. Quando io ho cercato di fare una cosa del genere con Spender in una caffetteria, mi hanno dato un trasferimento..." Si sedette sul divano e guardò Scully sorridendo. "Mettiamo Mulder da parte: adesso c'è un altro elemento notevole che ti lavora accanto."

Dana chiuse gli occhi.

"Dai, non è male." Carter giocherellò col telecomando, finendo su 'Terminator 2'.

Scully le tolse il telecomando dalla mano prima che iniziasse a fare zapping incontrollato. "E' un bacchettone." disse Dana. Le due agenti si guardarono e scoppiarono a ridere.

 

***

§16

Ufficio degli X-Files

Giovedì - 11:29 a.m.

"Dana?"

Scully cominciava ad essere leggermente annoiata dal fatto che Tirion la chiamasse per nome. Ma ormai glielo aveva concesso, dirgli di non chiamarla per nome sarebbe stato come strappare un osso di bocca a un cane. Inutile e pericoloso.

"Ho ricevuto gli esami dell'autopsia dell'uomo ritrovato ieri." Le passò il plico. "Non c'è niente di strano, questa volta. Nemmeno... congegni strani dove non dovrebbero esserci."

Scully annuì. "D'accordo, allora, dobbiamo concentrarci sull'ultima vittima. Stavo controllando alcuni dati in rete, ma la storia dei cubi di ghiaccio sembra essere assente dalla letteratura sui rapimenti."

Tirion si sedette davanti a lei. "Ho pensato che potrebbe essere la proiezione di un posto molto freddo. Un corpo umano ghiacciato non sopravvive, o sbaglio?"

"No, infatti. Potrebbe esserci qualche possibilità se il congelamento avvenisse in pochissimi secondi, in modo che i tessuti non si rovinino, le cellule possono rompersi irrimediabilmente. Quando..." Il telefono squillò interrompendola. Dana alzò la cornetta. "Scully." Rimase ad ascoltare per qualche istante. La sua voce tremò quando disse: "Arrivo subito."

"Dana, che è successo?" chiese Tirion, sinceramente preoccupato.

"Hanno ritrovato la macchina di Mulder." disse. "E'... abbandonata sul bordo di una strada."

Prese il soprabito e uscì di corsa dall'ufficio. Tirion la raggiunse nell'ascensore. "Dana, aspetta." entrò mentre lei stava premendo il tasto per il garage. "Ma che è successo? Pensavo che Mulder fosse in vacanza."

Scully non rispose. La porta si riaprì quasi subito, visto che i garage erano appena sotto l'ufficio degli X-Files. Uscì, ma Martin le stette dietro. "Dana!" la prese per un braccio. "Aspetta, ti ci porto io." Indicò dietro di sé. "La mia macchina è qui."

Scully si voltò. La sua automobile era dalla parte opposta del garage. Seguì l'uomo senza parlare. Martin ricominciò quando si immisero sulla statale. "Dana, che è successo?"

"Tirion, preferisco non parlarne."

Lui si girò per un istante, per vederla. "Dana, di me ti puoi fidare."

"Forse..." La voce di Scully ebbe un'incertezza. "Forse Mulder non se n'è andato di sua spontanea volontà..."

Martin annuì.

Viaggiarono in silenzio, arrivando finalmente a destinazione. La strada ghiaiosa si inoltrava nelle foreste della Virginia, la quiete era spezzata dalle luci delle macchine della polizia e il brusio delle voci. I nastri gialli svolazzavano alla leggera brezza del primo pomeriggio.

Scully guardò l'automobile: era quella di Mulder. Il colore, il numero di targa: lo sapeva a memoria, era il suo. Oltrepassò le transenne con Tirion subito dietro. Si infilò un paio di guanti e aprì la portiera. Un poliziotto stava già per intervenire a spingerla indietro, ma Martin si premurò di mostrare il distintivo e rassicurarlo che la donna era una collega.

Scully guardò nell'abitacolo.

Non sentiva i poliziotti che parlavano con Tirion, non sentiva il fruscio degli alberi. Non sentiva più nulla.

Non provava più nulla.

Mulder non c'era. Ma c'erano chiare tracce.

C'erano macchie, come se la stoffa fosse bagnata. Una cravatta era legata al poggiatesta del sedile di sinistra e penzolava rovinata per sempre.

A terra, tra frammenti di foglie secche, la parte in gomma di un tacco a spillo e un rossetto fuxia, Scully vide un biglietto da visita.

Lo raccolse, quindi uscì dall'auto farfugliando qualcosa sul raccogliere le prove nell'auto e spedirle a Quantico, per il caso di un presunto rapimento di un agente dell'FBI. Quindi, come una sonnambula, andò a sedersi nell'auto di Tirion, aspettando che lui tornasse. Martin arrivò poco dopo. Chiuse la portiera, ma non avviò il motore.

Sospirò e si passò una mano tra i capelli scuri. "Dana... mi spiace... io..."

"Torniamo al Bureau, per favore."

Martin annuì. "Le... hm... prove nella macchina..." Si fermò per fare marcia indietro.

--E' andato a puttane.-- pensò Scully, leggendo il biglietto da visita. --Mi ha piantato in asso e...--

"Mi spiace... non... hm... Ecco..." Mentre faceva manovra, cercò delle parole adatte. "Scusa." alla fine disse.

Scully chiuse gli occhi e sospirò. "Non c'entri."

"No." sussurrò lui. "E' che... so... che c'era una... bella amicizia tra di voi e... hm..."

"Lascia perdere, Tirion, OK?"

"OK."

 

***

§17

Ufficio degli X-Files

Giovedì - 10:13 p.m.

Scully alzò la testa dalla scrivania quando sentì la porta aprirsi. "Mul...?" Richiuse gli occhi per un istante, quando vide Skinner sulla soglia.

"Agente Scully." disse, con il suo miglior tono di comando.

Dana si passò una mano tra i capelli, nell'inutile tentativo di risistemarli. Come diavolo aveva fatto ad addormentarsi sulla scrivania? "Hm... signore..."

"Che cosa ci fa in ufficio a quest'ora?"

Scully aprì la bocca per ribattere con un 'Mi chiedo la stessa cosa di lei, signore', ma l'uomo la prevenne: "Il caso Tyrell sta occupando parecchi dei miei agenti, fin a quest'ora della notte." La squadrò. "Ma lei non è nel caso Tyrell."

"No, signore, io..."

"Vada a casa, agente Scully. Abbiamo bisogno di lei in forze."

Dana si alzò in piedi e recuperò la sua borsa. Fece per uscire dall'ufficio, quando Skinner la richiamò. "Un'altra cosa. Mulder non è un caso. Mulder se n'è andato da solo, di sua spontanea volontà."

Scully si girò verso di lui e lo fissò. "Questo è ancora tutto da provare, signore." Quindi si avviò verso un'altra notte insonne.

 

***

*§18

Luogo sconosciuto

Venerdì precedente - 10:13 p.m.

Quando guardò l'orologio si rese conto di essere arrivato in ritardo all'appuntamento. Si guardò in giro, sperando che l'avesse aspettato per quei dieci minuti di troppo. La portiera del passeggero si aprì e la donna entrò. "Sei in ritardo." disse.

"Non trovavo una camicia stirata." rispose.

"Forza, andiamo. Segui la strada."

"E poi?"

"Comincia a seguire la strada." Fece un cenno con la mano. "Ti spiegherò andando."

Lui mise in moto la macchina e partì.

 

***

§19

Appartamento di Dana Scully

Venerdì - 1:12 a.m.

Scully si girò nel letto per l'ennesima volta. Non riusciva a prendere sonno. Non poteva credere a quello che aveva visto nell'automobile di Mulder, anche se aveva avuto le prove davanti agli occhi.

Doveva esserci una congiura. Doveva essere successo qualcosa per cui volevano far passare Mulder per un uomo poco raccomandabile, dopo averlo fatto sparire. Era come pochi mesi prima, quando lei era scomparsa per un mese e Mulder le aveva detto di averla ritrovata in Canada. L'avevano incastrato facendolo passare per il suo assassino.

Ma lei era viva. E ora Mulder era svanito.

Si mise a sedere sul letto cercando di mettere a posto i cuscini, quindi si sdraiò. Sarebbe stato così semplice credere alle apparenze. Mulder che chiedeva un periodo di vacanza. Incontrava una ragazza, una di quelle delle società di hot-line a cui lui era abbonato. Ma lui aveva bevuto un po' troppo, vista la bottiglia vuota che c'era nell'abitacolo. La ragazza si spaventava, fuggiva, lui la inseguiva e andava a finire morto nel bosco. Avrebbero ritrovato il suo cadavere solo anni dopo. Questa era la versione 'ufficiale'. Non divulgata, naturalmente, ma ufficiale. Non che molti se ne fossero interessati.

Scully si mise a sedere, prese uno dei cuscini ribelli tra le mani e lo scagliò contro al muro opposto. Sentì il suono morbido del guanciale che colpiva il muro. Un quadro cadde a terra. Il rumore secco del vetro infranto si sparse nell'aria per qualche secondo. Poi il silenzio tornò a regnare.

Scully sospirò e nascose il volto tra le mani.

Accese la luce e si alzò per valutare i danni. Il vetro si era spaccato, ma non ne erano caduti frammenti. Sospirò e appoggiò il quadretto sul comò, quindi andò in bagno. Mentre si faceva la doccia, poteva concedersi il lusso di piangere, fingendo che le lacrime fossero solo gocce d'acqua che le scorrevano sul viso.

 

***

*§20

Luogo sconosciuto

Sabato precedente - 12:30 a.m.

Erano più di due ore che stavano viaggiando. Le strade buie e deserte si snodavano tra le montagne passando tra gli alberi e sotto un cielo nero senza stelle.

"Manca ancora molto?" le chiese.

"No. Siamo quasi arrivati. Gira a destra."

Frenò lentamente e guardò nella direzione indicata. "Non vedo strade."

"Devi inoltrarti nel bosco." disse. "C'è una strada non segnata. Andiamo, la macchina ci passerà benissimo."

Lui la guardò. "Avrò le risposte?"

"Le avrai. Adesso riparti."

 

***

§21

Ufficio VCS

Venerdì - 4:04 p.m.

"Siamo giunti a conclusione che ciò che principalmente accomuna i rapiti siano gli impianti." Tirion stava spiegando gli ultimi sviluppi ai colleghi di squadra. "Sono pezzetti di metallo o microchip che ritroviamo nelle vittime di questi rapimenti." Martin fece girare delle diapositive.

Scully conosceva la storia a memoria. Aveva messo a punto la discussione sul caso con Tirion, ma era con Mulder che aveva imparato a riconoscere quei segni. Da Ray Soames a Duane Barry, barrette metalliche. Da lei a Cassandra Spender, microchip.

Alzò lo sguardo sullo schermo delle diapositive, incontrando un piccolo pezzo di un metallo non identificato ingrandito fino a sembrare di un metro di lunghezza. Si alzò e uscì discretamente dalla stanza. Solo Tirion se ne accorse, visto che mentre parlava ogni tanto lanciava occhiate verso di lei. Ma tutto quel che fece fu una breve pausa nel discorso. Poi andò avanti a parlare.

 

***

*§22

Luogo sconosciuto

Sabato precedente - 2:12 a.m.

"Fermati qui."

Scesero dalla macchina. L'uomo fece per prendere la valigia, ma lei lo fermò. "Lasciala qui."

"Ho dentro i vestiti, il file e..."

"Non ti servirà niente." gli assicurò. Quindi si mise a camminare nella foresta.

"Vuoi dire che ci potrò stare per poco? E' questo che intendi?" La raggiunse e la prese per un braccio. "E' così? Mi farai solo vedere da lontano quello che cerco? Dopo di che dovrò scappare?"

Lei si liberò dalla presa: "Sei paranoico. No, ti spiegherò tutto quando saremo dentro. Ti porterebbero via tutto, è inutile."

Lui fece per ribattere, ma poi rinunciò. Riprese a camminare assieme a lei, inoltrandosi nella foresta.

 

***

§23

Appartamento di Dana Scully

Venerdì - 8:07 p.m.

Quando sentì il campanello suonare, Scully balzò in piedi e corse alla porta. L'aprì senza pensarci troppo, aspettandosi di vedere Mulder stramazzare tra le sue braccia.

Ma era solo Martin Tirion.

"Ah, Tirion... ciao." gli sorrise per cortesia.

L'uomo alzò la borsa che aveva in mano. "L'hai dimenticata... Non ti ho trovata in ufficio, così ho pensato che forse era meglio se te la riportavo. Ho cercato di chiamarti, ma credo che il tuo cellulare fosse qui dentro, perché squillava..."

"Grazie." disse lei, prendendo la borsa. "Sei stato gentile."

Martin sorrise imbarazzato. "Be', ci vediamo lunedì." Fece per andarsene, ma Dana lo richiamò: "Ma-Martin..." balbettò. "Perché non e-entri almeno un mo-momento?" Scully si morse la lingua. --Sto balbettando!-- Strinse la borsa con tanta forza che le sue nocche diventarono bianche.

Tirion la guardò, era decisamente più in imbarazzo di lei e questo fece piacere a Dana. "Be', sì, ecco, grazie... se non ha-hai... altri pro-problemi, cioè progetti."

Scully scosse la testa. "Potremmo discutere ancora un po' sul caso." Si scostò dalla porta per farlo entrare. Martin annuì e sfoderò il suo miglior sorriso.

 

***

*§24

Luogo sconosciuto

Sabato precedente - 4:27 a.m.

C'era una baita in fondo al vialetto. Arrivarono alla porta e la donna aprì con una chiave.

"Senti, cosa dovrebbe essere questa?"

"Come sei sospettoso."

"Questa non ha dell'insediamento governativo segreto. Mi sembra solo una baracca."

Entrarono. L'ambiente era piccolo e vuoto. La donna camminò con sicurezza verso l'angolo e sollevò una botola. "Vieni o no?"

Lui si guardò intorno, poi decise di seguirla. Scesero una scaletta di legno scricchiolante, percorsero un lungo corridoio illuminato solo dalla torcia di lei. Alla fine del corridoio c'era una porta.

Un cartello indicava l'ingresso.

"BASE - distaccamento 29"

 

***

§25

Appartamento di Dana Scully

Venerdì - 10:28 p.m.

"Così Carter mi guarda e mi dice: 'Questa poi gliela vai a dire te a Skinner, vero?'"

Scully rise, sorseggiando ancora il vino bianco. "E' divertente lavorare con Melody."

"Sì, è vero. Anche se ha la cattiva abitudine di cacciarsi nei guai."

Dana annuì. "L'ha fatto anche a te il giochetto di rubare la pistola?"

Tirion si mise una mano sul volto. "Non farmici pensare." allargò le mani. "L'ha fatto in presenza di Skinner: e non solo mi sono fatto sottrarre la pistola così facilmente, ma Mel l'ha anche smontata... e non ti dico gli sguardi che Skinner mi rivolgeva mentre si veniva a sapere che il caricatore era quasi vuoto..."

Dana sorrise e guardò nel bicchiere. Cominciava a sentire il calore insistente del vino. Avrebbe dovuto smettere. Appoggiò il bicchiere al tavolino, sul quale ancora c'erano sparsi i file del caso. Ve n'erano anche sul divano, nel poco spazio che divideva Tirion da lei.

"Dana..." La voce di Martin era seria. "Ho... ho visto che hai una piccola cicatrice... alla base del collo..."

Scully distolse lo sguardo. "Sì, lo so..."

"E'... è uno di quei microchip che..." indicò in direzione dei file sui tavolino.

Dana annuì. "Ci sono fatti complessi legati a questo chip." disse lei.

"Fatti complessi?"

"Sembra che... possano controllare in parte la mente, sì."

"Tu... chi..."

"No... non spesso. Una volta... mi hanno ritrovato assieme a tante altre persone. Molti di loro erano... morti carbonizzati. Solo che io non ricordavo assolutamente nulla."

"Una sorta di raduno..." disse Tirion. "Come... quello delle persone sullo Skyland?"

"E' là che hanno rapito Duane Barry, ed è là dove lui mi ha portato."

"E'... è lo stesso posto di quello strano raduno... quello di un anno fa." Martin scosse la testa. "Ma perché? Perché lo fanno?"

Scully non rispose.

"Dana, tu... tu hai lavorato a questi casi... tu li conosci bene... perché lo fanno?"

"Anche se te lo dicessi," rispose lei. "per te sarebbe molto difficile crederlo."

L'espressione di Tirion divenne ferita. "Dammi almeno la possibilità di cercare di comprendere."

Scully rimase in silenzio per qualche istante. "C'è una forza che lavora al di sopra del governo... al di sopra di ogni governo, in una congiura per creare un essere superiore. Centinaia di esperimenti su persone inconsapevoli, su cavie non consenzienti, quali sono i rapiti del cielo, come me, come Cassandra Spender, come Duane Barry."

"Un... essere superiore..." ripeté Martin.

"Qualcosa che, secondo le tesi dell'agente Mulder, potrebbe essere collegato un'invasione aliena. Ho avuto in mano le prove di questo, non so se si tratta di alieni, o di un virus sconosciuto con cui io sono stata infettata e poi curata. So che è letale."

Tirion annuì. "E' orribile." fu tutto quel che disse.

 

***

*§26

Laboratorio di ricerca La Base (distaccamento 29, Virginia - USA)

Sabato precedente - 5:25 a.m.

Aveva cominciato a stancarsi. Era stato rinchiuso in quella stanza quasi un'ora prima. C'era solo un grande tavolo, circondato da diverse sedie. Nient'altro. Oltretutto aveva anche sonno. Si coprì il volto con le mani e sospirò. Finalmente la porta si aprì. Una donna, dai capelli castani e lo sguardo assonnato, lo guardò. "Salve." disse. Gli porse la mano che lui strinse indolentemente. "Venga, le mostro la sua stanza."

"Mia... stanza? Io... Dov'è... dov'è la donna che mi ha accompagnato qui?"

La ragazza alzò le spalle. "Mi spiace, ha detto che sarebbe tornata domani. E per ora di sistemarla in una stanza."

Lui sospirò. "D'accordo." La seguì senza chiedere altro. Si guardò in giro. I corridoi erano ampi e puliti. L'odore di lisoformio dava la sicurezza di una buona igiene. Nel corridoio si aprivano porte e altri corridoi, ma la donna non si fermò finché non percorsero un bel po' di strada.

"Questa è la sua camera." Aprì la porta e accese la luce.

"Che cosa ci devo fare qui dentro?"

La ragazza lo guardò per qualche istante. "Be', tanto per cominciare direi una bella doccia e una buona dormita."

"Senta, io sono venuto qui solo per avere informazioni."

L'altra lo guardò stranamente. "Senta, mi dispiace. La signora che l'ha accompagnata qui ha chiesto solo che io le facessi da tutor. Non ha dato altre specifiche."

"Tutor?"

"Aiutante e supervisore, in poche parole."

"Ah, giusto, la mia aiutante non sa nemmeno cosa sono venuto qui a cercare."

La donna sospirò. "Mi scusi, ma sono quasi le sei del mattino. La sveglia è alle sette, per cui vorrei riuscire a dormire ancora l'ora che mi spetta." indicò la stanza. "Questa è la sua camera. Se avrà bisogno di altro, potrà chiedermelo, ma in orario di veglia." Fece per uscire, quando lui la richiamò. "Un momento. Come la devo chiamare? Boss? Vicedirettrice? Signore?"

La donna gli lanciò uno sguardo di sussiego. "Vera andrà bene."

 

***

§27

Ufficio dei Lone Gunmen

Sabato - 7:50 a.m.

Scully sedeva al tavolino che i Lone Gunmen utilizzavano per mangiare, impaziente. Era arrivata lì più di due ore prima, portando con sé l'hard-disk del computer di Mulder. Vista l'ora naturalmente li aveva svegliati. Infatti, una volta aperta la porta, le si era presentato davanti un assonnatissimo Langly in pigiama. Aveva spiegato loro l'accaduto, e questo era bastato a togliere loro ogni residuo di sonno. L'avevano fatta accomodare, per quanto comoda potesse stare in quel posto una signora, e Frohike le aveva preparato un caffè, offrendole anche dei biscotti che però aveva rifiutato. E ora se ne stava lì, osservandoli al lavoro ed attendendo speranzosa che riuscissero a trovare qualcosa in quell'hard-disk. Qualcosa che la potesse condurre da Mulder, o anche solo qualcosa in grado di spiegarle il perché della sua partenza così improvvisa...

"Effettivamente era da un po' che non si faceva sentire con noi..." esordì Byers, rompendo il silenzio.

"Ma non è strano, è capitato altre volte che non avessimo sue notizie per un po'... Non avremmo mai pensato che se ne potesse essere andato così..." continuò Frohike "Quello che è strano è che abbia lasciato te senza una parola..."

Scully gli lanciò uno sguardo infuocato. Si sentiva già abbastanza atrocemente ferita all'idea che lui non le avesse voluto confidare quello che aveva intenzione di fare, non aveva certo bisogno di qualcuno che arrivasse a rigirare il coltello nella piaga.

"Ad ogni modo.. noi non abbiamo idea di dove possa essere finito..." intervenne Byers, per smorzare il clima teso che si stava creando.

"Ecco, ci siamo!" esclamò Langly, voltandosi verso Scully. "Ho trovato le ultime e-mails che ha ricevuto... vieni a dare un'occhiata?"

"Sono domande da farsi?" Scully si affrettò ad alzarsi ed avvicinarsi al computer. Per la maggior parte erano e-mail riguardanti casi recenti su cui avevano indagato, e aveva già avuto modo di leggerle quasi tutte. Ma ce n'era una che portava uno strano mittente : "Fox Mulder"! Aprirono la mail e la lessero

<<Venerdì, alle 10 p.m. in punto. Dove tutto è cominciato.

D-->>

Ovviamente era stata inviata a Mulder da qualcuno che conosceva le password per accedere all'indirizzo di posta di Mulder, ma chi? Dana pensava di essere l'unica a poter conoscere cose del genere... La data del messaggio era del Mercoledì precedente, alle ore 9:20 a.m.. Ciò significava che Mulder aveva avuto tutto il tempo per avvertirla della partenza. E che non l'aveva voluto fare. Venerdì era il giorno in cui Mulder se n'era andato, quello era il punto di partenza da cui cominciare a cercare. Prima di tutto doveva scoprire chi era questo "D".

 

***

*§28

Laboratorio di ricerca La Base (distaccamento 29, Virginia - USA)

Sabato precedente - 8:09 a.m.

Era seduto sul letto da quando un'ora ormai, aspettando che qualcuno entrasse a dirgli che diavolo stava succedendo. Finalmente qualcuno bussò.

"Avanti."

La donna che l'aveva accompagnato nella stanza la sera prima entrò. "Salve." disse. "Venga con me."

"Dov'è lei?"

"La donna che l'ha accompagnata qui ieri? Ha lasciato un messaggio, arriverà un po' tardi. Possiamo iniziare noi."

"Iniziare?"

La donna sorrise leggermente. "Venga con me."

Ripercorsero il corridoio in senso inverso, ma invece di tornare all'ingresso, presero un corridoio perpendicolare. C'erano diverse porticine che si aprivano e la donna lo fece entrare in una di queste. "Si sieda." gli disse.

Lui osservò la stanzetta. Era piccola, con solo un letto, una sedia e un comodino. "Che ci faccio qui?"

La donna non rispose, ma aprì una fialetta che aveva in tasca e ne aspirò il contenuto con una siringa. "Si rilassi."

Lui si ritrasse. "Prima che mi inietti qualsiasi cosa, voglio sapere cos'è."

"Un cocktail di vaccini. Antitetanica, antiepatite..."

"Ma a che serve?"

"Se starà qui dentro per un po' non si sa mai che malattia può rischiare di prendere... Posso?"

"No, un momento..."

"Senta, Non so che farci. Se non le posso fare questa iniezione, dovrà andarsene subito. Non possiamo correre il rischio di infezioni."

Mulder sospirò. "D'accordo."

La donna gli disinfettò il braccio, quindi praticò l'iniezione. "Fatto."

"Me ne sono accorto." commentò lui.

Poi dovette cercare un appiglio per restare seduto. Il mondo aveva iniziato a salire vorticosamente, lasciandolo in basso. O forse era lui che stava cadendo?

Vera lo prese per le braccia per evitare che cadesse dal letto e lo fece sdraiare. "Mi spiace..." gli sussurrò.

 

***

§29

Appartamento di Dana Scully

Sabato - 2:12 p.m.

Sulla segreteria telefonica lampeggiava il segnale di un nuovo messaggio. Scully premette il play. La voce di Tirion riempì la sala come latte e miele.

"Dana, ciao, sono Marty. Volevo chiederti se sei libera, oggi, per pranzo... Be', niente... se puoi, chiamami."

Dana guardò la segreteria telefonica dalla soglia della stanza da letto. "Sei molto preoccupato, per il caso, noto..." sussurrò. "Come me..." Poi guardò l'orologio. Era troppo tardi per il pranzo e l'orario era una buona scusa per evitarlo. Pensò di chiamare Tirion per ringraziarlo della cortesia.

L'uomo rispose con la sua voce calda: "Pronto?"

"Martin, ciao, sono Dana."

"Ciao!" esclamò lui.

--Latte e miele.-- pensò Scully. "Ho... ho appena sentito il tuo messaggio... mi spiace, sono rientrata tardi da un... pranzo con amici e..."

"Non ti preoccupare." Poteva sentire un sorriso nella sua voce. "Possiamo fare cena?"

Scully trattenne a stento un sospiro. Con Mulder fuori casa, le sembrava di diventare bersaglio per le avance di mezzo FBI.

Il suo silenzio doveva essere stato più lungo del previsto, perché Tirion riprese a parlare: "Be', certo se non puoi... cioè, non sentirti obbligata a dirmi sì... non ti preoccupare."

"Sì... cioè, no..."

"Senti... se è per... uhm... per Mulder..."

"Mulder non c'entra." disse subito lei.

"Mhm... Va bene alle sette?"

"No... sì, va bene."

"Allora... alle sette."

"Alle sette." Scully appoggiò il telefono e sospirò. --Ma che diavolo stai facendo?-- si chiese.

Andò in camera per cambiarsi, ma lo sguardo le cadde sul biglietto da visita. C'era stampato 'Dolce Dolly', indirizzo e numero di telefono. Si chiese se poteva organizzare una retata per porre fine a uno delle tante agenzie di sfruttamento della prostituzione. Girò il biglietto: sul retro c'era una scritta a penna: 'Denise' e un numero di telefono.

'D'.

Scully riprese in mano la cornetta. "Denny?... Ciao, scusa se ti disturbo di sabato... già, che ci fai in ufficio, di sabato?... Senti, puoi controllare un numero di telefono?... 555-7782... Denise Bryson?... Appena disattivato... Grazie Denny." Appoggiò la cornetta e guardò di nuovo il biglietto da visita. --Ti ho trovato 'D'.--

 

***

*§30

Laboratorio di ricerca La Base (distaccamento 29, Virginia - USA)

Domenica precedente - 2:12 a.m.

C'era una forte luce. Era troppo forte, non riusciva a tenere gli occhi aperti e sembrava che venisse da ogni parte. Cercò di alzare le braccia per ripararsi gli occhi con le mani. Ma non riusciva a muoversi.

Come se fosse legato.

Cercò di urlare, ma la sua gola sembrava piena d'acqua.

Le luci si abbassarono e finalmente poté aprire gli occhi e guardare in alto. Il soffitto era bianco e liscio. Cercò di alzare le braccia, ma tutto il suo corpo era bloccato da un'invisibile forza.

Quando sentì una mano che si appoggiava sul suo braccio, si costrinse a guardarla.

C'era una donna, la stessa che l'aveva accompagnato in camera.

"Ehi." lei sorrise, lasciandogli il braccio.

"Che è suc...?"

"Oh, niente, i vaccini ti hanno un po' steso, ma starai bene."

"Non riesco... a muovermi..."

"Lo so." disse lei. "E' normale."

Chiuse gli occhi per qualche istante. "Ve-Vera?"

"Sì?" disse lei, dolcemente.

"Dov'è... Da..." la sua gola era troppo secca per proseguire.

"La signora che t'ha accompagnato qui? E' arrivata, poco tempo fa, ma eri privo di sensi." La donna appese un sacchetto per la flebo accanto al letto, quindi gli infilò delicatamente l'ago nel braccio.

Lui emise un leggero gemito.

"E' una soluzione salina." gli disse Vera. "Ti farà stare meglio." Si avvicinò al suo volto e gli sussurrò. "Ora dormi." Spense la luce ed uscì dalla stanza. --Tutte queste bugie fanno stare male me...-- pensò.

 

***

§31

Appartamento di Dana Scully

Sabato - 6:07 p.m.

Aveva passato tutto il pomeriggio a setacciare i database a cui poteva avere accesso, completando una lista esigua di Denise Bryson che avrebbe dovuto controllare al più presto. Aveva cominciato a mandare le informazioni ai Lone Gunmen. Sapeva che loro avevano accesso a informazioni riservate e soprattutto avevano il buon tempo per fare indagini anche di sabato sera.

Mentre era in rete, aveva ricevuto un invito di Melody a chattare sul cellulare. 'Telegrafica' come al solito, l'invito era composto tra quattro messaggi MSN. Dopo che Melody era uscita dal canale, Scully era rimasta ancora a cercare informazioni on line. Così, aveva fatto tardi. Mentre si preparava di corsa al suo appuntamento con Martin Tirion, si chiese se la sua perdita della cognizione del tempo potesse esser interpretata come un rifiuto verso la rara uscita serale.

Mentre si stava truccando davanti allo specchio, si rese conto che lei e Martin non avevano fissato il luogo dell'appuntamento. Rise. Era successa la stessa cosa ad uno dei suoi primi appuntamenti. Erano talmente presi dall'idea di uscire che si erano dimenticati di fissare il posto.

Alle sette meno un quarto il campanello suonò. --Tirion.-- pensò Scully. --E' venuto a prendermi.-- Corse alla porta e aprì senza chiedere chi fosse.

Mossa sbagliata.

 

***

*§32

Laboratorio di ricerca La Base (distaccamento 29, Virginia - USA)

Domenica precedente - 10:13 a.m.

Vera stava finendo di compilare i dati, quando James arrivò alla sua scrivania d'angolo. "Hai finito." Vera alzò lo sguardo. "Sì." L'uomo allungò una mano per farsi dare la cartelletta. Ma lei gli disse: "29DKS614X. E' un esame fatto in esterno."

James le strappò la cartelletta dalle mani. "Già, è allora?"

"614!" esclamò.

L'uomo si fermò.

"614 esami, come... come diavolo avete fatto a fargli 614 esami?!"

"Vera, tu non sai niente delle procedure. Stai zitta, che rischi di fare cattive figure."

La ragazza sospirò. "Che ne devo fare con... con l'ultimo arrivato?... dannazione, avrà almeno un nome!"

"Non devi fare niente con lui, fin quando non faccio le comparazioni di questi dati." Alzò la cartelletta e si allontanò.

Vera sospirò. Lentamente tornò in infermeria. Controllò tutti i segni vitali al nuovo arrivato, quindi gli si sedette accanto. "Come ti chiami?" sussurrò. "Francis? No... Fernando? Non credo proprio." Si avvicinò al suo volto. "Come sei bello." sussurrò. "Fritz?"

L'uomo sbatté le palpebre e Vera si scostò leggermente da lui. "Ehi." gli sorrise.

"Sc..."

"Non puoi bere." gli disse. "Hai la flebo, rischi di vomitare tutto."

"Scul..."

"Come?"

"Scully..."

"Scully? Chi è?... Oh!" realizzò improvvisamente. "Sally. La tua ragazza?"

L'uomo emise un gemito soffocato. "Scully... Sc..."

"Scully? Scully con S e C?" Vera scosse la testa. "Come ti chiami?"

"Scully..."

"E' il tuo nome?" Guardò sulla targhetta che aveva intorno al polso. 'FWM'. "Freddie?"

Lui chiuse gli occhi e si concentrò solo sul respiro.

"Ti chiami Freddie? Francis? Franz? Faust? Dammi una mano..."

"Mul..."

"Mul?"

"Der..."

"Mulder? Oh, bene. Ce l'abbiamo fatta." Guardò di nuovo la targhetta. "Mulder dev'essere il tuo cognome, ma per me va bene così." Gli accarezzò leggermente il volto. "Va tutto bene, Mulder. Io mi prenderò cura di te."

"Vo-glio... Scu-lly..."

"Tesoro, ti assicuro che è meglio che la tua fidanzata non sia qui."

La porta si aprì e James entrò. "Vera, iniziamo con la nuova procedura."

Vera lo guardò per un istante solo, poi annuì. Si alzò, lasciando andare la mano di Mulder, quindi preparò la prima fase dell'incubo.

 

***

§33

Appartamento di Dana Scully

Sabato - 7:07 p.m.

"Dana?"

Scully aprì gli occhi lentamente. Che ci faceva Martin sopra di lei? Cercò di mettersi a sedere.

"Piano, Dana..." le disse Tirion, aiutandola.

Scully si passò una mano sul viso.

"Sei ferita..." Martin tirò fuori un fazzoletto bianco e glielo porse. "Che è successo?" le chiese.

"Non lo so... Ho... Sono venuta ad aprire la porta e... Quando sei arrivato?"

"Cinque minuti fa... ma temo di essermi dimenticato di dirti in quale ristorante ho prenotato... così sono passato a prenderti. La porta era socchiusa..."

"Qualcuno mi ha colpito... Ho aperto la porta..." Scully si tamponò la ferita con il fazzoletto. "Erano le sette meno un quarto..." Si alzò in piedi da sola, ignorando l'offerta di aiuto di Tirion. Si girò per rassicurare il collega che stava bene, ma l'unico risultato fu quello di cadergli addosso.

 

***

*§34

Laboratorio di ricerca La Base (distaccamento 29, Virginia - USA)

Lunedì precedente - 7:07 a.m.

--Le pedine rosse e blu sono troppo grosse. Devo correre, Samantha è scomparsa in fondo dietro a quella in fondo, sopra alla piega del tabellone di Stratego. Devo correre più forte o la perderò.

'Samantha!'

'Samantha!'

Non si ferma, perché scappa così?

'Non scappare, sono io, sono Fox!'

Mamma e papà si arrabbieranno con me, se Sam si perde nel bosco. C'è tanta luce, troppa luce, non ci vedo. Sto correndo, sbatto contro gli alberi, la mano che tiene la pistola è sudata, devo arrivare da Miles prima che spari a suo figlio. Sono in cima alla collina, Billy ha in braccio Theresa, una nave sopra di noi...

Fa freddo, fa troppo freddo... Scully? Dove sei, Scully? Devi farcela, dobbiamo uscire di qui... non so che diavolo t'ha fatto il vaccino, non ne ho idea, non mi interessa, non chiedermelo, dobbiamo scappare, non c'è tempo, è tutto bianco, tutto ghiacciato.

Corri, scappa, le api, sono tutte intorno, Dio mio, Scully dove sei? Non ti vedo attraverso queste nubi, ma posso sentire la tua mano, è calda, sotto il depravato brulichio di api sulla tua pelle.

Ti hanno punta? Dimmi di no.

Sei ferita? Dimmi di no.

Sei triste? Dimmi di no...

Tua madre ti cerca, non ti ho ucciso io, non c'ero io in quella macchina, dimmelo, ti prego, dimmi che non ero io, che non eri tu, dimmi che sei viva. Smetti di vomitare, ti prego, le braccia mi fanno male a tenerti, vorrei stringerti, non allontanarmi, il cuore mi fa male a vederti così. Chi è Lynn? Dimmi chi è, la perseguirò fino ai confini dell'universo...

Non resisto, Scully, non resisto, aiutami. Non ce la faccio da solo, non puoi lasciarmi ora, meglio che te ne vai, non stare in mezzo alla pioggia, è bagnata, fa freddo, stringiamoci di più, possiamo dormire se vuoi, posso uscire di casa, perché dobbiamo fingere?--

Vera trasalì quando sentì una mano sulla spalla.

"Ehi."

"Ah, sei tu, Lucy." Vera riprese a guardare il suo paziente.

"A che punto siete?" le chiese l'amica.

"Abbiamo appena iniziato. Ma sta già delirando."

"Avete iniziato con la procedura accelerata?"

Vera scosse la testa. "No... è strano, infatti."

"Una mia amica, alla Base 30, aveva una paziente che è caduta subito in delirio. Era preoccupata, ma poi si è salvata."

Vera rise. "Salvata? Come ci si può salvare?"

Lucy scrollò le spalle. "E' scappata."

"Da una Base?! Non è possibile."

"Be', comunque dopo i primi giorni stava meglio." Lucy batté dolcemente la mano sulla spalla dell'amica. "Ci vediamo a cena."

Vera annuì. Si sedette sul letto e sospirò. "Scully... chissà chi è..."

 

***

§35

Appartamento di Dana Scully

Sabato - 7:47 p.m.

"Ehi..."

Dana sbatté le palpebre qualche volta. "Mulder... Che è successo?" Quando riconobbe Tirion cercò di mettersi a sedere.

"No, piano..." la fermò lui. "Stai calma. Sei già svenuta una volta, non è stato piacevole."

Scully si mise a sedere lentamente, sospirando. "Mi spiace, Martin..."

"Non fa niente, stai tranquilla."

Scully chiuse gli occhi per un istante.

"Hm... Dana..." Martin le prese la mano dolcemente. "Hai qualcosa qui..."

Scully osservò il proprio braccio. Appena sotto l'incavo del gomito aveva una puntura e un leggero ematoma.

"Potrebbero averti iniettato qualcosa."

Scully esaminò con maggior attenzione il proprio braccio. "No." disse. "Mi hanno fatto un prelievo."

Martin la guardò inorridito. "Perché?" chiese.

Scully non rispose.

"Dana, ti accompagno in ospedale."

"No, non ce n'è bisogno, Tirion."

Lui aprì la bocca per protestare.

"Senti... mi dispiace. Ma ho... bisogno di restare un po' sola... Non... non è per te."

"Non c'è problema." sussurrò lui, anche se la sua voce tradiva il dolore. "Se... se hai bisogno... mi chiami, Ok?"

Dana annuì. L'uomo si alzò e camminò verso la porta.

"Martin?"

"Sì?"

Scully si girò leggermente: "Grazie di tutto. Lo apprezzo."

L'uomo sorrise, quindi svanì dietro la porta.

 

***

*§36

Laboratorio di ricerca La Base (distaccamento 29, Virginia - USA)

Martedì precedente - 3:21 a.m.

Il buio lo circondava anche se teneva gli occhi completamente aperti. Si mise a sedere a fatica, quindi provò di nuovo a guardare attraverso le tenebre.

Sentiva il corpo pesare quintali e non poté fare a meno di ricadere indietro sul letto. Si girò sul fianco, cercando di capire in quale posizione la testa gli facesse meno male. Sembrava dover scoppiare da un momento all'altro indipendentemente dalla posizione.

Allungò una mano per cercare una luce. C'era un comodino, ma era spoglio. Si aggrappò alla spalliera del letto, tirandosi su, e tastò il muro. Quando finalmente riuscì ad accendere la luce, se ne pentì. Si portò le braccia davanti agli occhi d'istinto, mentre lampi di dolore esplodevano nel suo cervello.

Lentamente riuscì ad abituarsi alla luce e, nonostante il mal di testa, si alzò dal letto, si tolse la flebo e a piedi nudi si diresse verso la porta. Si accorse di avere dolori ovunque, ma cercò di non pensarci. Non si ricordava dove fosse, come fosse arrivato lì, chi ce l'avesse portato.

Aprì la porta lentamente e camminò nell'oscurità vuota del corridoio. Camminò lentamente, fino a ritrovarsi davanti ad una grande porta. Dove diavolo era finito?

"Mulder?" sentì una voce.

Si girò, spaventato dalla voce, ma d'altra parte confortato dal fatto che ricordasse il proprio nome.

C'erano due uomini e una donna che stavano arrivando verso di lui.

"Mulder, cosa ci fai in piedi?"

Fox osservò la donna. "Vera?" chiese.

"Sì, andiamo, devi tornare a letto."

"A letto? Cosa..."

"Non stai bene. Vieni, noi siamo qui per curarti." Lo prese per mano e lo tirò verso l'infermeria.

Ma Mulder si liberò. "No, io voglio prima parlare con il mio medico, con Dana Scully."

"Verrà domani mattina. Adesso è troppo tardi."

"No!" Mulder si allontanò dai tre. "Non toccatemi!"

I due uomini lo presero di peso e lo trascinarono verso la camera. Mulder urlava e cercava di liberarsi, ma tutto era inutile.

Appena riuscirono ad immobilizzarlo sul letto, Vera gli iniettò un calmante. I suoi muscoli diventarono di colpo senza vita e lui si ritrovò impotente a fissare i volti sopra di sé.

Lo stavano legando al letto, mentre la donna gli rimetteva la flebo. Appena i due uomini lasciarono la stanza, Vera si sedette accanto a lui, sul letto.

"Come ti senti?"

"Vai a..."

"Shh..." La donna gli mise un dito sulle labbra. "Lo so cosa pensi di me. Ti assicuro che non vorrei farti questo..."

"Questo... cosa?"

"Questo. Tutto questo." Gli scostò i ciuffi di capelli dalla fronte. "Presto sarà tutto finito."

"Mi ucciderai?"

"Stai tranquillo."

"Dove sono?"

"Sei nell'anticamera del Paradiso, Mulder."

"Si soffre così, qui?"

Vera annuì. "Sì, ma poi c'è la beatitudine della pace."

"Non... non mi interessa il Paradiso. Voglio... tornare in Terra."

Vera gli prese una mano dolcemente. "Stai tranquillo." Rimase alcuni minuti a parlargli con calma, mentre il sedativo faceva il suo effetto.

"Scully..." sussurrò Mulder. "Scully... dove sei?"

"Scully ti sta aspettando. Dormi ora... dormi."

 

***

§37

Appartamento di Dana Scully

Domenica - 3:21 a.m.

Scully si girò nel letto sospirando. Non aveva ancora chiuso occhio quella notte. Troppi interrogativi affollavano la sua mente per lasciarla cadere nell'oblio del sonno. Chi l'aveva aggredita? Se l'avesse ricordato avrebbe potuto almeno ricercarne le cause. Perché le avevano prelevato del sangue? Forse si trattava ancora di quello che le era accaduto un anno prima. Poteva fidarsi di Martin Tirion? Ancora ne dubitava.

Si mise a sedere di scatto sul letto, quando sentì qualcuno che bussava alla porta. Estrasse la pistola dal cassetto del comodino e in punta di piedi arrivò a guardare fuori dallo spioncino.

"Oh mio Dio..." sussurrò. Aprì la porta senza pensarci due volte. "Sei veramente tu?!" esclamò. "Non è possibile... sto sognando..."

La ragazza sorrise impercettibilmente, tenendo le braccia strette attorno al corpo. "Ciao Dana."

"Nicole..."

"Sono io."

Scully si tirò da parte di scatto. "Entra."

La giovane avanzò con fatica all'interno dell'appartamento, guardandosi in giro. "Non sarei dovuta venire da te..." disse, tra colpi di tosse.

"Hai fatto bene a venire qui."

La ragazza si fermò al centro della sala: "Sei in pericolo, Dana."

"Che vuoi dire?"

"Stanno cercando i rapiti. Non tutti, ma molti. Temo che tu sia tra quelli che stanno cercando, lo so."

"Nicole..." Dana scosse la testa e andò ad accendere la luce. "Ma tu non stai bene!"

"Solo qualche ferita..." disse. "E una sorta di tubercolosi, ma non preoccuparti, non è contagiosa."

"Che cosa ti hanno fatto?"

La ragazza scrollò le spalle. "Il mio sistema immunitario è andato a farsi fottere anni fa. Mi stanno dando la caccia da mesi... e sopravvivere all'esplosione di una Base comporta qualche rischio."

"Esplosione della Base?"

"Non ricordi niente, vero?"

Dana scosse la testa. "Ricordo te. Ricordo... Krycek e... i panini alla marmellata che mi portavi." La prese dolcemente per mano. "Vieni, vedo di sistemarti almeno quelle ferite..."

"No, non posso restare. Sei in pericolo anche perché io sono qui."

"Mi hanno già fatto un prelievo. Proprio ieri." disse Scully. "Sono stati loro, vero?"

Nicole non rispose. Si inumidì le labbra tagliate e disse: "Devo andare, ora. Stai attenta."

"Nicole, aspetta!"

La ragazza si fermò.

"Non andartene così. Fermati, ti prego."

"Non posso. Potrebbero rintracciarmi, Dana... e farti ancora del male."

"Hai bisogno di cure!" esclamò lei. "Potrei metterti sotto arresto, lo sai."

Nicole tossì di nuovo. "Potresti, ma non lo farai." Quando si allontanò, Scully le fu subito dietro, prendendola per un polso. "Ti prego. Solo qualche minuto." Dana la condusse in bagno. "Come ti sei ferita?"

"Dopo che te ne sei andata dalla Base 30, alcuni giorni dopo... dopo che Alex ti è venuto a prendere, ho... ho infettato la Base."

Scully tirò fuori una scatola del pronto soccorso. "Cosa hai fatto?"

"Ho... ho immesso un virus nel sistema di aerazione della Base."

Dana scosse la testa, iniziando a disinfettare le ferite dell'amica. "Cos'è la Base, Nicole?"

"E' il posto dove ti hanno portato quando sei stata rapita. Nel '94 non so dove, credo in Virginia, e nel '98 in Canada. Lì è dove hanno fatto gli esperimenti. Dove ti hanno impiantato il chip nel collo."

Dana iniziò a fasciarle il braccio. "Non ricordo niente, Nicole... Ma che è successo, poi?"

"La Base è andata in autodistruzione. E' saltata per aria. Non credevo potessero esserci superstiti. Ma la Base 30 è di vecchia costruzione, è probabile che non fosse perfetta, come quelle nuove." Nicole trasalì quando Scully le pulì la ferita che aveva sul volto. "Alex mi ha trovato viva sotto le macerie e mi ha aiutato a scappare. Pochi altri si sono salvati. Sarei finita in un'altra Base... e non mi avrebbero certo dato il posto d'onore che avevo alla 30, dopo che l'ho fatta saltare in aria."

"Posto... altra... Loro lo sapevano? Erano a conoscenza del fatto che eri stata tu sia a far saltare la Base che a farmi scappare?"

"No, ma era facile da immaginare." Nicole tossì.

"Ho qualcosa per la tosse..." fece lei.

"Non fa niente, Dana... lascia stare, ormai ci convivo. L'aria per me qua fuori è tossica. E questi sono i residui del virus. Mi avrebbero studiato per sapere come diavolo ho fatto a sopravvivere."

Scully le passò uno sciroppo. "Respirerai meglio per un po'."

Nicole rise e ne trangugiò una cucchiaiata. "Sono in contatto con Alex. Ho sentito dire che ne è saltata un'altra di Base. Una delle prime... delle originali. In Antartide, poco dopo che ho fatto saltare la 30."

"Cos'è successo poi, Nicole? Ti stanno dando la caccia?"

"A me e a Lynn."

Scully rabbrividì al suono del nome 'Lynn'. "Chi era? Ho... brutte sensazioni..."

"Lynn Rainbow? Era quella che faceva gli esperimenti. Quella dell'H28. Anche lei manca all'appello." La risata di Nicole ebbe un che di isterico. "Quella stronza di Sylvia è morta. Lucy, Stephany, Joy, Franz... Te li ricordi?"

Scully scosse la testa.

"Loro sono stati trasportati, ormai. Chissà dove." Si alzò in piedi. "Eundum est mihi." disse, sorridendo.

"Puoi rimanere. Sono già stati qui, non torneranno."

Nicole scosse la testa. "Ho solo un'altra cosa da dirti, poi dovrò scappare di nuovo."

"Come farai, Nicole? Tutta la vita in fuga? Sarà impossibile."

"L'alternativa è togliersi il microchip dal collo. Ma tu sai a cosa porta." Scosse la testa. "Dana, ho sempre sognato di girare il mondo. Ho saputo da via traverse che un certo F.W. Mulder è entrato in una Base."

Scully aprì la bocca, meravigliata.

"E' lui?"

Dana annuì appena.

"Non so dirti molto. Ma se lo stai cercando, dovrai rivolgerti a qualcuno in alto. Alex ti potrà aiutare."

Scully scosse la testa. "Non posso chiedere a lui... è..."

Una macchina frenò di colpo sotto al condominio di Scully. Nicole guardò verso la finestra. "Dana, stanno riportando dentro alcuni rapiti, distruggeranno le prove contenute nei loro corpi attraverso il congelamento. Stai attenta. Non puoi scherzare con quelli." L'abbracciò e la baciò sulla guancia. "Ti voglio bene."

"Nicole..."

La ragazza corse fuori dalla stanza: "Ci rivedremo, Dana!"

Era svanita di nuovo.

Scully guardò fuori dalla finestra. L'auto che aveva frenato di colpo era già ripartita e un cane randagio si aggirava impaurito sul marciapiede. Rimise a posto il bagno e si rinfilò a letto. "In una Base." pensò.

 

***

*§38

Laboratorio di ricerca La Base (distaccamento 29, Virginia - USA)

Martedì precedente - 12:43 p.m.

--Ho fame. Mamma sta ancora dormendo. E io ho fame. Papà è nello studio, sta bevendo. Sam mi manca. Mi manca tanto. Da quando lei se n'è andata niente è più lo stesso.

Mamma dorme fino a tardi, a volte non si alza nemmeno, papà beve ancora di più. E' ora di cena... Vado in cucina, apparecchio e metto l'acqua sul fuoco. La pentola pesa troppo, così devo riempirla quando è già sul fornello. Vorrei tanto che Sam tornasse a casa, lei saprebbe rimettere a posto tutto con la sua allegria.

Vado alla finestra e dico una preghiera. Se lei tornerà, io non la prenderò più in giro. Prometto. Sarò buono con lei.

Verso tre bicchieri di pastina nella pentola, quando l'acqua bolle. Mescolo con pazienza e quando è pronta la verso nei fondi. Papà arriva barcollando in cucina. Si siede e inizia a mangiare. Non ha nemmeno finito il primo cucchiaio che inizia a sbraitare. Ho messo troppa pastina, dimenticato il sale e il burro.

Papà si alza di scatto e io corro fuori dalla porta della cucina. Non voglio prenderle stasera, non ho voglia. Corro finché non arrivo sul grande albero dove mi arrampicavo quando volevo stare da solo. Posso ancora sentire le urla di papà, adesso si mischiano con quelle di mamma. Sento i piatti che cadono e si rompono nel lavabo. Rientrerò quando saranno tutti e due di nuovo a dormire e a ubriacarsi. Se chiudono la porta a chiave passerò la notte nel porticato e se non mi sveglio prima di papà, le prenderò domani mattina.

Samantha, perché non torni? Ti prometto che sarò buono con te... te lo prometto...--

"Lucy?"

La donna si fermò passando dietro Vera. "Che c'è?"

"Tu pensi che sognino, quando...?"

"Credo di sì. E' l'unico modo di evadere, no?"

Vera annuì e ascoltò i passi di Lucy allontanarsi.

 

***

§39

Ufficio degli X-Files - FBI, Washington.

Lunedì - 8:07 a.m.

Scully si stava ancora chiedendo se l'apparizione di Nicole, quella notte, non fosse stata solo un sogno. Sospirò. Inserì velocemente i dati e l'identikit nel database.

Dopo alcuni minuti di ricerca alcune schede vennero visualizzate. A colpo sicuro andò a prenderne una.

"Nicole Lea Carter - Scomparsa l'11.7.1988."

Era lei. Scully sospirò. Forse avrebbe dovuto fare quella ricerca mesi prima. Riprese la ricerca. Gli scomparsi, quel giorno, erano stati più di trenta in tutti gli Stati Uniti.

Scully si alzò e prese una cartina. La distese sulla scrivania e cominciò a segnare i luoghi dove erano stati rapiti.

"Dana?"

L'agente alzò lo sguardo per incontrare quello di Martin Tirion sulla porta.

"Tutto bene?"

"Sì, certo. Forse..." Scully prese un profondo respiro. --Fidati di lui ma non troppo.-- si disse. "Forse ho trovato qualcosa."

Martin camminò finché non le fu accanto. "I rapiti nel 1988?" chiese.

"Sì, trenta in un solo giorno, l'undici di luglio."

L'agente annuì. "Che cosa stai cercando?"

"I punti da cui sono stati, diciamo, raccolti."

Martin guardò la cartina. "Lo Skyland in Virginia. Appare di nuovo quello."

"Già, ma guarda qui." Indicò con l'indice sulla carta un punto degli Stati Uniti quasi al confine col Canada.

"Mount Messier nello stato di New York?"

"Sì. Guarda." Scully indicò sul video del computer.

"Oh mio Dio. Questo è una delle vittime del caso... quell'uomo che hanno ritrovato in Montana."

"Già." Scully si alzò in piedi e prese la giacca.

"Dana, hai intenzione di andare a Mount Messier?"

Lei annuì, poi prese la borsa ed uscì.

"Vengo anch'io!" esclamò Martin, seguendola.

 

***

*§40

Laboratorio di ricerca La Base (distaccamento 29, Virginia - USA)

Mercoledì precedente - 10:13 p.m.

--Il fascio della mia torcia illumina la lapide. Posso finalmente vedere cosa c'è scritto. 'Sir Conan Doyle'.

Phoebe è subito dietro di me, si aggrappa ai miei jeans e mi chiedo perché diavolo tra tutti i posti dove potevamo andare, siamo finiti qui. E perché diavolo, tra tutti gli appigli che può trovare sul mio corpo abbia scelto per forza la cintura.

"Phoebe, aspetta... siamo in un cimitero!"

"Non è eccitante?"

"Non esattamente."

Mi passa le sue lunghe mani ovunque vorrei che me le mettesse se non fossimo in un cimitero. "Io non direi..."

Sono grato che sia notte, perché non voglio che veda che sto arrossendo. Mi spinge a terra, la schiena sulla lapide, la testa mi ricade indietro tra l'erba.

"Phoebe, non è il caso di tornare al campus?" le chiedo. "Il mio compagno di stanza mi deve un paio di piaceri, posso chiedergli di cedermi la camera per stanotte, sono convinto che..."

Phoebe mi tappa la bocca con una mano. Mi sussurra all'orecchio parole indecenti, alla fine si alza a sedere a cavalcioni sul mio stomaco e si mette a ridere.

Una risata in un cimitero è la cosa più spettrale che io abbia mai sentito. E se ce n'è una più lugubre, be', non la voglio sentire.

"Non dirmi che è la prima volta?"

Aggiro la domanda: "In un cimitero, sì."

"Dai, su, non dirmi che sei vergine!" si china su di me e mi bacia. "No." sussurro sulle sue labbra l'ennesima bugia che tiene in piedi il nostro rapporto.

'Vaffanculo Phoebe', penso. 'Vaffanculo, stronza!'

E lascio che lei faccia quello che vuole, quello che il cavernicolo testa di cazzo in me vuole che facciamo.

Sono caduto troppo in basso, è un'unica bugia, un'unica lotta e un'unica merda. Che senso ha fare sesso su una lapide, dopo tutte le falsità?

Voglio un amore vero. Dove non ci sono bugie, non c'è falsità. Voglio essere dannatamente geloso della mia fidanzata, fino a pensare di voler morto ogni suo ammiratore. A volerla tutta per me, per stringerla e coccolarla, per darle l'amore che non ho ricevuto, per darle la fedeltà che Phoebe non conosce.

Voglio che sia un donna forte con il mondo, che abbia voglia di spaccarlo insieme a me, ma che mi permetta di fare il primo passo e sia timida. Voglio essere amato, voglio amare. Davvero, sul serio. Quell'amore folle che ti fa andare al capo al mondo.

In capo al mondo...

Mi chiedo se andrei in Antartide da solo per Phoebe.

Dannazione, perché ci dovrebbe essere un tale bisogno? Perché l'Antartide? E poi, no, non ci andrei, se un pazzo furioso rapisse Phoebe e la portasse in Antartide chiamerei la polizia e poi dovrebbero pensarci loro. Non posso fare niente.

L'Antartide... Perché non l'Australia?

Perché in Australia non ho bisogno di tenerla stretta per scaldarla. Non c'è bisogno che le ceda metà dei miei vestiti perché lei è... da dove viene questa cosa? Phoebe non ha i capelli rossi. Non ha gli occhi azzurri e non è così piccola, in confronto a me.

Chi sei?

Sei fredda, stai bene? Ce la fai a stare in piedi? Ce la fai ad entrare in macchina? Omega... Tu sei l'Omega...--

"Quando studiavi medicina, non ti hanno detto che non bisogna innamorarsi dei propri pazienti?" le sussurrò Lucy all'orecchio.

Vera si girò. Non c'era disappunto sul volto dell'amica, ma solo comprensione. "E' stato un colpo di fulmine." sussurrò.

La donna annuì.

"Lucy, non so cosa farei se non avessi te."

L'altra le strinse dolcemente la spalla. "Eppure ci conosciamo solo da sette mesi..."

"E lui l'hanno portato qui solo tre giorni fa..."

 

***

§41

Mount Messier - New York

Lunedì - 5:25 p.m.

Tirion si guardò in giro. La cima della collina era spoglia, ricoperta solo di erba. Gli alberi iniziavano solo più in basso.

"E' strano." disse, voltandosi per guardare Dana Scully che stava osservando la zona con un binocolo.

"Di quale delle tante cose stai parlando?" gli rispose.

"Degli alberi. Ci si aspetterebbe che..." Fece un gesto per indicare intorno a sé, ma poi si ricordò che Scully non poteva vederlo. "Insomma, che qui intorno ci fossero un po' di alberi, anche sulla cima."

"E quindi?"

"Be'..." Tirion si infilò le mani in tasca. "Se devo dirti quello che mi è venuto in mente..."

Scully abbassò il binocolo e attraversò lo spazio che li separava per andare a guardare dall'altra parte della collina. "Non farti problemi." gli disse.

"Sì... dunque... Come se... una..." allargò le braccia. "...grossa nave fosse atterrata qua. Gli alberi non riescono a crescere, l'erba però sì."

Scully annuì. "Non mi stai prendendo in giro?"

"No! Certo che no."

"Bene, allora vieni a vedere." Si sfilò il binocolo dal collo e glielo porse.

"Cosa c'è?"

"La vedi anche tu?"

Martin guardò attraverso il binocolo, cercando tra l'uniformità verde degli alberi. "Sembra una baita." disse, dopo qualche secondo di ricerca.

"Già, ma in generale le baite non hanno le fondamenta di cemento."

"Che inte... ah! E' strana!"

Scully si incamminò giù dalla collina e Tirion non se ne accorse finché non passò davanti al binocolo.

"Dana, aspetta!" la chiamò. La raggiunse quasi subito correndo. "Cosa pensi che sia?"

"Non lo so, voglio vederla da vicino proprio per scoprirlo."

Tirion annuì. Il binocolo pesava abbastanza, pensò che forse sarebbe stato meglio lasciarlo nella macchina noleggiata, ma ormai ce l'aveva lui in mano e il brutto era che nessuno lo aveva obbligato a tenerlo.

Ci volle un quarto d'ora di marcia, come Martin finì per chiamare il passo di Dana, per arrivare alla piccola costruzione in legno. Era diroccata ed evidentemente non abitata da parecchio tempo.

Scully spinse la maniglia e la porta scricchiolò aperta su cardini che minacciavano di cedere. C'erano degli stracci accumulati a terra, un tavolo e un paio di sedie arrugginite.

"Non ci sono finestre." disse Martin. "A cosa poteva servire una baita qui?"

Scully si accovacciò accanto agli stracci e iniziò a passarli in rassegna con una penna. "Soprattutto una baita che sta per essere fatta in trucioli dai tarli su fondamenta di cemento."

Tirion si girò. "Cosa sono?"

"Vecchi indumenti, per lo più sembrano camici per pazienti di ospedale e... per medici."

"E che diavolo ci fanno qui?"

Scully si alzò in piedi e scostò il cumulo con un piede. "Coprono una botola?"

"Ca... spita..." disse Martin.

Scully tirò la maniglia e la botola sul pavimento si aprì. Contemporaneamente, lei e Tirion estrassero le torce. C'era un scala che scendeva per diversi gradini, fino a scomparire oltre il loro campo visivo. Scully si infilò nella botola ma il collega la chiamò. "Senti, sei sicura di volerci entrare senza prima chiamare un po' di rinforzi?"

Dana annuì e continuò la discesa.

Martin la osservò per qualche istante. "Potrebbe essere pieno di topi e serpenti..." l'avvertì, ma Dana non tornò indietro. L'uomo sospirò e la seguì. "Dana? Dove pensi che finisca questo tunnel?" disse, puntando la torcia contro la schiena di lei, che stava pochi passi più avanti. La raggiunse allungando il passo per poter sentire meglio quello che stava dicendo.

"Non lo so, ma credo di esserci già stata."

Martin puntò la torcia sul soffitto. "Non ci sono infiltrazioni."

Dana si girò per lanciargli uno sguardo interrogativo.

"Il mio appartamento è all'ultimo piano." disse lui. "Dovrei contattare l'architetto di questo posto e farmi sistemare il tetto. Appena inizia a piovere ho il soffitto che sembra un quadro di Pollack."

Scully si fermò davanti a una grossa porta lasciata socchiusa. C'era un pannello per la digitazione dei codici distrutto. Dana aprì la porta lentamente prendendo la pistola e puntando la torcia davanti a sé.

L'aria sapeva di polvere e chiuso, ma non c'era alcun odore di muffa. Scully fece qualche passo in avanti, quindi si girò per vedere se Tirion l'aveva seguita. Se lo ritrovò quasi appiccicato alla schiena, come un bambino sta dietro al capobanda durante una missione pericolosa.

Scully iniziò a camminare più velocemente per il lungo corridoio spoglio. Vide che voltava a destra, ma a sinistra c'era una grande porta a due ante. La spinse e puntò la torcia all'interno, Tirion sempre dietro di lei.

"Oh Dio... sembra un laboratorio abbandonato."

"Sì, ma che tipo di laboratorio era?" Entrò e camminò verso i banconi polverosi. Erano spogli, non c'era nulla che lasciasse indovinare a cosa fossero serviti. Scully si infilò la pistola nella cintura.

"Ah... Dana..."

"Tieni questa." gli disse, spingendogli la torcia in mano. Si infilò un paio di guanti e fece per fare al collega un gesto che lo invitasse a seguirla, ma poi ci ripensò: l'avrebbe seguita comunque.

Arrivati vicino ai banconi, Scully salì su uno degli sgabelli da laboratorio e guardò sugli scaffali soprastanti. Erano vuoti, non c'era nemmeno una provetta, un'ampolla, una siringa... niente. Si diresse verso il fondo del laboratorio. C'erano due porte e Scully ne aprì una. All'interno poteva vedere tante altre stanzette, con letti stretti e alti da infermeria.

Sospirò.

"Che cos'era?" chiese Tirion, con un tono tra l'impaurito e il disgustato.

"Una specie di ospedale." disse Scully. "Una Base."

"Che ci facevano..." Martin si coprì la bocca con una mano. "Non dirmelo!" esclamò e corse verso il fondo della stanza lasciando cadere la torcia di Scully.

La donna sospirò, sentendo Tirion vomitare, e raccolse la torcia. Sperò che almeno l'uomo avesse trovato un qualche contenitore. Si incamminò verso di lui. "Stai bene, Martin?" gli chiese.

Lui annuì. "Scusami."

"Vuoi che ritorniamo in superficie?"

"No... no, figurati. Adesso passa. Mi spiace, m'è... tornato in mente il... caso, dei rapimenti... e il nazismo... Qui..."

"E' come essere in un lager." disse lei.

Uscirono dal laboratorio e si incamminarono per il corridoio dal linoleum verde chiaro. Martin si fermò davanti a una porta. "Che ci sarà qui dietro?" chiese.

Probabilmente aveva paura di trovarci qualche vittima, pensò Scully. Si girò verso di lui. "E' il refettorio." disse, mentre l'uomo lentamente apriva la porta. Guardò all'interno poi si girò verso Scully, in piedi ad aspettarlo, pochi metri più in là. "Come lo sapevi?"

"Lo sapevo e basta." sussurrò lei. Quindi si girò e riprese a camminare. Martin le fu dietro istantaneamente. Scully aprì la prima porta che trovarono.

"Cos'è?" chiese lui.

"Una camera." Fece scorrere li fascio della luce intorno. Qualcosa lì, era ancora rimasta. Camminò verso la scrivania. C'era un televisore che pareva avere almeno una quindicina di anni. Libri erano accatastati sul piano disordinatamente.

Tirion aprì lentamente la porta in fondo alla stanza, mentre Scully diceva: "il bagno." L'uomo entrò e Scully sentì l'acqua scorrere e il collega esclamare la sorpresa della sua scoperta, quindi sciacquarsi la bocca. Dana diede un'occhiata ai libri. Lentamente ne estrasse uno. La Bibbia.

Sospirò. "Certe cose non cambiano mai." sussurrò.

Tirion emerse dal bagno. "Trovato qualcosa? C'è..."

"No." disse lei. "Sono libri normali."

Un rumore li fece saltare entrambi con le pistole spianate. Il silenzio, poi, cadde di nuovo.

"Cos'è stato?" chiese Tirion.

"Era il rumore di... la porta!"

Si misero a correre entrambi, ripercorrendo il corridoio alla rovescia. Ma alla fine, li accolse la porta senza maniglie.

"Dannazione!" urlò Tirion, prendendola inutilmente a spallate.

"Smettila." disse Scully, prendendolo per un braccio. "E' inutile, si apre solo con le chiavi."

"Dobbiamo cercarle."

Scully osservò la serratura. "Quattro chiavi diverse."

Tirion emise un gemito di dolore. "Non è possibile." disse.

"Stai calmo, farsi prendere dal panico non servirà a niente."

Martin guardò la collega. "Come fai a stare così tranquilla?" Scosse la testa. "Non dirmelo. Scommetto che situazioni come queste sono all'ordine del giorno per te."

"Più o meno." disse Scully. "Cominciamo a vedere se c'è un pannello della corrente o altro qua intorno. Se c'è l'acqua potrebbe esserci anche la corrente."

 

***

*§42

Laboratorio di ricerca La Base (distaccamento 29, Virginia - USA)

Venerdì precedente - 2:12 a.m.

--'Mamma, questa è mia moglie.'

'Mamma, lei è mia moglie.'

'Mamma, mi sono sposato.'

'Mamma, lei è Diana. Mia moglie.'

Provo quella frase sulla lingua come se stessi provando tipi diversi di caramelle per vedere quali comprare. Non è solo la frase, è il fatto. Io, Fox Mulder sposato. Il solo pensiero mi fa sorridere come un bambino che ha scoperto che il suo tipo preferito di caramelle è quello che la madre gli darebbe al posto della carne.

Devo ancora fare la grande proposta a Diana, ma sono convinto che ne sarà felice. Già ora porta con orgoglio l'anello di brillanti che le ho regalato il mese scorso. Sarà contenta quando le proporrò di fare il grande passo.

Forse dovrei dirlo prima a mia madre... e magari pure a mio padre... forse. Non vorrei che mi prendesse a schiaffi anche all'altare, perché magari non gli piace la sposa che ho scelto. Be', a mia madre lo dirò prima.

Rigiro tra le mani la fede di mio padre. Il nome 'Teena' risplende all'interno, con poco sforzo riesco ad immaginarci 'Diana'. Sorrido.

Guardo l'orologio. Diana è già fuori da due ore, ormai dovrebbero mancare pochi minuti al suo ritorno... pochi minuti...

Mi distendo sorridendo sul nostro letto matrimoniale. Il nostro appartamento alla periferia di Washington è stupendo. E' qui che abbiamo costruito il nostro nido d'amore, dove vivremo da sposati. Non ci abbiamo ancora passato molto tempo, da quando Diana si è unita a me nella mia ricerca negli X-Files siamo sempre molto impegnati. Amiamo il nostro lavoro ed è questo che ci accomuna, che ci fa stare bene assieme e che ci fa superare le crisi... oggi è scomparso un ragazzo che sembrava avere poteri paranormali di lettura nel pensiero. Ero adirato, ma Diana era lì con me e mi ha aiutato.

Riguardo l'orologio, quanto è passato? Tre ore da quando è uscita.

Be', ormai è questione di secondi... tra poco la porta si aprirà, lei entrerà con l'ultimo numero di "Omni". Mi sorriderà vedendomi oziare sul nostro letto e si stenderà accanto a me. Allora io le chiederò se vuole sposarmi.

Mi giro sul fianco e guardo l'ora sulla sveglia comodino. Sono passate cinque ore. Mi alzo, lasciando cadere la vera di mio padre sul letto.

E' notte fonda, dov'è finita Diana?

Perché non è tornata? Telefono a tutti gli ospedali della zona, alle stazioni di polizia, all'FBI. Dove sei finita Diana?

Sono passati sette giorni ormai, il mio ufficio nel seminterrato è vuoto senza di lei. Continuo a cercarla con tanta foga che finalmente Blevins si scomoda a dirmi che Diana Fowley ha chiesto il trasferimento.

A Berlino.

In Germania.

Ha chiesto il trasferimento dall'altra parte del mondo senza dirmi niente.

Prendo una scatola di cartone e inizio a buttarci le cose che ho sulla scrivania. Appena mi capita tra le mani la foto di Samantha, mi rendo conto di che cosa sto facendo: sto mandando a quel tal paese il lavoro più motivante della mia vita solo perché una stronza mi ha piantato!

Posso andare avanti da solo.

Andrò avanti da solo.--

 

***

§43

Annapolis, Maryland

Appartamento di Joy Melody Carter

Lunedì 11:29 p.m.

Il respiro ritmico di Melody riusciva sempre a calmarlo. Quella notte non c'era tranquillante che tenesse. Si girò di nuovo nel letto e Carter si svegliò con un lamento. "Che c'è, Alex?" Si avvicinò a lui, appoggiando la guancia sulla sua schiena. "Il tuo cuore batte ancora."

Lui rise. "Avevi qualche dubbio?"

"No, ma ogni tanto preferisco controllare..."

"Già..."

"Visto che sei così agitato mi chiedevo se per caso non eri preoccupato perché ti si è fermato il cuore."

"Sarei più calmo in quel caso."

Mel si alzò su un gomito per guardarlo. "Scusa, non pensi che uno a cui si ferma il cuore possa essere un po' preoccupato?"

"Sarebbe morto, Oci-Ciornie."

"Ma pensa se uno è vivo e non gli batte il cuore."

Alex scoppiò a ridere. "Sei incredibile."

Mel sorrise. "Allora, che hai?"

"L'hai saputo di Mulder?"

"Che è andato a farsi una gita su Saturno senza dire niente a Dana?"

Lui annuì. "La meta non è Saturno, comunque. Devo ancora scoprire dove è finito."

"Come fai a sapere tutte 'ste cose?" chiese Mel, mettendosi a sedere per cercare la biancheria.

"Ho fonti." disse lui girandosi e sfilandole la maglietta del pigiama dalle mani.

Mel lo guardò con la sua migliore imitazione dell'espressione scettica di Scully. "Vorresti dire che tu sai tutto di tutti?"

Alex annuì.

"E allora com'è che non hai ancora scoperto che ho una relazione intima con il vicedirettore Skinner?"

Alex scoppiò a ridere di nuovo.

"Ok, era una balla." replicò Carter, chinandosi per baciarlo e riprendersi il pigiama.

"Io so tutto di Skinner." le disse. "E so anche una cosa di Scully e Martin Tirion."

"Si sono messi assieme?!" esclamò Mel, ben sapendo che Alex non intendeva quello.

"No, sono stati rinchiusi a Mount Messier." Si alzò. "Ero venuto per dirti questo, perché so che sei affezionata a Scully. Ma tu avevi altri progetti..."

"Rinchiusi dove?"

"In una installazione segreta. Sono andati a ficcanasare là e qualcuno non esattamente al vertice ha dato il comando di intrappolarli."

Mel saltò in piedi e recuperò i vestiti sportivi. "Da quanto?"

"Da questo pomeriggio." Si allacciò i jeans e raccolse la giaccia da terra.

"Mount Messier... dove diamine è?"

"Nello stato di New York, al confine col Canada." Si chinò su di lei per baciarla, quindi le sussurrò: "Vacci di giorno, Mel. Di notte è un posto poco raccomandabile."

Carter annuì e lo guardò uscire dalla finestra, ormai soprannominata "l'entrata privata di Alex Krycek."

 

***

*§44

Laboratorio di ricerca La Base (distaccamento 29, Virginia - USA)

Domenica precedente - 12:20 a.m.

--Una collega.

Io non la voglio una collega. Non mi pesa lavorare da solo.

Anzi, da solo lavoro meglio.

Da quando Diana se n'è andata sto lavorando molto meglio. Perché diavolo dovrebbero affibbiarmi un aiuto? Per spiarmi. E' l'unico motivo plausibile.

E per di più una donna.

Sarà un'altra stronza, come Diana.

La faccio scappare dopo il primo caso. Voglio vedere se non chiederà il trasferimento.

Sto leggendo la sua tesi, ho voglia di vomitare. E' un fottuto genio della fisica e mentre cerco notizie su di lei mi cadono addosso pure le sue lodi dal punto di vista della medicina.

Un medico.

Devo farla scappare.

Se non ci riesco facendo lo stronzo con lei, le proporrò di sposarmi. Ne ho già fatta scappare una così, perché non dovrebbe funzionare anche con questa?

Lancio la sua tesi nel contenitore delle carte da riguardare e mi alzo in piedi. Sarò sincero con lei. Anche se naturalmente dovrò renderle la vita qui sotto un inferno. Devi spiarmi? D'accordo, ma non sarà facile.

Mi siedo al tavolo e ricomincio a passare in rassegna le diapositive. Ogni tanto lancio un'occhiata all'orologio. Pare che stiano tenendo la pupilla dal preside per più tempo del previsto. O magari è già scappata. Rido. Sarebbe divertente la cosa. Appena le hanno detto che avrebbe lavorato con lo 'spettrale Mulder', ha chiesto il trasferimento. O dato le dimissioni.

Sento qualcuno bussare alla porta. Forse è lei. Mi giro tardi, dandole poca importanza già dall'inizio.

Quasi mi viene da ridere. Con tacchi di 5 centimetri abbondanti probabilmente non mi arriva nemmeno alla spalla. Per controllare questa mia teoria mi alzo in piedi. Infatti.

Mentre parliamo tira fuori le unghie e uno scetticismo da libro di testo.

Sono sincero con lei, ma non le dico che le do tre giorni. Dopo di che, scapperà. Soprattutto quando arriveremo in Oregon.

Sei scesa in basso, Scully, ti mancano solo pochi metri per l'inferno e qui il demone si chiama Fox Mulder.--

 

***

§45

Laboratorio di ricerca La Base (distaccamento 5, Mount Messier - New York)

Martedì - 1:12 a.m.

Martin si era addormentato sul letto della prima stanza che avevano trovato. Niente chiavi, nessuna uscita secondaria. Almeno avevano potuto attivare la corrente.

Scully stava seduta alla scrivania leggendo le note che una persona aveva affidato ai piccoli spazi bianchi della Bibbia.

'20.12.1982 - Sono alla Base 5 qui da tre mesi, ormai. Non so come mai mi abbiano dato la prima stanza, che di solito è riservata ai privilegiati. Forse al momento del mio arrivo era l'unica libera. Non so in quanti siamo qui dentro. Trenta, quaranta, malati esclusi. L'infermeria è piena, i laboratori diventano caotici a metà mattina e a pomeriggio inoltrato. Frisa, la dottoressa tedesca che mi fa da capo, è sempre più nervosa.'

Scully girò qualche pagina alla ricerca di altre note.

'25.12.82. Sarebbe Natale. Ma qui non cambia nulla, Natale o no, si lavora, se non è il tuo giorno libero. Non riesco a capire perché ce lo concedano. Da quando sono stata rapita, quattro anni fa, e sbattuta da una Base all'altra, non faccio altro che pensare ad Anna Frank.'

Tirion si svegliò, interrompendo Scully nella sua lettura. "Dana?"

Scully si girò. "Martin, tutto OK?"

"Sì, anche se preferirei non essere qua sotto. Mi dispiace... mi sono addormentato..."

"Non importa."

"Che stai facendo?"

"Ho trovato delle note. Sono datate fine 1982... e alcune, più avanti, arrivano fino alla fine del 1983."

Martin si alzò. Il suo stomaco brontolò e lui arrossì.

Dana sorrise appena. "Ho fame anch'io." disse.

L'uomo si avvicinò alla scrivania. "Posso andare a vedere se al bar mi fanno credito."

"Non te lo consiglio, hanno solo cose scadute." Scully continuò a scorrere le pagine della Bibbia per cercare qualche informazione utile. Ma evidentemente chiunque avesse scritto quelle note, aveva paura che venissero scoperte, perché nessuna riportava notizie di quello che si faceva lì dentro.

Anche Tirion si era messo a scorrere un libro, ma aveva avuto meno fortuna. Abbandonò il libro sulla pila e uscì sulla soglia. "Dana?"

"Che c'è?" gli chiese.

"Potresti dormire un po'. Starò io di guardia."

"No, non ho sonno." Martin le sembrava sincero, ma ancora faticava a fidarsi di lui. Proseguì a leggere. '6.7.1983 Se non avessi i terminali su cui basare per le date per gli esperimenti, avrei già perso il senso del tempo da chissà quanto. Le date sono importanti solo per controllare il susseguirsi delle prove, per il resto non conta più nulla. Non esiste il Natale, non esiste la Pasqua... non esiste più nessuna festa. Da quando vivo nelle Basi ho già saltato parecchi dei miei compleanni... Cinque, credo, ma ho perso il conto anche su quelli.'

Martin stava camminando avanti e indietro, era evidentemente agitato. Scully si girò: "Tirion, calmati. Qualcuno noterà la nostra assenza sul lavoro, i voli, la macchina noleggiata e ci troverà."

Lui annuì. "Sì, scusa... è che..." scrollò le spalle.

"Lo so." replicò lei e riprese a leggere.

'7.8.83 Oggi Alex mi ha portato altre notizie di Gaia, naturalmente il tutto di contrabbando. Ora so che Gaia sta bene, che i nonni si prendono cura amorevolmente di lei e che sta dimenticando il trauma della perdita dei genitori. Non posso che esserne felice. Alex è un bravo ragazzo, ma mi dispiace tanto per lui. Credo abbia poco più di vent'anni e già è nell'orrendo giro del Progetto. Anche se si sforza di nasconderla, ogni tanto posso sentire l'inflessione russa nella sua pronuncia. Mi piace. E' molto dolce, vorrei solo che uscisse da questo giro, ma so che non è possibile. Una volta che ci entri, sei dentro per sempre.'

 

***

*§46

Laboratorio di ricerca La Base (distaccamento 29, Virginia - USA)

Lunedì precedente - 11:21 p.m.

--Ho tra le braccia la donna che credevo fosse stata mandata a spiarmi. Santo cielo, lei è cosi ingenua. E' scettica da morire, ma ce la sta mettendo tutta per riuscire ad arrivare alla verità. Andiamo nella stessa direzione, anche se prendiamo due strade diverse.

Sta tremando.

Mentre la stringo con un braccio e con l'altro reggo la candela, mi rendo conto che lei non può essere una spia. Certo, darà dettagliati rapporti sul mio lavoro... ma adesso è anche il suo lavoro. E sono convinto che abbiamo lo stesso interesse: la verità e la giustizia.

Posso parlarle di Samantha. E' semplice farlo con lei.

Sta piovendo fuori, forte. Vorrei che mi credesse quando le dico che gli alieni esistono. Lo so che non mi crederà... ma non fa niente. Mi basta che lei non scappi come ha fatto Diana. No, non voglio che lei se ne vada. E' un'ottima collega, una brava persona e fa autopsie da favola.--

 

***

§47

Laboratorio di ricerca La Base (distaccamento 6, Mount Messier - New York)

Martedì - 4:04 a.m.

"Ci sono cose che non posso negare, Martin. Le ho viste e anche se sono sicura che una spiegazione scientifica debba esserci, non l'ho ancora trovata."

Avevano ricominciato a setacciare le camere alla ricerca di qualcosa che permettesse loro di uscire. Dopo le prime venti erano troppo stanchi per proseguire, così avevano accumulato dei materassi contro il muro nella prima stanza, e stavano condividendo pensieri generali e un pacchetto di arachidi che Martin si era ritrovato in tasca.

"Certo che è una sfida dover ogni giorno rimettere in gioco tutte le proprie convinzioni... non dev'essere facile. Io sarei già impazzito."

Scully sorrise. "E' stimolante. Soprattutto quando si ha a che fare con uno come Mulder."

"Ho sentito parlare tanto di lui." disse Martin. "Ma ancora non riesco a vederci la verità. Per di più sono pettegolezzi, sai..."

Era un invito. Scully era per lo meno riluttante a parlarne. Ma Tirion era caduto in un silenzio assoluto e lei pensò di dovergli dire qualcosa. "Mulder ha una mente geniale." disse. "Lui sa..." Sospirò. "Non te lo so spiegare. Bisogna lavorarci assieme per capirlo. E' come se..." Sorrise. "Avesse qualcosa di soprannaturale che gli permette di fare collegamenti e di capire a fondo una situazione."

"Non dev'essere facile lavorare con Mulder." disse Martin, ma nella sua voce c'era ammirazione. "Ma dev'essere davvero bello."

Scully annuì.

--Tranne quando ti scarica.-- pensò.

Non si rese conto di aver sospirato finché non sentì la mano di Tirion sul braccio.

Si girò verso di lei e fece un leggero sorriso.

Martin si avvicinò a lei, infilandole una mano tra i capelli. Scully chiuse gli occhi, chiedendosi che diavolo stesse succedendo. Se ne rese conto quando sentì le labbra umide di Tirion appoggiarsi alle sue, in un modo perfettamente equilibrato.

Appoggiò una mano sul petto di lui e lo spinse leggermente indietro.

Martin si allontanò subito, ritirando anche la mano. "Scusa." disse.

"Non fa niente, non preoccuparti."

Tirion annuì. "Senti... che ne dici se vado a vedere se qui nel refettorio c'è qualcosa che non è scaduto?"

"Ci speri?" disse lei, sorridendo.

"Be', non si sa mai."

Scully annuì. "Vai pure. Io ti aspetto qui."

Martin sorrise e saltò in piedi. Dana aspettò fin quando lui oltrepassò la soglia del refettorio, quindi si alzò e senza far rumore lo seguì.

 

***

*§48

Laboratorio di ricerca La Base (distaccamento 29, Virginia - USA)

Martedì - 5:05 a.m.

--Scully?

Dov'è finita Scully?

L'ho persa! Mi sono perso la collega nel bosco! Che idiota! Ma lei dov'è finita? Dannazione, faccio già fatica a stare dietro a me stesso, figuriamoci a una collega!

Ripercorro la strada che ho fatto per arrivare a Billy Miles mi metto a urlare il suo nome.

La sento che mi risponde. Grazie al cielo.

'Che è successo? Ho visto una grande luce...'

'E' stato incredibile, Scully.'

E' notte e sto ancora cercando le prove. Il pezzo di metallo che Soams aveva nel naso. So che Scully l'ha dato a Blevins. Dov'è finito? Dannazione, di nuovo! Stanno facendo sparire le prove.

Mi butto sul divano per cercare di dormire un po'. Non ho un minimo di sonno. Devo dire a Scully delle prove. Guardo l'orologio... sono le 11:21, non è poi così tardi... al massimo mi manderà al diavolo, che altro può farmi per telefono?

La sua voce è chiara. Non stava dormendo nemmeno lei.

Ho quasi voglia di augurarle buona notte e di chiederle se ha intenzione di andarsene. Ma poi metto giù senza dire nulla.

Non voglio che se ne vada. Lavoro bene con lei. So che non cercherà a tutti i costi di farmi chiudere. Forse posso fidarmi di lei. Forse. Non voglio illudermi, ma le lascio il beneficio del dubbio.

Sei in un periodo di prova, Scully.

Dimostrami che sei contro di me e ti renderò la vita un inferno.

Ma ti prego... non farlo...--

Vera si alzò e sbadigliò.

"Li ha scritti tutti i dati?" le chiese James.

"Sì." uscì dalla stanza. "Ma che gli è preso? Non ho mai visto un paziente avere degli attacchi così forti..."

"Non lo so, ma siamo qui per scoprirlo."

"Sono sole le sei, posso tornarmene a letto?"

"No, abbiamo bisogno delle analisi."

Vera annuì. "Concedimi almeno un caffè."

"Ce n'è già una tazza calda sulla tua scrivania in laboratorio. Mettiti sotto adesso e ti do il pomeriggio libero."

La donna annuì e si infilò nel laboratorio.

 

***

§49

Laboratorio di ricerca La Base (distaccamento 5, Mount Messier - New York)

Martedì - 6:07 a.m.

Scully si appoggiò al muro appena fuori dal laboratorio per riuscire a sentire Tirion. Sentiva i suoi passi, il rumore di scatolette di metallo che venivano spostate e sacchetti di plastica che cadevano a terra.

Ma non sentiva voci.

Martin non stava chiamando nessuno con un telefono segreto? Avevano provato coi cellulari ma lì sotto il campo risultava nullo. Sentì Tirion imprecare contro una lattina che gli era caduta sul piede e quasi scoppiò a ridere.

No, molto probabilmente Martin Tirion non era un spia.

Entrò nella stanza, vedendolo accovacciato davanti a un mobiletto.

"Trovato qualcosa?" chiese.

Tirion era talmente preso nella ricerca che quando sentì la sua voce trasalì e si alzò si colpo, andando a sbattere con la testa sullo scaffale. "Ah!... No... non ho trovato niente di commestibile. Tutte cose scadute da almeno 10 anni."

Scully scrollò le spalle. "C'era da immaginarselo."

Martin raccolse da terra una scatoletta di fagioli alla messicana. "Mia nonna diceva che le scadenze sono stupidate."

Scully sorrise.

"Che lo fanno solo per farti comprare più roba." Lesse la scadenza sulla confezione di fagioli. "Luglio 1985. Sono contento di non essere qui con lei. Anche perché i fagioli li odio."

Dana gli fece cenno di seguirla. "Andiamo. Proviamo a setacciare qualche altra stanza."

Martin la seguì senza discutere.

 

***

*§50

Laboratorio di ricerca La Base (distaccamento 29, Virginia - USA)

Martedì - 7:08 a.m.

--Sento delle urla.

Sono assordanti.

Chi sta urlando? E' una voce di donna... perché urla così forte? Sta male, c'è bisogno di un medico.

Ma prima devo trovarla.

Le urla vengono da dietro questo muro.

C'è una porta? C'è un corridoio? Batto coi palmi aperti sul muro. Urlo alla donna che sono un agente dell'FBI, che sto arrivando a salvarla.

Le urla continuano incessanti.

Corro lungo il corridoio e finalmente trovo una porta.

Devo abbatterla a spallate, crolla solo dopo molti sforzi.

Corro verso la tenda verde chiaro da cui provengono le urla. Dovrei prendere la pistola, ma non lo faccio. Forse l'ho persa, forse so che è inutile.

Strappo le tende e vedo la donna che urla, distesa sul lettino di un ospedale. Il camice verde acqua le ricopre il corpo sudato, le sue mani si contorcono in pugni che stringono il leggero lenzuolo bianco, macchiato di sangue.

Mi avvicino lentamente a lei per non spaventarla, le ripeto che sono un agente dell'FBI. I suoi capelli rossi sono bagnati di sudore e quando mi chino per scostarglieli dal volto, mi rendo conto di chi ho davanti.

E' Scully.

Mi guarda con i suoi grandi occhi blu, implorandomi di fare qualcosa.

Non so cosa.

Mi accorgo solo ora che il suo ventre è gonfio.

Dio mio, no.

Scully urla e mi stringe la mano, implorando di aiutarla.

Ho preso il tuo file, Scully. Ne avevo una copia a casa, non te l'ho mai detto, non è andato perso. X73317. L'ho portato con me, per scoprire cosa ti hanno fatto.

Ma Scully continua ad urlare.

Le accarezzo il volto, le parlo dolcemente, ma lei non si calma. Mentre lacrime calde scendono sulle sue guance, mi supplica con lo sguardo di porre fine alla sua sofferenza.

I suoi occhi si riempiono di terrore e inizia a implorarmi di fermarla.

C'è un donna dai capelli scuri, ai piedi del letto. Una donna che conosco. Che sta portando via il bambino di Scully.

La bambina.

Sento Scully che urla.

'Emily!'--

 

***

§51

Mount Messier - New York

Martedì - 8:07 a.m.

Melody Carter si guardò intorno sulla spoglia collinetta. Non le sembrava un posto pericoloso come Alex le aveva fatto intendere. Diede un colpetto ai maledetti occhiali da sole che continuavano a scivolarle giù per il naso ed estrasse il binocolo dall'automobile a noleggio.

Camminò per qualche metro per cercare una migliore visuale. C'erano segni freschi di pneumatici sul terreno, ma non vedeva automobili. Si guardò in giro con il binocolo, naturalmente facendo una discreta fatica a causa degli occhiali da sole.

"Dovrei comprarmi un binocolo con le lenti fotocromatiche." sussurrò. Sbuffò nell'aria mattutina e fredda. Fece qualche passo e finalmente la vide: c'era un'automobile con l'autoadesivo della Lariat sul retro, quindi molto probabilmente era stata noleggiata da un agente dell'FBI.

Carter guardò attraverso il binocolo, percorrendo il bosco sottostante fin quando non incontrò la baita. "Alex, non dirmi che sono rimasti chiusi in una baita di legno... Mi vergognerei per loro." La porta della baita si aprì al suo tocco. "Dana?" Ma la baita era praticamente vuota. Melody si guardò in giro. "Un paio di informazioni in più no, eh, Alex?" Non le piaceva quando le dava solo pochi indizi. Ma probabilmente nemmeno lui sapeva con precisione dove si trovavano.

Un forte colpo le fece estrarre la pistola, mentre si buttava a terra. --Che diavolo era?-- Un altro colpo le fece capire che il rumore di spari veniva da sotto di lei. "Dana?!" chiamò. Guardò verso il cumulo di stracci. Si alzò in piedi e li scostò velocemente, trovando la botola nascosta sotto. Prese il cellulare, mentre altri colpi partivano sotto di lei. "Agente Mel Carter, FBI. Chiedo rinforzi su Mount Messier, c'è un'agente intrappolata e una possibile sparatoria in corso... sì, possibile! Ho detto proprio possibile! Ci sono suoni che non riesco ad identificare." Chiuse la comunicazione e alzò lentamente la botola. Il rumore di spari era solo leggermente più forte. Accese la torcia e guardo all'interno. Non si vedeva quasi nulla. "FBI!" esclamò. Venite fuori con le mani in..." Sbuffò e iniziò a scendere la rampa delle scale. Il corridoio era secco e vuoto e quando finalmente arrivò in fondo, gli spari erano cessati. Sentiva delle voci provenire da dietro lo spesso pannello di ferro. Mel si avvicinò in punta di piedi.

Una voce maschile disse: "Ho finito i proiettili."

Carter alzò gli occhi al cielo. --Martin Tirion...--

"Quella porta non cederà a proiettili."

"Dana!" chiamò, battendo il palmo sulla porta.

Scully e Tirion si voltarono di scatto. "Melody!" esclamarono assieme.

"Ragazzi, siete soli?"

"Sì, riesci ad aprire la porta?"

Carter fissò le serrature e scosse la testa. "Non lo so... Manca la maniglia."

"C'era da immaginarselo." disse Tirion. "Chiama rinforzi!"

"L'ho già fatto, non sono mica scema!" esclamò lei.

Melody estrasse il grimaldello. Adorava quello strumento in maniera indecente e se lo portava sempre dietro. Una volta aveva dovuto compilare quattro moduli diversi e tre richieste scritte per riaverlo, dopo che le era stato sequestrato dalla polizia di Annapolis. Iniziò a cercare di aprire la serratura, ma lo strumento si incastrò. "No..." esclamò.

"Che succede?"

"Mi s'è incastrato il grimaldello! Aspettate..." Aveva bisogno di qualcosa per fare leva per toglierlo, nella speranza che non si rompesse. Si aggrappò a una sorta di appendiabiti che c'era sulla porta e tirò. Il gancio scattò di colpo verso il basso e la porta si spalancò.

"Melody, ce l'hai fatta!" esclamò Tirion, uscendo, subito seguito da Scully. "Ma dove sei? Mel?"

"Sono qua dietro..."

I due si girarono.

"Sono incastrata dietro la porta... Potreste ritirarla indietro? Mi sembra di essere una valletta di un mago che ha sbagliato a infilare una lama..."

Tirion sorrise e aiutò Scully a sbloccare la porta.

"Stai bene, Mel?"

"Sì, voi due, piuttosto?" chiese lei, ritirando il grimaldello dalla porta.

"E' tutto OK."

"Ho fame." disse Martin.

"Andiamo, di sopra c'è la vostra auto."

 

***

*§52

Laboratorio di ricerca La Base (distaccamento 29, Virginia - USA)

Martedì - 8:09 a.m.

--Scully è morta. Scully è morta. Scully è morta. Scully è morta. Scully è morta. Scully è morta. Scully è morta. Scully è morta. Scully è morta. Scully è morta. Scully è morta. Scully è morta. Scully è morta. Scully è morta. Scully è morta. L'ho uccisa io. L'ho uccisa io. L'ho uccisa io. L'ho uccisa io. L'ho uccisa io. L'ho uccisa io. L'ho uccisa io. L'ho uccisa io. L'ho uccisa io. L'ho uccisa io. L'ho uccisa io. L'ho uccisa io. L'ho uccisa io. L'ho uccisa io. L'ho uccisa io. L'ho uccisa io. L'ho uccisa io.

Scully, perché? Perché ti sei suicidata? No, non è possibile. Ti ha uccisa Krycek. No, lui ti ha rapita. Perché ti sei suicidata? Perché ti ho ucciso? Ti ha uccisa l'uomo che fuma. E' stato lui, io devo scappare, in Canada. Se qui, stai male, cosa ti hanno fatto? E' stato Krycek? Adesso lo uccido.

Scully, riesci a stare in piedi? No, ti prego, non cadere.

Scully, dove sei?

Scully?

Scully?!

Scully!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!--

Vera gridò ordini a tutti quelli che le passavano accanto. Passarono due frenetiche ore di corse e iniezioni. I dati uscivano a fiumi dalle stampanti, ma Vera non riusciva a trovare niente di utile. Era il giorno libero di James, per cui lui non si riteneva responsabile di nulla. Vera lesse velocemente tutti i dati delle ultime stampe, mentre Mulder urlava nelle restrizioni del letto.

"Lucy, non c'è niente!" esclamò lei, mentre l'amica stava facendo l'ennesima iniezione di morfina all'uomo. "Non c'è un solo dato, non abbiamo mai avuto un paziente così! Non c'è mai stato!" Nella sua voce c'era il panico.

Lucy le strinse leggermente il braccio. "Andiamo via di qui."

"No! Devo fare qualcosa per lui... devo..."

La donna la trascinò fuori, lontana dalle urla.

"Vera, alla 30 ne ho viste di cose strane."

"Qualcuno che urlava come lui?"

"Sì... ma non aveva gli stessi esami." Lucy, che aveva in mano la cartella clinica di Mulder, indicò alcuni dati riportati. "Questi valori. Soprattutto quelli che riguardano l'attività cerebrale."

"Sono troppo strani... troppo strani!" esclamò lei. "Non ho mai visto niente del genere... non si calma nemmeno con la morfina, Lucy!" Si divincolò da lei e rientrò di corsa nella stanza, per stare accanto a lui.

 

***

§53

Led Zeppelin Bar - Mount Messier, New York

Martedì - 9:09 a.m.

"Da quanto eravate chiusi lì dentro?" chiese Carter osservando Tirion affogarsi in un cappuccino. Anche Scully stava facendo colazione, ma Martin sembrava non mangiare da secoli.

"Da ieri pomeriggio." rispose Scully.

"Qualcuno vi ci ha chiuso dentro?"

Dana scrollò le spalle. "Potrebbe essere stato un colpo di vento a far chiudere la porta."

"Ma che diavolo era quel posto?" fece Tirion tra un morso di brioche e l'altro.

"Una Base. E' dove vengono portati i rapiti."

"C'era qualcuno?" chiese Mel.

"No. Era stata abbandonata. C'erano solo i mobili e qualche libro." Dana porse la Bibbia a Mel. "Ci sono delle note. Le più vecchie risalgono alla fine del 1982 e le più nuove a un anno dopo."

Carter iniziò a sfogliare il Libro. Raccolse gli occhiali dal tavolino del bar per leggere: "'12.1.1983 Ogni giorno affrontiamo problemi diversi... non riesco nemmeno a tenere il conto di quante persone siano morte nell'infermeria di questo posto...'" Sospirò. "Esperimenti su cavie umane? Siamo ancora a questo?"

Scully annuì. "Il caso che stiamo seguendo io e Tirion è probabilmente collegato a questo."

"Vittime congelate... perché?"

"Per distruggere le prove, probabilmente."

"Come quelle bruciate?"

"Esatto. Credo che ci siano parecchie di queste 'Basi'."

"In giro per gli Stati Uniti?" chiese Mel.

"In giro per il mondo. Sono quasi certa di essere stata in una in Canada e in una in Antartide."

Mel annuì. "Al di sopra di ogni governo."

Scully abbassò lo sguardo sul suo cappuccino ormai freddo. "Anche se non riesco a capire dov'è finito Mulder."

Mentre Tirion le lanciava uno sguardo interrogativo, Carter chiuse la Bibbia e gliela rese.

 

***

*§54

Laboratorio di ricerca La Base (distaccamento 29, Virginia - USA)

Martedì - 7:06 p.m.

Vera stava passando in rassegna gli ultimi dati che erano arrivati. Mulder aveva smesso di urlare poco tempo prima, probabilmente per l'enorme quantità di morfina. Fissava il soffitto con uno sguardo vacuo.

Arrivata alla fine del blocco, la donna accantonò i dati e si avvicinò al letto con la sedia. "Mulder... mi senti? Vorrei tanto capire che cos'hai... Non ho mai visto nessuno..." Inspirò profondamente. "...resistere così a lungo dopo l'ultimo tipo di esperimenti... né... urlare così..." Gli prese la mano, massaggiandola lentamente. "Vorrei sapere tante cose di te... chi è Scully?" sorrise. "Avrei tanto voluto conoscerti in un'altra occasione..."

"Vera?"

Si girò per incontrare lo sguardo di un uomo.

"Che c'è?"

"Devi uscire." disse.

Vera scosse la testa. "Non lo ucciderai. No, tu non... io non ti lascerò..."

"Non lo ucciderò. Esci, Vera."

La donna guardò il suo paziente. Poi si rivolse all'uomo in piedi dietro di lei. "Lasciami sola con lui per cinque minuti, OK?"

"OK."

La donna sentì la porta chiudersi dietro di lei. Si alzò e si avvicinò al volto di Mulder. "Mi dispiace... mi... mi mancherai." Gli accarezzò il volto per qualche istante. Poi si accorse che lui stava dicendo qualcosa. Rimase in silenzio per sentirlo.

La porta si aprì, ma Vera era troppo intenta a cercare di capire quello che Mulder stava dicendo per farci caso.

"Scully..."

"Vera, è ora."

La donna chiuse gli occhi. Quindi si allontanò da Mulder e uscì dalla stanza.

 

***

§55

Annapolis - Appartamento di Mel Carter

Martedì - 7:07 p.m.

La prima cosa che notò Melody entrando in casa, fu che c'era qualcosa fuori posto. Abbandonando la borsa accanto all'entrata, estrasse la pistola e controllò le stanze per assicurarsi che non ci fosse nessuno.

C'era una busta attaccata al monitor del computer. Chiunque l'avesse messa lì la conosceva bene, sapeva che non sarebbe passata inosservata. La staccò e l'aprì. All'interno c'era un foglio, scritto a macchina.

'Santa Teresa d'Avila - España'

Mel buttò il foglio sulla scrivania. --Odio gli indovinelli.-- pensò. --E odio che l'allarme non funzioni quando qualcuno entra in casa...-- Andò a controllare che tutte le finestre fossero chiuse e notò che l'allarme non era stato disattivato.

 

***

*§56

Luogo sconosciuto

Martedì - 8:07 p.m.

--Buio. E' buio. Troppo buio. Tutto buio. Tutto nero. Il letto è nero. Il soffitto è nero. I muri sono neri. Il vento è nero. Il suono è nero.

Dove sono? Fa niente, non importa, non ha importanza, non è importante.

Chi sono? Fa niente, non importa, non ha importanza, non è importante.

Rumore. C'è un rumore. E' buio, è nero, è scuro. Non vedo nulla. Intorno non c'è niente. Buio. Troppo buio. Il rumore viene da sotto.

Pneumatici.

Neri.

Sull'asfalto.

Nero.

Fanno rumore.

Nero.

E' buio.

Nero.

Vorrei accendere la luce, ma questo universo sembra aver dimenticato cosa sia. Qualcuno qui ricorda la luce? Ricorda che un giorno abbiamo detto che avremmo visto ancora, in qualche giorno di sole? E' così buio che mi sembra di morire. Non si può vivere senza luce... qui dentro è troppo buio... devo uscire... emergere... sono uscito... sono fuori...

Non ci sono nuvole in cielo, ma non ci sono le stelle. Chi ha spento le stelle? Perché non si vedono più? Dove sono? Siamo così lontani da tutto il resto dell'universo che ormai non riusciamo più a vedere gli altri? E dove sono le nuvole? Dov'è il sole? Cos'è il sole? Perché non c'è niente nel cielo? Che è successo alle stelle?

Ho chiesto che è successo alle stelle! Rivoglio le stelle! Ridatemi le stelle!

Ridatemi le stelle!!!

RIDATEMI LE STELLE!!!!!!!!!

LE STELLEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!!!!!!!!!--

 

***

§57

Ufficio scientifico 30 - FBI, Washington

Mercoledì - 10:56 a.m.

Scully entrò nell'ufficio, che aveva la porta aperta. Sapeva che Carter doveva dividerlo con altri tre agenti, ma non sembrava molto dispiaciuta della situazione. Aveva comunque una scrivania tutta per sé.

"Melody?" chiese entrando.

Carter alzò lo sguardo dallo schermo del computer. "Ciao bella."

"Mi cercavi?"

"Sì, qualcuno mi ha lasciato un biglietto in casa, ieri. Ti volevo chiamare, ma dopo una doccia sono stramazzata sul letto..." Alzò un cornetto alla marmellata che stazionava tra la tastiera e il portapenne. "Mi sono persino dimenticata di cenare, non sai che fame..." Le passò il foglio in una cartelletta di plastica.

"'Santa Teresa d'Avila - España'. Te l'hanno infilato sotto la porta?"

"No, era attaccato sullo schermo del computer."

"Qualcuno è entrato in casa tua?"

"Sì, vorrei scoprire chi."

"Hai fatto controllare l'appartamento?"

"C'è venuta una piccola squadra di masnadieri stamattina, ma non hanno trovato niente." Indicò la lettera. "Lì sopra ci sono solo le mie impronte."

"Cosa credi che possa voler dire?"

"Non ne sono ancora certa... Sono appena tornata dal raid a casa mia, ma mi è tornata in mente la storia di Santa Teresa d'Avila. Le suore all'orfanotrofio raccontavano un sacco di curiosità sulle vite di santi."

Scully sorrise: "E' una prerogativa delle scuole cattoliche."

"Be'... sai io ho sempre creduto che Santa Teresa d'Avila fosse pazza. Ricordi quella statua in cui è raffigurata in preda a una crisi mistica? Se non erro è del Bernini... sembra sia in un momento di follia pura."

"Dove vuoi arrivare, Melody?" le chiese Scully.

Carter indicò le schermo. "Sto facendo una ricerca sugli istituti psichiatrici, per vedere se questo biglietto mi è stato lasciato da qualcuno con un pessimo senso dell'umorismo."

"Per ora quali sono i risultati?"

"All'inizio mi ero fissata troppo su Santa Teresa. Poi ho scoperto che in North Carolina esiste un paesino che si chiama España." Sospirò. "Purtroppo non è collegato in rete, per cui deve arrivarmi in breve una telefonata da Denny che mi darà gli estremi."

"Ok... senti, devo andare in ufficio da Tirion, se scopri qualcosa me lo fai sapere?"

"Contaci." Mel la salutò con un cenno della mano e proseguì nella sua ricerca.

Appena il telefono suonò, Carter prese la cornetta: "Denny?... Sì, lo so che sei oberato, non preoccuparti dell'ora... Sì... Me lo scrivo... Grande. Grazie, tesoro, ti devo una cena... sì, cucinata da me... ciao." Compose il numero che Denny le aveva dato.

 

***

*§58

Ospedale psichiatrico 'S.Teresa d'Avila' - España, North Carolina

Mercoledì - 11:21 a.m.

--Che cos'è questo posto? Dove sono? Chi sono queste donne intorno a me? Perché quell'uomo mi sta guardando così intensamente? Da dove vengo? C'era qualcuno prima, una donna... Ora sono troppe... forse è tra loro. Ma non la riconosco più. Non ricordo più il suo volto. Non ricordo il suo nome.--

"Dottor Miller?"

Il medico spostò lo sguardo dal paziente all'infermiera. "Cindy?"

"Che cos'ha?"

"Le nuove procedure gli hanno mandato in corto circuito il cervello."

"Tornerà come prima?"

"Non credo."

"Come mai è successo?"

Il medico scosse la testa. "Nessuno lo sa. Cercheremo di scoprirlo." Medico e infermiera si allontanarono dal letto.

Mulder aprì gli occhi e sussurrò: "Scully..."

 

***

§59

In volo per il North Carolina

Mercoledì - 4:04 p.m.

Melody aveva chiamato l'ospedale psichiatrico, chiedendo quali erano stati i pazienti ammessi negli ultimi dieci giorni. Un paio di 'John Doe', ovvero pazienti senza nome, erano stati portati nell'ospedale in quel periodo e uno di loro corrispondeva vagamente alla descrizione di Mulder. Carter aveva prenotato due biglietti di seconda classe su un volo pieno di manager e mentre stavano volando sopra il West Virginia, Scully ringraziò che la collega fosse un tipo dinamico e abbastanza logorroico da avere amici anche nelle compagnie aeree.

Mentre stava riguardando il fascicolo che lei e Tirion avrebbero firmato e consegnato a Skinner sull'ultimo aggiornamento del caso di presunti rapimenti alieni, sul sedile di fianco Carter stava ascoltando musica guardando assentemente fuori dal finestrino.

"Mel, volevo ringraziarti."

"Mh?" Carter si tolse le cuffie. "Di che?"

"Di quello che hai fatto per me e Tirion... e di quello che stai facendo per Mulder."

La giovane sorrise. "Dana, io con Mulder ci litigo, ma questo non vuol dire che non gli voglia bene. Mi hanno detto che anche tra fratelli si litiga spesso."

Scully annuì. "E' vero."

"Come sta andando il caso con Martin?"

"I ritrovamenti grazie al cielo si sono fermati. Certo, se non avremo altre prove nel giro di pochi giorni dovremo chiuderlo."

"Lasciarlo come irrisolto."

"Non mi piace concludere così i casi. Anche se a volte sembra inevitabile."

"Ho letto qualche X-File. Me li ha passati Mulder. Alcuni sono davvero orribili."

Dana annuì. "Sì, è vero. Ma... ci fai l'abitudine, dopo un po'."

"Come quelli che lavorano in sala di rianimazione?"

"Più o meno." Dana chiuse il fascicolo. Se Melody aveva intenzione di parlare, nessuno l'avrebbe fermata. E lei sentiva il bisogno di distrarsi dal luogo dove stavano andando.

"Posso chiederti qual è stato quello che ti ha spaventata di più?" Scully prese fiato per parlare, ma l'altra la interruppe: "Puoi non rispondere, eh..."

"Donnie Pfaster." replicò lei. "Hai letto il fascicolo?"

Carter scosse la testa.

"Era un tale che... collezionava dita, unghie e capelli. E' arrivato ad uccidere."

Melody fece una smorfia di disgusto. "Che cosa aveva di paranormale?"

"Niente. Il nostro agente sul luogo pensava fosse opera di alieni."

Carter fece di nuovo l'imitazione malriuscita dell'espressione scettica di Scully. "Era un caso da VCS, allora. Sarà stato uno scherzo per voi."

"Non proprio." Scully si tirò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. "Comunque, adesso l'omicida è dietro le sbarre e ci rimarrà a scontare l'ergastolo."

Mel sorrise: "Siete una bella squadra, tu e Mulder. Lavorate bene assieme."

Scully annuì e riaprì il fascicolo. Carter le fece un leggero sorriso: --Messaggio ricevuto. 'Fine conversazione.'-- Si rinfilò le cuffie e guardò fuori dal finestrino i confini invisibili del North Carolina.

 

 

***

*§60

Ospedale psichiatrico 'S.Teresa d'Avila' - España, North Carolina

Mercoledì - 8:09 p.m.

--Scully.

Bisogno di Scully.

Io ho bisogno di Scully.

Non so chi sia Scully.

Non ho idea di chi sia.

Non la ricordo.

Non importa.

So che ho bisogno di lei.

So che può aiutarmi.

Devo iniziare a chiamarla.

Ma ho sonno.

Ho tanto sonno.

Forse è meglio se dormo un po'.

Posso sempre chiamarla dopo.

Dopo che avrò dormito un po'.

Dopo.

Dopo...

Do-po...................

Do................

po................

.........................................--

 

***

§61

Ospedale psichiatrico 'S.Teresa d'Avila' - España, North Carolina

Mercoledì - 6:14 p.m.

Scully e Carter arrivarono all'ospedale a pomeriggio inoltrato.

Il vecchio edificio decadente si apriva in un piccolo spazio ai margini del bosco, spiccando con la sua facciata un tempo bianca, ma ora scrostata e sporca.

"FBI, agenti Scully e Carter." disse Scully, mentre entrambe sfoderavano i distintivi. "Siamo qui per vedere un John Doe che è stato ricoverato negli ultimi dieci giorni."

"Mi spiace, ma l'ora delle visite è terminata. Potete tornare domani, l'orario è..."

"Senta." Scully interruppe la donna. "Le ho detto, siamo dell'FBI. Possiamo avere un mandato, ma le consiglio di lasciarci entrare. Sarà più semplice e veloce per tutti."

La donna deglutì. "D'accordo... Cercavate?"

Scully estrasse una fotografia di Mulder. "Quest'uomo."

"Oh... quello... sì... E'... nel settore I... adesso vi chiamo un infermiere...."

"Grazie."

"Dovete lasciare le armi."

Appena arrivarono davanti alle porte, Melody prese Scully per un braccio. "Dana, aspetta."

"Che c'è?"

"Sei certa di volerci entrare? Voglio dire..." Lanciò un'occhiata all'insegna sbiadita che indicava il reparto: 'Isolamento.'

Scully annuì e seguì l'infermiere all'interno. Carter entrò dietro di loro.

"Eccoci." disse l'uomo.

La stanza 29 aveva una piccola finestra di plexiglas graffiato accanto alla porta grigia di vernice e dai bordi arrugginiti. L'interno era illuminato da una leggera luce.

L'infermiere aprì la serratura con una chiave, ma prima di aprire la porta disse alle due agenti: "Se avete qualche problema, premete questo." Diede loro un piccolo allarme. Quindi si allontanò.

"Dana... ti lascio se... hai bisogno..."

Scully annuì ed entrò.

Mulder era seduto su una sedia, dava le spalle alla porta. "Mulder." Scully sorrise quando finalmente riuscì a vedere il suo volto. Ma il sorriso svanì subito. Lo sguardo di lui era fisso nel vuoto, le sue braccia e le sue gambe erano assicurate alla vecchia sedia.

Scully fece per trascinare l'altra sedia accanto a lui, ma si accorse che era stata ancorata al suolo. Guardò a terra e notò che anche quella su cui era seduto Fox era stata fissata al pavimento. Così il tavolino sotto la finestra e il letto privo di coperte e con cinghie di sicurezza.

"Mulder?" Si avvicinò a lui. "Mulder, mi senti? Che è successo?"

Dana osservò per qualche istante il suo sguardo vacuo. Gli passò una mano tra i capelli, scostandogli le ciocche ribelli dalla fronte.

Melody sentì i passi lungo il corridoio e socchiuse la porta, perché Scully non venisse disturbata. Ma il medico pareva avere proprio l'intenzione di entrare nella stanza di Mulder.

"Aspetti." Lo fermò Mel. "FBI. C'è un'indagine in corso, all'interno."

Il medico scosse la testa. "Mi scusi, ma... stanno interrogando il paziente?"

"Indagini federali." ribatté lei. "Piuttosto cosa sa dirmi su questo paziente?"

L'uomo prese la cartella clinica. "John Doe, apparente età di 40 anni..."

"Fox Mulder, 38 anni. Agente dell'FBI." lo corresse lei. "Quando è stato ammesso?"

"Circa dieci giorni fa. Il lunedì della settimana precedente."

Mel annuì: "Che cos'ha?"

"Nei primi giorni è stato violento, abbiamo dovuto dargli dei calmanti per evitare collassi cardiaci. Quindi è caduto nello stato di catatonia in cui è ora. Adesso, se non le dispiace, vorrei visitarlo." Il medico fece per entrare, ma Mel lo bloccò di nuovo. "C'è già l'agente Scully con lui." Miller la diede uno sguardo di puro odio. Carter sorrise. "Le sarei grata se potesse tornare tra qualche minuto, per parlare con il medico di Fox Mulder."

 

***

§62

Motel La Soñadora - España, North Carolina

Mercoledì - 8:07 p.m.

Carter era stesa sul letto a leggere racconti che aveva scaricato da Internet. Era l'ultima delle sue manie, anche se rimaneva una delle tante. Scully non aveva più parlato da quando era uscita dalla stanza di Mulder. Aveva gli occhi rossi ed era decisamente sconvolta, per cui si era lasciata dire quello che il dottor Miller voleva dirle e poi si era allontanata senza parlare. Mel aveva solo visto in che condizioni fosse Mulder.

Sentiva la doccia andare dall'altra parte del muro e sapeva che Scully era sotto da almeno venti minuti.

Si massaggiò per qualche secondo gli occhi e tentò di rimettersi a leggere. Per prendere due piccioni con una fava, si era messa a leggere racconti scritte in lingue straniere, ma quella sera lo spagnolo le risultava troppo difficile.

Quando sentì l'acqua venir chiusa nella stanza accanto, spense il computer, aspettò qualche istante e bussò alla porta di connessione. "Dana, posso entrare?"

"Sì, vieni."

Scully era seduta sul letto e si stava asciugando i capelli con una salvietta.

"Come va?" le chiese Mel.

"Bene. Perché me lo chiedi?"

"Andiamo, lo sai, perché te lo chiedo. L'ho visto solo dalla finestra, ma non mi pare che Mulder sia in piena forma."

"E' in uno stato catatonico indotto dalla morfina, da demerol, nembutal e chissà quanti altri medicinali."

"Personalmente non lo trovo salutare. Senti, non vi conosco da molti anni, ma posso dire che quando uno di voi sta male, anche l'altro è in crisi."

Scully sospirò, smettendo di asciugarsi e capelli. "Sto bene, Mel. Davvero."

Carter si sedette accanto a lei: "Che cosa hai intenzione di fare?"

"Per prima cosa devo tirarlo fuori di lì."

La donna annuì e le mise un braccio intorno alle spalle. "Non è un gran bel posto, vero?"

Scully scosse la testa.

"Be', adesso è meglio che dormi. Domani dovremo andare alla carica per tirare fuori il tuo Mulderino." Le strinse leggermente il braccio. "Buonanotte."

 

***

§63

Ospedale psichiatrico 'S.Teresa d'Avila' - España, North Carolina

Giovedì - 8:07 a.m.

"Dobbiamo tirarlo fuori di qui... conosco le accuse che gli sono state rivolte... dovresti vedere questo posto!... Ci sono i soffitti che sembrano quadri di Pollack... Ah, be', se tu non puoi far niente pensi che io ci riesca?... Non posso interpellare Svanzen! Non è un suo agente... Lo so che non mi hai detto di chiedere a Oliver, ma... Basta che riusciamo a portarlo via di qui... sì, un qualsiasi orrendo manicomio di Washington è meglio di questa topaia..." Carter sbuffò. "Senti, Walter, se non vuoi farlo per Mulder fallo per Dana." Spense il cellulare ed entrò nell'ospedale, dove Scully stava ancora cercando di capire quale assurda legge del North Carolina bloccasse Mulder lì dentro.

Alzò lo sguardo quando vide Melody arrivare. "Risolto qualcosa?"

"Diciamo che Skinner si è bevuto il cervello. Comunque non ti preoccupare, vedrò di trovargliene uno di scorta. Piuttosto, qui come va?"

"Finché il dottor Miller non dà il benestare il paziente non può essere spostato."

"Per quale ragione?"

"Sicurezza." Scully sospirò. "Del paziente e dello Stato. Se Mulder dovesse combinare qualche guaio, sarebbe sulla responsabilità del medico."

"E se la responsabilità venisse spostata su te, me o Skinner?"

"Il dottor Miller si rifiuta di concederla."

"Pezzo di merda." disse Carter. "Hai già visto Mulder, stamattina?"

"Sì..."

"Come sta?"

"Come ieri."

"Ti dispiace se... intanto che tu..."

Scully annuì. "Vai, vai pure."

Carter entrò nella camera e fece cenno all'infermiere di lasciarla sola. Mulder era sdraiato a letto, non era stato legato, il suo sguardo era fisso sul soffitto. Melody si sedette sulla sedia accanto. "Ehi." disse. In quel momento le fu chiaro perché avesse fatto veterinaria e non medicina o psicologia. Aveva incontrato un solo animale catatonico in vita sua, ed era un leone nel video gioco di Tomb Raider.

"Sai, Mulder... c'è fuori una rossa che non vede l'ora di portati a casa con lei." Gli prese la mano delicatamente. "Penso che se la smettessi di scaricarla non sarebbe male."

Fox non fece nessuna mossa, nessun suono.

"OK, la smetto." Melody prese dalla tasca il biglietto che aveva trovato sul computer pochi giorni prima e lo aprì. "Ne sai qualcosa?" Glielo mise davanti agli occhi. Fu quello a far scattare la scintilla.

Mulder alzò di scatto una mano, imprigionando quella sinistra di Carter che teneva il foglio, e la strinse talmente forte che Mel non poté fare a meno di urlare.

Cercò di ritrarre la mano, ma la presa di Mulder non diminuiva. "Mulder, ti prego... mi stai... rompendo la mano... non è questo che vuoi, vero?"

Attratti dall'urlo, due infermieri, Miller e Scully entrarono nella stanza.

"Che è successo?" esclamò Miller. Ma non aspettò la risposta. Uno dei due infermieri prese il polso di Fox e il medico si preparò ad iniettargli l'ennesima dose di calmante.

"No!" esclamò Carter. "Allontanatevi, così non fate altro che fargli aumentare la stretta."

"Una buone dose di sedativi e la lascerà andare. Quest'uomo è pericoloso!"

"No. Lo lasci!" gridò Mel, rivolta all'infermiere, il quale, riluttante, lasciò il braccio di Mulder. La sua presa fu sostituita da quella di Carter. Premette con la punta di un dito e il pugno di Mulder scattò a aperto, liberandola.

"Cos'è successo?" ripeté il medico, mentre i medici bloccavano Mulder al letto.

"Gli ho fatto vedere questo foglio." disse lei, raccogliendolo da terra. "Non ho idea del perché abbia avuto quello scatto."

Scully prese la mano sinistra di Mel e lei trasalì. "Ti fa male?"

"Un po'. Quella di Mulder è grande il doppio della mia."

"E' meglio che ti fai vedere, potrebbe essere rotta."

"Spero proprio di no." fece lei.

Si girarono tutti verso Mulder quando lui cominciò a sussurrare qualcosa: "Mo-ly mo-ly mo-ly..."

 

***

§64

Ospedale psichiatrico 'S.Teresa d'Avila' - España, North Carolina

Giovedì - 4:27 p.m.

"Cos'hai fatto alla mano?"

Melody si girò e lanciò un sorriso a Skinner. "Chi si rivede."

L'uomo indicò la fasciatura sulla mano sinistra della donna. "Cos'hai fatto?"

"Niente che non passi in un mesetto."

"L'agente Scully?"

"E' dentro con Mulder."

"Come sta?"

"Mulder è sulle nuvole... più del solito. Scully sta male, ma naturalmente non lo dà a vedere."

"Ho il mandato per trasferire Mulder." Skinner lo estrasse dalla tasca interna. "Dov'è?"

Carter lo condusse fino alla stanza di Mulder. Skinner guardò i suoi due agenti dalla finestrella. "Si è capito perché è in quelle condizioni?"

"Tranquillanti."

"A che scopo gli sono stati somministrati?"

"Pare che fosse violento con se stesso e con gli altri."

Lui annuì e aprì la porta leggermente. "Agente Scully?"

Dana si girò e quindi si alzò dalla sedia. "Signore."

Skinner le passò il mandato. "Possiamo trasferirlo."

"Grazie." disse lei.

"Non ha più dato segni di coscienza?"

"Solo per rompere una mano all'agente Carter."

Il vicedirettore sospirò. "Com'è successo?"

"Non ero presente. Pare che lei gli abbia fatto vedere il foglio sul quale ha trovato l'indicazione per venire qui."

"C'è ancora quel foglio?"

"Sì, è un po' stropicciato. Ce l'ha Carter."

Skinner si avviò verso la porta. "Partiremo in breve, agente Scully."

Scully annuì e si sedette accanto al collega. "Ti riporto a casa, Mulder." disse. Prese in mano il blocco su cui stava scrivendo.

'Moly - M ol y - M lo y - Me lo dy.'

Forse era una richiesta di aiuto.

Skinner uscì dalla stanza e andò diretto verso Carter. "C'era il segreto di stato sul fatto che Mulder t'ha spezzato una mano?"

"Non m'ha spezzato una mano. Mi ha solo rotto il quinto metacarpo."

L'uomo sospirò. "Melody, posso avere il foglio che ha fatto partire la follia di Mulder?"

La donna glielo porse. "Hai qualche idea?"

Skinner lo rigirò tra le mani. "Ho letto nel tuo 'rapporto' che l'hai trovato attaccato allo schermo del computer. Qualche idea di chi te lo possa aver lasciato lì?"

Lei scosse la testa.

"Se non c'erano segni di scasso, né manomissione dell'allarme, dev'essere qualcuno che ha le chiavi di casa tua e che conosce il codice."

"Non ho la minima idea di chi potrebbe essere. Non ho mai perso le chiavi in vita mia."

"E il tuo ragazzo? Lui ha le chiavi?"

"Sì, ma... L'ho visto la sera prima, non mi ha detto di averle perse. Proverò a chiederglielo."

"Hai notato qualche movimento strano, attorno al tuo appartamento?"

Carter scosse la testa. "No, niente. Ma questo cosa c'entra?"

"Perché una persona dovrebbe avventurarsi dentro ad un appartamento al quarto piano per lasciarti un biglietto, quando poteva lasciarlo nella casetta delle lettere o spedirti una e-mail?"

"Non lo so. Forse per essere sicuro che io la vedessi."

Skinner alzò il foglio. "Questo per ora lo tengo io."

Carter rise: "Hai paura che lo faccia vedere ancora a Mulder?"

Skinner lo infilò in tasca e uscì senza rispondere. Mel scrollò le spalle e lo seguì.

 

***

§65

In volo per Washington

Giovedì - 7:47 p.m.

Scully tornò al proprio sedile accanto a Carter.

"Come va?"

"Sta ancora dormendo." rispose. "Mi stavo chiedendo come hai fatto per fargli aprire la mano."

"E' una cleshnja..."

"Cleshnja?"

"Sì..." Carter fece un gesto con la destra unendo due dita sulle punte. "Un riflesso nervoso indotto premendo un nervo."

"Sei stata veloce. Dove l'hai imparato? Non mi pare che a Quantico insegnino certe cose."

"Non lo so. Non ricordo dove l'ho imparato." Chiuse la rivista che stava leggendo. "Spero di non avergli fatto male. A volte è doloroso."

"Non credo che se lo ricorderà." disse Scully.

Seduto accanto a Mel, Skinner estrasse il biglietto. "Se qualcuno voleva indirizzarvi da Mulder," disse. "non capisco perché questo l'ha trovato l'agente Carter." Lo avvicinò al volto. "Ha un odore strano. Lo riconoscete?" Lo passò alle due agenti.

"Sì..." disse Mel.

"Cos'è?" chiese Dana, dopo averlo sentito.

"Ah... non lo so..." fece l'altra. "Mi ha ricordato qualcosa, ma non so più cosa."

"Non ha importanza." disse Skinner. "Lo faremo analizzare."

"Già fatto." disse Carter.

"Lo farò analizzare di nuovo."

Mel si girò verso Dana e alzò gli occhi al cielo, quindi tirò fuori il walkman e si mise ad ascoltare musica.

 

***

§66

Appartamento di Joy Melody Carter - Annapolis, Maryland

Giovedì - 10:13 p.m.

Melody entrò in casa e notò subito la luce accesa in camera. Abbandonò la borsa a terra accanto alla porta ed estrasse la pistola. Lentamente camminò fino alla camera, puntando l'arma davanti a sé.

L'uomo alzò le mani sorridendo.

Carter abbassò la pistola sospirando. "Alex, mi hai fatto prendere un collasso."

"Scusa." disse lui. Era seduto in T-shirt e jeans sul letto. "Volevo farti una sorpresa."

"A proposito di sorprese, sei tu che hai attaccato un biglietto al video del mio computer, qualche giorno fa?"

Krycek scosse la testa. "No, cos'era?" chiese, allarmato.

"Adesso ce l'ha Skinner. C'era un indizio per andare a recuperare Mulder in un ospedale psichiatrico in North Carolina. E' stato ricoverato una decina di giorni fa, era violento con sé e con gli altri."

Krycek scosse leggermente la testa. "Non ha senso..."

"Che vuoi dire?"

Lui scosse la testa. Le sorrise. "Niente, lascia stare."

"Alex..."

"Lascia stare, Joy. Che ti sei fatta alla mano?" replicò lui.

"Un graffio."

"Quando saprai qualcosa sul foglio, me lo dici?"

Carter si sedette sul letto e gli rivolse uno sguardo interrogativo. "Alex. Mi dici una buona volta in che modo ti ritrovi tu le mani in pasta, per quanto riguarda Mulder e Scully?"

Krycek scosse la testa. "Non c'è niente da dire più di quello che sai già."

"Niente da dire?!" esclamò lei. "Sai ogni movimento che fanno, conosci a priori i casi che trattano, ma non mi permetti di dirgli che stiamo assieme. Diventa un po' frustrante, dopo un po', non riuscire mai ad uscire in compagnia."

Lui sospirò e si alzò per abbracciarla. Mel si lasciò andare. "Joy, non voglio che tu venga a sapere certe cose. E' troppo pericoloso."

"Andiamo, Alex, mi sembra di vivere in un film come 'Independence Day', a volte. E fai conto che quel film m'ha fatto schifo."

Alex sorrise e appoggiò il volto tra i capelli di lei. "Va bene... Ricordi la teoria di Mulder secondo cui l'invasione... no, lasciamo stare... c'è un organismo paragovernativo che ha il controllo su quasi tutti gli aspetti della nostra vita. Mi sono infiltrato anni fa lì dentro, sto arrivando abbastanza in alto da poter avere parte della gestione. E' pericoloso, Joy, se qualcuno verrà a sapere di noi due, potrebbero farti del male..."

"Se sei così in alto..."

"Non conta. Quello che fanno nelle Basi, Joy, sono tutti esperimenti su cavie umane. Scully c'è stata lì dentro... e anche Mulder."

"Mulder? Era in un ospedale psichiatrico da dieci giorni..."

"Ve l'hanno fatto credere, ma non è così. Hanno falsificato i dati. Mulder è stato in una Base per cercare di scoprire quello che hanno fatto a Scully. Qualcosa è andato storto e lui è impazzito. Non sanno cosa."

Mel scosse la testa. "Non capisco il fine di tutto ciò."

Krycek esitò per qualche istante. "Per creare una razza umana resistente."

Carter sospirò e si districò dal suo abbraccio. "Come il Proekt, quando eravamo in Russia?"

"No, qui non si tratta di allenamenti, Svetlana."

"Non chiamarmi Svetlana." disse Mel. "Di cosa si tratta allora?"

"Mutazioni genetiche."

La donna rimase in silenzio per qualche istante. "Alex... Questo è... un ritorno al nazismo."

"Dietro la democrazia si nascondono le truffe."

"E Mulder? Non sarebbe più semplice..."

"Mulder tiene buoni gli animi del mondo. Nessuno si preoccupa di cacciare alieni perché tanto c'è già lui che lo fa."

"Un uomo per il mondo intero?"

Alex scrollò le spalle.

"Oh, che svanita, dimenticavo Scully." Carter sorrise e andò a sedere sul letto accanto a lui. "A volte penso che sia troppo complesso. Non ho voglia di ragionarci su. Tanto ci sei già tu che ci pensi."

Lui annuì. Dolcemente le scostò i capelli dalla nuca. Se Mel controllava che il suo cuore batteva, Alex, ogni tanto, voleva controllare che nessuno le avesse infilato un microchip nel collo. Grazie al cielo, la sciagura non era ancora avvenuta.

"Quando finirà tutto questo, Alex?"

"Non lo so... L'unica cosa che devi fare, per ora, è vivere."

 

***

§67

Caffetteria - FBI, Washington

Venerdì - 12:43 p.m.

"Mel?"

Carter alzò lo sguardo. "Ciao Dana, siediti." Le indicò la sedia accanto a lei.

"Mangi da sola, oggi?"

"Charlie è in trasferta. Mi ha telefonato ieri notte alle due, convinto che fossero le dieci."

Scully sorrise. "Ti ho mai detto che ho un fratello che si chiama Charlie?"

"Mhm... una volta. I tuoi hanno buoni gusti sui nomi." Inforcò un gamberetto. "Tranne William. Non mi piace."

"Era il nome di mio padre."

Carter annuì. "E' anche il secondo nome di Mulder, no? Come sta?"

"Come ieri. La tua mano?"

"Fa un po' male, quando incontra per caso la traiettoria di una faccia...."

Scully scosse la testa. "Skinner mi dato i risultati dell'analisi sul foglio."

"Novità?"

"Hanno evidenziato questi segni." Le passò un foglio. C'erano cinque simboli geometrici.

"Pensavo fosse la filigrana del foglio."

"Sì, lo penso anch'io. Per quanto riguarda l'odore, non hanno saputo fare molto. Pare odore di tabacco bruciato."

"Sigarette. Alex non fuma."

"Gli hai parlato?"

Mel annuì. "Sì, non sa niente del foglio. Trovato nient'altro?"

Dana scosse la testa.

"Be'," concluse Mel, finendo i gamberi. "almeno tu hai riavuto indietro il tuo Mulder."

Scully alzò gli occhi al cielo. "Mel..."

"Sì, lo so, non è in sé, ma con le cure di un medico bravo come te, vedrai che guarirà in fretta."

"Mel, non voglio che ti metti nei guai per..."

La ragazza la guardò sgranando gli occhi. "Dana, che stai dicendo?"

"Quel biglietto..."

"Non ho assolutamente idea della sua provenienza... non stavo nemmeno cercando Mulder..."

 

***

§68

Ospedale Madre Teresa - Washington

Lunedì - 7:08 p.m.

Martin Tirion si infilò nella stanza cercando di non farsi notare. Non c'era nessuno in giro a quell'ora, grazie al cielo. Mulder giaceva ancora in stato catatonico sul letto, fissando il soffitto sopra di sé.

Non ebbe nessuna reazione quando Martin si avvicinò al letto. Non si erano mai incontrati di persona, se non forse di sfuggita nei corridoi. Per lui Mulder era quasi una leggenda.

Tirion sfilò una siringa e una provetta dalla tasca. --Inspirare... far uscire l'aria... iniettare in un muscolo...-- Sapeva la sequenza a memoria. Le mani gli tremavano mentre riempiva la siringa. Espulse il liquido in eccesso assieme all'aria, qui alzò la manica del camice d'ospedale che Fox indossava. Tirion dovette respirare a fondo per diverse volte, prima di riuscire a fargli l'iniezione.

Stava ancora tremando, quando rinfilò il cappuccio sulla siringa e se la mise nella tasca interna della giacca e uscì.

 

***

§69

Ospedale Madre Teresa - Washington

Lunedì - 8:09 p.m.

Dana entrò nella camera di Fox quasi di corsa. "Mulder... ho fatto tardi al lavoro." Si sedette sulla sedia accanto al letto. "Mi spiace." Gli prese la mano. "Tirion non è stato bene ed è toccato a me presentare a Skinner il rapporto finale del caso. Rimane un X-File aperto." Sospirò. "Come va, qui?" L'effetto dei sedativi doveva ormai essere svanito, non capiva perché Mulder ancora era in quello stato. "Mulder, devi svegliarti. Devi..." Scosse la testa. "Skinner vuole che lo tenga informato sulle tue condizioni. Carter ha detto che passerà qui stasera. Sai, credo che..."

Si bloccò quando sentì un movimento.

Le dita di Mulder le stavano accarezzando il dorso della mano.

Alzò lo sguardo sul volto del collega. I suoi occhi si stavano aprendo, le palpebre sbatterono per qualche istante, quindi il suo sguardo si posò sul volto di Dana. "Ehi..." disse lui, con voce roca.

"Mulder..." Scully sorrise e si alzò in piedi per avvicinarsi a lui. "Come ti senti?" Gli porse un bicchiere e lo aiutò a bere.

"Bevuto... tanto alcool ieri?"

"Che dici? Sei sparito per due settimane."

"Due... non... non siamo... appena tornati da Arcadia?"

"No. Mulder, non ricordi niente? Non..."

La porta, che Scully aveva lasciato socchiusa, si aprì e sulla soglia emerse Mel Carter. "Oh... ho interrotto qualcosa?..." Indicò la porta. "Era aperta e..."

"Non hai interrotto niente." tagliò Scully.

"Ma... Mulder, sei sveglio." sorrise. "Stai bene?"

"Si vive..."

"Sono contenta di vederti sveglio." Guardò Scully. "Ah, questa dev'essere la rivisitazione della fiaba della 'Bella Addormentata nel Bosco'. Qui il bello s'è risvegliato al bacio della principessa?"

"Carter!" esclamarono assieme i due agenti.

"OK, taglio la corda, allora."

"Mel... che hai fatto alla mano?" chiese Fox.

Lei alzò leggermente la sinistra. "Una stretta di mano d'acciaio. Fate sogni d'oro... Sempre che di notte dormiate..." Melody chiuse la porta appena in tempo per non beccarsi un cuscino in faccia.

 

***

§70

Luogo sconosciuto

Lunedì - 11:29 p.m.

Tirion camminava avanti e indietro nel vicolo buio. "Dannazione, quanto ci vorrà ancora?" Stava aspettando ormai da un'ora. Sospirò. La siringa gli pesava nella tasca della giacca come un macigno. Voleva farla finita con quella storia. Ne aveva abbastanza. Tutti quegli inganni e quegli intrighi non gli piacevano.

"Agente Martin Tirion?"

Si girò quando sentì la voce. "Sono qui da un'ora." disse. "Dov'era finito?"

"Una consegna urgente." Prima di entrare nel fascio di luce in cui Tirion lo attendeva, si passò la lingua sulle labbra per cercare il sapore di Joy Mel.

"Ho fatto quello che voleva nelle ultime due settimane. Ho fatto quell'iniezione a Mulder, ho prelevato il sangue a Scully..."

Krycek prese la siringa e la infilò in tasca.

"Adesso avrò quello che voglio? Potrò rivedere la mia ragazza?" insistette Tirion.

L'altro rimase in silenzio.

"Aveva detto che avrei potuto riaverla con me! Cosa... cosa le hanno fatto?!"

"Vera sta bene." disse Alex. Quindi si allontanò da lui.

Martin emise un gemito di frustrazione. Si girò per allontanarsi. Uno sparo fischiò nell'aria umida e nera del vicolo.

Tirion cadde a terra. "Vera..."

FINE

 

Note:

Un profondo ringraziamento a Joy, Steffy, Lucy e Sleepy che mi hanno aiutato moltissimo nella stesura di questo racconto.

Il titolo "Catalepton" significa "poesie spicciole". E' il titolo di una delle opere che vengono attribuite al periodo giovanile di Virglio.

Tirion è il cognome del mappista del bellissimo libro "Guida delle Stelle e dei Pianeti" di Ridpath/Tirion.

La canzone del §2 è "Jealousy" dei Pet Shop Boys.

La prima parte del §40 è stata ispirata dal film "Fandango" di K.Reynolds.

La parte del §56 "Qualcuno qui ricorda la luce? Ricorda che un giorno abbiamo detto che avremmo visto ancora, in qualche giorno di sole?" è ispirata alla canzone dei Pink Floyd "Vera Lynn" (canzone dalla quale Vera ha preso il nome). Quella successiva è stata ispirata da un sogno. ^_^

Nel §65, la parola russa "cleshnja" significa "chela".

I deliri di Mulder si basano sulle idee che mi sono fatta io guardando la serie, leggendo libri e fanfic. Non corrispondono per forza alla realtà, nemmeno in "Catalepton" stessa, visto che possono essere solo deliri e non ricordi.

Per chi non lo ricordasse, X73317 è il numero dell'X-File sul rapimento di Scully del 1994. X73137 è invece casuale.

Spero vi sia piaciuto. Grazie per aver letto.