From the North to South, Ebudae into Khartoum,

From the deep sea of Clouds to the Island of the Moon

Carry me on the waves to the lands I've never been

Carry me on the waves to the lands I've never seen.

[Da nord a sud, Ebudae in Khartoum, dal profondo mare delle Nuvole all'isola della Luna, portami sulle onde verso le terre dove non sono mai stata, portami sulle onde verso le terre che non ho mai visto.]

(ENYA, "Orinoco Flow (Sail Away)")

Annapolis, Maryland

4 aprile 1998, h. 10:13 pm

"Le sue dita esperte battevano i tasti in un ritmo assiduo, con una geniale coordinazione tra la mano destra e la sinistra, una perfetta sincronia tra gli occhi che andavano a leggere le note sullo spartito e il movimento preciso delle dita.

La musica sembrava quasi percepibile al tatto. Come fosse un lungo nastro di velluto, o un drappo di broccato stampato da sapienti mani antiche. Sentire la sua musica era qualcosa di eccezionale. Sembrava così naturale, così fluido, nel vederlo suonare, nessuno avrebbe potuto menzionare altro che spontaneità e semplicità. Sembrava che suonasse facilmente come respirava, come le farfalle volano, come il Sole matura un grappolo d’uva... come le stelle splendono nel cielo di notte, come gli alberi fanno crescere foglie verdi e fresche, come i bambini giocano allegri nei prati, come le nuvole danzano in cielo in una giornata di vento limpido.

La musica che lui componeva era bella come la prima giornata limpida di primavera, come il canto dei viaggiatori al ritorno, come un battito d’ali di una colomba rimessa in libertà. Mi rasserenava come la vista di bolle di sapone soffiate da un bambino, come il seme di un dente di leone sospeso nel vento di maggio, come il pane, burro e marmellata di una memoria che non mi appartiene più.

La sua musica aveva qualcosa di magico. Era magica. Pura magia. Ho sempre invidiato le persone che sanno suonare uno strumento musicale, soprattutto un pianoforte. Per non parlare dell’invidia che provavo per chi riusciva a mettere in musica le proprie emozioni, i propri sentimenti, i propri pensieri... o anche solo sapere mettere note su un pentagramma con un senso.

Nel mio modo di adorare la musica, di amarla profondamente, di non poterne fare a meno, non sono in grado di produrla. So riconoscere gli strumenti, cantare dietro a una melodia nota, muovermi a ritmo.

Il mio stesso nome, Melody, esprime tutta la mia passione per la musica. Era per questo che, da quando ero stata trasferita al Quartier Generale dell’FBI di Washington, di sera me ne stavo alla finestra della mia cucina a guardare il ragazzo del palazzo di fronte suonare il pianoforte. Immaginavo come dovesse essere bello essere là, seduta accanto a lui ad ascoltare quella musica.

Quando chiudevo gli occhi, l’immagine del ragazzo scompariva e al suo posto, fluttuavano davanti ai miei occhi, come su uno schermo incantato, tutte le emozioni e le figure che la sua musica mi ispirava.

A volte suonava melodie composte da lui. Altre volte suonava alcune composizioni a me note, come il "Kyrie" di Mozart. Mon Bog... la mia preferita tra tutte le composizioni di musica classica. Mi immaginavo allora cori di angeli cantare, con le grandi ali bianche tese verso il cielo, le aureole dorate e immersi a uno scintillio di luci e bolle di sapone (le anime?). Una scalinata di marmo bianco. Un tappeto di velluto scarlatto bordato di frange gialle. Nuvole rosa, in alto alla scala. Poi, altro ancora, una cattedrale. Una di quelle cattedrali gotiche del nord Europa, con le guglie che sembrano frattali, buio all’interno, nessuna luce artificiale è accesa, c’è silenzio, fatta eccezione per quell’organo che suona quella stessa musica, un singolo raggio di sole che filtrava attraverso le nuvole e il rosone della facciata, illuminando le statue nere e le navate deserte, io sola, al centro della chiesa, in un lungo abito nero, in mano un messale che forse era appartenuto alla mia bisnonna, i miei capelli scuri lasciati cadere sulle spalle, sulla mia schiena, mentre guardo l’alto crocifisso dietro l’altare. Poi il "Kyrie" finisce. Non apro gli occhi, se non nella mia visione. Mi giro e sull’alto palco l’unica altra presenza umana nella deserta cattedrale. Lui, il ragazzo del palazzo davanti. Che cambia musica. E si mette a suonare "Exultate Jubilate". Sempre Mozart. Come sa che Mozart è il mio compositore preferito?

E ora sono in un prato. Forse in Inghilterra, forse in epoca vittoriana. --Ho avuto vite passate?-- mi chiedo. "Cantui vestro respondendo...." Ho un vestito bianco, semplice, fresco. L’erba è verde e mi solletica le caviglie e i piedi nudi. Cerco di guardare verso il sole, ma è troppo forte e io sono contenta di questo. Qualcuno mi prende la mano, mi girò e vedo che è Alex. Ci mettiamo a ballare, mentre la musica del ragazzo continua. Ci sono farfalle intorno a noi, e anche i semi dei dente di leone che ci girano intorno. Se stai in ascolto puoi sentire il suono di un ruscello in sottofondo.

Ma la magia di spezza d’un tratto. Apro gli occhi e sono di nuovo nel mio appartamento di fine millennio. Dalla finestra di fronte posso vedere che il ragazzo sta litigando con un donna. Non so chi sia, e non voglio cedere ai pensieri che possa essere la moglie o la fidanzata. In fondo se fosse una persona che lo ama davvero non interromperebbe la musica così bella.

Sospirando, mi alzo e vado a togliere la sicura alla finestra della camera da letto.

Chissà che Alex questa notte non venga a trovarmi. --Joy Mel"

 

Humana Species 5:

Crush On You

Caso X-2MC10210999

Scritto da Monica Monti Castiglioni

Soggetto di Didy Sommers & Monica Monti Castiglioni

Dedicato alla Joyful Melody, ovvero a noi due!

 

'Cause every time I seem to fall in love

Crash! Boom! Bang!

I find the heart but then I hit the wall

Crash! Boom! Bang!

(Roxette, "Crash! Boom! Bang!")

Appartamento di Joy Melody Carter

Annapolis, Maryland

11 aprile 1998, h. 5:05 pm

Melody appoggiò il libro, "Tragedie" di Eschilo. Guardò dalla finestra della cucina, quella che dava sull’appartamento del ragazzo. Le luci erano spente, Melody non lo vedeva suonare da tre giorni.

--Strano.-- pensò. --Da quando sono arrivata qui, suona tutte le sere.--

Prese in mano il suo diario e lo sfogliò fino ad arrivare all’ultima nota scritta. Risaliva a una settimana prima, al 4 aprile. Prese la penna che teneva sempre assieme all’agenda e iniziò a scrivere.

"Non sento il ragazzo suonare da diversi giorni. E’ strano. Di solito non salta nemmeno una serata, e a volte posso sentirlo suonare anche a notte fonda, o quando torno a casa per pranzo. Sono andata a cercare negli schedari dell’FBI, lì c’è tutto. Ho scoperto come si chiama. Cooper Keyton. E’ un bel nome. Suona bene. Ora però sono preoccupata per lui. Non credo sia andato in vacanza... le tapparelle sono alzate, così posso vedere l’interno che rimane sempre buio. Il suo appartamento non è in una gran bella posizione. Dà a nord-est, cosicché ha il sole solo di mattina presto. Io sono più fortunata. Ho finestre che danno a sud-est e a sud-ovest, così ho il sole tutto il giorno. Ma la finestra più importante per me è quella della cucina: è da lì che posso vedere e sentire Cooper suonare."

Melody alzò lo sguardo e vide il libro di Eschilo sul tavolo. Scosse la testa e tirò una riga sull’ultima frase. "La finestra più importante è quella della camera da letto. E’ da lì che entra Alex." Carter sospirò. "Peccato che ‘sta notte non verrà."

Chiudendo il diario pensò di tornare al libro, ma decise invece di restare a guardare la finestra di Keyton per un po’. Anzi, aprì i propri serramenti, come per potersi avvicinare ancora di più a lui. Per poter togliere una barriera tra lei e la sua musica.

Raggiunse ancora il diario, estraendo il foglio su cui aveva stampato le informazioni sul ragazzo.

"Cooper Keyton, 31 anni, originario di Belleflour, California. Domiciliato a Boadicea Street, 6." Carter sorrise. Era il palazzo dopo il suo. "Diplomato all'accademia musicale. Sposato." Mel sospirò.

Il suono di un telefono le fece distogliere lo sguardo dal foglio. Guardò verso la finestra di fronte. Era da là che proveniva il trillo. La ragazza attese di vedere qualcuno rispondere, ma dopo otto squilli, il telefono rimase muto.

"C’è qualcosa che non va, ragazzo mio." sussurrò Melody. Raccogliendo la pistola, uscì dalla finestra, il "passaggio privato di Alex". Discese di corsa, quindi, guardandosi intorno, usò un grimaldello sul portone centrale. Bussò più volte alla porta 42, "Keyton". Non avevano nemmeno il campanello.

"Signor Keyton!" chiamò. Poi si rese conto che non aveva una buona scusa per essersi presentata lì. Oh be', ne avrebbe fatto a meno. Gli avrebbe detto come stavano le cose... grimaldello a parte.

Bussò ancora. Poi si decise ad entrare. L'appartamento era buio, solo le luci della città lo illuminavano leggermente. Nel vicolo che divideva il palazzo da quello dove abitava Carter non c'era nemmeno un lampione. Buon per Alex.

"Mhm... c'è nessuno?" chiamò di nuovo. "Sono l'agente Carter, FBI!" Avanzò lentamente, raggiungendo un interruttore della corrente. "Signor Keyton?" Melody si guardò intorno. Era strano. Vedere quell'appartamento dall'altro lato era buffo. Si diresse verso la finestra. Da lì poteva vedere quella della sua cucina, proprio di fronte, e più sposate quella della sala e della camera da letto. Si girò per vedere il pianoforte, quello strumento che tanto amava e che tanto le dava gioia.

Soppresse un urlo.

"Oh Mon Bog..." Chinandosi vicino allo strumento, Melody mise una mano sul collo della donna.

Era morta.

"Chi è lei?!" Un urlo di donna arrivò dalla porta. Carter alzò lo sguardo su di lei. "I-io..." Ancora leggermente scossa, certamente non si era aspettata di trovare lì il corpo della donna morta, non seppe dire nulla. Solo quando un uomo arrivò sulla soglia con un fucile a canne mozze imbracciato, Melody riuscì a riprendere l'uso della parola: "I-io... io sono l'agente Melody Carter dell'FBI. Ho il distintivo... oh..." Stupida! L'aveva dimenticato a casa.

"Non muoverti!" urlò l'altro.

"Caro, ha una pistola!" esclamò la donna, notando l'arma nella cintura di Melody.

"Io sono un'agente dell'FBI..." replicò lei.

"Questo lo vedremo." disse l'uomo.

"Io so chi è!" esclamò la donna. "E' quella che stava sempre a guardare Cooper dalla finestra!"

Carter non fece in tempo a stupirsi per quanto quella donna fosse indiscreta che la vide correre via. Il tempo scivolò via veloce, poi furono sirene della polizia e un vecchio agente che le leggeva i diritti.

 

Foggy ways, November daze

All the white wolves were smiling.

(Roxette, "Cooper")

Distretto di Polizia di Annapolis, Maryland

11 aprile 1998, h. 8:07 pm

Melody stava appoggiata al telefono nero, sperando che almeno David Knight fosse in casa. Dopo dodici squilli, appese la cornetta. Svanzen non c'era, Demian nemmeno... naturalmente, era più che logico che tutti uscissero il sabato sera. Tutti tranne lei. I cellulari risultavano spenti. Non sapeva come contattare Alex, ma nemmeno lo avrebbe voluto portare in un distretto di polizia.

Fortunatamente, il poliziotto che la stava scortando la conosceva, anche se poco, quindi le stava permettendo di tentare tutti i numeri di telefono che poteva.

Picchiettando con le dita sul telefono, pensò a chi potesse chiamare ancora. Sospirò. Fortunatamente aveva avuto la buona idea di chiedere alla guardia di lasciarle segnare una decina di numeri, prima di mettersi al telefono. Con il foglietto spiegazzato in mano e il giovane leggermente impaziente dietro di sé, Melody provò con il centralino dell'FBI.

"FBI. Desidera?" La voce era nota e Melody la riconobbe. "Oh, ciao Holly. Sono Melody Carter. Mi passi Skinner?"

"Non so se è in ufficio, ma prova. Ciao Melody."

"Ciao." Mel sorrise al telefono in un gesto automatico. Dopo il decimo squillo si decise a riagganciare.

"Agente Carter?" chiese la guardia.

"Oh, ti, prego, non ho ancora trovato nessuno." disse, lanciandogli uno sguardo di supplica.

Il poliziotto le sorrise, paziente.

"Grazie." sussurrò. Mel prese il foglietto e digitò il numero di casa di Walter Skinner. Di nuovo, nessuno rispose. "Odio il sabato sera." sussurrò. Sospirando, compose il numero di Dana Scully. Quando dopo dieci squilli sul telefono di casa e tredici sul cellulare Scully non rispose, Melody fissò sconcertata la cornetta. "Siete sicuri che questo telefono funzioni?"

"Certa, agente Carter, facciamo controllare..."

"Sì, sì, ok." Melody sospirò. Oh Dio, solo un'ultima possibilità. "D'accordo. A noi due." Digitò il numero di telefono e si preparò per un'altra attesa di altri dieci o venti squilli. Ma dopo il secondo una voce maschile rispose con una sola parola: "Scully?"

"No, sono Carter." disse lei. "Eh... Mulder..." Scosse la testa. "Scully non è casa?"

"E' andata da sua madre... Non la trovi sul cellulare?"

"No... sarà scarico..." Melody sorrise appena. Ovviamente: non era uscita con amici. "Senti, Mulder... sono leggermente nei guai..."

"Che succede?"

"Mhm... è... una lunga storia... non posso stare al telefono..."

"Dove sei?"

"Al Distretto di Polizia di Annapolis..."

"Aspettami lì." fece lui, attaccando.

"Per tutta la notte, tesoro..." sussurrò lei.

 

Pay the price of love

When he calls for you

Spending the evening alone.

("Pay the Price of Love")

Distretto di Polizia di Annapolis, Maryland

11 aprile 1998, h. 9:09 pm

Mulder arrivò fino alla cella 4.

Melody era all'interno, stesa sulla branda, rivolta verso il muro con un braccio sopra gli occhi. Il secondino aprì la porta. Mulder entrò e sentì la porta chiudersi di sé. "Melody?" Si avvicinò a lei, lentamente. "Melody?"

Carter spostò il braccio e aprì gli occhi lentamente: "Alex?"

"Spiacente, sono Mulder."

Melody si mise a sedere e si sgranchì il collo. "Mi dispiace averti disturbato di sabato sera."

"Non avevo di meglio da fare." disse lui, sedendosi accanto a Mel.

"Non stavi aspettando una telefonata di Scully?"

"Non stavo aspettando nessuna chiamata, così pensavo fosse lei." Melody stava cercando di evitare il discorso. "Carter, allora, che cosa è successo?"

Lei gli spiegò velocemente la situazione.

"Non possono trattenerti per più di quarantotto ore senza prove concrete, questo lo sai." disse Mulder.

"Preferirei non stare qui dentro per altre... oh Bog... che ore sono?"

"Le nove e mezza." rispose Mulder. "Abbi un po' di pazienza. Farò in modo di farmi assegnare al caso, e chiamerò Scully. Va bene?"

Lei annuì.

"Ehi. Non ti preoccupare. Ti tireremo fuori di qui." Nemmeno aveva finito la frase che il secondino aprì la cella e disse: "Carter, sei libera."

I due agenti lo guardarono interrogativamente.

"Hanno pagato la cauzione."

Mulder si mise in piedi e porse la mano alla ragazza per aiutarla a tirarsi in piedi. Con sua meraviglia, Melody accettò.

Mentre riceveva indietro le sue cose, Carter chiese chi aveva pagato la cauzione.

"Un certo... Yuri Tereskov."

La ragazza rimase immobile per qualche istante.

"Che succede, Carter?" chiese Fox.

"Non conosco nessuno con questo nome." disse lei. Guardò Fox con occhi dispersi.

--Oh mio Dio...-- pensò Mulder. --Oh mio Dio, quello sguardo...-- Non riusciva a spezzare il contatto visivo con lei. In un solo colpo, Carter era riuscita a condensare antichi sguardi di Samantha e rari di Scully. "Andiamo. Ti porto a casa." disse in fine, prendendola delicatamente per un braccio e portandola fuori di lì.

 

Anyone who have a love close to this

Knows what I'm saying.

(Roxette, "Anyone")

Appartamento di Joy Melody Carter

Annapolis, Maryland

11 aprile 1998, h. 10:13 pm

"Sei sicura di star bene?" chiese Mulder.

"Mhm? Ah, sì, sto bene, grazie." fece Carter, osservando distrattamente fuori dal finestrino. "Mi dispiace di darvi questo casino."

Mulder scosse leggermente la testa. "Non preoccuparti. Non abbiamo certo casi migliori su cui indagare."

"Sali da me?" sussurrò lei.

"Sì, d'accordo." Mulder parcheggiò nel garage sotterraneo, quindi salirono fino al quarto piano in silenzio.

"Vado a farmi una doccia." disse Melody, entrando in casa. "Mettiti comodo, se vuoi qualcosa da bere, c'è del succo di frutta e dell'aranciata in frigorifero."

Mulder annuì e la vide scomparire dietro la porta della camera da letto.

Carter andò alla finestra. Si sporse e legò un fiocco blu alla ringhiera: era un segnale che lei e Alex avevano concordato, significava che c'era qualcuno che non doveva vederlo. Quindi andò in bagno.

Fox non era mai entrato nell'appartamento di Melody. Lei era sempre stata leggermente ostile verso di lui fino al caso di Aurora. La porta d'ingresso dava direttamente sulla sala, nella quale c'era un divano, una poltrona, un tavolino da caffè, televisore e videoregistratore, un impianto hi-fi, file e file di CD e audiocassette. La porta della cucina era quasi di fronte a quella della camera. La cucina era piccola e funzionale, con un tavolo rettangolare al centro. Mulder guardò dalla finestra, notando che le operazioni della squadra di polizia erano già cessate nell'appartamento di Cooper Keyton. Da una finestra vicina, una donna lo stava fissando. Doveva essere quella vicina impicciona di cui Melody gli aveva parlato.

Mulder estrasse il cellulare e chiamò Scully. Dopo aver parlato brevemente con la collega, chiuse la comunicazione. Melody era uscita dal bagno ed ora era seduta sul divano, avvolta in una calda tuta di felpa.

"Scully è sulla via." disse.

"Grazie." fece lei.

Mulder si sedette accanto a lei. "Sei certa di star bene?"

"Sì, sì... è che... sono successe così tante cose..."

"In che senso?"

"Be'..." Carter scrollò le spalle. "So che non è stato saggio entrare nell'appartamento di Keyton... ma sai... hm... temevo che fosse successo qualcosa... e poi... non mi aspettavo di trovare sua moglie morta. E questo Yuri Tereskov... Poi... Mulder..."

"Cosa?"

"Be'... sai non ho trovato nessuno al telefono... sei l'unico su sei persone che ho trovato."

Lui accennò un sorriso. "Alex?"

"Irraggiungibile." Buttò lì quella risposta in modo che non fosse una bugia, ma che Fox potesse capire che era il messaggio che le veniva dato dal cellulare.

"Be', allora qualche volta è utile non dover uscire il sabato sera."

Melody sorrise. "Grazie, Mulder." Senza pensarci molto si appoggiò alla spalla di lui per qualche secondo, poi si tirò dritta quasi di scatto. "Non vorrei che Scully diventasse inutilmente gelosa." sussurrò.

"Non la smetterai mai." fece lui, sorridendo.

"Dai, è evidente che vi amate." fece lei, avvolgendosi in una coperta.

"Certo, io voglio bene a Scully e lei--"

"No, no... non è solo quello..." lo interruppe lei. "Vedi--"

A sua volta Mulder tagliò corto. "OK, afferrato il concetto. Piuttosto, tu?"

"Io cosa?"

"Non voglio farmi gli affari tuoi, Carter, ma vorrei sapere in che rapporti eri con Cooper Keyton."

Melody tardò qualche istante a rispondere. "Non lo conoscevo di persona. Lo stavo a guardare dalla finestra della cucina, quando suonava il pianoforte. La sua musica era..."

"Magica?"

Mel sorrise: "Ancora più magica dell'altra musica."

Fox annuì.

Lei riprese a parlare: "Mulder, che cosa c'è scritto nelle accuse su di me?"

"Ti hanno arrestato per qualcosa che credono sia un delitto passionale. Tu eri innamorata del ragazzo, hai ucciso la moglie e lui è scappato."

Mel chiuse gli occhi e sospirò. "OK..." sussurrò in fine. "C'è di vero che mi sono presa una cotta per quel ragazzo, ma non avrei mai ucciso la moglie per averlo. Quando sono entrata il corpo era già là... tu... mh... Mulder, mi credi?"

Fox annuì. "Naturalmente."

Mel si accoccolò in un angolo del divano.

"Vuoi che ti prepari qualcosa?" le chiese Mulder. "Scully arriverà tra poco, ma se nel frattempo vuoi qualcosa..."

Melody sorrise di nuovo. "Sai essere un amore, Mulder. Ci credo che Scully ti tiene stretto."

Mulder alzò gli occhi al cielo.

"Un favore potresti farmelo..." disse Mel. "Puoi mettere su un po' di musica?"

"Certamente." Mulder si alzò e andò verso l'impianto hi-fi. "Cosa?"

"Mozart." disse lei. "Cooper suonava spesso Mozart..." Sospirò. "No, cambiamo... Scegli tu..."

Fox scorse la collezione musicale di Melody. "Non hai Elvis?"

"Presley?"

Mulder le lanciò uno sguardo, ma la ragazza era semisdraiata e con gli occhi chiusi. "No, Costello."

"Be', spiacente, né l'uno né l'altro."

"D'accordo..." fece lui, riprendendo a cercare. Lui e Melody non avevano gli stessi musicali. Decisamente. Premette il tasto play sulla piastra CD, senza sapere quale disco era inserito. Partì, con sequenza casuale, l'ultimo dei Roxette.

""Stars"." sussurrò Melody. "You keep on walking on the other side..."

Mulder riprese a guardare i dorsetti, sentendo in sottofondo Melody cantare dietro a Marie Fredriksson. Aveva gusti diversi dai suoi, ma erano pur sempre ottimi gusti. Aveva tutto di Enya, Roxette, Queen e Mozart. Tutta la sua musica risaliva al massimo agli ultimi anni Settanta, oppure aveva più di un secolo.

"Stars" finì. Mulder si girò per chiederle se amava in particolar modo i Roxette, visto che non mancava un solo loro album, ma notò che si era addormentata.

 

Per amore, hai mai speso tutto quanto

La ragione, il tuo orgoglio fino al pianto?

(A.Bocelli, "Per Amore")

Appartamento di Joy Melody Carter

Annapolis, Maryland

11 aprile 1998, h. 11:29 pm

"Speravo che tu fossi rimasto con lei." disse Scully entrando. "Dov'è?"

"In camera." ripose Mulder. "Sta dormendo. Piuttosto, come mai ci hai messo così tanto?"

"Ho fatto un salto all'obitorio, volevo vedere il corpo della signora Keyton."

"Che ne pensi?"

"E' morta da almeno settantadue ore. Se anche Melody l'ha uccisa, cosa che comunque non credo, conoscendola, non l'ha certo fatto questa sera."

"Inoltre, non si tratterebbe comunque di un serial killer psicopatico, per cui è assurdo pensare che Carter sia ritornata sul luogo del delitto." aggiunse Mulder.

Si sedettero sul divano, il CD dei Roxette ancora in sottofondo. "Rimane comunque in dubbio perché Melody sia entrata, scassinando una serratura, in casa dei Keyton."

"Era preoccupata perché non sentiva più ragazzo suonare da alcuni giorni."

"Ed è entrata con un grimaldello." replicò Scully.

"Qual è stata la più grande pazzia che hai fatto per amore, Scully?"

Dana alzò un sopracciglio. --Stare nella divisione X-Files per sei anni?-- "Cosa centra, Mulder?"

"Mi sono presa una cotta per Cooper Keyton." disse Melody dalla soglia.

"Non è stata una mossa saggia, Mel." disse Dana, girandosi verso di lei.

"Lo so." Andò verso lo stereo ed estrasse il CD. Era caldo. Lo ripose nella custodia con cura, prendendone un altro.

"Melody, so che sei innocente." iniziò Scully. "Ho dato un'occhiata al corpo e mi sono assicurata l'autopsia per domattina. A prima vista sono convinta che la donna sia morta da almeno settantadue ore. In più, c'è causa evidente di morte, nessun segno di arma da fuoco, strangolamento, avvelenamento. Ho già ordinato gli esami, avremo presto i risultati del tossicologico."

"Cosa sapevi della donna, Carter?"

"Solo che era la moglie di Cooper Keyton, e che era una gran rompiballe. Interrompeva sempre il marito, mentre lui suonava."

Mulder e Scully si scambiarono uno sguardo. "E lui è sparito." disse lei.

Dana li guardò entrambi per alcuni istanti. "No, un attimo... State dicendo che è Cooper l'assassino?... No, ragazzi, voi non vi rendete conto di chi è. Uno... uno che suona..." Andò verso lo stereo ed alzò leggermente la musica. "Exultate Jubilate" di Mozart. "Uno che suona una musica del genere... non può..." Melody sospirò. "Oh Mon Bog."

"Melody..."

Lei fece un gesto con la mano, fermando l'amica. "Non c'è problema, tanto questa cotta doveva passarmi." Spense lo stereo. "Potete prendervi la stanza da letto, se non volete tornare a casa. E' quasi mezzanotte." Mulder le lanciò un ennesimo sguardo di sussiego. Melody scrollò le spalle, entrando in camera. "Se volete invece dormire abbracciati sul divano, fate pure."

Scully arrossì leggermente e abbassò lo sguardo.

Carter uscì sulla soglia e lanciò qualcosa che Mulder prese al volo in una mano. "Fate come se foste a casa vostra, il divano è nuovo, non scricchiola."

Si sentì la porta del bagno chiudersi. Scully lanciò uno sguardo interrogativo a Mulder, che le mostrò il profilattico che Carter gli aveva lanciato.

Scully, sempre più imbarazzata, si alzò in piedi. "Mi sembra che stia bene. Molto bene." disse. "Vado a casa e domani sul presto andrò a fare l'autopsia." Aprì la porta ed uscì sul pianerottolo. "Tu cerca di scoprire chi è questo Yuri Tereskov."

Mulder annuì. "Ho già telefonato ai Lone Gunmen."

"Resti qui?" gli chiese.

"Mi sembra un po' più fuori di testa del solito. Non vorrei che le venisse qualche strana idea, come tornare nell'appartamento di Keyton."

Scully annuì, quindi sorrise leggermente: "Non tradirmi." sussurrò, incamminandosi per le scale.

 

I dreamed I could fly

Out in the blue

Over this town

Following you.

(Roxette, "Wish I Could Fly")

Quantico

12 aprile 1998, h. 10:13 am

Mulder e Carter arrivarono proprio mentre Scully usciva dalla sala dell'autopsia. "Scoperto qualcosa?" esordì Mulder.

"Buongiorno, Scully." disse invece Carter.

Scully ricambiò il saluto. "E' una morte per lo meno strana: sembra che sia morta per arresto cardiaco."

"Infarto?" chiese Mulder.

"No. Non vi sono segni di infarto nei muscoli cardiaci. Sembra che il cuore si sia... arrestato da solo, senza colpi. L'esame tossicologico non ha portato alla luce nulla."

"Insomma... è morta... senza motivo."

I tre agenti rimasero in silenzio.

Fu Dana a riprendere per prima: "E voi, avete trovato qualcosa su Yuri Tereskov?"

Mulder scosse la testa. "Da tutti i database a cui abbiamo accesso, non è uscito nessuno con quel nome... e il più vicino e ricorrente è solo una Valentina Tereskova."

"La prima astronauta donna." spiegò Melody. "Però... Il nome Yuri Tereskov non mi è nuovo. Non ho idea di dove io l'abbia sentito..."

Scully annuì. "Chiunque fosse, riceverà indietro i soldi della tua cauzione, dopo che avrò portato il rapporto dell'autopsia. E non solo per la mancanza di traumi, ma tu hai anche un alibi di ferro. La morte è avvenuta probabilmente nel pomeriggio di mercoledì, e tu eri all'FBI. Skinner è pronto a girare il fatto che sei entrata in casa dei coniugi Keyton solo perché pensavi che fosse successo un delitto."

"D'accordo." disse Melody, pensando a quello che Svanzen le aveva detto: "Skinner non ha bisogno di un altro rompiballe, c'è già Fox Mulder a fare per cento."

"Ho emanato un mandato di cattura per Cooper Keyton. Ma non credo che potremo fare altro che un paio di domande." concluse Mulder. I due agenti guardarono Melody. Lei scrollò le spalle. "Le cotte sono stupide." replicò. "E poi, Alex è un tipo geloso." Strizzò un sorrisetto sull'ultima bugia. Quante volte Alex le aveva detto di trovarsi un ragazzo per bene? E quando pensava di averlo trovato... prima scopriva che era sposato, poi che era un omicida. --Non sei un genio, negli affari di cuore, Joy Melody...--

 

Cooper went out and that's all there is

I'm just no one from next door

Everything will be alright

When all the flowers have cried.

(Roxette, "Cooper")

Appartamento di Cooper Keyton, Annapolis, Maryland

13 aprile 1998, h. 4:04 pm

Melody entrò nell'appartamento, ma questa volta ne aveva il permesso. Camminò fino al pianoforte a muro: piuttosto nuovo, doveva avere meno di cinque anni. Il coperchio era chiuso e non c'erano spartiti fuori posto. Melody guardò le fotografie appoggiate su un tavolino, naturalmente sopra al pianoforte non c'era nulla. C'erano diverse fotografie dei coniugi, tra di esse Melody trovò una singola fotografia di Cooper, molto più giovane, doveva avere quindici o sedici anni. Aveva un'espressione concentrata, come se fosse più interessato al pianoforte che stava suonando che alla fotografia. Evidentemente era così. Estrasse la fotografia con cura dalla cornice: "Cooper - Seventh Rock - 1988".

"Seventh Rock... E' in Virginia." Sussurrò Melody. Rimise la fotografia a posto e uscendo dall'appartamento chiamò l'FBI. "Denny? Ciao... Avrei bisogno di un favore... Sì, grazie... puoi guardare se esiste qualche Keyton a Seventh Rock in Virginia? K E Y T O N." Melody salì in macchina e attese qualche istante al telefono. "Sono morti?" Carter sospirò. "Avevano figli?... Cooper... già."

Quindi annotò l'indirizzo su un blocchetto, ringraziò il collega e partì.

Cooper era figlio unico e i genitori, morti da dieci anni, avevano una casa. Ma allora perché abitava in quell'appartamento dimenticato dal Sole ad Annapolis?

 

And the stars will show

Where the waters flow

Where the gardens grow

That's where I'll meet you.

(Roxette, "Stars")

Casa dei Keyton, Seventh Rock, Virginia

13 aprile 1998, h. 7:07 pm

Melody parcheggiò davanti alla villetta. La casa era di medie dimensioni, ma era circondata da molto spazio e non era recintata. Seventh Rock era un paesino piuttosto piccolo. La ragazza si avviò verso la casetta e quando fu alla porta poté sentire la musica di un pianoforte all'interno. Inconfondibilmente Cooper Keyton.

Bussò e la porta si aprì al lieve tocco. "E' permesso? Signor Keyton?" Fece qualche passo verso l'interno, seguendo la musica. Appena arrivò sulla soglia della stanza dove Cooper stava suonando, il ragazzo alzò lo sguardo e le sorrise. "Buona sera." le disse. Aveva una voce bellissima.

"B-b-buona sera..." balbettò lei. "Hm... io..." Scosse la testa come per schiarirsi le idee, quindi estrasse il distintivo. "Io sono l'agente Melody Carter dell'FBI."

"Sei la ragazza che abita nel palazzo di fronte, vero?"

Lei annuì. "Sì... hmm..."

"Ti ho visto un paio di volte alla finestra." Cooper non aveva mai smesso di suonare. "Mi chiedevo che cosa guardassi... le stelle?"

"Mhm... ecco, io in realtà... stavo alla finestra a sentirti suonare." fece lei.

Cooper sorrise. "Già... ti chiami Melody non Stella."

La ragazza sorrise. "Io... Dovrei portarti all'FBI. Ci sono alcune domande che dovremmo rivolgerti riguardo..."

"La morte di mia moglie?" chiese Cooper, cambiando sinfonia.

Melody annuì. "Mi dispiace."

Lui non rispose.

"Sai come è morta?"

Cooper annuì. "Lei voleva prendere la mia musica. Così la mia musica ha preso lei." disse.

Carter scosse la testa: "Non capisco."

"E' semplice... Lei voleva che smettessi di suonare per fare un lavoro che ci portasse più soldi."

"E questa casa?"

"Mio padre era gravemente malato, per pagare le spese mediche la ipotecarono. Non è più mia."

Melody annuì. "Ma... come ha fatto la musica ha uccidere tua moglie?"

"Ha detto al suo cuore di fermarsi... lentamente, senza dolore."

Carter non disse nulla. Si sedette sulla sedia accanto al pianoforte. "Tu puoi fare questo con la musica?"

"Questo e altro."

"Cooper... devo..."

"Aspetta... lascia che suoni una melodia per te..."

"No!" esclamò lei.

"Non mi fraintendere." disse Cooper calmo, ancora intento a suonare. "Voglio solo placare le fiamme che bruciano la tua anima." Così dicendo, senza che Melody potesse dire altro, si mise a suonare.

Melody sentì l'agitazione svanire. Senza pensarci chiuse gli occhi. Quella musica era così bella... Bella come il primo fiore di primavera, il sole dopo una tempesta, una serata limpida, all'aperto, sdraiata su una coperta in mezzo a un prato in compagnia di Alex. Meraviglie: sciami di farfalle in volo, la perfetta formazione di uccelli in volo, le risa dei bambini, cristalli attraversati da fotoni, un albero di Natale la notte dopo la messa, i gioielli di neve sui vetri. Semplicità: le albicocche su un ramo d'estate, e un'altalena da cui guardarle, le bollicine dell'aranciata, il velluto del succo di frutta, l'arcobaleno su un compact-disc, un timbro di gomma, occhi che sorridono. Quiete: un ruscello fresco di acqua limpida, il sole a mezzogiorno, la sabbia del mare, i libri in una biblioteca, i quadri dei musei, le statue dell'antica Grecia, le cattedrali d'Italia.

 

Once you had gold, once you had silver,

Then came the rains out of the blue.

[Una volta hai avuto l'oro, una volta hai avuto l'argento, poi arrivarono le piogge, all'improvviso nel blu.]

(Enya, "Once You Had Gold")

Casa dei Keyton, Seventh Rock, Virginia

14 aprile 1998, h. 12:20 am

"Melody? Melody... Melody!"

Carter aprì lentamente gli occhi. Era rannicchiata a terra, in posizione fetale, su un tappeto che non ricordava di aver mai visto. Una voce nota la stava chiamando. Alzò lo sguardo. "Scully... Mulder... che ci fate qui?" disse, mettendosi a sedere.

"Abbiamo saputo che sei venuta qui senza dire niente a nessuno." disse Mulder.

Carter gli lanciò uno sguardo: "Almeno io non ho nessun collega da scaricare."

"Hai trovato Cooper Keyton?" intervenne Scully.

"Sì, era... qui..."

Mulder le porse una busta. "Questa era sul pianoforte." Aveva scritto sopra "Melody".

La ragazza l'aprì e ne uscì un'audiocassetta e un foglio.

"Cara Melody,

mi dispiace svegliarti, dormi così bene... So che l'effetto della mia musica di placare l'angoscia e il tormento dentro di te non durerà a lungo.... non so cosa genera quel tuo stato d'animo, ma mi dispiace... Perciò ti regalo questa cassetta: ho registrato alcune delle mie composizioni. La prima è quella su cui ti sei addormentata. L'ho chiamata Joyful Melody. Per quanto riguarda quella per mia moglie, "Requiescat in Pace"... sta' tranquilla, ho bruciato lo spartito. Voglio proseguire sulla mia strada. Che la mia musica sia sempre con te. --Cooper"

 

And put on a cassette, we can pretend that you're a star

'Cos life's so very simple, just like a "la la la".

(Roxette, "June Afternoon")

Los Angeles, California

14 aprile 1998, h. 12:20 am

Cooper salì sul palcoscenico, per nulla agitato davanti alla commissione. "Suonerò una mia composizione intitolata "Joyful Melody 2"." Si sedette al pianoforte e iniziò a suonare. Era leggermente diversa da quella che aveva suonato a Mel.

A metà della composizione, la commissione fece qualcosa che non aveva mai fatto prima, qualcosa che non avrebbe dovuto fare: si alzò in piedi e si mise ad applaudire.

In fondo per la gente non conta l'essere. Conta quello che appare. L'impressione che suscita negli altri.

Cooper sorrise soddisfatto.

FINE

 

Noticine finali della rompi... Questa volta mi sembrano proprio indispensabili... L'idea partì da una lettera di Didy Sommers in cui mi raccontava un sogno in stile X-Files, nel quale un ragazzo diceva: "Prendete lei (una ragazza scomparsa) non la mia musica". Mi disse che mi avrebbe ceduto il soggetto se fossi riuscita a scrivere un racconto. Naturalmente, l'idea mi attraeva molto... quando sento le parole "musica", "gatto", "stella" o "albicocca", mi si drizzano le orecchie e uso il mio sesto senso da micio... Ma l'idea rimase nel cassetto per diverso tempo, finché non rispolverai l'idea in questo ultimo periodo di crisi letteraria [buffo come ogni volta che finisco un racconto e finché non riesco ad iniziarne un altro sia per me una crisi, anche se magari durano solo un paio di giorni]. E' vero che l'ultimo racconto prima di questo l'ho finito otto giorni prima di questo... ma è "Waitin' for the Rain"... fa schifo... Ho passato quasi un mese senza scrivere niente di buono... sempre se si considera "Aurora" buono... Altrimenti si risale a luglio con "Domenica 20:30: X-Files"... appunto... allora a *febbraio* con "Go West"! Sono mesi!

Comunque, la succitata scrittrice Didy ha dato anche un colpo a tutte le mie cassette e CD, che ora si sentono trascurati perché lasciati da parte per "Have a Nice Day" dei Roxette, che Didy mi ha spedito. Naturalmente, come mio solito, mi fisso su alcune canzoni in particolare, anche se vado pazza per tutte. Una di queste è "Cooper". Musica lenta, malinconica, testo un po' criptico, insomma: splendida. E' questa canzone che ha dato l'impulso finale al racconto. Parla di una ragazza (Cooper... be', qui è un ragazzo...), che va via di casa, lasciando la casa in disordine e il vicino turbato a rispondere al telefono per lei. Le similitudini con il mio racconto, che non per niente si intitola come la prima canzone dell'ultimo album dei Roxette, sono esplicitamente volute. :) Grazie per aver letto. --Monica