Monica Monti Castiglioni

Humana Species 2:

Il Canto Comune

X-2MC06300399

 

Rigelville, Maryland

15 marzo 1999, 5:25 pm

 

"Lo so che l'hai visto."

Silenzio.

"E non fare quella faccia."

Silenzio.

"Non è colpa mia."

Silenzio.

"Non mi hanno creduto, io gliel'ho detto."

Silenzio.

Jennifer, stanca di quella mancanza di reazioni da parte dell'amico, si alzò in piedi ed andò alla finestra. "Ok, capisco. Sei stato tu a vederlo, sei tu che devi avere quelle... crisi post-traumatiche... o come si chiamano." La bambina sospirò. "Mi dispiace."

"Miao."

"Oh, be', lo so. Non ti preoccupare, non mi sono offesa."

Jennifer s'inginocchiò e prese tra le braccia il suo gatto.

 

 

FBI, Quartier Generale, Washington DC

Ufficio degli X-Files

17 marzo 1999, 10:13 am

 

 

Mulder accartocciò un foglio e lo lanciò verso il cestino stazionante dietro la scrivania della collega.

Scully alzò lo sguardo dal computer, lanciandogli uno sguardo severo.

"Centro?" chiese lui, sorridendo beatamente.

"No." Scully raccolse la carta con la punta delle dita, quindi gliela rilanciò indietro. "La prossima volta, Mulder, usa il tuo di cestino, ok?"

"A-ah..." disse lui, prendendo la mira per lanciarlo di nuovo verso di lei. Questa volta fece centro.

"Mulder, smettila."

"Scully, rilassati. Finché non ci sono casi, possiamo restare un po' tranquilli non credi?"

"Non vedo perché non sfruttare il tempo al meglio comunque, Mulder. Rapporti da concludere, casi da archiviare..."

Fu interrotta da un sonoro sbadiglio di Mulder.

"Grazie."

"Scusa." fece lui.

"Dormito poco 'sta notte?" L'irritazione aveva lasciato il posto alla preoccupazione.

"Non molto. C'era un gatto idiota che continuava a miagolare come un pazzo."

"Almeno lui si stava divertendo." disse Scully, senza dare molto peso alle parole che lei stessa diceva.

"Come?"

"Ah, niente, Mulder."

"Ti sembra divertente miagolare con un pirla tutta la notte?"

Scully sospirò e smise di scrivere al computer. "Mulder, sai cosa intendo."

Fox stava per ribattere, quando qualcuno bussò sulla porta. "Avanti!" disse lui.

"Il vostro ufficio è veramente nei sotterranei!"

La frase risultò vagamente familiare a Scully, ma lasciò il pensiero da parte per salutare l'amica appena arrivata. "Ciao Mel." le sorrise.

"Hola-ò, Dana. Ciao Mulder, tutto bene in questo fondo d'inferno?"

Fox le strizzò un sorrisetto: "Qui bene, nel tuo buco d'inferno invece come va?"

"Mi c'hanno appena cacciato via." disse lei, abbandonando finalmente la soglia della porta.

"Trasferita?" chiese Scully.

"No, per ora sono in gita a Washington. Svanzen non vede l'ora di togliermi dai piedi, così appena gli ho chiesto un caso in trasferta me l'ha concesso. Alzò la cartelletta. "Et voilà! Svanzen ha parlato con Skinner e Skinner ha suggerito di appiopparmi a voi due." Lanciò un sorriso maligno a Mulder. "Contento, Foxino?"

"Chiamami ancora un'altra volta "Foxino" e ti stacco la testa dal collo." ribatté Mulder, serio. "E, comunque, no, non sono per niente contento di lavorare con te." Ma quest'ultima frase era pronunciata con un sorriso.

Dana s'intromise nella discussione prima che scoppiasse una benevola, innocua rissa, ma che sarebbe stata pur sempre una rissa. "Di che si tratta?"

Carter le porse il fascicolo. "Avete sentito parlare di Jennifer Robertson?"

"No." fece Mulder.

"E' quella bambina affetta da autismo che guarì, sembra, grazie alla pet-therapy, giusto?"

"Sì, infatti proprio lei." Mel indicò il fascicolo con un gesto dalla mano. "E' uno dei casi più famosi, soprattutto per il fatto che scatenò diverse reazioni contrarie alle cure con gli animali presso il centro psichiatrico di St. Patrick Hills."

"Fu seguita dalla dottoressa Megan Bazzini?" chiese Mulder.

"Sì, proprio lei. La conosci?"

"Seguii un suo seminario, anni fa, in cui parlava appunto della pet-therapy. Mi parve abbastanza convincente. Quali effetti ebbe sulla bambina per scatenare un mezzo scandalo?"

Carter scrollò le spalle. "Niente di strano, a mio parere. Jennifer iniziò a parlare con il proprio animaletto..." Cercò una foto nella cartelletta che Dana teneva in mano. "Il qui ritratto Flooffy." Mulder inarcò le sopracciglia, guardando alternativamente il gatto bianco a macchie tigrate e la donna che teneva in mano la foto. "Questi è la pietra dello scandalo." Mel piazzò la fotografia in mano all'agente, quindi riprese: "Si diceva che la bambina parlasse un po' troppo con il gatto, visto che Jennifer diceva che il gatto le rispondeva anche."

"E questo è il caso?" fece Mulder. "Adesso non solo a caccia di polli, pure a caccia di gatti?"

"Aspetta, Mulderino, la favola non è ancora finita."

"Carter, mi ripeto, se non la pianti di darmi tutti questi stupidi soprannomi ti stacco la testa."

Mel rise. "Mi piaci quando t'incazzi, Mulder, sei più umano e meno alieno." Vide Dana alzare gli occhi al cielo, ma non capì a chi dei due era rivolta l'espressione. Forse ad entrambi. "Comunque, sembra che il gatto, in un'escursione notturna, abbia visto un omicidio e sia andato a raccontare tutto alla bambina..." Non riuscì a concludere la frase, perché nel frattempo tutti e tre erano scoppiati a ridere.

"Ragazzi." riprese Carter. "Io ho riso perché ridevate anche voi, ma non credo che conoscendo il resto della storia vi verrebbe tanto da ridere."

"E cioè?" chiese Mulder, sedendosi sul bordo della scrivania.

"Cioè che Jennifer è andata a raccontare tutto alla polizia, naturalmente nessuno le ha creduto. Ma la deposizione della bambina è finita non so come sulla mia scrivania e mi sono incuriosita. Ho mandato una squadra a scavare ed è emerso un cadavere, esattamente là dove Jennifer aveva indicato."

"Mio Dio..." sussurrò Scully, estraendo una fotografia di un cadavere dal fascicolo. "L'avete identificato?"

"Sì, si tratta di Lenina Jenskin, una studentessa di Yale." Mel parlava quasi sottovoce. E in un sussurro aggiunse: "22 anni."

"Come è morta?"

"Strangolamento."

Mulder stava guardando il fascicolo da sopra la spalla della collega. "Potrebbe essere stata Jennifer stessa a vedere l'omicidio."

"E' quello che ho ipotizzato anch'io. Ho pensato che la bambina fosse uscita di notte, di nascosto dai genitori. Quello che ha visto è talmente spaventoso che ha pensato di far passare la testimonianza come quella del gatto. Un modo di prendere le distanze dal trauma."

"Ma?" chiese Scully.

"Ma ci sono 4 ore di cammino dalla casa dei Robertson fino alla fattoria dove è stato sepolto il corpo. E in più i genitori di Jennifer mi hanno assicurato che la bambina non poteva uscire senza far scattare l'allarme o senza disattivarlo, ed in entrambi i casi l'avrebbero comunque saputo. In più dicono che Jennifer non l'avrebbe fatto."

"E quindi la gatta da pelare l'abbiamo noi." concluse Mulder.

"Esatto." replicò Mel.

Dana chiuse il fascicolo. "Carter, hai richiesto tu il caso, dopo aver trovato il cadavere?"

"No, mi è stato assegnato d'ufficio, per aver svolto le prime indagini... perché me lo chiedi?"

L'agente appoggiò il fascicolo alla propria scrivania. "Se ti sono arrivati ordini dall'alto, per questo caso..."

"Stai pensando alla fine che ha fatto Lara?" la interruppe Mel.

"Anche."

Carter sospirò e abbassò lo sguardo. "Non voglio che Jennifer faccia la stessa fine. Ma Lenina Jenskin è stata assassinata e voglio sapere perché."

 

 

Rigelville, Maryland

17 marzo 1999, 3:21 pm

 

La casa dei Robertson era una piccola villetta circondata da un grande prato. Una bambina e un gatto si stavano rincorrendo attraverso le altalene di legno.

Carter osservava la bambina dalla finestra mentre ascoltava Mulder e Scully interrogare la madre.

"Jenny adesso sta bene. Stava bene, almeno fino a poco tempo fa. Certo... c'era quel problema del fatto che parlasse col gatto." stava raccontando la signora Robertson. "Però per il resto... era brava, obbediente, e da quando è guarita dall'autismo ha svelato un'intelligenza acuta."

Mulder lanciò un'occhiata verso la finestra.

"Jenny rimase in cura per molto tempo. I medici non trovarono nemmeno una possibile causa al suo autismo. Poi, quando abbiamo saputo della pet-therapy della dottoressa Bazzini, abbiamo subito tentato. Non c'è voluto molto tempo. Tra Jenny e Flooffy s'è creata subito un'armonia, un'empatia..."

"Posso parlare con lui?" chiese Mel ad un tratto.

"Lui?" fece la signora Robertson.

"Lei." si corresse Carter. "Jennifer."

La donna annuì e con un tacito accordo, Mulder e Carter lasciarono Scully a parlare con la madre ed uscirono.

Jennifer e Flooffy si stavano rincorrendo intorno ad un albero, ma quando videro i due estranei avvicinarsi, si fermarono. La bambina prese in braccio il gatto, con aria seria.

"Ciao, Jennifer." disse Mulder.

Mel si limitò a sorriderle.

"Tu sei quella che ha dato retta a Flooffy?" le chiese la bambina.

La donna si sedette davanti a lei sul prato. "Non so... io ho solo dato retta a quello che ho letto che tu stessa hai detto."

La bambina osservò Mulder per qualche istante. "Me lo ha detto Flooffy."

Carter annuì. "D'accordo." Fece cenno a Fox di sedersi. Poi riprese. "Come fai a parlare con il tuo gatto?"

"Che domanda stupida." disse la bambina, sedendosi a sua volta. "Gli parlo. E lui mi ascolta. Lui mi parla e io lo ascolto."

"Semplice." disse Mel. "Dici che potrei farlo anch'io?"

Jennifer scosse la testa. "No, Flooffy odia gli estranei."

Mel estese lentamente una mano. "Bene, piacere Jennifer, io sono Mel e lui è... ehm..."

"Fox." fece Mulder.

La bambina osservò le mani distese verso di lei, ma non fece nulla, finché gli agenti decisero di ritirarle. Carter disse: "Ciao Flooffy.", stendendo una mano verso il gatto. L'animaletto la guardò con fare sospetto, quindi allungò una zampa nell'atto di graffiarla, ma alla fine si limitò a darle una leggera pacca sulla punta delle dita con i morbidi cuscinetti rosa.

"Ehi, batti il cinque, micio."

Il gatto ritrasse la zampa.

"Non gli piace essere chiamato "micio"." spiegò Jennifer.

"Oh, scusami Flooffy. Non volevo. Bel nome "Flooffy". Che cosa significa?"

Jennifer scrollò le spalle. "Significa "Fluffy"."

"Ah. Morbido." Flooffy saltò fuori dall'abbraccio della bambina per andare scrutare da vicino il volto della nuova arrivata. "Ciao, Flooffy. Piacere di conoscerti." Allungò lentamente una mano, raggiungendo la gola del gatto e iniziando ad accarezzarlo. Il gatto chiuse gli occhi e tirò in dietro la testa, per darle miglior accesso a quel piacevole tocco.

"Li conosci bene i gatti..." disse Jennifer, guardando il proprio animaletto.

Mel le sorrise. "Ho lavorato per un po' di tempo in un negozio di animali."

Mulder la guardò: "Davvero?"

"*Prima* di diventare agente dell'FBI."

"Mi stupisci, Carter."

"Stupisci me. Di solito Flooffy non si lascia accarezzare così dagli estranei." disse Jennifer.

Mel le sorrise. "Ora che ho la fiducia di Flooffy, posso essere onorata di avere anche la tua?"

La bambina allungò la mano e disse: "Ok. Chiamami Jenny."

"Jenny, so che forse la domanda ti sembrerà di nuovo stupida... però, io so che Flooffy non parla la nostra stessa lingua. Non è vero?"

"Sì. E' vero."

Mel annuì, lentamente, passando ad accarezzare la testa del gatto, che sembrava in preda a una crisi di piacere. Mulder prese parola: "Come fai a capirla?"

"La conosco. L'ho imparata quando la dottoressa Bazzini mi ha dato Flooffy."

Carter smise di accarezzare il gatto e Flooffy aprì gli occhi e si rimise sulle quattro zampe, indietreggiando finché non fu davanti alla bambina come una guardia. Mel lo guardò per qualche istante nel silenzio, poi gli chiese: "Flooffy, sei stato tu a vedere gli assassini, vero?"

Il gatto la osservò per qualche istante, meno stupito di Fox Mulder. Poi Flooffy strizzò gli occhi una volta.

"Ha detto di sì." concluse Mel.

Jenny sorrise. "Anche tu sai parlare coi gatti, allora."

Carter si alzò in piedi. "Conosco qualche parola del Canto Comune." Le rispose. "Jenny, sai se Flooffy conosce l'identità degli assassini?"

La bambina abbassò lo sguardo.

"Jenny, che c'è?"

"Non me lo vuole dire." concluse la piccola. "E' l'unica cosa che non mi ha detto... E' la prima volta che si rifiuta di dirmi qualcosa."

Mel si accovacciò davanti al gatto. "Flooffy, lo diresti a me?"

Il gatto girò il volto verso destra, poi alcuni istanti dopo si rigirò verso di lei e mosse l’orecchio destro.

Carter sospirò. "Grazie della collaborazione." fece con tono scocciato al gatto.

"Lo sapevo." fece Jennifer.

"Ok." La donna sorrise. "Posso tornare a trovarti tra un po'? Così, solo per parlare. Magari mi chiami tu." Le diede un biglietto da visita.

"Volentieri, agente... Carter. Io non ho molti amici... tutti dicono che sono pazza... e io e Flooffy adoriamo la compagnia dei grandi."

"Chiamami Mel. O Joy Melody."

Flooffy si girò verso la bambina. Lei fissò la sua attenzione sull'animale, quindi si rivolse di nuovo a Carter. "Svet va bene?"

"Come?" replicò la donna. Mulder poteva giurare di averla vista trasalire.

"Se va bene che ti chiamo Svet."

"Svet?" Mel sorrise. "Va bene, ma come lo sai?"

"Non so. Me l'ha detto Flooffy. E’ carino."

"Sì, è carino. Sempre meglio di Fox."

Mulder le lanciò uno sguardo assatanato. La donna indicò Scully che stava uscendo dalla casa, salutando la signora Robertson. Salutarono la bambina e si diressero verso il cancello. "Dirai a Scully che hai parlato col gatto?"

"Perché no?"

Arrivarono al cancello assieme e Mel uscì per prima svicolando tra i due. "Il gatto è innocente, Dana." disse. Scully lanciò uno sguardo interrogativo ai due. "L'ho interrogato io." "spiegò" Carter, scivolando sul sedile posteriore dell'automobile.

Scully entrò in macchina e si girò verso di lei. "Cosa vuol dire?"

"Hai mai sentito parlare del Canto Comune?"

Dana lanciò un'occhiata a Mulder. "Sì... Credo che fosse in una teoria di qualche decennio fa, un qualche zoologo propose l'idea che tutti gli animali parlassero tra loro con un linguaggio chiamato il Canto Comune."

"Lo zoologo, che poi era una zoologa di nome ++++++, risolse in questo modo anche uno dei più antichi problemi dell'umanità: cosa distingue l'uomo dagli animali."

Mulder guardò l'agente nello specchio retrovisore, poi riportò l'attenzione sulla strada.

"Che sarebbe?" chiese Dana.

"Non diede una definizione positiva, ma una negativa. Diceva cosa l'uomo non è. L'uomo è l'unico animale che non conosce il Canto Comune per natura."

"Una risoluzione un po' strana a un problema millenario." commentò Mulder.

"Dovresti stare zitto in fatto di soluzioni strane." ribatté Carter.

"Un attimo, dire che gli alieni sono sulla Terra è ben diverso dal fatto che tutti gli animali parlino tra di loro..."

"Sì, infatti, gli alieni sono meno plausibili."

Mulder lanciò uno sguardo a Scully. Lei alzò le mani: "Non chiedetemi di giudicare in questa discussione, mi sembra tutto completamente assurdo."

Mel strizzò un sorrisetto a Mulder.

Scully si girò appena verso di lei. "Com'è che allora tu e Jennifer sapete parlare il Canto Comune?"

"Io non lo so parlare. So solo qualche parola. Ma sia io che Jenny l'abbiamo imparato, non lo conoscevamo a priori."

"Ah, Carter, questa storia è assurda!" esclamò Mulder.

"Non è da te comportarti in questo modo. Insomma, quando ho chiesto a Flooffy se sapeva chi erano gli assassini, l'interpretazione che ho dato io alla sua risposta era la stessa che gli ha dato Jenny."

"Carter, la bambina voleva che il gatto dicesse di sì. E ti ha dato ragione perché le faceva comodo. Altrimenti ti avrebbe detto che era un "no"."

"Il gatto ha *detto*?" replicò Scully.

"Sì, mi ha risposto." fece Mel, con un tono annoiato.

"E come? Ha strizzato gli occhi una volta?"

Mulder e Carter si guardarono di scatto.

"Che... s-succede?" chiese Dana.

"Come lo sapevi?"

Scully rimase un momento in silenzio, poi riprese. "Uhm... Ecco... La prima volta che ho sentito parlare del Canto Comune... è stato da Melissa. Avevamo un gatto, a San Diego, e lei diceva... diceva che per dire sì, chiudeva gli occhi una volta e per dire no..." Dana si fermò un momento, poi concluse insieme a Mel: "muoveva una volta l’orecchio destro."

Nell'automobile cadde il silenzio per diversi istanti.

Fu Mulder a riprendere: "Carter, dove hai imparato il Canto Comune?"

"Non lo so. In Russia, credo. Per il poco che ne so, ero circondata da animali, dove vivevo... E se Lara era veramente quello che si crede..." Sospirò. "E Melissa?"

Dana scrollò le spalle: "Non ho idea. Da qualche libro, da qualche..." Sorrise. "Direttamente dal nostro gatto, forse."

"Carter?" la chiamò Fox dopo un breve silenzio.

"Yes sir?"

"Che significa "Svet"?"

Mel si tirò dritta di colpo, come se si fosse appena seduta u un cactus. "Ah... il... nome... eh..."

"Svet?" replicò Dana.

"Flooffy ha detto... avrebbe detto a Jennifer di chiamare Carter "Svet"."

Lei sospirò. "Credo... forse... non se sono sicura... credo che sia il diminutivo di "Svetlana"."

Mulder guardò nello specchietto: "Svetlana?" Cercò un posto vuoto nel parcheggio dell'FBI, quindi si fermò.

"Credo che sia il mio vero nome." sussurrò uscendo dalla macchina.

Mulder lanciò un'occhiata a Scully da sopra il tetto, quindi la seguirono. "Lo deduci da quello che ha detto Flooffy?" lo chiese Mulder.

Mel si fermò, per permettere ai due agenti di farle strada. "No..." sussurrò. Estrasse il cellulare e chiedendo scusa rimase fuori dall'ufficio. Digitò un numero familiare.

"Svanzen."

"Ciao, sono Carter." disse lei, con uno tono abbattuto.

"Che succede, Mel? Qualcosa è andato male?"

"No, niente. Sono stata da Jennifer Robertson."

"Sì... come da contratto."

Mel sospirò. "Senti... so che come al solito mi darai della pazza paranoica... Ma quel gatto... Jenny sa capire cosa dice. E le ha detto di chiamarmi "Svet"."

"Svet?" ribatté subito Oliver, con fare leggermente annoiato.

"Svetlana... Lo so che..."

"Il gatto... E chi ti ha detto che il tuo vero nome è Svetlana? Alex se non sbaglio."

"Oliver..."

"Senti Carter, in onore dei vecchi tempi, mi faresti un piacere? Pianta Alex. Chiunque sia, piantalo."

"Oliver, come puoi dire una cosa del genere?"

"Lo dico, ricordi che ho piantato le mie ultime sette ragazze?"

"Io amo Alex." disse Carter. "Ed è l'unico collegamento che ho col passato."

"Prima di incontrarlo, eri una persona quasi normale."

Carter scosse la testa e chiuse la comunicazione. "Bell'amico." Spinse la porta dell'ufficio degli X-Files, ritrovando i due agenti occupati alle rispettive scrivanie. "Temo che non siamo molto avanti nel caso, non è vero?"

Scully alzò lo sguardo dal computer. "Credo che abbiamo bisogno di rivedere i dati accumulati." Diede un'occhiata all'orologio. "Da quanto sei in piedi, Mel? Mi sembri un po' stravolta."

"Da un po'." fece lei, soprappensiero. Poi si scrollò e disse: "Sì, be' forse è il caso che vada a cercare un motel. A che ora domani?"

"Sul presto." rispose Mulder, che ancora stava leggendo. "Alle nove."

Scully si alzò. "Mel, eri qui in taxi, vero?"

"A-ah." fece lei in risposta, stringendosi attorno la giacca di pelle.

"Ti do un passaggio io, sto per uscire."

Carter annuì: "Se non è un problema." Poi si rivolse a Fox: "A domani."

Uscì dall'ufficio insieme a Scully.

 

 

Appartamento di Dana Scully,

Annapolis

18 marzo 1999, 2:12 am

 

Carter si svegliò con un brivido. Si strinse attorno le coperte, maledicendo le sue crisi di freddo, rigirandosi sul divano di Scully. Si mise a sedere quando sentì un rumore provenire dalla stanza accanto. Accese l'abat-jour sul tavolino, quindi si mise in piedi e camminò silenziosamente fino ad arrivare a sedersi sul letto accanto a Dana. "Ehi?" la chiamò, prendendole una mano.

Scully si girò verso di lei, quindi sbatté gli occhi e si svegliò.

"Un incubo?"

Dana ci mise alcuni istanti per capire chi fosse la donna seduta accanto a lei. "Già..." convenne alla fine, mettendosi a sedere.

"Hai sognato che sposavi Mulder?"

Dana sorrise e scosse la testa. "Ho... no, niente, lascia stare."

"No, dimmi pure."

Scully si girò ed accese la lampada sul comodino. "Quattro anni fa sono stata rapita." riprese lei. "Non ho ricordi precisi di quell'esperienza. Ho perso tre mesi e..." Scully scosse la testa. "Niente, a volte ho questi incubi."

Carter annuì. "Mi dispiace. Hai provato con l'ipnosi regressiva?"

"Ha peggiorato la situazione." rispose Scully velocemente. "E tu?"

Mel annuì. "Sì, ho tentato. Vuoto totale. Il medico che mi aveva in cura ha detto che non era mai stato così deluso."

"Non ricordi proprio niente?"

La giovane capì che Scully stava facendo di tutto per trasportare il discorso lontano da sé, e accettò l'argomento. "Ricordo... ricordo una stanza. Era una stanza molto grande e c'erano molte cassette di legno affiancate. Io venivo messa in una di quelle e c'era un..." fece un movimento con le mani poi disse: "Scëty..." disse con una spiccata pronuncia russa. "Uhm... Pallottoliere... Solo che io ero più interessata agli animali di pezza." Sorrise. "Poi ho un vuoto e... di quel periodo... ricordo solo il freddo. Faceva molto freddo..."

"Freddo? Be', se eri in Russia è comprensibile."

"Sì..." Mel sorrise. "L'ultimo ricordo che ho è un abbraccio di un mio amico."

Dana osservò per qualche istante l'amica. "Un tuo amico speciale?"

Carter scoppiò a ridere. "Sì. Specialissimo. L'ho rincontrato, ultimamente."

Scully sorrise. "Davvero? Com'è successo?"

"Credo che sia stato un miracolo. L'ho incontrato a New York."

"E' anche lui un agente?"

Mel scosse la testa. "Lo era. Ha mollato tempo fa. Sai... sai la cosa strana? Mi ha... riconosciuto. Io avevo appena finito di fare un turno di sorveglianza. Lui mi ha fermato e... mi ha chiamata. Quando mi sono girata... siamo stati a guardarci per cinque minuti e alla fine lui... mi ha salutato: "Dasfidagna Ociciornie". In russo."

"Dev'esserci molto affetto tra voi due, non è vero?"

Mel abbassò lo sguardo e si morse le labbra. "Sì. E poi..." Sospirò e guardò Scully. "E' l'unico legame che ho col passato. Lui sta cercando di aiutarmi a scoprire cosa successe dopo che lui se ne andò dalla Russia."

"E prima?"

Mel si mise a sedere a gambe incrociate accanto alla collega. "Be'... lui dice che ero figlia di una delle scienziate che facevano parte del Proekt."

"Proekt?"

"Sì... Il Progetto... Da quello che ho capito si trattava di migliaia di esperimenti, da uno dei quali nacque Lara."

Scully annuì.

"Un altro era quello della creazione di un esercito perfetto."

"Facevi parte di questo?"

Mel annuì. "Il Progetto era un'associazione interna al KGB, portata avanti dalle alte sfere governative. Ebbe parte nei primi esperimenti spaziali, nella guerra fredda... Faceva esperimenti di ogni tipo, sulla vita in assenza di gravità, sulle cure, sull'eugenetica. Si dice anche che tentarono le prime clonazioni."

"Ma questo è incredibile... ma nessuno ne sapeva niente?"

"No, era tutto sotto stretto segreto."

"E Alex?"

"Alex faceva parte come me dello squadrone dell'esercito. Ha qualche anno in più, ma nella nostra unità eravamo in pochi bambini e venivamo tenuti tutti assieme. Io, lui, Lara e pochi altri. Credo che sia stato lì che ho imparato a parlare con gli animali. Doveva esserci anche quell'obiettivo per il Progetto."

"Sono tutte cose che sai attraverso Alex?"

Mel iniziò a giocherellare con una ciocca di capelli. "Sì. Non ricordo niente."

"Credi che lui ti dica la verità?"

"Sì." Mel sorrise. "Sì, lui... è sincero con me."

"Adesso cosa fa Alex?"

Mel abbassò lo sguardo di colpo. "Ah... uhm... lavora per una sorta di... agenzia di servizi."

"Sai, un po' ti invidio." disse Scully, di colpo.

"Perché?"

"Perché... per quello che tu hai con Alex. Dev'essere un bravo ragazzo."

--Oh merda.-- pensò lei. "No. Non lo è. Ma con me... è splendido... Meglio di Mulder con te."

Dana scoppiò a ridere. "Mi chiedo perché tutti quando pensano a un mio possibile fidanzato individuano Mulder."

Mel sorrise. "Siete così uniti..."

"Già..."

"L'unico collega stretto che ho avuto io... oh mio Dio, mi hanno sospeso per due settimane..."

Scully rise. "Non andavate d'accordo?"

""Non andavamo d'accordo" è un eufemismo. Quasi ci ammazziamo se Svanzen e Skinner non ci dividono. Skinner è riuscito a tenere indietro Spender. Tra l'altro, poveretto, era lì solo per trovare Svanzen, non per lavoro. E' da lì che il vostro vicedirettore ha preso il suo soprannome "SuperWalter"."

"Spender?" chiese Dana.

"Uh... non dirmi che hai avuto il dispiacere di conoscerlo anche tu."

"Infatti. Non era... molto simpatico neppure a me."

"Una gran testa di cazzo, Dana." disse lei. "Siamo stati assegnati per tre mesi come colleghi, non abbiamo risolto nemmeno un caso e alla fine siamo stati divisi... ah... non dirmi, lui è stato trasferito a Washington?"

Dana annuì. "Almeno credo, ora lavora lì."

"Mi sa che devo ritirare la richiesta di trasferimento."

Scully sorrise.

"Uh... Ti ho tenuta sveglia con le mie balle per troppo tempo." Si mise in piedi.

"E' stato piacevole." concluse lei.

"Allora, ri-buona notte."

 

 

Rigelville, Maryland

18 marzo 1999, 5:05 am

 

"Come credi che l'abbiano scoperto?"

"Io non ne ho idea. E' stata la bambina a dire tutto alla polizia."

"Già, e come l'ha saputo? Dal gatto?"

"Sì, ma il gatto non ha detto il nome dell'omicida."

"Il gatto..."

"Senti, sappiamo entrambi che la bambina non dirà mai niente, senza una protezione. Basta far scomparire il gatto ed è tutto finito."

"Non mi puoi chiedere di fare questo."

"Cosa?! Dopo aver ucciso una ragazza di ventidue anni ti fai venire gli scrupoli a far fuori uno stupido gatto?"

"Io non credo che tu abbia colto il fatto che quel gatto è l'unica cura che ha riportato in vita *mia figlia*."

"Ormai è guarita. Comprale un altro animale."

 

 

Rigelville, Maryland

18 marzo 1999, 4:27 pm

 

"Jenny! Sono tornato!"

La bambina, dal cortile, si alzò in piedi di scatto, correndo verso il padre sulla soglia di casa. "Ciao papà!"

"Ti ho portato una sorpresa."

"Cos'è? Un nuovo cesto per Flooffy?"

"Oh, molto meglio." Il padre diede una carezza sul capo della bambina. La prese per mano e la condusse fino all'automobile. "Guarda sul sedile posteriore."

Jenny sorrise al padre, quindi aprì la portiera. E rimase immobile, in silenzio.

"Allora, tesoro ti piace?"

La bambina fece un passo indietro. "Ma... papà..."

L'uomo prese tra le braccia il cucciolo di pastore tedesco e lo mise sul prato. "Non è carino?"

"Papà... E' un cane."

"Sì, a te piacciono i cani, non è vero?"

"Sì... mi piacciono... ma non andrà d'accordo con Flooffy!"

"Tesoro, ma che dici? Su, va in casa e dì alla mamma che arrivo subito."

Jennifer annuì, correndo verso la porta. "Mamma!" chiamò entrando. "Mamma, papà ha preso un cane!"

Mentre Flooffy trotterellava verso la voce straziante della sua "umana domestica", la signora Robertson uscì di corsa intenzionata a far riportare il cane da dov'era venuto.

Ma quella notte, il cucciolo era accoccolato sulle scale della casa, intento in un sonno profondo.

 

 

FBI, Quartier Generale, Washington DC

Ufficio degli X-Files

19 marzo 1999, 5:25 pm

 

"Conclusioni delle ultime due giornate?" chiese Mulder.

"Intendi... cosa abbiamo scoperto?" fece Carter, che stava facendo una specie di ginnastica seduta a gambe incrociate su una sedie dell'ufficio degli X-Files. Scully era uscita poco prima per un salto ai bagni.

"Uh-ah."

"Oltre al fatto che il divano di Scully è corto persino per me?"

Mulder rise, osservandola collega sgranchirsi il collo.

"Chissà per te."

"Come?" ribatté Mulder.

"Lascia stare."

Un telefono squillò appena Scully aprì la porta.

Mulder raggiunse il proprio cellulare nella tasca della giacca. "Pronto?... Come?.. Chi?... Stai calma, dimmi cos'è successo... Jennifer..." L'attenzione delle due donne fu istantaneamente riportata verso il collega. "Jennifer... stai calma. Adesso dimmi..." Mulder alzò lo sguardo verso Scully. "Jennifer. Ascoltami bene. Ora stai tranquilla dove sei... No. Stai lì. Arriviamo subito." Mulder spense il cellulare e si avviò con le due colleghe per i garage. "Jennifer ha detto che il suo gatto è sparito. E che suo padre le ha portato un cane che lei *non* voleva."

 

 

 

Rigelville, Maryland

19 marzo 1999, 7:07 pm

La signora Robertson aveva spiegato agli agenti che il gatto era scomparso poche ore prima. La figlia non aveva smesso per un solo momento di piangere, nonostante la madre cercasse di incoraggiarla, alludendo al fatto che spesso i gatti scompaiono da casa, ma poi tornano. Ma la bambina era convinta che il gatto non se ne fosse andato da solo. Che fosse scappato per paura.

"Posso parlare con Jenny?" chiese Carter.

"Qualsiasi cosa per lei." disse la madre.

Mel salì le scale e bussò sulla porta, sentendo i due agenti arrivarle alle spalle. "Posso entrare, Jenny?"

"Mel, sei tu?"

"Ehilà. Allora, Flooffy non ti ha detto dove potrebbe essere andato?"

"No. E' scappato di corsa. In fretta."

"Non sai il perché?"

"Sì... credo che avesse paura che l'assassino lo... voglia morto."

Mel si sedette accanto alla bambina. "Non avete un posto segreto? Un posto dove potrebbe essere andato a nascondersi?"

La bambina la guardò senza rispondere, uno sguardo severo.

"Jenny? Dimmi cosa c'è."

"Non è più segreto quel posto. Ce l'hai mandata tu la polizia, a scavare, vero? Sei stata tu a far ritrovare il corpo di Lenina, non è vero?"

Mel annuì. "Nel granaio. E' là, adesso?"

"Io... credo di sì."

Carter si alzò di corsa.

"Mel!" urlò Jennifer. "Io non voglio che Flooffy muoia!"

La donna si girò lentamente verso di lei: "E' un testimone troppo prezioso, per perderlo."

Carter lanciò un'occhiata ai due colleghi. Quindi i tre assieme uscirono di corsa verso il granaio.

Arrivarono al vecchio edificio di legno. Carter si guardò intorno, avvistando un guizzo bianco tra le tavole di legno. "L'ho trovato." sussurrò. "Vieni Flooffy. Non vogliamo farti del male."

"Credi che capisca?" disse Mulder, dietro di lui.

"Boh. Forse. La teoria di +++++++ diceva che dato che gli animali non devono stare ad imparare a parlare un linguaggio orale, allora hanno il tempo di stare a imparare a capirlo."

Scully rimase ad osservare la scena.

"Flooffy. Vieni." Il gatto avanzò di qualche passo. "Ho bisogno di sapere una cosa. Se tu ci dici chi è l'assassino... nessuno avrà più la necessità di ucciderti."

Mulder lanciò un'occhiata Scully. Un'occhiata che significava: "Se sei scettica, sono d'accordo con te. Questa è pazza.".

Il gatto uscì dal nascondiglio. Fece le fusa, poi fece un giro intorno alle gambe di Mel, sfregandosi contro di lei. Poi saltellò, si buttò sulla schiena, con le zampe all'aria. E fece di nuovo le fusa. Poi restò calmo, steso su un fianco per alcuni minuti. Finché Mel non si spazientì. "Ok, ho capito. Lasciamo stare."

"Che ti ha detto?" chiese Mulder.

"Per quanto mi riguarda niente." fece lei. "Anche se questa posa finale la interpreto come: "lasciami in pace che non me ne frega di niente"." Si chinò per raccogliere il gatto, quindi, con zampe che uscivano da ogni lato delle sue braccia uscì assieme ai due agenti.

Tornarono alla casa dei Robertson poco dopo e, appena entrarono, il gatto (che si era fatto portare per tutto il tempo) si staccò con un balzo dalle braccia di Mel e corse verso la stanza della sua "umana domestica".

"Avete ritrovato Flooffy?!" chiese felicissima la madre di Jennifer.

"Già." fece Carter, sgranchiendosi le braccia. "Cicciottelo, il tipo."

"Grazie." disse una voce maschile.

"Uh, il signor Robertson, presumo." disse Carter.

"Sì, sono io." Lui sorrise.

"Se non le dispiace, vorremmo parlare ancora con sua figlia." disse subito Mel, con un tono freddo che stupì tutti i presenti.

"No, credo che ora sia troppo tardi per parlare con Jenny. Voglio che riposi."

Una voce dall'alto delle scale fermò ogni protesta di Mel ed ogni argomentazione dell'uomo. "Mel, Dana, Fox! Grazie!!!" Era Jennifer.

I tre agenti la raggiunsero in alto alle scale. Carter si piegò in avanti, come per parlare in confidenza alla bimba. "Ho bisogno del tuo aiuto a decifrare quello che dice Flooffy."

Jennifer annuì.

Entrarono nella sua camera, chiudendo la porta. Mel estrasse una penna e un blocchetto per gli appunti, sedendosi davanti a Jenny, come suo solito, a gambe incrociate, i due colleghi la imitarono sedendosi alle sue spalle. Flooffy, al centro della stanza, riprese la danza. Fece le fusa e Mel scrisse una R. Poi fece un giro intorno alle gambe di Jenny, sfregandosi contro di lei. Carter annotò O. Poi il gatto saltellò, si buttò sulla schiena, con le zampe all'aria. Mel fece due punti interrogativi. E quando Flooffy fece di nuovo le fusa, Mel scrisse un'altra R. Si raggomitolò prima di distendersi di nuovo tra le braccia della padrona. Jenny strinse a sé il gatto. "Lo so... Oh, Flooffy, non ti preoccupare, lo so."

Mel mostrò il taccuino alla bambina. "RO??R???????"

Jenny tenne con la destra il gatto e prese nella sinistra la penna per scrivere. "Mel, sai che non sei niente male per essere una persona adulta?"

Carter sorrise. "Ci ho preso?"

"Tre simboli su sei non è niente male." Jenny si mise a scrivere sopra ai punti di domanda. "ROBER-figlio."

"Robertson." disse Scully.

Jenny annuì, lo sguardo serio e triste.

"Mi dispiace, Jenny." disse Mel.

"Anche a me."

Mulder guardò Scully. Una tacita intesa passò tra di loro ed uscirono silenziosamente dalla stanza, lasciando Jennifer a combattere contro il dolore dell'arresto del padre.

 

 

FBI, Quartier Generale, Washington DC

Ufficio di Walter S. Skinner

21 marzo 1999, 5:25 pm

 

Skinner soppesò per qualche minuto ancora il rapporto dei tre agenti. La versione ufficiale era che Jennifer Robertson aveva visto o sentito tutta la storia. La bambina aveva conosciuto la ragazza nell'ufficio del padre, che aveva messo incinta l'allieva e l'aveva uccisa per nascondere un rapporto troppo compromettente, il complice, un assistente che aveva avuto un aiuto pesante da parte di Robertson.

La storia di Jennifer si chiudeva così. Sapevano bene che se si fosse sparsa la voce che realmente Jennifer sapeva parlare con gli animali, bambina e gatto sarebbero diventati cavie da laboratorio in un lampo.

Il vicedirettore chiuse il fascicolo e si tolse gli occhiali, massaggiandosi leggermente gli occhi.

Al di là della scrivania, solo Carter.

Stava come suo solito fissando un punto imprecisato del pavimento un paio di metri davanti a lei, immobile, ferma, respirando appena.

"Agente Carter." La voce di Skinner la distolse dai suoi pensieri. "Ho ricevuto la tua richiesta di trasferimento." disse.

Mel non rispose.

"Hai saputo che anche l'agente Spender è stato trasferito a Washington?"

"L'ho saputo da poco. Ma... non credo che ritirerò la richiesta."

"Se sei interessata agli X-Files scordateli. E' già un miracolo che ci lascino Mulder e Scully. Non assegneranno mai un altro agente a quella sezione."

"Tanto meno se con i miei precedenti di sospensione, non è vero?"

Skinner si alzò in piedi ed annuì.

"Meno cagate, Mel. Meno cagate, Mel." disse lei.

Skinner si limitò a lanciarle uno sguardo di disapprovazione.

Carter si alzò in piedi: "Ok, vado a lavarmi la bocca con il sapone da bucato."

Il vicedirettore la guardò uscire e sperò che, in caso la sua richiesta fosse stata accettata, non sarebbe finita sotto la sua giurisdizione. Un casinista come Fox Mulder bastava e avanzava. Una rompiballe come Mel Carter non ci voleva proprio.

FINE