Mosaico di Emanuele Di Nicola Fox Mulder aprì gli occhi di colpo, immerso in un bagno di sudore. Si alzò in preda ad un'agitazione indefinita e si portò fino alla finestra del suo appartamento. Scostò la tenda e guardò fuori, intravedendo una notte gelida come una lama. Si grattò distrattamente la testa, mentre i brividi gli ricoprivano il muscoloso corpo seminudo. Fu allora che lo sentì: un fruscio appena percettibile, che una persona normale avrebbe scambiato per un alito di vento; ma non Mulder. Si girò di scatto e se la trovò davanti: sbarrò gli occhi sbigottito. Fece un passo indietro, non riuscendo a smettere di osservare la figura che era di fronte a lui, lì, nella sua casa. Era una bella bambina bionda, con due treccine che le ricadevano sulle piccole spalle. Un crocifisso le pendeva dal collo. L'espressione della bocca non lasciava trasparire nulla; ma gli occhi, rotondi ed inquietanti, fissavano l'agente in uno sguardo agghiacciante. "Chi... chi sei?". La bambina mosse le labbra impercettibilmente, con le movenze rallentate di uno spettro: "Vedo che noi, quanti viviamo, null'altro siamo che fantasmi, o vana ombra."* Fox chiuse gli occhi, incapace di muoversi. Fu un millesimo di secondo: quando li riaprì, si trovò davanti solamente l'oscurità morbida ed avvolgente del suo appartamento. (sigla!) Quartier Generale dell'Fbi Washington, D.C. 8:06 a.m. Mulder entrò in ufficio aggiustandosi la cravatta. Due occhiaie vistose solcavano il suo viso come nere falci di luna. La prima cosa che colpì la sua attenzione fu la rossa sensuale, seduta al suo posto sulla scrivania. Si fermò all'altezza del poster "I want to believe" e salutò la collega Dana Scully: "Buongiorno, Scully. Come va?". "Io bene. Tu, piuttosto... hai due borse sotto gli occhi che potresti fare la spesa!" "Beh, io ci tengo alla mia immagine di Spettrale..." tentò di ironizzare Fox, senza convinzione "Scherzi a parte, Mulder; cosa ti è successo?" "Ho avuto una nottataccia. Cosa abbiamo oggi?" allungò lo sguardo sui fascicoli poggiati sulla sua scrivania. A Dana non era sfuggito il suo evidente tentativo di sviare il discorso, ma fece finta di niente; dopotutto il collega aveva una sua vita privata, e lei non ne faceva parte. Gli passò un fascicolo con il vistoso marchio "X" sulla prima pagina. "E' un caso di scomparsa. Lei si chiama Kelly Potter, ha cinque anni." Fox diede un'occhiata veloce all'incartamento, poi disse: "E' un'abduction, Scully. Ci sono tutte le modalità: i famigliari di Kelly si sono svegliati in piena notte. Una luce bianca attraversava tutto l'appartamento; sono andati a vedere, e si sono ritrovati paralizzati. Non riuscivano a muovere nessun muscolo, proprio come..." Si bloccò, trafitto dal peso dei ricordi. Una fitta di disperazione bruciava dentro il suo petto. "Mulder, non tutti i casi di scomparsa di bambini devono essere per forza rapportati a..." . Anche Scully si fermò, consapevole che non sarebbe servito a niente. "Non c'è una foto della scomparsa?" disse Mulder, appena riuscì a ricomporsi. "Sì. Guarda l'ultima pagina." Fox posò gli occhi sulla fotografia, e rimase come paralizzato. Dovette appoggiarsi allo schedario per non finire a terra. La sua voce era un debole gemito quando sussurrò: "Dio, non... non può essere vero..." La collega subito gli aveva circondato la vita con un braccio: "Non ti senti bene, Mulder?" "Questa... questa bambina..." "Cosa c'è?" Fox continuava a guardare la foto con gli occhi nocciola pervasi da lampi di incredulità. "Io l'ho vista, Scully." "Mulder, sai che non è possibile..." "Stanotte, Scully. L'ho vista stanotte." Casa Potter Washington, D.C. 9:18 a.m. Durante il tragitto in auto aveva parlato solo Mulder, con l'agente Scully che lo ascoltava attentamente. Ora che erano arrivati all'abitazione dei Potter, Fox chiese: "Cosa ne pensi Scully?" "Un caso tipico di suggestione. Stanotte hai fatto un sogno che ricordi in maniera sfocata, contorta, e vedendo la foto della piccola Kelly hai identificato la figura onirica in lei. In tutti i casi di sospetti rapimenti alieni tu sei troppo coinvolto, Mulder. Non puoi continuare così: finirai per farti male". "No, Scully. Io ricordo tutto nitidamente; era lei, non sono pazzo. Almeno non ancora." La collega tagliò corto, aprendo lo sportello dell'auto. "Nessun accenno con i Potter, naturalmente." Il suo tono era quello di un ordine Entrarono dal cancello, notando subito che la famiglia aveva un discreto orto personale, coltivato interamente a pomodori. Dana si dirigeva verso la porta, ma Fox la bloccò bruscamente: "Aspetta. Guarda quei pomodori." "Cosa hanno di strano?" Mulder si era avvicinato notevolmente all'orto. Osservò per un attimo le piantagioni, poi arrivò a cogliere uno dei vegetali; se lo rigirò tra le mani, poi disse: "Bruciati, Scully. Sono stati bruciati." In effetti un lato del pomodoro era inspiegabilmente annerito. Come questo molti altri, circa la metà di quelli piantati. "Credi che il cocente sole di maggio abbia potuto fare questo?" nella voce di Mulder c'era l'ironia amara di un uomo che ha lottato per tanti anni, collezionando sconfitte e domande. Il dialogo tra gli agenti fu interrotto da un rumoroso colpo di fucile. Una figura maschile corpulenta uscì dall'abitazione; la barba incolta gli copriva tutta la faccia, ed una smorfia grottesca era disegnata sul volto butterato. "Fermi dove siete o vi mando al Creatore! Ladri bastardi!" "Lei è il signor Jamie Potter?" azzardò Dana. "Silenzio! Se state zitti chiamerò la polizia, altrimenti ci penserò io a voi, e vi assicuro che è peggio!" "Mi chiamo Fox Mulder, e sono..." "Sei un ladruncolo dei miei stivali! E ho detto silenzio!" "...sono un agente federale" Estrasse il distintivo dalla giacca con la mossa agile di un prestigiatore. Lo stesso, nel frattempo, aveva fatto Scully. L'uomo li fissò in silenzio per una manciata di secondi, poi borbottò: "Fbi, finalmente. Entrate." La casa dei Potter era arredata con un tocco tipicamente femminile. Quel tipo di gusto particolare si doveva evidentemente alla madre di Kelly, vale a dire Julia Potter. Ma ormai tutto ciò era avvenuto parecchi anni fa. "Vi devo avvertire di una cosa." Disse Jamie entrando nel salone, finalmente con aria pacata. "Mia moglie tre anni fa cadde da una scala mentre tentava di aggiustare una tegola sul tetto. Ha sbattuto la testa; è un miracolo che sia ancora viva, ma il cervello non funziona praticamente più. Cercate di andarci piano con lei". Proprio in quel momento una signora in vestaglia scendeva una scala a chiocciola. Sul suo volto solcato dalle rughe, praticamente nessuna espressione. "Julia, ti volevo presentare questi signori..." Il volto della donna si illuminò improvvisamente: "Che bello! Abbiamo ospiti! Chi è questo giovanotto? Anche la ragazza non è male: carina, somiglia a me quando avevo la sua età..." "B... buongiorno signora Potter." Salutò Scully. "Perché, adesso quanti anni ha?" Si informò Mulder. "Oh, beh... non si chiede l'età a una signora... comunque se proprio ci tiene, ragazzo mio, ho 113 anni... contento?" "Se... se li porta molto bene." Si sforzò di dire Mulder. "Vado a preparare un tè." Annunciò Jamie, dileguandosi da quella scena penosa. "Sedetevi." Disse Julia ai federali. I tre si accomodarono; Fox e Dana si erano scambiati uno lungo sguardo. Avevano un linguaggio del tutto particolare, che altre persone non avrebbero potuto comprendere. "Lo sa perché siamo venuti, signora?" Chiese Scully, tentando invano di accennare un sorriso "Certo che lo so, ragazza: volete assaggiare il tè di Jamie... non è vero? E' il più buono di tutta Washington." "Certamente signora." Stavolta prese parola Mulder. "Ma c'è anche un altro motivo, purtroppo. Siamo venuti per sua figlia Kelly". Julia si sciolse in un sorriso luminoso. "Kelly è un vero tesoro. Non come gli altri bambini; non mi ha mai creato problemi per nulla. E' adorabile." "Ha idea... di dove possa trovarsi adesso?" Scully faticava per mantenere la compostezza. "Certo." Si limitò a rispondere Julia. "E può dirlo anche a noi?" "Se proprio ci tenete... certo che i giovani di oggi sono impiccioni... non come quelli della mia generazione; lì ognuno si faceva gli affari suoi." "Dov'è Kelly?" Mulder tagliò corto. "E' nell'orto. A cogliere i pomodori, come ogni domenica." Mulder e Scully si scambiarono un altro sguardo, profondo e significativo. "Ma oggi è mercoledì." Le fece notare Fox. "Appunto." Disse la donna. "Avete altre domande?" aggiunse poi. "Per ora può bastare, signora." La voce di Scully si era incrinata. In quel momento entrò nella stanza Jamie, con il vassoio del tè, a porre fine al tormento. "Julia... perché non vai di sopra a riposare un po'? Devo parlare di lavoro con questi signori." "Va bene, Jamie. Come vuoi tu, Jamie." La donna si alzò lentamente, baciò sulla fronte il robusto marito, e si avviò per le scale. Solo quando la sua esile figura scomparve, il padre di Kelly parlò: "Ve l'avevo detto. Julia non ha la percezione della realtà." "Signor Potter, ci conferma che il giorno della scomparsa è stato questa domenica?" Mulder si era faticosamente ricomposto. "Sì, naturalmente." "Ci racconta la dinamica dei fatti?" "Io e Julia ci siamo svegliati in piena notte. Dovevano essere le tre e mezzo, anche se non guardai l'orologio. Ci precipitammo nella stanza di Kelly perché sentivamo dei rumori indefiniti. Siamo stati paralizzati, non riuscivamo a muoverci..." "E Kelly?" "Era avvolta da una luce biancastra che entrava dalla finestra. Poi si è alzata dal pavimento, ed è... è "volata" fuori di casa. Cercavo di muovermi con tutte le mie forze ma Dio mi fulmini se riuscivo a spostare un muscolo! Solo quando la luce è scomparsa io e Julia abbiamo ripreso il controllo del nostro corpo. Ho dovuto chiamare la polizia dodici volte: mi credevano un mitomane" "Era mai successo qualcosa del genere a sua figlia?" Fox, da esperto, aveva preso in mano la situazione. "No." "Kelly ha mai sofferto di qualche malattia?" "No... però c'era il dottor Damer che la teneva sotto controllo..." "Perché?" l'interesse di Mulder si era risvegliato. "Non l'ho mai capito bene. In ogni modo, ci pagava. Erano dei test, credo; sa, Julia non è in condizioni, io ho dei lavori occasionali, e poi abbiamo l'orto... quando la stagione non va bene dobbiamo inventarci qualcosa..." "Ripeta il nome del dottore." "Terence Damer." Scully lo impresse nella sua memoria fotografica. "Kelly andava all'asilo?" "Non ce la mandavamo." "Un'ultima domanda, signor Potter: cosa è successo ai pomodori là fuori?". "Ah, non gliene ho parlato... la mattina dopo la scomparsa... li ho trovati così." "Grazie." Mulder fece per alzarsi, quando la voce della collega lo bloccò: "Signor Potter, vorrei vedere la stanza di sua figlia." "Fate pure. Io non ci sono più entrato... salite le scale, è la prima stanza a destra." Gli agenti si diressero verso la rampa, e Jamie notò con dispiacere che avevano lasciato tutto il loro tè. "La prima porta a destra, giusto?" Mulder era assorto "Sì, è questa." Scully girò la maniglia. Bastò uno sguardo: Fox rimase impietrito. Possibile che... Una bambina dalle trecce bionde, con un crocifisso sul collo, stava giocando con due bambole, girata di schiena. Mulder mosse un paio di passi in avanti e realizzò che i pupazzi avevano le fattezze sue e di Scully! "Tu... sei Kelly...?" La sua voce era un fruscio. "Mulder con chi stai parlando?" Il braccio di Dana si posò energico sulla sua spalla. Fox si girò verso la collega, poi di nuovo verso la bambina; solo che ora non vide nulla. "Scully, ti giuro che lì c'era Kelly Potter." "Mulder..." "Era lì davanti a me! Giocava con due bambole che assomigliavano a noi!" "Non c'è nessuno in questa stanza. Nessuno." "Oh Dio..." Fox si portò una mano sulla fronte. "Mulder, devi abbandonare questo caso. Tu... tu non stai bene..." "No." "E invece sì. Continuerò io; oggi pomeriggio te ne starai buono a casa." La mente di Fox era un turbine di pensieri. Che diavolo stava succedendo? Perché quelle visioni? Non posso abbandonare questo caso. Il governo, gli esperimenti...Scully... non posso lasciarla sola. Rischio di impazzire. Non posso continuare le mie ricerche. Ma devo... questo caso... Dio Santo, dov'è finita Kelly Potter? Scully stava esaminando il lettino, poi passò alla bacheca in cui spiccavano parecchie bambole, di tutte le forme e colori. Mulder si guardava attorno con estrema attenzione, cercando di non tralasciare nessun particolare: improvvisamente qualcosa catturò la sua attenzione. Guardò sotto il lettino di Kelly e sussultò. Si sdraiò allungando il braccio destro: "Mulder che stai facendo?" "C'è... qualcosa..." Quando vide cosa aveva tra le mani gli si chiuse lo stomaco. "Scully, non dirmi che questo non lo vedi!" Fox alzò il pacchetto di Morley che aveva trovato sotto il letto. "Certo che lo vedo." Ammise Scully. "Dammelo un attimo." Il ritrovamento passò nelle mani di Dana, che intanto aveva infilato i guanti. Lo aprì e le scappò un sorriso: "Sigarette al cioccolato." "Devono essere buone." Commentò Mulder sconsolato. Casa di Fox Mulder Washington, D.C. Ore 1:32 p.m. Un pomeriggio di riposo, per riordinare le idee. Una volta tanto l'agente Scully era stata brava a persuaderlo... ma la realtà era che Fox era preoccupato. Ed impaurito. Decise di rilassarsi con uno dei suoi passatempi preferiti, che non erano approvati dalla collega. Esaminò attentamente lo scaffale delle cassette, poi scelse di andare sul classico: agguantò Sex & Zen, e lo infilò nel videoregistratore. Prese i suoi semi di girasole dalla credenza, e sprofondò sulla poltrona. Stava facendo il giro dei canali per arrivare allo zero, quando si bloccò su un telegiornale. L'annunciatrice diceva: Il dottor Terence Damer, 46 anni, è stato trovato morto nel suo studio poche ore fa. Le dinamiche del decesso sono ancora avvolte nel mistero: dalle prime notizie trapelate, l'uomo dovrebbe essersi impiccato. Il corpo è stato rinvenuto dalla segretaria personale del dottore, che ha subito chiamato la... Click! Mulder era scattato in piedi, con l'agilità di una faina. Afferrò velocemente il cappotto, e uscì di casa. Le scale tremarono sotto i colpi secchi e frettolosi delle sue scarpe. Studio Damer Washington, D.C. Ore 1:58 p.m. Fox scese dall'auto con il distintivo in mano, lo mostrò velocemente alle guardie che stavano alla porta, ed entrò nell'anticamera. Una ragazza sedeva su una poltrona con le lacrime agli occhi, circondata da alcune persone. Mulder li guardò appena, ed passò nello studio. "Cosa ci fai qui?" Scully non riusciva a nascondere la sorpresa. "Ho sentito alla televisione." Si limitò a dire. Il corpo del dottore era coperto dal classico telo bianco. Due uomini si avvicinavano per portarlo via, quando la voce ferma dell'agente li bloccò: "Aspettate un attimo." Alzò il lenzuolo, e fece la conoscenza di Terence Damer. Il dottore aveva una corda stretta intorno al collo, appena sotto il volto cianotico. Per il resto era ben vestito, alto e slanciato. Dopo aver osservato il cadavere per una manciata di secondi, Mulder si allontanò. "La ragazza lì fuori è la segretaria?" Chiese alla collega. "Sì, la dobbiamo ancora interrogare. Abbiamo trovato delle cose interessanti; entra in quella stanza." Dana aveva indicato una porta alla sua destra. Fox tirò la maniglia, e in un attimo ne fu dentro. Si trovò circondato da macchinari sconosciuti, che si alternavano a più normali computer. La stanza dei test. Che diavolo aveva di particolare Kelly? Perché Damer le faceva questo? Fox intravide una figura dietro ad un macchinario. Si avvicinò lentamente. Dopo sei passi, con un gesto improvviso impugnò la pistola urlando: "Fbi! Esci fuori con le mani alzate!" "Era un po' che non ci incontravamo, Mulder." Quella voce gli fece gelare il sangue. Non poteva essere lui... "Cosa c'è, non ti aspettavi di trovarmi qui?" "Stai zitto, Krycek! E alza le mani!" L'agente sbatté le palpebre, e si rese conto che la stanza era vuota. "Cosa succede, Mulder? Ho sentito dei rumori..." Scully era entrata nella stanza. "Niente, è tutto a posto." La segretaria di Damer era una gracile ragazza bruna, che sembrava realmente afflitta. Aveva gli occhi segnati dal pianto. Mulder e Scully si sedettero sulla poltrona di fronte a lei, e fu Fox a cominciare: "Lei è Hanna Stone, segretaria del dottor Damer. Dico bene?" "E'... esatto." "Sa dirci di cosa si occupava il suo principale?" "Lui... era psicologo infantile. Si occupava esclusivamente di bambini..." "Tra i pazienti c'era una certa Kelly Potter?" "Kelly... Potter... un attimo... no, non mi ricordo nessuno con questo nome." "Possiamo consultare i registri?" "E' vietato per motivi di privacy." Mulder decise che ne aveva avuto abbastanza. Fissò Hanna con uno sguardo infuocato: "Lo sa che è un reato mentire alla polizia federale?" La ragazza diventò improvvisamente paonazza. Scully la osservava con attenzione. Il suo collega continuò: "Uno psicologo non ha bisogno di quei macchinari. Inoltre Kelly Potter veniva dal dottor Damer. Per il suo bene le conviene dirci le cose come stanno." La segretaria scoppiò in un pianto isterico e convulso, e Dana scambiò con Fox un'occhiata emblematica. La Stone si riprese dopo un paio di minuti, e bisbigliò: "Dirò... dirò tutto." "Adesso va decisamente meglio." Mulder ormai sapeva troppo bene come trattare un testimone. "Il dottore era un... paramedico." pronunciò questa parola come se fosse il nome di un pittoresco animale esotico. "Si occupava di soggetti ESP e la piccola Kelly era l'elemento più interessante. Diceva che non aveva mai visto in un essere umano capacità del genere." "Per esempio?" domandò Scully. "Non ho un'idea precisa... una volta mi ha spiegato che Kelly era capace di produrre un campo di calore attorno al suo corpo..." "La sottoponeva spesso a test?" "Sempre. Alcuni erano dolorosi. Però il dottore pagava bene, diceva di non voler perdere una simile occasione. I genitori erano d'accordo, non faceva niente di illegale ." " Forse non avrà infranto nessuna legge; però faceva qualcosa di inumano." Ribatté acido Fox "e lei era complice." "Ci parli del ritrovamento." Fu Dana a intervenire "Io... erano le undici di mattina. Sono entrata nello studio e l'ho trovato... era impiccato alla ventola sul soffitto. Una scena... spaventosa, ve lo giuro." "L'ultima volta che l'ha visto vivo?" "Quando sono entrata, alle 8:00." "Qual è stato l'ultimo paziente?" "Nessuno. Stamattina ancora non era venuto nessuno. Aveva un appuntamento per le undici e mezza, ma..." Si fermò, in preda al dolore. I due agenti federali si alzarono quasi contemporaneamente. Scully borbottò: "Grazie. Abbiamo finito." Mulder restò in silenzio, avvolto nei suoi pensieri. Poi uscirono dal palazzo, e furono accolti da una leggera pioggerella che si depositava delicata sui loro abiti. "Damer si è suicidato." Sentenziò Fox. "Non è da te." Hibatté Dana sbigottita "ho sentito bene? Hai accettato l'ipotesi più semplice?". "No, Scully. In questa storia non c'è niente di semplice. E non ho idea di quale possa essere il prossimo passo." "Gli esperti si occuperanno dei computer di Damer; vedremo cosa ne uscirà fuori." Casa di Mulder Washington, D.C. Ore 23:54 Era stata una giornata pesante. Mulder giaceva sulla sua poltrona, analizzando mentalmente il caso di Kelly Potter; dopo la morte del dottor Damer, lui e la collega si erano fatti recapitare le sue carte in ufficio. Sapevano praticamente tutto sugli esperimenti dell'uomo, che era uno studioso di poteri extrasensoriali. I cosiddetti ESP; la bambina era la più interessante, a quanto pareva. Alla fine erano andati a casa, sperando che nei computer del paramedico si trovasse qualcosa di più utile alle indagini. Ci sono tutte le caratteristiche dell'abduction. Hanno preso lei perché è un ESP, vogliono esaminare un soggetto con facoltà particolari. Ma questo cosa significa: la lasceranno? La riporteranno a casa sotto le sembianze di una bella bambina bionda, o come uno dei tanti cadaveri che hanno disseminato negli anni? Bastardi... Il dubbio che rimbalzava nella testa di Fox era lacerante. Si infilò nel letto, consapevole che quella notte non avrebbe incontrato il sonno; era inutile chiudere gli occhi. Lentamente si insinuavano nel suo cervello brandelli di oscurità, ma il suo corpo non riusciva a rilassarsi. Dalla finestra, il vento dirigeva uno straziante concerto di cornamuse. Casa di Scully Washington, D.C. Ore 6:37 Dana si era svegliata maledettamente presto; sedeva sulla poltrona vestiva già impeccabilmente, con una tazza di caffè nella mano destra. La fresca brezza mattutina penetrava da una portafinestra semichiusa, ma l'agente non sembrava accorgersene. Fissava il televisore con aria assorta, avvicinano periodicamente le labbra alla tazza. Improvvisamente qualcosa catturò la sua attenzione; afferrò il telecomando ed alzò notevolmente il volume. Ascoltò per un paio di minuti, poi la sua mente era un turbine di pensieri... Aprì un cassetto e ne estrasse una rivista, desiderosa di scoprire quale programma stava guardando. Sfogliò alcune pagine, ed il suo dito si posò su una scritta che recitava: "Ore 6:35 L'orto per tutti". Fissò il vuoto, cercando di mettere a fuoco ciò che aveva sentito. Che diavolo significa? Forse niente... o forse... no, non ho nessuna prova... e poi non riesco a crederci... non può essere così orribilmente semplice. Ci deve essere un'altra spiegazione: è tutto... è tutto avvolto in una specie di telo nero. Però c'è un buco, uno spiraglio... la verità... dannazione, forse ce l'ho davanti! Adesso che ci sono così vicina non voglio credere. Uscì di casa, decidendo che per una volta poteva anticipare il suo orario di servizio. Appena salita in macchina, le venne un'idea migliore; arrivò davanti al Quartier Generale del Bureau, ma entrò nel palazzo adiacente ad esso. Nel frattempo la città si svegliava, stordita da una nebbia che avvolgeva ogni cosa, e la cullava nel suo invulnerabile manto. Casa di Mulder Washington, D.C. Ore 7:41 Una voce melodica si insinuava nel padiglione auricolare di Fox Mulder. Uscì precipitosamente dalla doccia: troppe volte si era trovato davanti uomini del Consorzio, inaspettatamente, lì in casa sua. Solo poco dopo si rese conto; sulla sua poltrona preferita sedeva la bambina bionda, con il crocifisso, che lui conosceva fin troppo bene. "Fox... eccoti, finalmente." Parlò con una voce innocente, con la morbidezza ed il candore dell'infanzia. Mulder, a petto nudo, si avvicinò muovendo passi lenti e misurati. "Sei... Kelly?" "Sì." La bambina sorrise. L'agente ormai le era vicino; allungò una mano e le fece una carezza sulla guancia sinistra. Solo il contatto con la pelle soffice lo convinse che stavolta no, non stava sognando. "Come sei arrivata qui, Kelly?" Il sorriso si spense, lasciando il posto ad un'espressione dubbiosa. "Non lo so. Mi sono svegliata sul divano." "Posso controllare un attimo una piccola cosa?" "Va bene." Fox girò attorno a Kelly, e le scostò i capelli biondi alla base del collo. Ebbe un tremito di rabbia alla vista di una lunga cicatrice scura. "Cosa c'è?" chiese educatamente Kelly. "Niente, piccola. Niente... un attimo." Mulder si portò una mano alla testa. "Come fai a sapere che mi chiamo Fox?" Sorrise ancora. "Te l'ho letto in testa. Ho letto anche che all'inizio pensavi che io non fossi... reale." Mulder si sedette accanto a lei, circondandola col braccio destro. "Ascoltami bene, Kelly. Lo so che non ti piace pensarci, ma devi rispondermi: ti ricordi cosa ti è successo in questi giorni?" Il viso della piccola fu attraversato da due lacrime. "Test... macchinari... come quelli che faceva il dottor Damer. Però hanno fatto più male..." Fox la abbracciò per alcuni secondi, poi si alzò deciso dal divano. Negli occhi aveva uno sguardo indecifrabile, forse un misto di tristezza e determinazione. Mosse lentamente le labbra: "Andiamo, Kelly. Ti porto a casa." Uffici dell'Fbi, Sezione Informatica Washington, D.C. Ore 8:01 L'agente Dana Scully aveva incontrato l'agente Loren Dwight in una stanza piena di computer di tutte le forme e dimensioni. L'esperto era poco più che un ragazzo, con gli occhiali tondi e l'aria da intellettuale. Parlava con una cadenza quasi musicale: "Abbiamo spulciato da cima a fondo tra i computer del dottor Damer. Sulla paziente che mi avete chiesto, Kelly Potter, teneva un file segreto. Siamo riusciti a decifrare la password con un programma apposito. Ho stampato tutto quello che ho trovato." Indicò una lunga pila di fogli. "Saranno oltre cento pagine..." Scully era sbigottita. "Centoquarantadue per la precisione, agente. Grossomodo le ho lette, posso farle un breve riassunto...". "Sarebbe un piacere enorme, agente Dwight." "Praticamente tutti gli appunti, oltre alle varie dimostrazioni dei poteri ESP della paziente di Damer, sono risultati di test. La parte più interessante è quella in cui il medico esprime i suoi pareri..." "E sarebbero?" "Damer era convinto di riuscire a dimostrare, con quella bambina, il mantenimento dei poteri extrasensoriali dopo il decesso." "Ma... con la morte dell'organismo è praticamente impossibile..." disse Scully. "Mi spiace ma non sono un esperto. Questo è ciò che pensava Damer; tuttavia non era mai riuscito a dimostrare nulla, ed era piuttosto irritato per questo." "C'è altro?" "Mmm... non sono riuscito ad interpretare bene la cosa... abbiamo trovato dei tabulati. Annotazioni di esperimenti che il dottore ripeteva periodicamente: secondo i risultati, sembra praticamente certo che la sua paziente avesse la capacità di... emanare una speciale energia corporea." Dana sussultò leggermente ma non lo diede a vedere. Lanciò un'occhiata all'orologio. "Uhm... devo scappare. Dovrei già essere in ufficio." "Vuole gli appunti?" "Mmmm... no. Tra poco passerà a prenderli un mio collega." E gli fece l'occhiolino. Loren Dwight sorrise e tentò di strizzare maldestramente l'occhio sinistro, tanto che gli occhiali compirono una curiosa capriola in aria, per poi depositarsi sul pavimento, con un suono secco. Si chinò a raccoglierli e si rialzò visibilmente arrossito. Ma ormai davanti non aveva nessuno. Atlantic Street Washington, D.C. Ore 8:12 Mulder continuava a lanciare degli sguardi alla piccola figura sul sedile del passeggero, come per assicurarsi della tua presenza. Poi chiese: "Tutto bene? Siamo quasi arrivati. Tra poco sarai a casa." Lei non rispose; lo fissò solamente con i suoi occhioni. Un raggio di sole si era riflesso sul crocifisso, e colpiva Fox proprio sulla fronte. Kelly se ne accorse e sorrise; anche l'agente sorrise. Ormai erano vicini; alla fine della strada si stagliava la casa dei Potter; Mulder non osava immaginare la faccia dei genitori, quando gli avrebbe riportato la figlia. Parcheggiò, spense la vettura e scese. La bambina non dava segno di muoversi. Aprì il suo sportello e vide una lacrima scorrere sul suo viso pulito. La prese in braccio, le mormorò qualcosa nell'orecchio, poi entrambi si diressero verso l'entrata. Improvvisamente Mulder sentì il rombo di un motore e si fermò bruscamente; sussultò, riconoscendo l'auto dell'agente Scully. Lei stava scendendo con una strana espressione negli occhi. "Mulder, adesso so la verità." L'aveva detto con un tono amaro, quasi rabbioso. Fox sorrise. Posò una mano sulla spalla di Kelly e le disse: "Saluta l'agente Scully, piccola." Dana storse la bocca. Rimase in silenzio alcuni secondi, poi parlò. "Mulder, lì non c'è nessuno." Quelle parole colpirono il collega come lame. Si portò una mano alla faccia e si appoggiò ad un grande vaso per non perdere l'equilibrio.. D'improvviso un rumore metallico: tlack! Qualcosa era caduto a terra. Dana si chinò, e lo prese tra le mani. "Era... era dentro al vaso?" Chiese Fox, con un filo di voce, appena riuscì a riprendersi. "Sì. Temo proprio di sì." Il suono del campanello fu secco e squillante. Solo dopo alcuni secondi Jamie Potter aprì la porta, ancora in vestaglia. Evidentemente quella mattina non si era pettinato. "Le dobbiamo parlare." Il tono di voce autoritario di Scully lo colse alla sprovvista. "Entrate. Volete... una tazza di tè?" "No." rispose la donna per tutti e due. Si sedettero sul divano. Poi Mulder chiese: "Dov'è Julia?" "Dorme... fino a tardi, la mattina." Scully congiunse le mani e se le portò alla bocca. Poi cominciò a parlare, lentamente, con freddezza: "Signor Potter, credo di conoscere la verità su quello che è accaduto a sua figlia." Per un attimo nella stanza si udì solo il gorgoglio infernale del caffè sul fuoco. Poi Dana riprese: "Devo dire che ci sono arrivata piuttosto casualmente. Però ci sono arrivata, ed è questo ciò che conta." Mulder ascoltava con aria inquieta. "Ieri sera ho visto un programma che parlava di orti e colture." Il timbro della voce di Scully era musicale e pacato, di una calma riflessiva e vagamente ambigua. "Parlavano di come si coltivano i pomodori. Allora mi sono ricordata dei suoi, del suo orto. Delle scottature. Il mio collega è convinto che siano stati gli alieni a provocarle, io ho un'altra ipotesi". Fox stavolta era sobbalzato sulla poltrona. Stava cominciando a capire. "Non so se sua figlia abbia avuto dei poteri extrasensoriali, Potter. Io preferisco chiamarla genetica; ma evidentemente Damer non era del mio stesso parere. La tormentava con i suoi esperimenti, pagando profumatamente. Sa qual era l'obiettivo del dottore? Ci ha pensato la squadra Informatica a svelarlo: Damer voleva dimostrare il mantenimento dei poteri dopo la morte. Voleva la gloria, voleva il suo nome inciso a lettere d'oro sotto ad un busto. Il prezzo non era molto elevato: bastava procurare la morte di una bambina strana. Il resto della storia è molto semplice, i pezzi si incastrano da soli: quanto le ha dato il dottore per uccidere sua figlia?". Queste parole aleggiarono nell'aria come un dardo acuminato, e poi si conficcarono nel petto di Jamie, che emise un leggero gemito. "Non risponda, ho controllato io stamattina. Le ha intestato una villa a Manila, più un conto bancario sotto falso nome in Svizzera. Dunque, ecco come sono andate le cose: l'esperimento estremo di Damer prevedeva la morte di Kelly. Lei l'ha uccisa e l'ha sotterrata nel suo orto; ma sua figlia emanava spesso campi di calore. I tabulati del dottore lo dimostrano senza alcun dubbio; probabilmente una semplice anomalia della costituzione corporea. Nel momento della morte con i suoi poteri ha bruciato i pomodori. Il mio collega sostiene che Kelly gli sia apparsa dopo la morte, anche se io non sono del tutto convinta. Il dottor Damer probabilmente si è suicidato, oppresso dai rimorsi." "Su questo punto sbagli, Scully. Nessuno si aspettava una riuscita così evidente dell'esperimento: Kelly ha indotto al suicidio il suo torturatore. Ha manipolato la sua mente." Disse Mulder, ma le sue parole erano poco più che un sussurro. Dana intanto continuava a parlare: "Sarà difficile chiarire definitivamente la morte di Damer. Comunque, Potter, lei si è inventato la storia del rapimento alieno, informandosi piuttosto meticolosamente sulle modalità della classica abduction. Sua moglie, nelle sue condizioni mentali, non sarebbe stata in grado di smentirla." "Voi... avete detto cose orribili... ma non avete prove." "Questo era in un vaso, nel suo giardino." Mulder gli mostrò un crocifisso da collo, incrostato di terra e di sangue. Jamie si coprì la testa con le mani. Bisbigliò alcune parole, tra i singhiozzi: "Io... ero convinto... di averlo sotterrato... insieme a lei..." "Non ha tenuto conto dei poteri dopo la morte." Ribatté Fox. Scully si alzò lentamente. "Ammanettalo, Mulder. Io vado a chiamare le ruspe." Fox si dirigeva verso la macchina, provando un leggero senso di stordimento. Nel cervello, si alternavano parecchie emozioni impossibili da definire. Soprattutto, era stanco. Tremendamente stanco. Brandelli di pensieri lo pizzicavano, per poi dissolversi repentinamente. Perché Kelly è venuta proprio da me? Perché mi ha scelto? Tante altre persone avrebbero potuto aiutarla... invece ha voluto me... ma l'ho vista davvero? Suggestione... può essere stata solo suggestione...e Krycek? Era una mia proiezione mentale? Forse ho rischiato di impazzire davvero... Aprì la porta della vettura e fissò il sedile del passeggero. Eppure Kelly era lì, ne sono sicuro, l'ho toccata, l'ho consolata. Eppure... Tolse un volantino dal tergicristallo dell'automobile e gli diede uno sguardo distrattamente. Lentamente sul suo volto si disegnò un'espressione di assoluto stupore. La mano lasciò la presa da sola, e il pezzo di carta volò via, trascinato dal vento. Si mosse con eleganza in aria per una manciata di secondi, per poi depositarsi tra i rami di una quercia secolare. La scritta su di esso era ben visibile: "Thanks, Fox. Kelly" F I N E * Citazione dall'Aiace di Sofocle