Monica Monti Castiglioni James Axel Fadro (Fading Roots) Caso X-1MC18221197 Dedicato a D.M. // Quel giorno era appena finito. Da qualche istante era scattata la mezzanotte, non c'erano stelle nel cielo. Ed io ero là. Nel buio. Vicino a quelle strisce bianche che segnavano dove un tempo c'era un corpo. Lui se n'era andato, ma io ancora potevo sentire il suo odore, i suoi passi in punta di piedi, il suo respiro silenzioso. La sua esistenza spezzata, volta interamente a fare attenzione ad ogni minimo particolare per non dare fastidio anche solo ad una farfalla dall'altro capo dell'universo, io sì, la potevo ancora sentire aggirarsi, per qualche istante, spaesata tra quelle mura, come invocando un perché che sarebbe rimasto senza risposta. Come se lui non fosse pronto per una tale prematura sparizione, ed ora stesse cercando di riprendere a vivere come una volta, accendendo il fornello a gas con i fiammiferi e mettendo a scaldare un po' di latte per cena. Come se nulla fosse accaduto, come se ora, nella sua situazione, non si ritrovasse e volesse riprendere a vivere come una volta. Ma lentamente, quella sensazione svanì. Lui, il mio Jimmy, se n'era andato... Per sempre. Ero seduta sul pavimento che lui appena sfiorava, forse temendo di far del male alle vecchie assi di legno, che scricchiolavano anche al mio peso. Floyd strofinò il muso contro la mia gamba. Floyd era il suo gatto, il gatto di Jimmy. Era l'unico essere vivente, a parte me, che si curasse di Jimmy. Lui l'aveva trovato quand'era un piccolo gattino sperduto, assieme ad un fratellino, in mezzo ai bidoni dell'immondizia che sistemava e puliva per lavoro. Il piccolo Floyd. All'inizio di certo fu Jimmy a sfamarlo, ma poi fu lui ad adottarlo. Come ogni gatto, addomesticò il suo padrone. A me piaceva guardarli, sembravano proprio una piccola famiglia. Floyd ricordava a Jimmy che doveva mangiare, lo svegliava dolcemente di mattina solleticandogli il viso con le sue lunghe, eleganti e lucide vibrisse. Il suo passo era ancora più dolce di quello di Jimmy. Gli ha portato tanta gioia. Ed ora che lui se n'era andato, era l'unico, insieme a me, a piangere sui ricordi di un'esistenza troppe volte calpestata. \\ Quando appoggiò il telefono sulla base, ebbe l'impressione di non essere solo nella stanza. Non gli era mai piaciuto fermarsi in ufficio fino a tarda sera, d'altronde, aveva troppi conti da fare. Persino la morte di quello spazzino andava contabilizzata: il poveretto non aveva famiglia, e toccava alla ditta provvedere con i trattamenti di fine rapporto a farlo seppellire. Forse non avrebbero dovuto agire in quel modo. Forse avrebbero dovuto agire diversamente. "Quel che è fatto è fatto." disse. Aprì una borsa, ritrovando davanti a sé mazzi di biglietti da dieci dollari. Di nuovo una ventata calda alle sue spalle. Si girò di scatto. "Chi c'è?!" urlò. Il silenzio ristagnò nella stanza finché non fu rotto da un suo sospiro. "Inizio a sentire i fantasmi." "Il primo e l'ultimo." una voce. Non fece in tempo a girarsi e neppure a pensare. Una mano gli chiuse la bocca con un pezzo di stoffa. Tentò di urlare, senza riuscirci. Pochi secondi dopo, una lama si conficcò nella sua schiena, lentamente, come se una forza invisibile non avesse abbastanza potenza per dargli un colpo di grazia. L'uomo cadde in avanti, ormai morto. Il suo volto affondò tra le banconote da dieci dollari. Il coltello venne estratto a fatica dalla ferita, la porta dell'ufficio si aprì e una ventata calda investì le piante all'entrata, che si mossero per poco, per poi riprendere la loro stazionaria vita vegetale. //Ho sempre pensato che la morte di una persona fosse una disgrazia per tutta l'umanità. Ora non è più così. Un tempo credevo che la vita fosse una cosa sacra, che non poteva essere sottratta ad arbitrio ad un essere vivente... anche se era solo un animale. Ma dopo la morte di Jimmy tutto era cambiato. Ora non avrei più voluto abolire la pena di morte in ogni angolo dell'universo. No, non più. Da quando Jimmy se n'era andato, la mia visione del mondo era stata completamente stravolta. A volte speravo... sì, speravo che lui ritornasse per vendicarsi, crudele come non era mai stato, con quel genio diabolico che non gli era proprio. Molte cose sono cambiate. \\ Accarezzò per qualche istante il grilletto della pistola. Gli dava sicurezza. Ora che il suo socio era morto... e morto in quella maniera così strana... lui doveva stare attento. Le voci che giravano non erano rassicuranti. Qualcuno è tornato. Per vendicarsi. "Dovevamo andarci più piano!" aveva sbraitato al telefono fino poco prima. Non aveva mostrato paura davanti alla sua segretaria. "Tutte superstizioni. Non c'è nessun fantasma del cioccolato." Ma non gli era venuto da ridere. Neppure sentendo la sua voce pronunciare con tanta serietà una simile idiozia. Ma credeva davvero al fantasma del cioccolato? No, no di certo. Strinse nella mano la pistola. "No no no." disse. "Non fare l'idiota." Sapeva bene che se circolava un fantasma, là dentro, non era certo quello di un operaio morto anni prima nello scoppio di un serbatoio della ditta. Era quel ragazzo. Se esisteva un fantasma era di quel ragazzo handicappato che si era messo a ficcare il naso in affari che non lo riguardavano. Che diavolo voleva? Facevano solo il proprio lavoro. "Se esiste. Se esiste." si ripeté più volte. "Se. Se. Ma non esiste. Non c'è nessun fantasma." "Forse hai ragione." una voce. Alzò la pistola sparando alle vetrate. Il rumore dei vetri infranti fu l'ultima cosa che percepì, prima di morire, asfissiato da un pezzo di stoffa, accoltellato da una lama che forse conosceva troppo bene... //\\ La pioggia prometteva di dover rimanere ancora per molti giorni e quello non facilitava per niente il lavoro. Fox Mulder, agente speciale dell'FBI assegnato alla sezione "X-Files", passò attraverso i portici, sotto i quali una ventina di ragazzi si era radunata ad ascoltare musica rock a volume insopportabile. Chiuse l'ombrello, che per altro gli era sembrato inutile, visto che la pioggia arrivava di traverso. Si infilò tra le transenne gialle della polizia convinto che quello fosse un caso che faceva per la sua sezione. A Dana Scully, che in realtà era al suo stesso livello, era solito dare ordini come se lui fosse un suo superiore. Ma lei non sembrava farci caso. Non sempre, almeno. In quel momento, lei era già sul luogo del delitto, mentre lui stava lottando coi nastri gialli che gli si appiccicavano ai vestiti. "Allora, Scully." fece, entrando nello scuro ufficio. "Trovato niente?" "Mulder, mi spieghi cosa ci facciamo qua?" Fox stava per dare fiato alle corde vocali, ma lei lo interruppe: "Lascia stare, spiegami cosa ci faccio io qui." "Tu sei qui perché ci sono io." sorrise lui. "Sì, immaginavo." Scully indicò la moquette. "Sono state trovate diverse impronte. Precisamente di due tipi: la scientifica ha identificato i mocassini della vittima, numero 45, e un paio di scarpe a suola stretta, probabilmente da ginnastica, numero 36." Dana indicò alcune tracce che diminuivano di intensità per poi svanire davanti alla scrivania. "Ieri pioveva. Poco distante da qui c'è la porta che dà sul retro, su una stradina sterrata." "E le impronte nel corridoio?" Avvertendo la classica esaltazione nelle sue parole, Scully lo bloccò subito: "Alle otto e mezza sono state fatte le pulizie nei corridoi. Si stima che la morte di Mast sia avvenuta introno alle otto." "L'omicida portava il 36, dunque?" "Così sembra, visto che ci sono impronte anche sotto il cadavere." "Hai già analizzato il corpo?" "E quando, Mulder?" Scully sospirò. "L'hanno ritrovato appena da un'ora." "Sì, lo so." Fox si abbassò verso le impronte. "Hai già una diagnosi iniziale?" Dana sospirò. "E' stato ucciso da una coltellata nella schiena, dopo che gli è stato infilato un foulard in bocca. Farò l'autopsia dopo." "Anche del primo?" "Quale primo?" fece Scully, stupita. "John Sives." "Chi era?" "Era il vero fondatore di questa ditta." "Da quello che ne so, questa ditta di cioccolato è stata una vera manna per gli abitanti di Enrich. Molti hanno trovato lavoro grazie alla SMG." Mulder fece cenno a Scully di uscire. "In realtà, Scully, la SMG serve per riciclare soldi sporchi." "Sporchi in che modo?" chiese lei, sottovoce. "Droga." rispose Mulder. "La metà dei ragazzi di Enrich sono tossicodipendenti." "Forse dovremmo controllare gli operai della SMG. Tra di loro potrebbe esserci qualcuno che ha interesse a far fuori i superiori." disse Scully. "E non avrebbero nemmeno tutti i torti." "E' quello che ho intenzione di fare, mentre tu vai a trovare Sives e Mast." //Imploravo giustizia, per Jimmy e per me, per la nostra esistenza spezzata... E sembrava che la giustizia dovesse arrivare. Ne fui felice. Stranamente felice, visto che non avevo mai desiderato la morte di qualcuno. Mai. Ed ora, io, figlia di mia madre, di una donna fantastica che era riuscita ad allevare due figli da sola, dopo che suo marito se ne era andato senza lasciarle neppure un biglietto, io, ultima figlia, desideravo la morte di quelle persone. Senza soffrirne. Volevo che Jimmy, il mio Jimmy, venisse vendicato. Lo desideravo con tutto il cuore. \\ "Parte del tessuto è stato inspirato e questo comporta il fatto che l'uomo era ancora vivo quando è stato introdotto il foulard nel condotto orale." Qualcuno bussò sulla porta due volte velocemente. Scully riconobbe il suono. Spense il registratore e invitò il collega ad entrare. "Scoperto qualcosa?" "Sembrerebbe che l'assassino non avesse molta forza. Le ferite sono irregolari. Quando il pugnale è stato estratto ha dovuto fare pressione." Scully passò al collega una busta trasparente. "Oltre a questo l'unico indizio che abbiamo è solo questo foulard. L'arma non è stata trovata." Mulder fece una smorfia di disgusto. "Un foulard." "Di seta. Il tessuto non ha mantenuto impronte digitali, l'ho fatto analizzare accuratamente." "Forse perché *non c'erano* impronte." disse lui. "Mulder, ti prego. Non perché nessuno ha visto nulla questo vuol dire che per forza sia stato un..." "Fantasma?" Mulder si infilò un guanto e estrasse il foulard. "E' un indumento prezioso, questo Scully." "Be', la seta è cara." Mulder si infilò un guanto di lattice e aprì la bustina.. Rigirò il foulard tra le mani, trovando una piccola etichetta nera, scritta in niaco. "Seta 100%, Made in Como". "Scully, che tu sappia ci sono ditte di seta in Texas?" "No." fece lei. "Di che stai parlando?" "Dell'etichetta." Mulder gliela mostrò. Scully la prese tra la punta delle dita e la aprì. "Made in Como - Italy." "Importazione dal Vecchio Mondo." commentò Mulder. "Non dev'essere un foulard di poco costo." Reinfilò l'indumento nella busta, mentre Scully gli chiese: "Tu hai trovato qualcosa?" "No. Niente di particolare negli archivi della SMG. Ci sono molti ragazzi che lavorano lì. Molti numeri 36, quindi." Scully annuì. "C'è qualcosa che non quadra. Una persona con un piede così piccolo e con una forza limitata come può aver ucciso due uomini della stazza di Sives e Mast? Pesano entrambi sui novanta chili, e Mast aveva anche una pistola in mano al momento dell'aggressione. Manca qualcosa." Mulder stava per dire "un corpo", ma rinunciò. "Dato che tanto non crederesti alle mie ipotesi, vado subito al prossimo passo. Ho scoperto che queste non sono le prime due morti che avvengono nell'ambito della SMG." Scully chiuse le cerniere delle guaine e uscì dalla sala, seguita da Fox. "E chi sarebbe quest'altro morto?" "Un certo James Axel Fadro. In questa ditta si occupava delle pulizie e faceva l'operatore ecologico nel suo quartiere." "E cosa credi che abbia a che fare la sua morte con quella di Sives e Mast?" "Hai in mente, Scully, quando ti viene un... presentimento?" Scully sospirò, sorridendo allo stesso tempo. Mulder fece per uscire. "Ora dove vai?" lo richiamò lei. "A vedere se James Axel fadro ha parenti italiani." //Avevano ucciso Jimmy con una coltellata alla schiena. L'avevano lasciato dissanguare sul pavimento. Steso su un fianco, con la lama ancora infilata tra le costole. Chiamare un'ambulanza sarebbe stato del tutto inutile. Gli stetti accanto, sperando che, almeno in quegli ultimi secondi della sua vita sarebbe stato contento. Ero con lui. Non piansi subito. Volevo fargli capire che tutte le volte che gli ero vicina ero contenta. Gliel'avevo detto più volte. E sempre lui mi rispondeva: "Sei tanto gentile, ma davvero per te è così? Quasi non ci credo!" Io non direi che Jimmy era stupido. Non, era solo... ingenuo. Molto ingenuo. Troppo, ok. Forse è per quello che è finito così. \\ "Benvenuta nel quartiere più malfamato di Enrich." disse Mulder, parcheggiando davanti ad un edificio dalla facciata scrostata. "Quello che è strano, Scully, è che non è mai stato spiegato il motivo del suo assassinio." Dana gli lanciò uno sguardo interrogativo. "Non lo so... ho come una vaga sensazione." Uscì dalla vettura, ben presto seguito da Scully. "Sto imparando a fidarmi delle tue vaghe sensazioni." ribatté lei. "Era ritardato mentale, aveva spesso crisi d'asma e scompensi cardiaci. Sono entrati in casa sua di notte e l'hanno ucciso." La porta dell'appartamento di James Axel Fadro era stata scardinata e tutto aveva ancora l'aspetto di essere stato sottoposto ad una migrazione di gnu. Mulder entrò per primo, trovando subito il luogo del rinvenimento del corpo e, accanto alle strisce bianche, un grosso gatto bianco e grigio, immobile a fissare il pavimento. Appena si avvicinarono il gatto si rianimò, fuggendo lontano, trotterellando attraverso la stanza. "Quanto tempo fa è stato ucciso, Mulder?" "Una settimana. Sono quattro giorni dall'omicidio di Mast e uno da quello di Sives. Non credi che sia curioso il fatto che siano avvenuti tutti così vicini, nel tempo e nello spazio?" Scully gli lanciò uno sguardo senza rispondere, quindi girò per la stanza, per esaminare in che condizioni viveva James. Di colpo un vasetto di plastica appoggiato ad un tavolino vicino alla porta, scivolò, facendola trasalire. Mulder si girò verso l'uscita e vide il gatto strofinarsi contro gli stipiti. "Tutto bene, Scully?" "Sì. Non mi aspettavo quel rumore. E poi... E' colpa tua, mi metti in mente tutte quelle storie sui fantasmi." Fox sorrise e prese in braccio il gatto, che questa volta non scappò. Guardò il collare. "'James Axel Fadro'." lesse sulla medaglietta. "'Floyd'. Era il gatto di Fadro." Scully si avviò verso il letto a una piazza che sostava sotto una grande parete spoglia, solcata da una crepa per tutta la sua altezza. Sul comodino c'era una cornice. "Mulder." Fox lasciò andare il gatto e si avvicinò alla collega. "Era questo James?" "Sì, ho visto la foto sul fascicolo." Scully indicò una donna che stava abbracciata al ragazzo nella fotografia. "Fadro aveva una moglie, una fidanzata... una sorella?" Mulder scosse la testa. "No. Non aveva parenti vivi, e da quello che sembra, neppure amici." Scully prese in mano un'altra fotografia: James con due gatti. In basso, con una calligrafia imprecisa e incerta, era stato scritto: "Floyd, James e Pink nel giorno della morte di quest'ultimo." Uscirono di lì, dirigendosi verso la vettura. "E' stata aperta un'indagine sulla morte di Fadro?" "No." fece Mulder, entrando in macchina. "E perché?" "A chi vuoi che importi, Scully?" rispose tristemente Fox. //A me. A me importava. Ed ero contenta che anche a voi due importasse. In fin dei conti, siamo tutti e tre interessati ad una cosa sola: la giustizia. Abbiamo modi diversi di applicarla. Le morti di Sives e Mast erano per me una manna piovuta dal cielo. Invece era un'altra disgrazia su cui indagare. Per me comunque, mancava una terza morte. Una terza persona che doveva pagare. \\ Nataline Gavis aveva tre guardie del corpo muscolose piazzate davanti alla porta. Le aveva assunte il giorno dopo la morte di Sives. La paura si era impossessata inesorabilmente di quella grossa donna che aveva aiutato i due colleghi a fondare la SMG, ideare un buon modo di riciclare i soldi sporchi di droga, prostituzione e sfruttamento infantile. Era ottimo che solo la prima attività fosse trasparita. E quel ficcanaso era morto. Un problema in meno. Qualcosa però, non filava liscio. C'era un tessera che mancava al puzzle. Provò a pensarci. C'era qualcuno... qualcuno che non vedeva da molto tempo nella ditta. E non era James A-qualcosa Fa-qualcos'altro lo stupido. No. Non riusciva a ricordarsi chi fosse... Si sedette sulla sponda del letto a due piazze, scalciando via le scarpe numero 42, di un volgare bordeaux, colore con il quale aveva una sorta di mania di vestirsi. Le scarpe finirono in mezzo alla stanza, con i bassi tacchi rivolti verso l'alto. Le osservò per qualche istante, chiedendosi perché diavolo non riuscisse a camminare come una persona decente sui tacchi alti. Si distese nel mezzo del letto, spegnendo la luce. Poco dopo si addormentò. Ma non fece sonni tranquilli. Si svegliò nel pieno della notte, con la convinzione di non essere a letto. E quando fece per alzarsi si accorse che le impressioni non erano del tutto sbagliate. Era seduta. Su una delle sue poltroncine di pelle rosa che aveva davanti alla boutique piena di creme anti-cellulite e di centinaia di altri prodotti completamente inutili, i polsi legati ai braccioli. "Aiuto!" tentò di urlare. Senza riuscirci, la sua bocca era ricoperta un una stoffa morbida, tanto liscia come mai ne aveva sentita. La luce si accese. Non vide nessuno. Era davanti allo specchio e poté notare i chiari segni di una nottata d'inferno. Era mattino presto, le cinque. La luce intensa della toilette illuminò la stanza a giorno. "Aiuto!" urlò di nuovo. Ma nessuno rispose. Con occhi impauriti come non lo erano mai stati, si guardò in giro, senza vedere nessuno nella stanza. Ma qualcosa si muoveva, minaccioso, avvicinandosi a lei. Oscillava lentamente, sospeso a mezz'aria, a un metro e mezzo d'altezza. Pochi istanti dopo si rese conto di quello che era. Un coltello. Un coltello mosso da una mano invisibile. Era troppo terrorizzata per urlare, ma non abbastanza per non riconoscere quel coltello. Scosse la testa, scoppiando a piangere. "Lo ricordi?" disse una voce, come provenisse dal vuoto, un sussurro di vento. "Sììì!" urlò lei. Il foulard le venne sciolto, e Nataline capì che era inutile gridare. "James... tu sei James... James A... Alex... sì, James Alex..." "James Axel Fadro." "James, mi dispiace. Mi dispiace!" urlò. "Non potevamo permetterci che tu mandassi all'aria tutto. Non avresti dovuto minacciarci di denunciarci! E' vero, il traffico di droga, di prostituzione e tutto il resto! E tutto vero, perdonami! Ti prego! Ti farò avere quello che vuoi, farò dare una sovvenzione alla tua famiglia, ti farò... una tomba dorata!" "Fottiti." un nuovo sussurro, un vento gelido sul suo collo. "Mi dispiace, James!!!" urlò. "Ripagherò i danni alle famiglie coinvolte nella droga e nella prostituzione, ripulirò Enrich dalla malavita! Te lo giuro!" "Ora basta." Come se fosse stata la stessa voce ad impartire il comando, la sciarpa di seta chiuse la bocca alla grossa donna, che continuò ad urlare. Allo stesso modo la lama del coltello si levò in aria e penetrò faticosamente di colpo tra le costole della donna. "" Poi, una cassetta venne estratta da uno stereo hi-fi e posta davanti allo specchio. Le porte della camera di spalancarono in mezzo ai corpi delle guardie svenute e, lentamente, un vento sottile e profumato si dileguò uscendo sulle buie strade di Enrich. Dana Scully era chinata sul pavimento, quando Fox Mulder entrò nella stanza da letto della fu Nataline Gavis. Stava esaminando alcune impronte di scarpe. "Ancora piedi?" fece. Scully annuì. "Questa volta sono state lasciate a causa del sangue della vittima. Sempre scarpe da ginnastica numero 36." "Gli azionisti della SMG sono finiti." "Sono stati uccisi tutti?" "Sives, Mast e Gavis. SMG." spiegò Mulder. "E questa?" si infilò un guanto di lattice e prese in mano una cassetta audio, appoggiata sulla boutique e circondata da un cerchio di sangue. "Hard rock?" propose Scully. "Forse da questa striscia di sangue potremo trarre qualche impronta digitale." "Forse riusciremo a trovare qualcosa anche da questa cassetta." Fox si avviò verso l'impianto hi-fi. "A cosa stai pensando, Mulder?" ribatté Scully. "Hai sentito la deposizione delle tre guardie del corpo? Hanno tutti avuto l'impressione che si trattasse di un fantasma." "Sai bene che molto probabilmente erano fatti. Nataline Gavis li ha assunti così." "Sentiamo questa, Scully." Inserì il nastro e premette il tasto play. Iniziarono ad uscirne suoni confusi. Proprio come una donna che parlasse imbavagliata. "Ahiuhohhh! Ahiuhoooooohhh!" Poi un pianto. "... Sììì!...." Un respiro affannoso. "James... tu sei James... James A... Alex... sì, James Alex..." Scully scosse il capo. "Mulder tu mi stai dicendo che..." Fox gli fece cenno di non parlare, ma di ascoltare. "James, mi dispiace. Mi dispiace! Non potevamo permetterci che tu mandassi all'aria tutto. Non avresti dovuto minacciarci di denuncarci! E' vero, il traffico di droga, di prostituzione e tutto il resto! E tutto vero, perdonami! Ti prego! Ti farò avere quello che vuoi, farò dare una sovvenzione alla tua famiglia, ti farò... fare una tomba dorata! ...Mi dispiace, James!!! ...Ripagherò i danni alle famiglie coinvolte nella droga e nella prostituzione, ripulirò Enrich dalla malavita! Te lo giuro! ...Aaah... Aaaaaaaaaaaah!" Scully deglutì. Mulder spense lo stereo ed estrasse la cassetta, riponendola poi in una busta. "Una dichiarazione di Nataline Gavis, dove ammette la sua colpevolezza per i crimini di Enrich e per la morte di James Axel Fadro." "Ma perché?" "Perché lui era qui, Scully. Era qui e voleva vendetta. Vuoi scommettere che non ci saranno più omicidi a Enrich?" Mulder neppure attese una risposta. "Questa cassetta è la prova che la polizia cercava da anni, per incastrare Sives, Mast e Gavis." "Non ha valore giuridico, Mulder." ribatté Scully. "Questo è vero. Ma tanto ormai sono tutti e tre morti." "Uccisi dal fantasma di James?" chiese Scully, incredula. "Da chi se no?" "Mulder, fai un breve conto. James era alto quasi un metro e ottanta. Come poteva avere il trentasei di piede?" Fox rimase un attimo in silenzio. Abbastanza tempo perché Scully uscisse dalla stanza. "Non è detto che i fantasmi conservino il loro numero di piede..." fece lui, seguendola. "Avanti, Mulder..." Mulder osservò per qualche istante il nastro. "Scully... Voglio far analizzare questa cassetta alla scientifica. Mi accompagni?" Teresa Hack era una vera e propria maniaca dei suoni. E in più era un'ottima analista dei nastri. Per questo a Mulder piaceva in particolar modo far sentire a lei i nastri interessanti. "Lo sentite a questo punto? C'è qualcosa." disse Fox. Teresa, con un paio di grosse cuffie sulle orecchie, fece un balzo. "Oh, sì, sì sì. Lo sento. E' come un... un sussurro. Un alito di vento... Adesso vedo di... di riuscire ad isolarlo. Ecco ecco ecco." Scully osservava il video verde dell'oscilloscopio. Sperava che qualcosa uscisse da quel nastro, ma non era convita che potesse. "Eccolo eccolo eccolo eccolo." disse un'esaltata Teresa. "Sì, c'è. E' qui, trovato, scoperto, magnifico, splendido, sublime." Fece partire il nastro. "James Axel Fadro." Era riuscita ad isolare un nome. "James Axel Fadro." fece ripetere al nastro. Mulder lanciò un'occhiata a Scully. "James Axel Fadro." "Forse si può trovare qualcosa d'altro." disse Teresa. "Più indietro, mi è parso di sentire... sì, qui, aspetta, ecco, sì ci sono, sì ok, perfetto, bene, si sente magnifico, et voilat!" La voce di Teresa era un crescente di esaltazione. E anche Mulder si sentì esaltato quando dall'altoparlante ne uscì un chiaro "Ora basta." Teresa registrò i due pezzi in un file wave. Quindi fece apparire le curve dei timbri sullo schermo. "Ah ah." fece, sfilandosi le cuffie. "Ah ah cosa?" disse Mulder, che si sentiva sempre piuttosto in confidenza con quella che hai suoi occhi appariva una ragazzina. Teresa aveva venticinque anni. "Be', sembrerebbe un timbro di voce femminile." Mulder chiuse gli occhi. Le prime due parole che ebbe la tentazione di pronunciare furono "porca" e "merda". E quando rialzò le palpebre, Scully lo stava osservando. Non seppe dire se avesse un'aria soddisfatta, ma di sicuro non aveva la minima idea di chi fosse quella donna che, molto probabilmente, era l'omicida che stavano ricercando. "Non mi sembrate molto soddisfatti delle mie scoperte." fece Teresa, timidamente. "No, no, tutt'altro. Sei stata bravissima." ribatté subito Mulder. "Solo che... speravo fosse un uomo." Scully prese parola. "Non si sente nient'altro sul nastro, Teresa?" "Be', posso ritentare." Riavvolse il nastro e riascoltò quei pochi minuti di registrazione. Quindi alzò il volume, perché anche i due colleghi sentissero. "Lo ricordi?" ... "Fottiti." ... "In fondo, è solo un altro mattone nel muro." "Be', questo è tutto quello che ho trovato." Teresa indicò l'oscilloscopio. "Se mi date ancora una mezz'ora posso tentare di scoprire qualcosa di più." "Va bene. Ti devo una cena, Hack." fece Mulder, alzandosi. "C'è modo di sapere se questa è la voce di una persona morta?" "Come?" replicò Hack, sperando di aver interpretato male. "Nah, lascia perdere." Mulder le fece un cenno ed uscì dall'ufficio. "Ma che cosa intendeva dire?" chiese Teresa. Scully appoggiò le mani alla scrivania, di fianco al computer. "Teresa, quando Mulder ti dice di lasciar stare..." annuì. "...fallo. Potrebbe non capitarti più di sentirlo." Le regalò un sorriso di incoraggiamento e seguì il collega. "Dove stai andando, Mulder?" "Voglio tornare all'appartamento di James." le rispose. "Cosa credi di trovarci?" "Qualcosa." //Mi accorsi che qualcosa stava succedendo di nuovo, al mio corpo, quando fu perquisito per la seconda volta l'appartamento di Jimmy. Forse qualcuno si era di nuovo accorto della mia esistenza. E questo non poteva che farmi un immenso piacere. Anche se sapevo che le conseguenze sarebbero state piuttosto tragiche. Ma in quel momento, giustizia era stata fatta per Jimmy, e nulla avrebbe più potuto importarmi. \\ "Guarda qui, Scully." fece Mulder, chinandosi accanto al letto. Dana si abbassò accanto a lui. Vide una chiara impronta di scarpa sulla moquette logora ed una meno evidente, a fianco. "Sembra che qualcuno si sia seduto sul letto." continuò Fox, indicando una leggera fossa sulle coperte. "Seduto sul letto a contemplare una foto e una stanza di una vita passata vissuta... intensamente e poi, troncata a causa di... un gruppo di uomini avidi e maligni." Scully inarcò le sopracciglia. "Mulder... Se hai intenzione di metterti a filosofare, dimmelo subito che comincio a scappare." Fox rise. "Non stavo filosofando. Stavo solo... cercando di capire come ci si può sentire, se si muore improvvisamente. Magari, visto che il trapasso arriva in fretta, senza che lui se ne accorga, lo spirito va avanti a cercare di vivere, come se fosse ancora nel corpo. Poi quando si rende conto di essere stato ucciso, si incazza come una belva e decide di vendicarsi." Scully, rimanendo seria e impassibile, citò: "Così colui, del colpo non accorto, andava avanti combattendo ed era morto.(*)" Mulder rise. "Sai che a volte riesci a venire fuori con di quelle storie, Mulder, che mi chiedo cosa facessi da bambino per avere tutta questa fantasia." "Giocavo con il Lego." spiegò lui. Dana scosse la testa. Un leggero movimento attirò la loro attenzione verso la porta. Era Floyd, il gatto di James. "Ehi, guarda chi si rivede." "Floyd il supergatto." fece Mulder. Pochi istanti dopo il gatto scomparve dietro il muro. In un'improvvisa illuminazione, Fox uscì dalla porta e salì le scale. Dana lo seguì. Fecero due rampe di scale, arrivando in fine all'appartamento sopra quello di James. In ordine ma non troppo, vissuto, come quello sottostante. "Chi ci vive qui?" "Chi ci viveva, vorrai dire." lo corresse lei, notando la porta spalancata e le dita di polvere sui mobili. "Non lo so, comunque. Sulla porta non c'è scritto e sembrerebbe che nessuno nella zona possa darci indicazioni." "Guarda qui, Scully." Dana si girò verso il collega, che le stava indicando una cornice su un comò. Spalancò gli occhi. "Questo è James." fece riferita alla figura maschile nella foto. "E questa donna è la stessa nella foto nel suo appartamento." "Alta più o meno un metro e cinquanta, facendo la proporzione con James." Dana scosse la testa. "Ehi, aspetta Mulder. Stai affrettando i tempi." "No." fece lui, aprendo un cassetto sottostante alle fotografie, dal quale pendeva un lembo di foulard di seta. Scully si infilò un guanto. Estrasse il prezioso indumento. Osservò l'etichetta. "Made in Como." lasciò ricadere il foulard nel cassetto. C'era qualcosa di più interessante. Un pugnale. Insanguinato. Aveva ucciso quattro persone e sia lei sia il suo collega lo sapevano. Il primo era stato James Axel Fadro. "Come può... come può una ragazza così magra aver ucciso tre persone e stordito tre guardie del corpo?" Mulder scosse la testa. "Gesù, Scully, non sappiamo neppure come si chiama!" //Jimmy, James Axel Fadro, mi aveva fatto sentire una persona. Era l'unico su questa terra che si ricordava che io esisto. Morto lui, sono morta anch'io. Non credevo davvero potesse accadere una cosa del genere. Salivo le scale di corsa, lasciando cadere i pacchi, il mio foulard di seta, ricordo della mia città natale, scivolò via. Mi fece inciampare e cadere sugli scalini. Ma nella mia mente un solo suono, un solo dolore: la sua voce, un urlo disperato di Jimmy. Entrai in casa e lo vidi spirare. Quando salii nel mio appartamento, perché Jimmy non aveva il telefono, scoprii la triste verità. La mia immagine era svanita. Il corpo era svanito. Solo io e Floyd ne avevamo la percezione. Cercai di chiamare la polizia, l'ospedale, ma nessuno sentiva la mia voce. Nessuno percepiva la mia presenza. Ero morta. L'unica persona per la quale esistevo, che mi voleva bene, per la quale importavo qualcosa, era stata assassinata. Ero morta con Jimmy. Il mio corpo era svanito con la vita di James Axel Fadro. Una volta un saggio navajo disse: "Una cosa esiste finché c'è qualcuno che la ricorda." \\ Mulder trovò un'agenda su una scrivania. L'aprì e sfogliò per qualche istante. "Diana Flowers." Girò alcune pagine, poi estrasse un certificato: "Errata corrige: Diana Monti. Immigrata da Como, Italia, nel 1990, impiegata presso... Non lo immaginerai mai, Scully." "SMG." "Già." "Forse per questo è riuscita ad uccidere tutte quelle persone senza farsi scoprire." Fox annuì leggermente. "Non ne sarei così sicuro. Forse lei..." "E' diventata un fantasma?" Mulder alzò lo sguardo. "Indipendentemente dalle nostre idee, Scully, bisogna emettere un mandato di arresto per Diana Flowers alias Diana Monti." //Ora che qualcuno si era ricordato della mia esistenza, riapparivo. E dovevo scappare. Fuggire. La polizia e l'FBI mi avrebbero arrestato e condannata a chissà quanti anni di galera. Tre omicidi intenzionali, tre morti che io avevo voluto e desiderato nel pieno delle mie facoltà mentali e della cattiveria che non mi era mai stata propria. Detestavo essere cattiva. Mia madre mi aveva insegnato la bontà verso gli altri. Ora che anche la mia famiglia si era dimenticata di me... se ancora esisteva, da qualche parte, quella che ho sempre chiamato la mia famiglia... dovevo scappare. Ma il punto era questo: potevo sottrarmi alla legge, ma sarei riuscita a sottrarmi alla mia stessa coscienza? Gli uomini crudeli che avevano ucciso Jimmy, uccidendo anche me, erano morti per mano mia, senza che avessero veri rimpianti. Ora mi ritrovavo a camminare da sola su una via tortuosa e scivolosa. Al mio fianco solo un gatto, il gatto di Jimmy. Ma un gatto non basta per completare una vita umana... E poi... Ero ancora umana, dopo quello che avevo fatto? Potevo ancora guardarmi allo specchio, vedendo sì la mia immagine, ma senza provare la sensazione di non vedere altro che un mostro davanti a me? Non è questa la punizione peggiore che si possa avere per le proprie azioni? Non riuscire più neppure ad essere sopportabili per sé stessi. Potevo tollerare di essere insopportabile per gli altri... ma addirittura per me stessa... \\ Quella sera Mulder aveva fatto tardi in ufficio. Era stato tutto il pomeriggio inutilmente a cercare informazioni su Diana Monti. Alle 5:00 Scully aveva gettato la spugna ed era andata a casa, ma lui non aveva smesso di cercare. Ma soprattutto di pensare. Era strano. Quella ragazza era minuta, come poteva aver ucciso tre persone grandi e grosse? C'era qualcosa che mancava. Mulder ripensò alla prima ipotesi. E se fosse stato il fantasma di James Axel Fadro ad aiutarla in quell'impresa? Non era la prima che incontrava un caso del genere. Quando guardò, quasi per caso, l'orologio, vide che erano le sette passate, quindi decise di tornare a casa. Ma nel percorso, decise che sarebbe stato per qualche momento seduto a pensare sulle panchine del Lincoln Memorial. Guardò il cielo. Le ultime luci del tramonto erano scomparse già da molto tempo. Nel cielo, un pallido quarto di luna sbirciava sulla terra come un timido occhio attraverso una finestra di una casa coloniale. Il mare cantava una dolce melodia, le onde ne davano il ritmo. Qualche stella, qua e là, si faceva spazio occhieggiando tra le nuvole, come se tutto l'universo in quello momento, non avesse altra occupazione che cercare di scovare qualcosa di altrettanto bello sul quel piccolo pianetino azzurro. Quanti sogni di bambino, quante serate passate sui balconi ad osservare lassù, le stelle... forse aspettando che sua sorella tornasse, forse nella speranza che i ricordi rinvenuti da quelle sensazioni potessero riportarla indietro... Tutto si condensò davanti ai suoi occhi, ora, più di vent'anni dopo. Immaginanò un'altra terra, al di là del sole, come faceva Samantha, dove le terre emerse erano meno e le società intelligenti vivevano nell'acqua, dentro città di cristallo. "Disturbo?" Di colpo l'incanto si infranse, frantumandosi come una boccia di sottile vetro di Murano che cade dal ramo più alto di un abete decorato per Natale. Fece per voltarsi, ma una voce lo fermò. "No, non girarti." Melodiosa e bella, un sussurro di sirena nel vento. Fox riprese a guardare il mare. "No, non disturbi." Aveva già sentito quella voce. Sentì la donna sedersi accanto a lui. "A volte, quando si vede qualcuno su una panchina da solo... be', non si sa cosa pensare. E' lì da solo perché lo vuole o... vorrebbe qualcuno accanto a sé... una donna, per godersi l'incanto di una tale serata?" "La seconda ipotesi non è male." rispose lui. "Ottimo. Sono belle le stelle, questa sera." "La luna è poco luminosa." riprese Fox. "Non dà fastidio." "Hai mai l'impressione che lassù dai cieli, qualcuno ti stia guardando?" Fox alzò le spalle. "Sempre. Qualche omino verde o grigio o cose del genere..." "A dire la verità io pensavo... a Dio." La voce si spense e per alcuni istanti il silenzio delle onde del mare ristagnò nell'aria. "Dio? Un Dio protettore?" "Sì. Ma anche giudice. Non è compito degli uomini giudicare e uccidere." "Mi sembra di capire che sei contro la pena di morte." "Da dove vengo io, la pena di morte è stata abolita nel..." "1889. Reintrodotta nel 1926 dal Fascismo, fu poi definitivamente abolita nel 1944." la prevenne Mulder. "Sei molto informato." "Tutti i giorni le persone uccidono. E non si sentono osservate da Dio." "C'è chi ha una coscienza." obiettò la donna. Silenzio. Pochi istanti dopo, la ragazza allungò una mano verso di lui, il palmo rivolto verso l'alto, i movimenti lenti. Mulder la prese nella sua, girandosi. Diana si spostò, avvicinandosi a lui. "Hanno ucciso James ingiustamente. Ed hanno pagato." disse lei. "Ora tocca a me, pagare." Mulder non disse nulla. Teneva stretta quella mano come se fosse quella di Scully. Stava pensando a lei, in quel momento. "Pensi sia ora di andare?" chiese Diana. "No." rispose Mulder. "Direi che... che possiamo guardare ancora qualche minuto le stelle." Diana annuì e rivolse lo sguardo verso il cielo. "" Fox chiuse gli occhi per qualche istante. La donna che aveva al suo fianco era la latitante che cercava da giorni, un'assassina che avrebbe dovuto accompagnare in galera pochi minuti dopo... anche se ora sembrava la ragazza più dolce di questo mondo. Non ebbe voglia di chiederle come avesse fatto a uccidere quelle persone, se James Axel Fadro fosse un fantasma al suo fianco. Non gli importava più nulla di quel caso. Non in quel momento. Scully sollevò la cornetta, mettendo un dito nel libro per tenere il segno. "Scully." disse, immaginando già chi fosse. "Il caso è chiuso." disse Mulder, con una voce piatta e triste. "Come?" fece Scully. "Diana si è costituita. Ha ammesso di aver ucciso il tre imprenditori per vendicare James Axel Fadro." Scully appoggiò il libro e si mise più comoda. "E' in prigione?" "Scully... Devo dirti che mi è venuta la tentazione di farla scappare." Dana annuì, poi sussurrò nel telefono. "Ti capisco." "Ora vado." Sussurò Mulder. "Non tornerai in ufficio a quest'ora?" disse Scully. Mulder sorrise. "Domanda inutile..." sussurrò Scully. Fox salutò la collega e spense il cellulare mentre scendeva con l'ascensore. Vendetta. Anche lui aveva voluto vendicare Dana. Non ci era riuscito. Ma neppure la giusta punizione dalla legge era arrivata. E probabilmente, Diana Monti non aveva voluto aspettare che arrivasse da sola. Si era fatta vendetta da sola. Entrò in ufficio e quando premette l'interruttore della luce un plico di cartelline che era stato piazzato davanti volò a terra con un tonfo. Sbuffando, Fox si chinò a raccoglierle, non si curò di metterle in ordine, ma solo di riaccumularle davanti all'interruttore. Riguardò per qualche istante il fascicolo che aveva in mano: etichettato SMG, conteneva ancora diversi misteri irrisolti, tutti celati sotto il nome di una ragazza. Aprì una cassettiera e, dopo aver cercato per qualche istante un luogo giusto, infilò il fascicolo, richiudendo poi il cassetto. Raccolse una cartelletta adagiata sulla scrivania ed uscì dall'ufficio leggendone il contenuto. Un paio di pazzi che urlavano "all'UFO all'UFO." Un caso concluso, un altro aperto. Era tutto un susseguirsi di criminali, ricerche, arresti... sembrava un ciclo infinito. In fondo, quello era il suo lavoro. Bisognava dimenticarsi dei casi precedenti e tuffarsi in quelli nuovi, altrimenti si rischiava di impazzire. Frank Briggs aveva ragione. //Ho scritto questo diario per te, Fox Mulder, forse anche perché, leggendolo, potrai riportarmi indietro dal baratro. Se ti ricorderai di me. Iniziato un nuovo caso ci si dimenticava di quello precedente... altrimenti era impossibile continuare a vivere... bisognava scrollarsi di dosso quelle visioni, oppure si finiva per impazzire. L'avevo capito. Ma avevo anche capito che tu, in questo modo decretavi la mia seconda morte. Probabilmente la mia vita non sarebbe stata altro che un susseguirsi di decessi e rinascite. Oggi si sono dimenticati di me: mi hanno chiuso fuori dalla prigione. Non si sono accorti che ero fuori. Anche tu ti sei dimenticato di me. Mi doni una libertà, di fuggire e svanire da questa gabbia materiale, che implica però una schiavitù spirituale che non fa altro che uccidere ed imprigionare il mio spirito stesso, giorno dopo giorno. Ma forse, anche se non mi fosse accaduto questo fatto così strano, così incredibile, sarei rimasta comunque trasparente per il mondo intero. Gli uomini preferiscono ignorare le persone che hanno problemi, fare finta che non esistano. Come me, come Jimmy. Chissà, magari un giorno, finiremo di esistere del tutto, noi, persone inesistenti...\\ Un foulard di morbida seta svolazzava sospeso a un metro e mezzo, come se avvolgesse magre spalle invisibili. Poi, sciogliendosi, volò via. Impronte di piccoli piedi, che si allontanavano nella sabbia in riva al mare, furono subito seguite da un gatto bianco e grigio. //Ma un gatto non basta a completare una persona umana.\\ La casa era in disordine. Lui di solito non la teneva così. Certo, c'era da passare l'aspirapolvere, e poi dar da mangiare al gatto... Giusto, sì, il gatto, ma dov'era Floyd? Ricordava di averlo visto lì, poco prima di addormentarsi, lì dove ora ci sono quelle strisce bianche. E che diavolo erano, poi, quelle strisce bianche? Accanto a sé aveva visto distintamente la figura di Diana Flowers. Lei era stata gentile. Avrebbe voluto vederla, per darle quella scatola per i gioielli che aveva comprato per lei quel giorno. Ma prima, forse, era meglio preparare da mangiare per Floyd. Aprì una scatoletta di carne e la rovesciò nella bacinella. "Micio!" chiamò. "Micio! Ehi Floyd?" Ma il gatto non arrivò. Che strano. Pensò che forse si era recato dall'amica. Andò verso il fondo della stanza, ma non trovò nessuna apertura. ---- pensò. Appoggiò l'orecchio al muro. Forse sentiva qualcosa. "" chiese a voce alta. Ma nessuno rispose. "Pazienza." Si sedette sul letto e prese in mano la cornice che Diana gli aveva regalato. Estrasse la foto e lesse la dedica: "" La riappoggiò al comodino. "Bene, è ora di ricominciare." James Axel Fadro si alzò e riprese a vivere nel suo appartamento, nonostante fosse già morto. FINE (*) F.Berni citato in G.Leopardi, "Dialogo di Federico Ruysch e delle sue Mummie". Le citazioni tra "<>" sono prese da canzoni dei Pink Floyd: "So ya / Thought ya / Might like to go / to the show" (In The Flesh?) "All in all it was just a brick / in the wall" (Another Brick in the Wall 1) "I have seen the writings on the wall" (Another Brick in the Wall 3) "What shall we use to fill the empty / Spaces where we use to talk? / How shall I fill the final spaces? / How shall I complete the wall?" (Empty Spaces) "Did it need to be so high?" (Mother ) "I feel cold as a razor blade" (One of My Turns) "If you should go skating / On the thin ice / of modern life / [...] Don't be surprised / when a crack in the ice / Appears under your feet." (The Thin Ice) "What have we done?" (The Post War Dream) "I've got fading roots..." (Nobody Home) Dall'espressione "FADing ROts" deriva il cognome di James Axel. Presa da "I sentence you to be exposed before / Your peers." (Ti condanno ad essere espesto davanti ai tuoi pari.) (The Trial) "I've got a strong urge to fly / But I've got nowhere to fly to" (Nobody Home) "Your lips move but I can't hear / what you're saying" (Comfortably Numb) "Goodbye cruel world, it's over / Walk on by. / [...] In perfect isolation / here behind my wall" (Waiting for the Worms) - "There must have been a door there in the wall / When I came in" (The Trial) "Is there anybody out there?" (Comfortably Numb) "We're just two lost soul / Swimming in a fish bowl / year after year" (Wish You Were Here)