Titolo: "Page #173" Autrice: Stefania Murazio E-mail: Bollino: giallo Categoria: Mitologico This is a fiction story. I don't own the right to the X-Files or Dana Scully or Fox Mulder. They belong to Chris Carter, 1013 Productions and Fox Broadcasting. Archiviazione e pubblicazione previo consenso dell'autore PAGE # 173 Alexandria, Virginia Residenza di Jose Santiago. Sabato, ore 12:30 a.m. L'appartamento lussuoso e arredato con gusto ricercato indicava uno stile di vita che solo chi ha condotto un'esistenza dedita al lavoro o un ricco ereditiero può permettersi. Sul grande pianoforte nero che, nel soggiorno, faceva la parte del leone, vi erano le fotografie di una vita. I sorrisi di un uomo ed una bambina, probabilmente padre e figlia, erano quelli che ricorrevano di più. Erano le foto di momenti spensierati che, durante la vita di ognuno di noi, sembrano voler ricordare che la felicità può esistere sul serio e ci si accorge di averla vissuta solo quando la si è persa. Nella grande libreria, come in una vetrina, stavano esposti testi importanti di letteratura classica accanto a libri più tecnici riguardanti il mare o il mestiere del navigatore. Trattati che, nella casa di un comandante di Marina, non possono mancare. La bella ed elegante scrivania in noce quasi era nascosta da pile di fogli scritti a macchina ai cui lati erano annotati fittamente tanti appunti presi a penna. José Santiago era appena tornato a casa, quella mattina. Posata la sua inseparabile valigietta sulla scrivania, stava per entrare in bagno quando, ad un tratto, fu colto da un fortissimo dolore al petto che lo fece barcollare. Non era impreparato ad eventi del genere. A quasi sessant'anni, il cuore gli aveva dato non pochi problemi. Ma quello non era solo un tipico malessere dell'età. Ogni fibra del suo corpo aveva iniziato a cedere tre anni prima quando la sua unica figlia -Linda-, morta in circostanze non certo naturali, lasciò un vuoto incolmabile nella sua vita e nel suo cuore. Per calmare quel muscolo impazzito, dopo essersi seduto sulla poltroncina accanto alla porta del suo studio, prese due pasticche dal contenitore che portava ormai sempre con sé, e le mise sotto la lingua. Un'operazione usuale dopo la quale Santiago si sentiva meglio. Sapeva, però, che lenire il dolore fisico non l'avrebbe portato alla guarigione. Da quello che i dottori gli avevano detto, il suo cuore era in uno stato tale che, a parte diminuire il dolore ed allentare il ritmo delle pulsazioni, non v'era da fare altro se non attendere per un trapianto. Erano stati molto chiari riguardo al fatto che trovare un cuore è difficile, e lui non era certo il primo della lista. Questom, a Santiago, non dava dispiacere quanto il fatto che morire avrebbe significato non riuscire a trovare in tempo il motivo di una dipartita improvvisa che, da tre anni, non riusciva a giustificare. Quante porte in faccia aveva dovuto subire per arrivare ancora a niente. Il tempo gli aveva dato una speranza. E la sua speranza si chiamava Dana Scully. L'aveva conosciuta tramite le parole di un suo caro compagno di lavoro negli anni passati: William Scully. Pensava che lei fosse la persona giusta perché aveva vissuto la stessa esperienza che aveva ucciso sua figlia. Quante volte aveva pensato di contattarla! E quante altre aveva pensato che lei l'avrebbe scambiato per un esaltato. Non poteva rischiare di perdere un valido aiuto, così aveva fatto in modo tale che una persona vicina a Dana ricevesse i documenti attestanti tutto ciò che aveva scoperto in tre anni di indagini. Walter Skinner, vicedirettore dell'Fbi e superiore di Scully, l'avrebbe sicuramente informata di documenti che la riguardavano da vicino. Da un paio di giorni stava pedinando la donna per capire se avesse ricevuto quei files per lui tanto importanti da essere inviati, anonimamente, all'abitazione privata di un impiegato federale. Quella mattina, aveva visto Scully rientrare in anticipo dal lavoro. Se tutto era andato secondo i suoi piani, in quel momento, stava leggendo quei fogli. Il passo successivo era incontrarla di persona per parlarle della sua tragedia di padre derubato del suo affetto più grande. Se Scully gli avesse creduto, forse avrebbe potuto finalmente mettere la parola fine alla sua agonìa e attendere la morte con l'animo in pace. Federal Headquarters, Washington D.C. Tre ore prima Il vicedirettore dell'Fbi Walter Skinner, con passo lento ma deciso, si avviò nell'ufficio che due dei suoi sottoposti, Fox Mulder e Dana Scully, avevano eletto a domicilio degli X-Files: ovvero, i casi che nessuno mai vorrebbe essere costretto a risolvere in tutta la sua carriera di agente. Seminterrato buio, in disordine ma non certo freddo. Si respirava un'aria decisamente vissuta grazie a fotografie, fogli, testimonianze comprovanti l'esistenza di qualcosa che andava al di là della semplice investigazione. C'era la passione per il lavoro lì dentro. E si sentiva. Bussò alla porta che era comunque aperta e Fox Mulder, chino a raccogliere una matita cadutagli a terra, di scatto, si alzò "Signore, come mai da queste parti? Prego, si accomodi!" "Grazie. Dov'è l'agente Scully? Ho qualcosa da dirle". Mulder cercò una scusa per giustificare il ritardo della collega che, quella mattina, sembrava essersi dimenticata di andare al lavoro. "Arriverà a momenti, è rimasta incastrata nel traffico del mattino. Ma... qualcosa non va?" "Ahm, no... mi faccia un favore, Mulder. Non le dica che sono venuto qui. Ripasserò io" "Certo". Mulder osservò Skinner uscire dal suo ufficio con una cartellina che niente aveva a che vedere con quelle che l'Fbi utilizza per i suoi archivi. Quella strana visita non lo convinse ed il suo superiore era troppo teso per sostenere che tutto fosse in ordine. Comunque, si sedette, prese un fascicolo tra i tanti che affollavano la sua scrivania e iniziò a leggere. Un caso che rientrava tra i soliti inusuali cliché delle sue investigazioni e che qualcun altro, al suo posto, non avrebbe esitato a cestinare. Ma era pur sempre un caso. Un gruppo di bambini delle elementari che, durante una gita in montagna, sosteneva di aver visto l'Uomo delle nevi. "Uuf Mulder, scusa il ritardo, ma tra il traffico e l'allagamento del mio appartamento, stamattina avrei preferito non mettere piede giù dal letto. Che mi racconti?" Dana, in tutta fretta, aveva varcato la soglia dell'ufficio sperando che il suo collega non iniziasse a fare strane battute del tipo 'Dì la verità. Fatto tardi ieri sera con qualcuno che conosco?' o cretinate del genere. Fortunatamente, non fu così. "...nessuna nuova, collega. Rilàssati. A parte il fatto che quindici ragazzini abbiano avvistato, tra le montagne della Pennsylvania, lo Yeti". Con un'aria un po' incredula, Dana ribatté "Nessuna nuova?! Mulder, inizio a preoccuparmi. Qualche mese fa mi avresti porto un biglietto aereo e avresti detto 'questa cosa esiste, Scully!'. Che ti prende?". "Sono stanco. Forse dovrei cambiare aria per un po'" "Posso entrare?" Skinner era ritornato come promesso, troncando a metà la conversazione tra i due agenti. Alla faccia asettica di Mulder, Dana rispose con un'espressione interrogatoria e decise di prendere lei la parola visto che il suo collega non sembrava intenzionato a farlo. Si alzò dalla sedia ed andò incontro a Skinner "Signore, che sorpresa! A cosa dobbiamo la sua visita?" "Agente Scully... vorrei parlarle in privato e, se possibile, in quest'ufficio. Nel mio potrebbero esserci delle interferenze sgradite" "Signore, qualcosa non va?" chiese Scully con un po' d'apprensione, considerato il fatto che il suo superiore si permetteva di andarli a trovare soltanto per questioni di una certa urgenza. Che fosse qualcosa di importante Scully lo capì anche dal bizzarro atteggiamento adottato dal collega per uscire dall'ufficio e lasciarli soli. "Torno subito" Mulder aveva capito il senso delle parole di Skinner. Voleva parlare con Scully e senza testimoni. Appena Mulder se ne fu andato, Walter Skinner si addentrò nell'ufficio con passo esitante come a voler studiare, ancora una volta, le parole con le quali avrebbe descritto la situazione a chi si era più volte fidato di lui. "Agente Scully, io vorrei non dover portare a termine una mansione così ingrata, in questo momento. Anche se ha subìto dei traumi di notevole entità negli ultimi anni, so che lei è una persona forte abbastanza per non cedere di fronte a situazioni difficili. E le assicuro che vorrei evitargliene un'altra. Ma ho ragione di credere che, prima o poi, anche lei sarebbe venuta a conoscenza di ciò che sto per dirle. Preferisco, quindi, descriverle la situazione in modo meno brusco di come farebbe qualcun altro". Scully era in piedi alle spalle del suo superiore che, nel frattempo, si era avvicinato al muro dove erano appuntate le foto raccolte da lei e Mulder in anni di indagini sul paranormale. Sul viso di Dana l'espressione era diventata seria come a prepararsi per un colpo che sarebbe stato duro. "Signore, quello che ha da dire implica me, personalmente?" "Si, ma riguarda anche un caso che tempo fa risolvemmo insieme all'agente Mulder". Skinner si voltò verso Dana "Si accomodi, Scully". Dana si sedette incrociando le gambe. Le dita delle mani erano intrecciate sul grembo come a raccogliere tutta la sua sicurezza di donna forte mentre, con lo sguardo, incoraggiò il suo superiore a parlare. Preso posto nella sedia di fronte a Scully, Skinner, con uno sguardo profondo e paterno e con voce bassa, quasi a rassicurarsi che nessun altro, a parte Scully, ascoltasse ciò che stava per dire, iniziò un lungo monologo. "Il fascicolo che ho tra le mie mani, come avrà già capito dal suo aspetto, non è di quelli siglati dall'Fbi. Sono documenti provenienti dai Servizi Segreti della Marina. Informazioni TOP SECRET che solo ai massimi livelli possono trovare la loro esplicazione. Ragion per cui non avrebbero mai dovuto trovarsi tra le mie mani. Infatti, li ho ricevuti al mio indirizzo privato da un mittente sconosciuto. Il perché io sia stato informato di questa faccenda, non lo conosco. Ma so che in questi documenti c'è il suo nome, agente Scully. Se sia per screditare lei e la sua famiglia, io non lo so, ma..." "...la mia famiglia? Signore, che c'entra la mia famiglia con il lavoro che svolgo per il Bureau?" Per Skinner non era affatto semplice presentare la situazione col tatto dovuto e decise di evitare a Scully un momento di imbarazzo pensando ad un compromesso "Io non posso consegnarle questi documenti, ma voglio metterla nella condizione di scoprire da sola, deciderà lei se coinvolgere o meno l'agente Mulder, quello che vi è contenuto" "Non capisco. Se lei ha delle informazioni complete perché non consegnarmele?" "No, agente. Ciò che è contenuto in questi files potrebbe essere solo uno scherzo di dubbio gusto ed io l'avrei messa in apprensione per nulla. Le darò delle linee di base per dare inizio alla sua indagine, semmai ne vorrà iniziare una. Ma sarà lei a dover confermare i sospetti che questo fascicolo vorrebbe instillare. Potrebbe essere tutta una montatura" "Confermare? Vuole dire che dovrò presentarle dei rapporti sugli sviluppi di questo caso?". Skinner si alzò dalla scrivania di Mulder avviandosi alla porta quando, nel posare dei fogli sul grembo di Scully, disse: "Non essendo un caso ufficiale, lei non è costretta a presentare rapporto. Ma se lo riterrà necessario, ricordi che io non le ho mai consegnato questo file. Dovrà trovare il modo di aver ricevuto queste mie informazioni da altri canali". Il vicedirettore uscì dall'ufficio lasciando Dana nello sconforto più totale. Come al solito, Skinner offrì un aiuto che sembrò futile ma che, col tempo, si sarebbe rivelato essenziale. Scully aveva quasi paura di toccarli quei documenti come se, fra le loro parole, contenessero il segreto per trovare il Santo Graal, la profezia che avrebbe svelato il mistero della vita o la fine del mondo. Prese quegli incartamenti con dita tremanti, con tatto. Quasi a proteggersi da una scottatura che non avrebbe tardato ad arrivare. Quando Mulder tornò in ufficio, Scully era seduta al suo solito posto. Lui poteva vederla solo di spalle ma non le sembrò agitata. Decise allora di azzardare un dialogo che non fosse troppo serio sperando che, dalla risposta di lei, potesse comprendere il suo stato d'animo. "Hey, Scully. Il capo voleva dirti che ha accettato la tua domanda di trasferimento ad un altro ufficio? Mi lasci digià?". Dana era seria, si alzò dalla sedia e andò incontro a Mulder che aveva appena messo piede nell'ufficio. "Mulder, mi prendo il resto della giornata libero. Ho molte cose da fare" "Scully, ma sei appena arrivata! Ha che fare con qualcosa che ti ha detto Skinner? Sei nei guai?" Con il suo solito tono di voce rassicurante, gli rispose: "Figurati! Non preoccuparti. Ci vediamo in ufficio, domani." Dopo aver riposto i fogli che stava leggendo nella sua cartellina ed aver preso il cappotto, Scully uscì lasciando un Mulder piuttosto agitato. Non era nel carattere della sua collega piantare il lavoro così. La guardò uscire pensando che nel pomeriggio sarebbe andato a casa di lei a cercare una spiegazione ad un atteggiamento tanto bizzarro e che, sicuramente, derivava dalla visita di Skinner. Scully, durante il tragitto verso casa, non riuscì a pensare ad altro se non alle parole del suo superiore. Perché documenti della Marina sarebbero stati indirizzati a lui? Quanto poteva essere implicata la sua famiglia? E perché Skinner aveva usato il termine screditare? Qualcosa di molto serio era contenuto nei documenti che lui ancora tratteneva. Qualcosa di così importante e forse sconvolgente, da dover essere scoperto lentamente. In un turbine di domande senza risposta, Dana arrivò a casa. Parcheggiò la macchina, scese portando con sé quei brandelli di informazione che non dovevano condurre a Skinner e si avviò verso il portone del suo palazzo. Non si accorse che qualcuno la osservava. Da molto vicino. Nel suo ufficio, Mulder non riusciva a combinare molto. Il caso dello Yeti, stranamente, non riuscì ad incuriosirlo tanto i suoi pensieri erano concentrati su Skinner. Doveva chiedergli assolutamente se era il caso di preoccuparsi per Dana. Decise allora di salire ai piani superiori per indagare. Ma neanche Skinner era tranquillo. Forse non avrebbe dovuto comportarsi così con l'agente Scully. Probabilmente, a quest'ora era lì a tentare di capire da che parte iniziare. Sapeva che avrebbe condotto delle indagini coscienziose e avrebbe trovato tutti i tasselli del puzzle. Ma sapeva anche che, senza l'aiuto del suo collega, probabilmente, alcuni di quei tasselli avrebbero finito col non collimare. Pensava a questo quando, d'un tratto, squillò l'interfono e la sua segretaria annunciò la visita dell'agente Mulder "Lo faccia entrare". Fox bussò alla porta "Signore..." Skinner si accomodò sulla sedia, come a presagire quello con Mulder, come un momento scomodo e difficile. "Agente, cosa posso fare per lei?" Mulder, entrò con passo esitante e, con altrettanta insicurezza, si rivolse al suo superiore "Signore, non dovrei chiederglielo e so che quella fra lei e l'agente Scully, stamattina, è stata una conversazione privata. Ma il bizzarro comportamento della mia collega mi ha preoccupato. La notizia che le ha portato era grave?". Skinner guardò Mulder di sfuggita da sopra gli occhiali e senza nemmeno scomporsi, dopodichè tentò di rispondergli in modo freddo e conciso, come si addice ad un uomo nella sua posizione. "Agente Mulder, capisco che lei sia legato a Scully ma i rapporti che instauro con i miei sottoposti devono riguardare solo me e loro. Io non posso riferirle il mio dialogo con lei. L'Fbi non è un posto dove fare salotto, Mulder. Se la sua collega vorrà riferirle della nostra conversazione sono sicuro che lo farà in privato. Ora, se non ha altre questioni da pormi, può tornare al suo lavoro". Mulder guardò il suo superiore con l'aria di chi non riuscirà mai a comprendere il comportamento del genere umano. Si erano coperti a vicenda, negli ultimi anni, ma c'erano ancora momenti di forte incomprensione e di sotterfugi. Come questo. Mulder si alzò dalla sedia ma, prima di andarsene, non poté fare a meno di rivolgergli quella domanda "Se Scully fosse in pericolo me lo direbbe. Vero, signore?" Skinner, senza alzare lo sguardo dai fogli che erano sulla sua scrivania, rispose con una frase che Mulder, per un certo verso, si aspettava "Agente Mulder, se nell'Fbi ci fossero persone non in grado di fronteggiare il pericolo o che il pericolo vogliono sfuggirlo, non lavoreremmo per un'organizzazione investigativa ma per un asilo infantile". Mulder, dopo un attimo di esitazione, uscì dall'ufficio di Skinner e tornò al suo. Erano appena le 12:15 del mattino. Avrebbe dovuto lavorare fino al primo pomeriggio ma la sedia scottava. Dopo aver praticamente segnato una trincea a forza di andare avanti e indietro per l'ufficio perché preoccupato, prese la giacca, chiuse dietro di sé la porta quando uscì e, dopo cinque minuti, era in macchina. Rotta: l'appartamento di Dana Scully. Annapolis, Maryland. Residenza di Dana Scully. Ore 10:15 a.m. Quando aprì la porta di casa, Scully si tolse il cappotto, lo gettò con insolita noncuranza sul divano del soggiorno e, sempre insolitamente, non attivò la segreteria telefonica per sapere se vi erano nuovi messaggi. Andò direttamente in cucina ed aprì la cartellina che portava con sé e in cui era contenuto il plico che, poco prima, aveva iniziato a leggere nel suo ufficio. Quello che Skinner le aveva riferito era vero. Erano documenti segretissimi, firmati da alti esponenti della Marina. Il primo foglio che l'agente Scully si trovò davanti era un elenco di nomi di persone o forse di luoghi con accanto delle date. Non era chiaro. Alcuni erano stati censurati, altri codificati. Solo una cosa assunse un significato inequivocabile perché, come il suo superiore le aveva detto, quello era un caso che la sezione X-Files aveva già risolto in passato. Quando iniziò a comprendere qualcosa, Dana fu sottratta al suo lavoro dal suono del campanello. Era Mulder. "Mulder?! Dovresti essere al lavoro! Che ci fai qui? E' successo qualcosa?" "Bèh... no. Ma stamattina ti sei comportata in modo talmente strano che ho pensato di venire a chiederti se avessi dei problemi" "E cosa te lo fa pensare?" "E me lo chiedi? Ti sei presentata al lavoro con il solito umore e dopo la visita di Skinner, sei andata via di corsa e quasi agitata. Dimmi, Scully. Devo sapere qualcosa?". Erano entrambi sull'uscio di casa. Scully non aveva alcuna intenzione di far entrare Mulder. Aveva troppa fretta di continuare nella lettura in cui era impegnata. Tentò di liquidare il suo collega "Mulder non preoccuparti. E' solo che tempo fa richiesi a Skinner dei documenti personali e me li ha consegnati stamattina" "Con quell'espressione tanto seria?! Scully, non è questo. Ti conosco da troppo tempo per non capire quando sei preoccupata" "Mulder, non sono preoccupata e anche se fosse avrei il diritto di tenerlo per me. Non credi?" "Certo ma, dopo che Skinner è venuto nel nostro ufficio, sei corsa via come se casa tua fosse avvolta dalle fiamme. Ho pensato fosse qualcosa di grave. Tutto qui" "No Mulder. E' tutto a posto. Ma... ora ho da fare. E anche tu, credo, debba tornare al lavoro. O sbaglio?" "Mi stai cacciando via?" "Ti ho già detto che ho delle commissioni da fare ma, se rimarrai qui, mi impedirai di andare avanti" "E va bene vado via. Ma promettimi che, se ti dovesse servire aiuto, mi chiamerai immediatamente". Sorridendo, Scully rispose a Mulder "Tu vedi fantasmi ovunque. Ci vediamo". Detto questo, chiuse la porta alle spalle di Fox, il quale era più preoccupato di prima. Solo che ora era sicuro che qualcosa non andava. In cucina, sul tavolo, aveva intravisto i documenti che erano sicuramente quelli che la sua collega aveva ricevuto da Skinner. Quello che Dana notò prima che Mulder la interrompesse, era il linguaggio Navajo che già una volta si erano trovati di fronte lei ed il suo collega in altri documenti e che aveva fatto tradurre da un esperto. Non molto era contenuto nel dossier. Appena una decina di fogli certo non le sarebbe bastata a scoprire, senza approfondire l'argomento con delle ricerche, quello cui Skinner si riferiva. Ma se il suo superiore li aveva considerati una linea guida sufficiente per iniziare un'indagine, doveva essere così. Decise che era il momento di iniziare sul serio a chiarire quella situazione. Sapeva qual'era il punto di partenza: decodificare il dossier per capire quello per cui Skinner si era tanto agitato, quella mattina. Conosceva anche la persona giusta da cui ottenere un valido aiuto: un vecchio amico che viveva nel New Mexico. Doveva partire. Si alzò dalla sedia e mise al sicuro i documenti. Andò in camera da letto e in fretta, poiché non avrebbe avuto molto tempo per capire cosa si celasse in quel mistero, preparò un piccolo bagaglio che le sarebbe servito per rimanere fuori casa un paio di giorni. Avrebbe dovuto avvertire la persona che stava andando a trovare ma Mulder, più di una volta, le aveva dimostrato che i loro contatti andavano tutelati, perché loro potevano essere sotto controllo. In qualsiasi momento. Erano le tre del pomeriggio quando uscì di casa e si avviò all'aeroporto. Con tutte le cautele del caso, comprò un biglietto per il primo volo verso la destinazione dove avrebbe potuto contattare Albert Hosteen. Arrivata nel New Mexico in serata, noleggiò un'auto e si recò a casa dell'uomo. Scesa dall'auto, dopo essersi guardata intorno con prudenza per assicurarsi che nessuno l'avesse seguita, Dana bussò alla porta. Le aprì un ragazzino dal colore della pelle olivastra sui diciassette o diciotto anni. Si presentò a lui e chiese del signor Hosteen. "Prego, si accomodi. Glielo chiamo subito". Dana si sedette ad una comoda poltroncina nel soggiorno e attese pochi secondi, dopodichè Hosteen entrò nella stanza. "Agente Scully, benvenuta. Come mai da queste parti? E il suo collega?". Dana si alzò e, mentre andava incontro all'uomo, pensò a ciò che gli avrebbe detto. Alexandria, Virginia. Appartamento di Fox Mulder. Mentre lei era in New Mexico, Mulder, nel frattempo tornato a casa dal lavoro, non riusciva a darsi pace. Tentò di uscire, di fare dello sport, di tenere la testa occupata. Ma il fatto che Dana gli tenesse nascosto qualcosa non gli lasciò la mente libera dal pensare. Poteva essere nei guai, poteva essere qualcosa di importante. A volte, credeva di avere degli sprazzi di lucidità, quando si convinceva che la sua collega l'aveva tranquillizzato sul fatto che i documenti che aveva visto riguardassero un suo file personale. Così, si sentì uno stupido "Forse Scully ha ragione. Vedo fantasmi ovunque. Meglio non pensarci. E poi, Skinner avrebbe avvertito entrambi se si fosse trattato di un nuovo caso. Perché informare solo Scully? Ma sì, mi sto preoccupando troppo". Andò a dormire pensando che la sua fosse solo un'eccessiva paranoia. New Mexico, Residenza di Albert Hosteen. Ore 7:00 p.m. "No, signor Hosteen, il mio collega non mi ha accompagnato stavolta. Io sono qui in veste non ufficiale e, a dire il vero, lui non sa di questa mia visita" "Se ha preferito venire adesso e da sola, deve sicuramente avere un valido motivo. Io in cosa posso esserle utile?" "L'ultima volta che ci siamo visti, lei ci ha aiutati a decodificare il linguaggio Navajo da documenti segretissimi. Io sono qui per chiederle quello stesso favore. So che a causa della nostra superficialità, Mulder ed io siamo riusciti a metterla nei guai, quella volta. Quindi, la comprenderei se decidesse di non aiutarmi ma sento di doverle dire che lei è l'unica persona cui posso rivolgermi per questo caso. Le chiedo troppo?". Con un gesto della testa, l'uomo le fece capire che l'avrebbe aiutata ancora. Dana gli consegnò il dossier, senza esitazione. Aperta la cartellina in pelle marrone, Hosteen iniziò a tradurre i documenti, mentre Scully scriveva ciò che l'uomo dettava. Il lavoro di traduzione era iniziato immediatamente, ma la notte, ormani inoltrata, li aveva colti ancora al lavoro. Per arrivare alla fine, avrebbero dovuto lavorare di più. Si diedero appuntamento per il mattino del giorno dopo. Ormai erano le due del mattino e, nel suo letto al motel, Dana non riuscì a chiudere occhio. Hosteen aveva tradotto alcune delle pagine che lei gli aveva consegnato e, quello che vi era contenuto, non era entusiasmante. Come faceva Skinner a dire che quelle fossero una buona base di partenza, non sapeva spiegarselo. Aveva studiato tutta la sera fino a notte avanzata ma non era riuscita a trovare un punto preciso su cui focalizzare le sue indagini. Forse, con Mulder, a quest'ora sarebbe arrivata più avanti di così. Da quel poco che era riuscita a comprendere, c'era un traffico di qualcosa che nei documenti non era specificato. Vi erano annotati i nomi di luoghi a cui erano associate date, orari, nomi di persone. Bolle di accompagnamento merci in regola in cui, l'unico punto buio, era la caratteristica della merce stessa. Punti di partenza erano ovunque nel mondo. Il luogo d'arrivo, uno solo: lo scalo di Burgess, Virginia. Probabilmente, Dana pensò, proprio dalla Virginia avrebbe dovuto iniziare le sue indagini. E proprio qui, riconduceva un nome che Scully credeva d'aver già sentito una volta prima di leggerlo nei documenti. Un capitano, Josè Santiago, che suo padre aveva nominato qualche volta quando lei ancora studiava a Quantico. Ma non ricordava in quale circostanza il signor Santiago compariva nei discorsi del padre. Di sicuro, aveva a che fare con il trasporto delle merci non specificate. Ma se così fosse, perché Skinner aveva tirato in ballo la famiglia di Dana? La stanchezza aveva talmente attanagliato i suoi pensieri che questi, in subbuglio, non la lasciavano dormire. Fu solo a notte fonda che la mente riuscì a liberarsi e a riposare. New Mexico, Rosa's Motel. Domenica Il mattino seguente, di buon ora, Scully si svegliò e, dopo una doccia che le mise a posto i pensieri sempre un po' confusi del mattino, decise di passare dal signor Hosteen per finire di tradurre il resto dei documenti. Ci volle un giorno intero di lavoro massacrante solo per capire come erano stati codificati alcuni punti che sembravano non seguire la stessa logica utilizzata fino a quel momento, come per sviare il lettore appositamente. Quando ogni singola frase acquistò un suo significato logico, Hosteen rivolse una domanda a Dana "Lei è proprio sicura che il suo collega non verrà a cercarla?" "Perché dovrebbe? Lui non sa dell'esistenza di questo caso, ma devo chiederle un favore. Se dovesse inaspettatamente venire a trovarla, la prego di non riferirgli che sono stata qui. Lui non capirebbe il motivo per cui ho deciso di lavorare da sola, stavolta" "Io spero che tu non perda un'altra persona a cui tieni molto, come è successo l'ultima volta che ci siamo incontrati" "Perdere un'altra persona...?" "A volte si finisce con l'allontanare qualcuno anche solo affettivamente. E quando si perde qualcosa o qualcuno, si crede che la vita non sia valsa a niente. Ma basta guardare altrove e continuare a guardare alla vita per non cercare la morte". Dana non rispose alla strana profezia del vecchio indiano, forse perché non l'aveva capita. Così come non era mai riuscita a capire la facilità con cui l'uomo passava dal "lei" al "tu", in un attimo. Lo salutò, lo ringraziò del prezioso aiuto datole e si avviò alla macchina parcheggiata fuori dalla casa di lui. Durante il percorso verso il motel dove alloggiava, pensò a Mulder. Si chiese se quello che stava facendo fosse giusto. Lui si era ricreduto su suo padre e l'aveva conosciuto sul serio solo dopo la sua morte. E a questo, Mulder aveva reagito bene, tutto sommato. Ma il discorso di Skinner, allarmandola, l'aveva costretta a riflettere. Ovviamente, Dana sperava con tutta la forza del cuore, che il suo superiore sbagliasse. Ma se davvero qualcuno delle persone che più amava al mondo fosse stato implicato in un caso che poteva richiedere l'intervento dell'Fbi, lei avrebbe preferito che Mulder non lo sapesse. Non era forte abbastanza. E, probabilmente, avrebbe perso la forza necessaria per continuare il suo lavoro nel federal beaureau come, invece, aveva fatto lui. Alexandria, Virginia. Skinner, quella notte, dormì un sonno agitato. Sognò Mulder. Erano a casa dell'agente che, in pessime condizioni psichiche, stava invocando contro il suo superiore per aver permesso a Scully di partire per l'Inghilterra, senza neanche dirgli addio e dopo aver abbandonato l'FBI definitivamente. Si svegliò di soprassalto quando il telefono squillò. Non fece in tempo a rispondere perché gli squilli furono solo due. Pensò fosse l'agente Scully che voleva dei chiarimenti, o magari Mulder. L'unica cosa certa era che appena sveglio definitivamente, avrebbe telefonato a Dana per chiederle aggiornamenti sulle indagini. Skinner era preoccupato. Sapeva che la sua sottoposta era preparata come pochi altri all'FBI nel risolvere casi disperati. Ma questo, era qualcosa di diverso. Lei era implicata direttamente attraverso la sua famiglia e il non aver riferito nulla al suo collega di sempre stava ad indicare quanto doveva starle a cuore la scoperta di una verità vera che non implicasse un coinvolgimento di Mulder. Quando compose il numero di Scully, pensò al fatto che in passato mai l'aveva contattata in privato e già solo questo lo mise in agitazione. Appena il numero fu composto, rispose la segreteria telefonica alla quale non lasciò nessun messaggio. Avrebbe provato sul cellulare. Digitò il numero, ma risultò irraggiungibile. A questo punto iniziò a preoccuparsi anche se, pensò, era eccessivo. Magari Scully preferiva non essere rintracciata fuori l'orario di lavoro. Ma si sentì in qualche modo responsabile perché, dopo gli ultimi eventi, dopo la sua malattia la sentiva fragile. Si vestì e si recò a casa di lei. Quando arrivò non la trovò, così decise di andare dall'agente Mulder nel caso lui fosse a conoscenza della sua posizione. Quando bussò alla porta, sentì i passi felpati di Fox che si accingeva ad aprire. "Signore, lei qui? Prego, entri". Quando Skinner entrò, si diressero entrambi nel salottino di Fox. Si sedettero l'uno di fronte all'altro. "Mulder, io credo di aver fatto un grosso sbaglio e sono venuto qui per rimediare" "E' per Scully,vero? Che le è successo?" "Spero nulla, ma non riesco a contattarla. A casa è inserita la segreteria e il suo cellulare è irraggiungibile" "Proverò ad andare a casa sua, magari non vuole essere disturbata e..." "Non ci perda tempo, ci sono appena stato e lei non c'è e a preoccuparmi sono stati gli squilli al mio telefono privato, stamattina alle sette" Mulder guardò dritto negli occhi il suo superiore "Signore, forse è meglio che mi racconti tutto quello che è successo con Scully, a partire da ieri". Quando Skinner ebbe descritto a Mulder la conversazione avuta con Scully nel loro ufficio il giorno precedente, gli mostrò i documenti che aveva consegnato alla sua collega. Gli parlò della tensione che l'incarico dato a Scully gli aveva procurato e gli disse che avrebbe messo a disposizione il suo aiuto, nel caso avessero bisogno di lui. "Non posso espormi ulteriormente, agente. Dopo la morte del caposezione Blevins, le nuove teste del dipartimento stanno svolgendo indagini a tutto campo e se dovessi fare dei passi falsi... Inutile dirle che ci rimetterei non solo io ma anche gli X-Files. Io posso solo offrirvi il mio aiuto da dietro le quinte. Cerchi di capirmi, Mulder". Era chiaro che Fox era sempre stato grato a Skinner per il suo aiuto ma l'atteggiamento da topino impaurito l'aveva sempre disgustato. Aveva fatto la guerra in Corea e avrebbe dovuto affrontare il pericolo in maniera diversa. Ma ogni uomo è solo nel combattere le proprie battaglie e non sempre un fucile è sufficiente a difendersi dai colpi sinistri. Solo a volte riusciva a comprenderlo quest'uomo che la guerra vorrebbe vincerla ma che desidera andare in Paradiso anche dopo aver ucciso un uomo. "Non si preoccupi, signore. Comprendo la sua situazione ma, adesso, è meglio che mi occupi del caso di Scully. Sperando che non si sia cacciata in qualche brutto guaio". Quando si salutarono, Mulder tentò di comprendere il file che il suo superiore gli aveva consegnato, ma non era a conoscenza del fatto che i documenti in suo possesso, erano gli stessi che aveva Scully. Erano i documenti incompleti che Skinner aveva dato anche a lei. Questo significava che i due agenti federali, probabilmente, avrebbero percorso la stessa logica di pensiero nello svolgere la loro indagine. A differenza della sua collega, però, Fox era in vantaggio. Skinner era stato abbastanza comprensivo nel consegnargli i documenti già decodificati. Sapeva che Dana avrebbe dovuto farli tradurre e sapeva anche che probabilmente sarebbe andata da una persona che entrambi conoscevano. Per questo lui e Skinner non riuscivano a rintracciarla, lei era in New Mexico. Fox aveva capito che quel caso per Scully era importante a tal punto da nasconderglielo, ma non poteva permetterle di lavorarci su da sola. Solo che a lui niente sembrava avere senso in tante parole ma sapeva da dove iniziare: dallo scalo di Burgess. Dai Lone Gunmen, nel pomeriggio. Quel pomeriggio, Mulder si mise in contatto con i suoi amici di sempre, i Lone Gunmen. Non li andava a trovare da un sacco di tempo ma i tre ragazzacci non sembrarono sorpresi dalla sua visita. Lui si era sempre presentato da loro per lavoro, mai per un saluto incondizionato. Anche stavolta necessitava di informazioni che non avrebbe potuto trovare altrove. "Mulder, possibile che non arrivi mai qui per portarci delle belle ragazze con cui andare a fare un po' di baldoria?! Sempre al lavoro!" disse Frohike "Via, ragazzi, se non mi aiutate voi!" "Si ma tu cerca la maniera giusta di ringraziarci" "Prima o poi convincerò Scully ad uscire con te una sera, così siamo pari, va bene Frohike?" "Se riuscissi a fare questo, ti sarei debitore per tutta la vita. Comunque, cos'è che vuoi sapere?" "Burgess" "Lo scalo di Burgess in Virginia?" chiese Langly "Quello" "Non mi sembra ci sia qualcosa di strano a proposito. Non oggi. In passato, però, pare che ci fosse un traffico di droga destinata al Brasile. T'interessi al traffico illecito adesso, Mulder. Cos'è sei a corto di lavoro elettrizzante?" chiese Frohike in tono scherzoso. "Eh, potreste passarmi voi qualche caso interessante quando sarò disoccupato. Comunque, io non credo che arrivasse droga a Burgess, o non solo quella" "Cosa dobbiamo cercare di preciso?" chiese Langly "Qualcosa che abbia a che vedere con la Marina e con il traffico di clandestini o cose del genere" "Wow, la Marina! I Servizi segreti, eh? Ci mettiamo al lavoro da subito. Ci vorrà un po' di tempo ma per domani avremo sicuramente quello che ti interessa. So a chi chiederlo" "Vi ringrazio ragazzi. Domattina sarò qui alle otto in punto". Lasciàti i Lone Gunmen, Mulder tornò a casa a ristudiare tutte le informazioni di cui era in possesso. Ma, in ciò che lesse, non riuscì a trovare un punto di partenza che fosse logico a parte il traffico verso Burgess. Era come se tra quelle parole qualcosa gli sfuggisse. Un particolare che per Scully era tanto importante da doverlo nascondere. New Mexico, Rosa's Motel. Nel pomeriggio. Nella sua piccola ma confortevole stanza al Rosa's motel, Scully si accingeva a studiare in modo approfondito e definitivo il dossier appena tradotto, quando il suo pensiero andò a Mulder. Le sue indagini avrebbero potuto richiedere tempi più lunghi che un paio di giorni. Avrebbe dovuto avvisare Skinner che si sarebbe assentata dal lavoro per un po'. Ma la parte difficile sarebbe arrivata quando avrebbe dovuto rendere credibile una scusa al collega, per restare lontana dal lavoro senza che lui si insospettisse. Avrebbe pensato al momento a ciò che gli avrebbe detto. Non poteva permettergli di seguirla. Non stavolta. Appena inforcati i suoi occhiali da vista, si sedette al tavolo di fronte al letto e riprese a studiare il file dall'inizio, quasi a cercare qualcosa che fosse più di un nome e che fino ad allora le era sfuggito. Non trovando nulla, con il laptop decise di fare qualche indagine su quel nome che le era sembrato tanto familiare già dal giorno precedente. Digitò sulla tastiera il nome José Santiago e lo inserì nel motore di ricerca della Marina. Ottenne l'accesso ad un file che, sulla schermata, apparve così: NOME: JOSE' SANTIAGO DATA E LUOGO DI NASCITA: 11\06\40- WASHINGTON INDIRIZZO PRIVATO: VIRGINIA, NESSUN ULTERIORE ACCESSO A QUESTA INFORMAZIONE PROFESSIONE: IN MARINA DAL 1968. CAPITANO DAL 1980 MISSIONI COMPIUTE: NESSUN ACCESSO A QUESTA INFORMAZIONE FILE PERSONALE: MOGLIE DECEDUTA DURANTE IL PARTO DELLA FIGLIA LINDA, NEL 1976. LINDA SANTIAGO, FIGLIA UNICA. DECEDUTA PER CAUSE NATURALI IL 12 OTTOBRE 1994. ATTUALE OCCUPAZIONE: DIMESSO DAL SUO INCARICO PER MOTIVI PERSONALI. Rileggendo i dati scarni riguardanti l'uomo, il suo sguardo cadde su un particolare: la residenza in Virginia. Sempre la Virginia come punto di partenza. Erano ormai le sei di sera. Dana si preparò a prendere l'aereo che sarebbe partito dopo un'ora, per tornare a casa. Se Santiago risiedeva ancora lì, lei l'avrebbe trovato. Annapolis, Maryland. Residenza di Dana Scully. Lunedì Scully arrivò a casa alle due di mattina. Andò a dormire sperando che un po' di riposo le avrebbe dato la possibilità di trovare una soluzione ad un caso che non sembrava nemmeno avere i connotati di una vera indagine. Dopo qualche ora di sonno, verso le nove di mattina, senza recarsi al quartier generale, telefonò a Skinner per informarlo del fatto che avrebbe chiesto il permesso di assentarsi dal lavoro per qualche giorno. Skinner parve sollevato nel sentirla "Agente Scully, non sono riuscito a rintracciarla durante tutto il week-end, ero preoccupato per lei" "Come mai signore? Lei era a conoscenza di questa indagine. Non c'è niente per cui preoccuparsi. O forse dovrei essere a conoscenza di qualcosa di cui lei non mi ha informato?" "No, Scully. Buon lavoro". L'uomo riagganciò immediatamente, non voleva farsi sfuggire il fatto che Mulder fosse a conoscenza di quella storia e, soprattutto, non voleva farle sapere che il suo collega non si era ancora presentato al lavoro quella mattina in quanto impegnato nel suo stesso caso. Dopo aver telefonato al suo superiore, Dana chiamò l'ufficio, per avvisare Mulder. Il telefono squillò a vuoto: nessuno rispose. Non le sembrò strano, probabilmente era in giro per il Bureau o forse per strada. Lo chiamò sul cellulare. "Mulder" "Mulder sono io, dove sei?" Fox era con i Lone Gunmen e coprire le voci dei tre compagni che, come al solito, vociferavano in sottofondo, non era facile. "Sono nel traffico, Scully. Ricordi il caso di cui ti avevo parlato venerdì? Sembra che sia stata tutta una storia inventata da ragazzini troppo su di giri. Vado a parlare con la loro insegnante. Tu dove sei, in ufficio?" "Hm... no. Sono a casa. Non vengo al lavoro oggi, Mulder e nemmeno domani. Ho degli impegni di famiglia. Ti ho chiamato per avvisarti di questo" "Va bene Scully, ci vediamo allora. Stammi bene" "Ok". Dai Lone Gunmen Lunedì, ore 08:00 a.m. I Lone Gunmen trovarono, come promesso a Fox, le informazioni di cui lui aveva bisogno. Alle loro parole lui non riuscì a ribattere perché capì, senza alcuno sforzo, tutto ciò che i documenti di cui era in possesso stavano a significare. Fu Frohike a prendere la parola. "Mulder, da quello che la nostra fonte ci ha riferito sembra che le informazioni che hai sul traffico che si concludeva a Burgess siano giuste. Negli anni cinquanta, da tutto il mondo, partivano delle merci raccolte al porto in Virginia. Ora, non può essere provato ma si sa senza ombra di dubbio che tale merce fosse... umana" Mulder rispose con un'espressione perplessa e quando capì di cosa si trattasse, chiese conferma "Merce umana, intendi dire persone?!" "Si, ma non solo. Su questi soggetti erano stati eseguiti complessi esperimenti d'ingegneria genetica. Alcuni di loro sono ritornati a casa nella loro destinazione d'origine, inspiegabilmente. Altri non hanno resistito ai tests e sono morti con la conseguenza che ancora oggi risultano scomparsi. Ma c'è di più. Gli esperimenti erano eseguiti su vagoni merci se si trattava di cittadini americani o sulle stesse navi da trasporto dai medici della Marina e scienziati europei, se i soggetti erano di nazionalità diversa. Tutte le informazioni derivanti dagli esperimenti erano annotate dalla stessa Marina che si occupava anche del trasporto di cartelle cliniche in West Virginia. All'indirizzo in Virginia risultava, fino a qualche anno fa, una fittizia compagnia mineraria. Ma tu questo già lo sai". Mulder rimase a sentire quel lungo ed accurato rapporto dalle labbra di Frohike senza battere ciglio. Tutto quel discorso gli parve un flashback di ciò che lui e Scully avevano già vissuto qualche tempo prima quando, in New Mexico, trovarono un vagone carico di corpi in decomposizione e poi alla fine, in una montagna in West Virginia, quasi per caso, portarono alla luce migliaia di cartelle cliniche classificate da uomini fra cui suo padre: William Mulder. Ricordò che, in quella occasione, si chiese chi avesse trasportato fisicamente tante cartelle per permetterne un'accurata classificazione. Ma quanti altri punti erano ancora all'oscuro e per cui Mulder ancora non riusciva a formulare una domanda? Quando chiuse la conversazione con Fox, Dana era già pronta. Uscì di casa per salire in macchina, quando un uomo le si avvicinò. Le appoggiò una mano sulla spalla sinistra mentre lei, con ancora le chiavi in mano, aveva appena aperto lo sportello dell'auto. Dana si voltò e poté vedergli le pupille degli occhi tanto lui era vicino. "Cosa vuole?" chiese con voce concitata "Signorina Scully, devo parlarle di una cosa d'estrema importanza" "Non ora, devo recarmi al lavoro... e poi come fa a conoscermi?" "Possiamo parlarne in macchina, se vuole. Posso?" "Lei chi è?". Senza un attimo d'esitazione l'uomo si presentò e al suo nome Scully provò una sensazione di disagio inspiegabile "Il mio nome è José Santiago". Da questo momento in poi le indagini condotte da Dana avrebbero preso una strada più breve da percorrere. Ma anche più insidiosa. Residenza di Dana Scully Ore 10.00 a.m. Appena Santiago si fu presentato, Scully decise di farlo entrare in casa. Probabilmente avrebbe saputo molto più da lui che andando ad indagare direttamente allo scalo portuale. L'uomo la informò del fatto che i documenti in possesso di Skinner li aveva inviati lui anonimamente. "Signorina Scully, mi dispiace l'aver usato un simile stratagemma per avvicinarla, ma se mi fossi presentato direttamente a lei avrei rischiato di sembrare un mitomane ed è esattamente ciò che non sono" "Signor Santiago, posso comprendere il suo stato d'animo ma ora che è qui pretendo di conoscere il significato d'ogni singola espressione contenuta nei documenti che lei ha consegnato a Walter Skinner". Santiago si rivolse a Scully con un'espressione accigliata "Non capisco, la traduzione del testo era allegata ai fogli che io ho consegnato al suo superiore. Non l'ha ricevuta?" Scully scrollò le spalle "Credo che non mi sia stato consegnato molto più di questo. Ma è un'altra storia. Mi aspetti qui". Dana andò in camera da letto a prendere da un cassetto dell'armadio un po' più nascosto degli altri, il dossier che stava studiando da qualche giorno. Tornata dal suo ospite, gli mostrò i fogli tradotti da Hosteen "Si, sono questi e la traduzione è perfetta. Come ha fatto?" "Dure ricerche. Ma lei come fa a conoscere questo linguaggio?" "La Marina l'ha utilizzato in svariate occasioni per comunicare informazioni a distanza che fossero difficilmente captate da nemici, specie in tempo di guerra". Scully, che intanto aveva abbassato lo sguardo sui fogli che aveva appoggiato sulle gambe, ritornò con lo sguardo all'uomo e, d'un tratto, disse: "Capitano Santiago. Sa, mio padre mi parlava spesso di lei quando era ancora vivo" Dana sorrise mentre lui riprese la parola. "Anch'io ho molto sentito parlare di lei, dottoressa Scully. Suo padre era molto orgoglioso che fosse un medico e continuava a parlarmi di lei con la luce negli occhi, anche dopo essere entrata nell'FBI". Dana aveva bisogno di sentirsi dire simili parole da tempo immemorabile. Ringraziò quell'uomo che le aveva regalato un attimo rubato al tempo ormai trascorso. "Parlavamo spesso delle nostre famiglie, soprattutto quando ci ncontravamo dopo qualche tempo. E mi dispiacque quando, quattro anni fa, venni a conoscenza del suo rapimento. Lei sa cosa le è successo?" "Preferirei non parlare di questa storia se non le dispiace". Santiago sembrò frastornato "Mi scusi, ma lei su che basi sta conducendo quest'indagine?" Scully non capì cosa avesse a che vedere il cumulo di documenti in loro possesso, con il rapimento di lei. Lasciò cadere nel vuoto la domanda costringendo Santiago a continuare nel suo racconto. L'uomo si alzò dal divano su cui era seduta anche Scully. Si avvicinò alla finestra alle loro spalle e guardò fuori dove c'era una donna che attraversava la strada. "Ho lavorato nella Marina per trent'anni della mia vita. Ho avuto soddisfazioni che non avrei mai scambiato con niente altro fino a quando nacque mia figlia Linda. Sua madre morì durante il parto ed io sono arrivato a fare l'impossibile per consolarla dell'affetto che solo una madre è in grado di dare. Il giorno del suo diciannovesimo compleanno, tornai a casa in anticipo da un viaggio di lavoro per festeggiarlo con lei. Stavo per entrare nell'appartamento che condividevamo ed ero felice di sorprenderla con la mia presenza inaspettata, quel giorno. Ad un tratto, scorsi la porta d'ingresso aperta e davanti sostava un agente federale. Sentii che era successo qualcosa di grave e, infatti, mi dissero che Linda era stata rapita nella notte da due sconosciuti. Aspettai che le indagini facessero il loro corso per tre mesi. Mi restituirono il corpo di mia figlia senza vita. Non mi diedero nessuna spiegazione all'FBI riguardo la sua morte o la sua scomparsa. Chiesi un'autopsia e il risultato fu morte naturale dopo mesi di vagabondaggio. Ma sapevo che non era vero. Iniziai delle indagini con l'aiuto di un agente privato il quale non seppe dirmi altro che quello che vedevo erano solo ombre. Diceva che non volevo accettare la morte di mia figlia. Quello che in realtà non accettavo era la risposta spicciola dell'FBI. All'inizio mi buttai a capofitto nel lavoro. Per dimenticare, per concedere ad una ragione che sembrava inspiegabile il beneficio del dubbio. Ma dopo due mesi aver seppellito mia figlia, seppi della sua scomparsa, Scully. Quasi di pari passo e per puro caso, mi ritrovai tra le mani dei documenti che erano stati codificati con il linguaggio Navajo. Li lessi con disinvoltura all'inizio. Poi trovai il suo nome associato a quello di Duane Barry e a degli esperimenti di cui era la cavia inconsapevole. Io sono sicuro che mia figlia sia stata sottoposta allo stesso trattamento in seguito al quale è morta. Dopo la lettura di quei documenti, mi dimisi dalla Marina per dedicarmi alla scoperta di una verità che sono sicuro sia stata nascosta nel nome di qualcosa che, alla fine, ci coinvolgerà tutti. In questi tre anni d'indagini ho scoperto che la Marina, l'FBI e i Servizi Segreti di tutto il mondo hanno orchestrato un gioco dal quale dipende la vita di sei miliardi di persone". Dana ascoltò senza mai interrompere. La voce dell'uomo era talmente ferma e sicura che a lei non ci volle molto più che intuito a capire che era tutto vero. Si confidò con lui. "Signor Santiago, ho bisogno di porle una domanda. Sia il più sincero possibile e non si preoccupi di come potrei prenderla io. Il mio diretto superiore mi ha consegnato le cartelle che lei ha lì davanti a sè dandomi l'opportunità di svolgere delle indagini senza troppo rumore. Senza volerlo mi ha accennato alla possibilità che la mia famiglia possa essere implicata in tutto questo. Sa certamente che non solo mio padre, ma anche uno dei miei fratelli è nella Marina..." guardò l'uomo negli occhi "...devo sapere qualcosa, signor Santiago?" L'uomo proseguì e il suo racconto fu la copia di ciò che Frohike stava, nel frattempo, raccontando a Mulder. Ma Santiago disse qualcosa di più. "Dopo aver prelevato ignari soggetti in tutto il mondo per condurre su di loro esperimenti d'avanzata ingegneria genetica, questi erano portati in America. Dopo lo scalo a Burgess quelle persone erano dirottate verso apparati dove erano posti sotto controllo medico. Alla fine di quei controlli, alcuni di loro erano rispediti a casa convinti di essere vittime di rapimenti alieni. Altri non riuscivano a sopportare gli effetti devastanti procuratigli dagli esperimenti e morivano. La Marina trasportava nei luoghi convenuti per gli esperimenti tutte queste persone e nascondeva, accuratamente, le cartelle cliniche su cui era annotata ogni singola operazione medica. Suo padre sapeva tutto ciò. Ha taciuto perché non era stato implicato direttamente in questi trasporti e, comunque, non ne era a conoscenza diretta. Sapeva dell'implicazione dei massimi organi governativi, ma nulla più. Quando lei, agente Scully, decise di entrare nell'FBI suo padre pregò Dio affinchè cambiasse idea, perché aveva capito fino a che punto l'uomo può arrivare a sporcarsi le mani. Sperava che lei rimanesse al pulito. Che svolgesse, insomma, la professione di medico. Ma riguardo la sua famiglia, non ho elementi a sufficienza per sostenere che sia implicata in tutto ciò. Forse le sembrerà un atteggiamento egoista ma io sono molto malato. Vorrei chiudere quest'indagine durata tre lunghi anni. Sono a un passo dalla fine, nessuno può aiutarmi se non un dottore. Non so cosa sia successo a mia figlia. Ho sentito delle voci da cui risulta che abbiano sbagliato l'autopsia" "Sbagliare un'autopsia?! Mi sembra eccessivo. Chi le ha detto questo?" "Qualcuno che ho incontrato per caso nei corridoi dell'FBI. Non ricordo chi fosse ma mi sembrava piuttosto sicuro di ciò che diceva. Vorrei un'esumazione del corpo ed una seconda autopsia. So che è anche un medico legale mi sono rivolto a lei per questo. Vorrei morire sapendo di aver scoperto tutta la verità su Linda. Mi aiuti, la prego". Scully sentì che non le aveva detto tutta la verità, ma volle aiutare quell'uomo "Ordinerò un'esumazione per domani ed eseguirò io stessa l'autopsia su sua figlia. Se c'è una verità da scoprire, lo sapremo presto." Quando Santiago se ne fu andato era ormai l'ora di pranzo ma Dana sembrò aver perso la cognizione del tempo. Si mise comodamente seduta sul divano e rilesse tutti i documenti che Skinner non volle darle e che ebbe, invece, dal capitano. Erano almeno duecento pagine di nuove informazioni. All'inizio, non trovando ancora nulla riguardo la sua famiglia, non capì perché il suo superiore le avesse detto una bugia. Dopo pagine e pagine di accurate descrizioni dei trasferimenti e degli esperimenti compiuti da uomini che, incontrati per strada potrebbero sembrare persone normali, d'un tratto il suo sguardo cadde su un nome. Capì. E fu a quel punto che si coprì il volto con le mani e iniziò a piangere. Dai Lone Gunmen Ore 01:35 p.m. Intanto, anche Mulder, accompagnato passo dopo passo dai Lone Gunmen, era iniziato ad una verità che se non lo sconvolse lo rese vulnerabile come mai si era sentito in vita sua. Byers, dopo aver ascoltato il racconto del suo collega d'avventure impossibili, prese una valigetta che teneva nascosta dietro una grande pila di libri d'informatica, dopodiché iniziò a parlare "I documenti in tuo possesso, non sono completi, Mulder. Quello che c'è in questa valigetta è ciò che Scully non vorrebbe sapere e sicuramente Skinner non li ha consegnati neanche a lei" "Che vuoi dire?" Byers aprì la valigetta e da una cartellina piena di fogli estrasse quello contrassegnato a penna con il numero 173 e lo consegnò a Mulder. Questi lo prese guardando l'amico in modo interrogativo. Si rese conto che se Scully aveva già letto ciò che lui stava scoprendo solo ora doveva essere, a dir poco, disperata. Provò a chiamarla a casa ma nessuno rispose. Compose il numero del cellulare. "Scully". "Sono Mulder". "Mulder, in questo momento non posso parlarti, ci sentiamo più tardi" e tolse la comunicazione. Le lacrime di Dana non durarono molto. Poche volte, in vita sua, aveva ceduto ai sentimentalismi e, meno che mai, si era allarmata per qualcosa che era scritto solo sulla carta. Si asciugò il volto, prese il cappotto, le chiavi della macchina, ma soprattutto quel foglio che l'aveva catapultata nell'oblio. Uscì di casa decisa che ormai era una questione di giustizia. Al diavolo i sentimenti e il suo lavoro. Appena messasi in viaggio, il telefono squillò. Era Mulder, ma lo liquidò in modo brusco. Non doveva permettere alle parole di nessuno di annebbiarle la mente che ormai era proiettata verso il dialogo che avrebbe instaurato con suo fratello Bill, appena arrivata a San Diego. Burgess, Virginia Ore 02.05 p.m Mulder lasciò i Lone Gunmen dopo averli ringraziati per il loro aiuto. Salì in macchina e si diresse al porto di Burgess. Trovare le prove dei raggiri nei confronti dei cittadini di tutto il mondo trasferiti in America contro la loro volontà, avrebbe significato confermare o negare la validità delle affermazioni contenute nei documenti di cui era in possesso. Arrivato allo scalo Mulder tentò, presentandosi come agente federale incaricato di controlli finanziari, di avvicinarsi ad un archivio che contenesse le informazioni di cui necessitava. Il capitano di porto, John Gibson, lo condusse in una stanza dove erano stipati centinaia di documenti risalenti al massimo a due anni prima. Gibson, un uomo sulla quarantina, lasciò Mulder indisturbato. Quest'atteggiamento colpì Fox che capì che non avrebbe trovato niente di significativo lì dentro. Uscì dopo qualche minuto e, ritornato da Gibson tentò di risolvere un dilemma che pochi minuti nell'archivio, gli erano bastati a formulare. "Capitano Gibson le cartelle archiviate dovrebbero rimanere a disposizione di indagini e comunque per legge, per almeno dieci anni, ma la prima cartella in ordine di tempo risale al massimo a due anni fa. Sa darmi una spiegazione?" "Non c'è nessun mistero o occultamento di falsi illeciti. Due anni fa, qui ci fu un grosso incendio e molti documenti andarono distrutti. Ecco perché la cronologia non supera i due anni. Però è strano che proprio voi dell'FBI non ne sappiate nulla visto che, all'epoca, le indagini furono condotte da voi". Con la solita diplomazia dei federali, Mulder se ne uscì con un "Niente di strano signor Gibson, ordinaria amministrazione" e andò via sicuro che se ci fosse stato un incendio in passato era stato un incendio doloso e probabilmente legato al caso che Scully stava conducendo. San Diego, California U.S. Naval Station Residenza di Willian Junior Scully Lunedì, ore 06:00 p.m. Arrivata alla base militare di San Diego dove risiedeva suo fratello Bill, Dana si fece annunciare all'entrata da un militare che stava piantonato lì a controllare gli intrusi non graditi. Appena sua cognata Tara sentì che la macchina si era fermata di fronte al vialetto, aprì la porta per salutare Scully con un gran sorriso. "Dana non ti aspettavamo. Come mai qui?" "Ciao, vorrei parlare con Billy se è in casa" "Intanto entra. Billy non c'è ma tornerà a momenti. Dimmi, è successo qualcosa?" Scully entrò e sentì nella gola un tale magone che, se il fratello non fosse arrivato in quel momento, sarebbe forse esplosa in un pianto isterico. Bill aprì la porta di casa con le chiavi ma sua moglie gli andò incontro lo stesso. "Bill, c'è una sorpresa per te. E' Dana! E' in salotto, vai che t'aspetta". Entrato in casa ancora in divisa, si diresse immediatamente a salutare sua sorella. Fece per abbracciarla ma Scully si ritrasse immediatamente. "Bill devo parlarti. E' una questione urgente. Dove possiamo discuterne in privato?" "Dana sei a casa mia. Quale posto è più privato?" "Voglio parlarti da sola". L'uomo si accorse dell'impazienza di sua sorella e la portò fuori casa, sul portico. Dana si appoggiò alla ringhiera bianca e, guardando di fronte a sé per non incontrare lo sguardo del fratello che l'avrebbe indotta a desistere, iniziò a parlare con tutto l'autocontrollo di cui era capace. "Quattro anni fa, quando ritornai da quella strana assenza che fu definita un rapimento e di cui ancora oggi pago le conseguenze, mi ritrovai in coma in un letto d'ospedale. Mi dissero che era stato un miracolo a salvarmi tanto ero in condizioni disperate. E convinta di questo, quando mi rimisi, puntai tutte le mie energie e i miei pensieri alla ricerca di chi mi aveva fatto tanto male. Ma io e Mulder non pensammo alla cosa più ovvia, cercare chi, in quell'ospedale, mi condusse perchè qualcuno si prendesse cura di me" "Dana. . ." "No, non interrompermi Bill. Io sono qui per chiederti solo una cosa. Voglio che tu sia sincero anche se fino a che punto tu possa esserlo io non lo so. Certo è che solo ora capisco la tua avversione per Muder. Avevi paura che lui trovasse la verità e quindi arrivasse a te. Fosti tu a portarmi in ospedale affinchè mi curassero". Bill Scully abbassò lo sguardo quando Dana si voltò verso di lui per guardarlo negli occhi ma non rispose. "Quanto c'entri tu in questa storia? Io lo devo sapere Bill. Per il mio lavoro, per Mulder, ma soprattutto per me stessa. Lo scoprirei comunque, quindi è meglio che tu mi dica la verità". "Quale verità vuoi che ti racconti, Dana? Quella che propinarono a me o quella che scoprii da solo? Quando ancora era vivo, papà mi raccontava di strane cose che accadevano in Marina e non solo lì. In tutti gli apparati governativi succede qualcosa che alla fine viene insabbiato. Pensavo che certe cose accadessero ad altri, ma quando mamma mi chiamò per avvertirmi della tua scomparsa, mi ci volle meno di un minuto a capire ciò che era successo. Mi bastò collegare il fatto che il tuo collega, all'epoca, era intento a risolvere un caso. Quello di Duane Barry. Avevo già sentito quel nome. Così, mi recai immediatamente da una persona che poteva aiutarmi e che conobbi a New York durante una missione. Potevi non ritornare a casa viva, Dana. Così barattai la tua vita con quella di un'altra donna. Consideralo inumano e vigliacco, ma era l'unica cosa che potessi fare. Sei mia sorella e aiutarti rientra nell'affetto che nutro per te..." "Bill ma che dici?! Hai scambiato la mia vita con quella di un'altra persona? Chi?!" "Non so esattamente chi, Dana. So che era una ragazza. Figlia di qualcuno della Marina. Fu rapita il giorno prima che tu comparissi in ospedale. Ma lei morì poco tempo dopo perché gli esperimenti fecero male al bambino che aspettava". Dana non riuscì a reggere il colpo. Rimase lì come un automa senza dire nulla, senza reagire alle parole del fratello. Quando Bill si accorse dello stato di shock che l'aveva colta tentò di riparare in qualche modo ma ringraziò Dio di essersi liberato dall'incubo con cui aveva vissuto per tanto tempo. "So che non avrei dovuto dirtelo ma prima o poi l'avresti scoperto da qualcun altro e allora mi avresti odiato molto più di ora". Scully lo fissò a lungo prima di rispondergli. "Non è colpa tua, Bill. Forse anch'io avrei pensato a un simile comportamento. Quello che mi fa male ora, però, è pensare che una donna e il suo bambino siano morti per me. E io non lo merito. Non più di lei. Bill, devo sapere altro?". "Niente, a parte il fatto che la persona che mi aiutò a fare lo scambio è una persona che ora è morta e faceva parte dell'FBI. Non chiedermi altro Dana, non potrei dirti niente". Scully salutò il fratello, senza ringraziarlo, senza riproverarlo. Non aveva idea da quali sentimenti il suo cuore fosse pervaso. Annapolis, Maryland Residenza di Dana Scully Martedì, ore 03:00 a.m. L'aereo la riportò a casa che erano ormai le tre del mattino. Appena messo piede nel suo appartamento, si stese al centro del letto senza neanche cambiarsi. Non riuscì a pensare ad altro se non a quello che il fratello le aveva raccontato e alla donna che, in quel momento, faceva compagnia alle tenebre al posto suo. La testa era un guazzabuglio di pensieri, di situazioni che sembravano solo sognate. Si alzò dal letto e si guardò intorno. Il pensiero che le era rimasto fisso nella mente era quello di non aver diritto a rimanere in vita. Che, in fondo, non era stata lei a volerlo. Ogni nuovo giorno, da quando si era svegliata dal coma, era stato un dono. In preda all'ira per quell'ingiustizia, iniziò a prendersela con quello che le capitava sotto tiro. Vasi di fiori, quadri, anche il laptop si ritrovarono per terra in seguito al momento di raptus di Dana. Quando si calmò, si sedette sul letto e dalla borsa che aveva accanto a sè tirò fuori una di quelle pagine che aveva portato al fratello e che alla fine neanche ci fu bisogno di mostrargli. Volle andare a rileggere quella pagina segnata con il numero 173 che l'aveva portata a San Diego. Ricordò che, durante il tragitto, aveva pregato che avesse sbagliato ad interpretare quella frase che l'aveva sconvolta. Ma quando la ritrovò, si rese conto che nulla di più semplice ed immediato da comprendere c'era nel dossier, se non quell'unica frase. La lesse ad alta voce come ad imprimerla meglio nella mente e nel cuore. Come a dare più forza al racconto di Bill. "...si decise per il bene della donna, ma soprattutto del progetto, di lasciarla libera prima del termine convenuto. Non avrebbe dovuto suscitare sospetti il suo ritorno a casa e per questo fu concordato da[censura] e da [censura] che fosse ricoverata in ospedale. William Junior Scully, fratello di Dana Katherine Scully, la registrò come paziente..." Scully la ripeté decine di volte. Si chiese di quale progetto si trattasse ma non le importò. Era di certo una di quelle cose strane che lei e Mulder avevano cercato per tanto tempo. Alieni, esperimenti... che le importava più ormai? Si mise in posizione fetale al centro del letto e si addormentò con in mano una fotografia che stringeva forte, quasi a cercare qualcosa a cui aggrapparsi per non sprofondare nel nulla della disperazione. Ormai il sole era sorto da molte ore quando Mulder si recò a casa della collega per scoprire cosa diavolo le fosse successo, visto che non si faceva sentire e al telefono non rispondeva. Lui era preoccupato dal giorno prima, quando aveva letto il nome del fratello di Dana nel dossier. Voleva sapere delle sue condizioni di salute ma, suonato alla porta, lei non aprì. Sapeva che era in casa perché la sua macchina era parcheggiata fuori. Prese il doppione delle chiavi dell'appartamento di Scully che aveva da sempre ma che non aveva mai usato, ed aprì la porta. Si guardò attorno ma tutto sembrava in ordine. "Scully... Scully sei in casa?". Continuò a cercare in giro nel caso le fosse successo qualcosa. Quando arrivò in camera da letto, la vide lì sdraiata, tutta vestita. Attorno sembrava essere passato un uragano. I libri erano tutti per terra, un quadro pendeva storto dalla parete. Anche il computer portatile sembrava aver fatto una brutta fine visti i vari pezzetti in cui si era disintegrato cadendo per terra. Mulder si spaventò. Pensò che qualcuno l'avesse aggredita ma, quando le si avvicinò, gli occhi di lei erano aperti e stavano guardando la foto di lei e Melissa accanto alla madre quando erano piccole, quando ancora poteva sognare una vita normale e i sensi di colpa si limitavano alla testa rotta di una bambola. Si accorse che il suo collega era entrato in camera, ma non disse nulla. "Scully... stai bene?" Dana non rispose. Mulder si sedette sul letto accanto a lei, le spostò un ciuffo di capelli dalla fronte e la osservò meglio. Non stava piangendo. "Dana mi stai spaventando, dimmi che hai". Scully non si mosse dalla sua posizione e gli parlò con voce roca ma ferma "Mulder va' via. Lasciami sola. Ti prego, vattene". "Non ti lascio così. Hai bisogno di aiuto. Io sono qui" "Mulder, io non ho bisogno di nessuno. Non sono degna di essere aiutata. Non valgo tanto da meritare l'aiuto e la compassione di qualcuno. Va' via". Mulder rimase lì, inutile dirlo, ad aspettare che la collega uscisse dallo stato di depressione in cui si trovava. Passata una manciata di secondi durante la quale, dall'angolo del letto dov'era seduto, si rese conto che Dana non muoveva un muscolo, si alzò e decise di fare una cosa che mai si sarebbe sognato di fare. Ma era necessario per scuoterla da quel torpore. Si avvicinò a lei ancora di più e, con dolcezza ma con decisione, le diede uno schiaffo per costringerla almeno a reagire. Ma lei non disse nulla. Non fece niente neppure per difendersi da quella violenza. A Mulder faceva male stare lì senza poterla aiutare. Così, le passò le braccia attorno al torace e la fece sedere sul letto, le prese il viso tra le mani e guardandola negli occhi le disse qualcosa che Scully non s'aspettava "So tutto Dana. Con me puoi sfogarti". Sentito questo, Scully si sentì punta e gli rispose "Tu non sai niente Mulder. Non sai niente di ciò che mi è successo. Non conosci ciò che io ho scoperto. E non lo puoi immaginare come mi sento. Non puoi aiutarmi, tu. Quindi vattene e lasciami in pace!". Detto questo si alzò dal letto e, scavalcando i cocci di una vita che lei credeva di non meritare, tentò di uscire dalla camera. Mulder, le andò dietro e la fermò afferrandole il braccio destro costringendola a voltarsi. "So molto più di quanto tu possa credere, Scully. Skinner era preoccupato per te e da quello che vedo..." si guardò attorno come se guardare quella stanza in disordine rafforzasse la sua convinzione "...aveva ragione. Mi ha chiesto di aiutarti nell'indagine che stai svolgendo. Per questo so a cosa ti riferisci". Dana lo guardò quasi disgustata pensando al suo superiore. Si chiese perché ne avesse parlato con lui. "Così ora non posso nascondermi nemmeno a me stessa. Lo sai tu, lo sa Skinner. Da quanti occhi ancora dovrò nascondermi per non ricordare?" "Non devi nasconderti a nessuno, Dana. Semmai devi continuare a cercare la verità. Con me. Chi più del sottoscritto può aiutarti e comprenderti?". Disse questo sorridendo. Poi aggiunse con altrettanta dolcezza: "Forza, rimettiamo a posto questa stanza e poi raccontami tutto quello che hai scoperto che, aggiunto al mio, potrebbe portarci a qualcosa". Quando ebbero finito di raccogliere i fogli che erano tutti in giro, Scully si soffermò sui resti esanimi del suo computer portatile e guardò Mulder "Ho ucciso anche il mio computer". Quando si recarono in cucina, si scambiarono le informazioni di cui erano entrati in possesso, grazie alle indagini parallele che avevano svolto. Non c'era molto ancora da scoprire. A Burgess, Mulder aveva saputo che le prove che cercavano riguardo il traffico di esseri umani in cui la Marina era implicata, non avrebbero potuto essere recuperate. Le uniche in loro possesso erano quelle trovate da Josè Santiago un anno prima del rogo dell'archivio della capitaneria di porto. L'incendio forse era stato appiccato proprio perché altri come Santiago non ci potessero mettere il naso. Ma, nonostante questo, anche se non avrebbero trovato molto di più riguardo quel traffico, Scully volle cercare almeno un'altra verità. Quella per cui Santiago l'aveva contattata e che le aveva permesso di scoprire una parte della sua vita che le era stata taciuta. Decisero di andare ad Alexandria dove, in quelle ore, stavano riesumando il corpo di Linda Santiago. Alexandria, Virginia. St. Joseph Hospital Ore 04:30 p.m. Durante il percorso che condusse Mulder e Scully ad Alexandria, Dana ricevette la telefonata dall'obitorio del St. Joseph Hospital, dove Linda Santiago era stata trasportata per l'autopsia, che l'avvertiva che tutto era pronto per l'esame. Arrivata in ospedale Scully, dopo aver sbrigato un po' di burocrazia, lasciò Mulder fuori dall'obitorio ed entrò in una di quelle fredde e spoglie stanze dove, quasi di nascosto, vengono svolte le mansioni ingrate. Era abituata a sezionare corpi con freddezza. Non provava più nemmeno dispiacere a sfigurare, come se la morte non bastasse, quelle che un tempo erano state persone come lei. Infilò i guanti in lattice e, appena ebbe aperta la cerniera lampo dell'involucro nero contenente il corpo di Linda, le uscì dalla gola un rantolo di disgusto. pensò. Afferrò, dal vassoio d'acciaio alla sua destra, il bisturi per iniziare l'autopsia, quando un particolare le sembrò stranissimo. Santiago le aveva detto che su Linda era stata già eseguita un'autopsia ma quel corpo non mostrava nessun segno a provarlo. Nessun taglio, nessuna cucitura. Nessun esame autoptico era stato svolto. Come aveva potuto l'FBI sostenere che quella donna fosse morta per cause naturali e perché? L'unica risposta plausibile: una menzogna. Considerata l'inutilità di esaminare la superficie cutanea praticamente inesistente, passò all'apertura della calotta cranica. Niente segni particolari. Iniziò ad esaminare il tronco. Con la solita freddezza eseguì un'incisione a Y per eseguire gli esami dei pochi resti del cuore, del fegato, dei polmoni. Niente segni che indicassero una malattia o un omicidio. A tarda sera, quando ormai erano passate tre ore dall'inizio del suo lavoro, Dana non arrivò ad una conclusione sensata. Era quasi arrivata a credere che quella donna fosse deceduta per cause che solo un test del sangue e tossicologico avrebbero potuto chiarire quando, l'esame dell'apparato riproduttivo le donò la scoperta di qualcosa che non avrebbe mai voluto sapere. Linda era incinta di almeno tre mesi quando morì. Non voleva credere che lei e quella donna fossero legate in modo così inumano. Quando uscì dalla stanza autopsie cercò Mulder che l'aspettava in macchina. Il suo compagno volle sapere cosa avesse concluso l'esame autoptico e Dana, senza emozione nella voce, gli rispose "Linda è stata presa in cambio della mia sopravvivenza. Ed era incinta. Mi ha salvato la vita, Mulder" Lo guardò quasi a chiedergli cosa dovesse raccontare al signor Santiago ma Fox non rispose. Tornarono a Washington che era notte. Il laboratorio della scientifica era aperto. Dana chiese di poter svolgere un esame che, disse, non avrebbe richiesto molto tempo. In realtà, rimase a studiare il sangue di Linda fino al mattino successivo per arrivare ad una conclusione che, in condizioni normali di indagine, avrebbe richiesto almeno due mesi. Mulder era andato a casa a dormire un po'. Era inutile rimanere svegli in due per un lavoro che solo uno di loro avrebbe potuto svolgere. Federal Headquarters, Washington D.C. Mercoledì, ore 07:00 a.m. Di buon ora, Mulder si recò in ufficio. Quando arrivò, si accorse che la porta era aperta. Qualcuno era entrato prima di lui. Era Scully che a casa non era tornata quella notte, seduta alla scrivania di Mulder e con in mano un fascicolo. Quando lui fu entrato, si sedette dove di solito è Scully a prender posto. "Scully, sei rimasta qui tutta la notte?". Domanda stupida, quella di Fox. Sapeva che era così. "Mulder, siediti". Dana prese un foglio dagli incartamenti che aveva di fronte a sé e lo appoggiò, aperto, sulla scrivania di fronte a Mulder il quale, anche leggendo, non ci capì niente di reperti medici e quindi chiese "Allora che hai scoperto?" "Quello che già avevo intuito. Mi ci è voluta la notte intera, ma sono arrivata alla conclusione che il suo DNA sia stato modificato. Proprio come il mio. Anche se ero debole sono riuscita a sopravvivere, ma a Linda la possibilità di salvarsi era stata preclusa già solo perché era indebolita dalla gravidanza. La mia vita è stata barattata con la sua che valeva almeno il doppio perché aspettava un bambino" Dana abbassò lo sguardo per non incontrare gli occhi del suo collega. "Dimmi, Mulder. Cosa c'è di tanto speciale in me da lasciarmi vivere per sacrificare la vita di una ragazza di nemmeno diciannove anni?" "Scully, se non fossi stata tu, avrebbero preso qualcun altro per i loro sporchi esperimenti. Non devi sentirti in colpa" "No, non mi sento in colpa, non più di quanto non lo siano tutti quelli implicati in questa storia. Ma quale giustificazione devo trovare per dire a Josè Santiago che la vita di sua figlia è stata sacrificata per la mia?" "Non dirgli niente. Parlagli del DNA modificato che hai trovato, conferma ciò che lui ha scoperto negli anni. Nient'altro". Scully non rispose al collega. Si pose una domanda, però. Se fosse morta lei, avrebbe voluto che la sua famiglia sapesse la verità vera o una verità di comodo? Se lo chiese perché nella sua testa aveva preso piede l'idea di evitare un dispiacere a Santiago nei riguardi della figlia. Se avesse deciso di metterlo al corrente di ogni cosa, avrebbe dovuto parlargli anche della gravidanza e questo l'avrebbe ucciso. Se avesse deciso di nascondergli qualcosa, avrebbe avuto un pensiero su cui avere dei rimorsi per tutta la vita. D'un tratto, ricordò l'augurio che Hosteen le fece in New Mexico 'spero che tu non perda un'altra persona... si può perdere anche solo un affetto. Quando si perde qualcuno o qualcosa, si finisce col credere che la vita non sia valsa a niente. Ma basta guardare altrove e continuare a guardare alla vita per non cercare la morte'. Senza rendersi conto di parlare ad alta voce, disse "Dio, quanto sa essere saggio quell'uomo!" Mulder credette che Scully stesse parlando a lui "Chi?". "Come, scusa?". "Hai detto che qualcuno è saggio. A chi ti riferivi?". "Pensavo a voce alta. Mi sono ricordata di un indiano, un saggio indiano che mi ha dato la risposta a una domanda che io non gli avevo mai posto. Scusa, Mulder. Devo andare a parlare con Santiago". "Hai deciso ciò che gli dirai, vero?". Dana rispose con un cenno del capo. Uscì dall'ufficio e dopo poco più di mezz'ora, era davanti l'appartamento di Santiago ad Alexandria. Alexandria, Va. Residenza di Josè Santiago Scully bussò alla porta. L'uomo le aprì immediatamente. "Signor Santiago, spero di non averla disturbata, ma ho svolto degli esami sul corpo di sua figlia ed ho pensato di venire a consegnarle i risultati". L'uomo aveva fatto accomodare Scully nel salone. "Mi dica, agente Scully. Non abbia remore. In questi anni ne ho sentite tante e tali che niente può ferirmi più di tanto". "Ho eseguito l'autopsia. Prima di tutto vorrei dirle che sua figlia non ne aveva subita una. Mi dispiace ammetterlo ma l'FBI le mentì a riguardo. In secondo luogo, lei aveva ragione riguardo gli esperimenti che hanno compiuto su di lei e su altre persone ignare di tutto. Me compresa. Il suo DNA è risultato manipolato a tal punto, da non poter essere neanche più considerato quello di un essere umano. In terzo luogo... questo è più difficile da sopportare signor Santiago, dall'autopsia è emerso che sua figlia era incinta di tre mesi quando morì". L'uomo non parve sorpreso e le rispose "Si, lo so. E' stato uno sbaglio commesso al college, per questo era ritornata a casa per il suo compleanno. Non si preoccupi. Non gliel'ho detto perché era una questione irrilevante". A questo punto Dana si sentì a disagio ma aveva deciso di dirgli ogni cosa. "Ma questo non è tutto. Ho il dovere morale di informarla di una cosa che, con tutto il cuore, non vorrei dirle. Ho scoperto tramite approfondite ricerche che sua figlia fu prelevata per rilasciare me, signor Santiago...". L'uomo guardò Scully con l'aria di chi si chiede se le sue orecchie abbiano sentito bene. Poi, d'un tratto, si alzò dalla poltrona su cui era seduto. "Mi scusi un momento". "Certo". Dana lo osservò allontanarsi verso lo studio. Si chiese se non avesse fatto male ad essere così sincera. Lui soffriva di cuore e quella notizia avrebbe potuto essergli fatale. Ma l'uomo tornò quasi subito. Non sembrava stesse male. D'un tratto si fermò di fronte a Scully che era ancora seduta e tirò fuori dalla tasca interna della giacca una pistola e gliela puntò alla testa. "Come vivi ora sapendo che la tua esistenza dovrebbe appartenere a qualcun altro?". Dana lo guardò con gli occhi sgranati e senza alzarsi gli rispose con voce concitata. "Non faccia sciocchezze, signor Santiago. Lo so che questo per lei è un brutto colpo ma come pensa che abbia reagito io quando l'ho saputo? E' una cosa atroce tutto quello che abbiamo scoperto insieme, ma io non ne ho colpa. Mi creda". "Nemmeno la creatura che non nascerà mai ne aveva. E neppure mia figlia. Io ho svolto le mie indagini con l'idea che qualcuno avrebbe dovuto pagare. Mi dispiace che sia lei ma devo farlo. Per vendicare di mia figlia". Tolse la sicura all'arma, la caricò e fece il gesto di sparare alla tempia sinistra di Scully quando, d'un tratto, bussarono alla porta. Santiago ammanettò Scully al bracciolo della poltrona per non farla scappare. "Tanto fra un attimo salderemo il nostro conto in sospeso, stella del mattino. Era così che ti chiamava tuo padre, no? Anche io chiamavo Linda così. Le hai voluto rubare proprio tutto". Le chiuse la bocca con un nastro adesivo nonostante la ritrosità di Scully e andò ad aprire la porta. Dana tentò, nel frattempo, di divincolarsi ma non vi riuscì. Sentì delle voci provenire dall'ingresso . Si sentì un colpo e Scully trasalì. Sperò che non si accorgessero della sua presenza. E, fortunatamente, fu così. La porta d'ingresso rimase aperta e lei tentò di fare abbastanza rumore per attirare l'attenzione. Qualcuno, sentiti i colpi d'arma da fuoco, aveva chiamato la polizia che, appena arrivata, si assicurò dell' identità di Scully e la liberò dalle manette. Quando fu libera di andare, nell'ingresso vide il corpo ormai senza vita di Santiago steso in un lago di sangue per la ferita alla testa. Federal Headquarters. Washington D.C. Ore 12:30 a.m. Dopo aver ascoltato il racconto della sua collega, Mulder si rammaricò per essere stato tanto stupido da mandare Scully da sola. "Mulder, io non credo che sarei comunque morta". "E questo cosa te lo fa pensare?". "La voce dell'uomo che ha ucciso Santiago, mi sembra d'averla riconosciuta. Mi sono sporta un po' e ho intravisto una persona che conosciamo entrambi" Mulder sembrò sorpreso. "Chi?". Un attimo di esitazione e poi Scully rispose. "Il nostro amico Alex Krycek". Detto questo, non ci fu altro da aggiungere per Scully. Come sempre, le prove non esistevano. La morte di Santiago sarebbe stata imputata a un malintenzionato. Anche se lei avesse detto alla polizia che era stato Krycek, nessuno le avrebbe mai creduto perché lui risultava morto. A parte duecento fogli che non sarebbero valsi nemmeno un punto in un processo contro gli Stati Uniti, ancora una volta le loro mani erano vuote. Nessun rapporto andava presentato per quel caso che comunque, ufficialmente, non esisteva. Skinner non avrebbe chiesto spiegazioni. Aveva detto a Scully che avrebbe deciso lei se aprire o no quell'indagine. Archiviati i documenti alla voce "mancanza di indizi per aprire un'indagine", Dana pensò ad una frase che qualcuno le aveva detto quasi distrattamente, buttandola lì come un seme al vento. E si rese conto che il saggio indiano, ancora una volta aveva dimostrato di avere avuto ragione 'Quando si perde qualcuno o qualcosa, si crede che la vita non sia valsa a niente. Ma basta guardare altrove e continuare a guardare alla vita per non cercarte la morte'. Santiago aveva perso sua figlia e con lei la ragione di una vita. La fiducia di una giustizia terrena l'aveva portato alla vendetta perché non era riuscito a dimenticare, a perdonare. "Ehi, Mulder. Oggi. il pranzo lo offro io". Si alzò dalla sedia, indossò il suo cappotto, prese l'impermeabile di Mulder invitandolo così a seguirla. "Benissimo! Cos'ho fatto per meritarmi questo stato di grazia?". "Tu assolutamente niente. E' che non mi sento una perdente e poi oggi mi sento viva. Allora, pesce va bene?". Dana era già fuori dall'ufficio, ma quando si girò per dire a Mulder di sbrigarsi, lo vide scuotere la testa mentre sorrideva. A quel punto pensò 'sono viva, non sono una perdente e mi sento amata perché mio fratello ha avuto il coraggio di un'azione più grande di lui e Mulder si farebbe ammazzare per me. Ho fiducia nella giustizia nei confronti di ogni singolo uomo sulla faccia della terra. Per questo, continueremo a cercare e quando troveremo tutta la verità, forse la butteremo via come i pescatori della domenica che, alla fine di una giornata di pesca, ritornano a casa a mani vuote. Perché siccome la loro soddisfazione sta tutta nel pescare, quando il pesce ha abboccato, lo lasciano libero di nuovo. Probabilmente, noi faremo lo stesso. Lasceremo che la verità, accettabile o scomoda che sia, rimanga sepolta nel mare dell'oblìo. Ma oggi, poiché ho ancora il dono della vita, voglio continuare a cercare'. Mulder la raggiunse e, alle sue spalle, uscendo dal loro ufficio, chiuse la porta che custodiva ogni giorno della loro vita a venire... THE END