La
luminescenza spettrale che spesso precede le giornate nuvolose ed afose della
california trovò Spike impreparato e sofferente, dolorosamente conscio delle
ferite riportate nello scontro della notte appena trascorsa. Con uno sforzo si
rimise in piedi, solo per cadere nuovamente a terra un paio di metri più in là.
E'
tutto inutile, se ne rende ben conto, con una ferita come quella è già un
miracolo che sia coscente. Anche se è un vampiro e le sue capacità di recupero
sono pressochè illimitate sà che occorre tempo per riprendersi da un tale
squarcio nell' addome. Tempo e sangue. Ma ne ha perso così tanto da non
riuscire neppure a muoversi, e sà che presto il sole lo raggiungerà. Lo sà,
eppure non si arrende, ma continua a
strisciare in avanti, in cerca di un riparo. Percorre pochi metri, in direzione
di un cassonnetto alla cui ombra, forse, potrà sopravvivere per qualche ora.
Finalmente, dopo un' agonia all' apparenza interminabile si ritrae nella sua
rassicurante ombra. Ma non servirà a nulla, presto lo noteranno, chiameranno la
polizia o l' ambulanza, e lui morirà, incenerito dal sole.
Il
suo spirito si ribella, ha ancora così tanto da fare!
Tanti
rimpianti, tante speranze!
Acceccata
dal dolore fisico, la sua mente si fà confusa, il suo animo vacilla mentre la
coscienza minaccia di abbandonarlo nuovamente. Poi una mano lo afferrà, lo
rialza bruscamente, e una figura indistinta ma famigliare lo trascina via.
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Buffy
Summers era scossa. Vedere Spike in quelle condizioni le faceva un certo
effetto. Ed era felice di essere arrivata in tempo per salvarlo. In effetti
indifeso come era in quel momento, le era più facile considerare i suoi
sentimenti per lui. Non l' avrebbe mai ammesso, ma si era guadagnato la sua
fiducia. Spike era imprevedibile, ma il suo amore per lei era sincero, e questo
lo sapevano entrambi. Lei gli era grata per l' aiuto, e iniziava anche a provare
un certo rispetto per lui, anche se non l' avrebbe mai accettato coscientemente.
Perchè lei avrebbe dovuto odiarlo, lo sapeva bene. Aveva cercato di ucciderla,
di uccidere i suoi amici, ed aveva comunque compiuto stragi, anche nel suo
recente passato.
"Che
diav...?"
"Sta
zitto! Ti sto portando a casa, ma non farmene pentire dicendo la cosa sbagliata
al momento sbagliato"
Aveva
ripreso conoscenza. Una parte di lei ne era sollevata, ma d' altra parte le
rendeva più difficile il compito. Non voleva dimostrarsi gentile con lui. Non
poteva permetterselo. Lo rialzò con una rudezza forse eccessiva, di cui non potè
che pentirsi, ma che in fondo faceva parte del gioco.
"Ehi,
sta attenta!"
"Riesci
a camminare?" replicò lei, ignorando volutamente le sue lamentele.
"Non
sò, mi ha conciato proprio per le feste"
"Vedo,
ma ne perleremo più tardi, per ora dobbiamo raggiungere la tua cripta"
"Che
c'è, ti preoccupi per me adesso?"
Non
doveva capirlo, avrebbe reso tutto così difficile!
Lo
lasciò andare senza preavviso, costringendolo ad appoggiarsi al muro per non
cadere:
"Che
ti prende!"
"Solo
per farti capire che non devi farti illusioni"
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Enya
si rigirò pigramente nel letto, mentre un' alta figura le si avvicinava
lentamente e silenziosamente.
"Ciao
amore" disse lei senza bisogno di voltarsi.
"Perdonami,
non volevo svegliarti"
"Non
preoccuparti, non stavo dormendo" sussurrò "piuttosto, dimmi cos' hai
saputo"
"C'
è un nuovo giocatore in città"
La
donna, o almeno l' essere che ne aveva l' aspetto, parve pensierosa per un'
istante, poi sorrise. Ad un osservatore casuale sarebbe sembrato il sorriso
dolce che una ragazza rivolge all' innamorato, o che una giovane madre riserva
al figlioletto, ma all' uomo sedutole accanto sul letto appareve chiaramente
come il ghigno demoniaco, colmo di infinita malvagità, di chi già pregusta
divertimenti crudeli.
"Non
preoccuparti caro, sarà tutto più interessante"
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"Cosa
intende dire, signor Giles?" domandò una Willow assai sorpresa.
"Semplicemente
che finora abbiamo considerato la faccenda sotto una luce sbagliata,
tralasciando alcuni aspetti che invece rivestono un' importanza
fondamentale"
"In
parole povere" lo interrupppe Xander "Abbiamo sbagliato tutto"
Nessuno
rise alla battuta. Tuttalpiù alcuni si concessero un sorriso tirato. Solo Spike,
ancora convalescente, si abbandonò ad una risatina nervosa.Nel Magic Shop
infatti si respirava un' atmosfera tesa. Erano presenti tutti, con la sola
esclusione di Dawn, per quell' importante riunione. Glory per ora era
tranquilla, ma questa nuova emergenza li spaventava tutti. Anche se nessuno lo
diceva apertamente le ferite del vampiro testimoniavano la pericolosità del
nuovo avversario, ed il fatto che agisse senza una logica lo rendeva ancora più
letale ed imprevedibile.
"Come
dicevo prima che Xander mi interrompesse, ho fatto alcune importanti scoperte
con le mie ricerche" esclamò l' inglese con l' abituale flemma.
"Stava
dicendo questo? Sà, a me non sembrava proprio"
"Sta
zitto Xander" intervenne Anya "Lasciarlo parlare è il minimo che tu
possa fare..."
"Ti
ringrazio Anya"
"...dopo
che ho sgobbato tutto il giorno per tenere aperto il negozio da sola, mentre voi
vi dedicavate alle solite, inutili ricerche"
"Ora
zitti tutti e due" replicò Giles, innervosito tanto dal comportamento di
Xander quanto dalle parole di Anya "Stavo cercando di rendervi partecipi
dei miei progressi"
"Continui
pure" fece Xander, tutto sommato divertito.
"Ho
cercato informazioni su questa Enya, ed in effetti si tratta di un demone di una
certa importanza, molto legato alla nostra realtà, che pare scorazzi sul nostro
pianeta da più di un millennio" fece una breve pausa, come per schiarirsi
la voce, ma in realtà per dare più importanza a quello che stava per dire
"Le mie notizie si interrompono circa 50 anni fà, e da allora sono stati
segnalati solo un paio di avvistamenti non confermati nell' 83 a NY, nell' 87 a
Venezia e nel '96 a Frisco"
"Sembra
che le sue informazioni avvalorino la storia dello sciamano" esclamò Tara
"In
effetti sì, ma non è questa la cosa più importante. Ho scoperto di che stirpe
fa parte la nostra demonessa, ovvero degli Erhazhji, creature che spesso si sono
unite agli esseri umani, e la cui progenie mista è ben documentata"
"Venga
al punto, la prego" intervenne uno stizzito Spike, esasperato dalla
lentezza e dalla teatralità con cui il suo connazionale forniva le informazioni
di cui era in possesso.
"Va
bene, come stavo dicendo prima di essere interrotto" fece una nuova pausa,
provocandoo una nuova smorfia del vampiro "Ne sappiamo abbastanza sugli
ibridi umani-erhazhji, creature fornite di alcuni dei poteri del genitre
demoniaco, ma anche di molte caratteristiche umane, prima fra tutte l' aspetto e
la struttura dei pensieri"
"Ebbene
non esistono casi, e mi sento di escluderne effettivamente l' esistenza, di
mezzosangue preda di una furia omicida incontrollata, come quella riscontrata
nel nostro sospettato"
"Cosa
sta cercando di dirci, che quello che mi ha conciato in questo modo non era il
vostro pericolosissimo killer, oppure che questo sciamano vi ha mentito, e il
tizio che stiamo cercando non non è effettivamente figlio di Enya?"
"Tutt'
altro Spike, credo che queste informazioni siano vere, però non è la sua parte
infernale a spingerlo a compiere quelle stragi"
"Ma
allora cosa?" chiese Xander dando voce a una domanda che si ponevano tutti.
"La
sua metà umana, naturalmete" rispose, anticipando la replica di Giles, la
cacciatrice, che era rimasta in silenzio fino a quel momento.
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L'
indirizzo ottenuto da Willow penetrando nel sistema informatico della Nichols
Inc., la società per cui lavorava Withrop, non aveva portato a nulla. Una
casella di posta, niente di più. Non che la stupisse. Se fosse stato facile da
trovare non avrebbe tenuto in scacco così a lungo lo sciamano. Così era dovuta
andare a prenderlo al lavoro, appostandosi sotto l' ufficio e attendendo
pazientemente. Quando finalmente era uscito il sole era già tramontato, ma non
era andato a casa come aveva sperato. L' aveva invece condotta in un giro
turistico per tutti i locali di Sunnydale, dove il suo sorvegliato non aveva
fatto altro che starsene seduto in disparte e bere con moderazione. Sapeva. Era
sicura di non aver commesso errori, eppure Withrop sapeva di essere seguito. Ma
non era questa la cosa più inquietante, perchè c' era qualcuno che teneva d'
occhio lei. Chi poteva essere? Un emissario di Glory, che la seguiva per riferie
i suoi movimenti alla sua signora? Oppure era in relazione a quell' indagine?
Withrop aveva forse un complice? Oppure la situazione era più grave ancora? Non
poteva più aspettare, doveva scoprirlo.
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Karl
Withrop non era preoccupato della ragazzina che lo spiava, come non si era mai
preoccupato di quelli che gli avevano dato la caccia. Non potevano vincere. Lui
doveva arrivare allo scontro con sua madre. Doveva trovarla, parlarle,
ucciderla. Farle capire cosa gli aveva fatto, ottenere le sue scuse, e poi
spegnere la sua vita. Solo dopo lui avrebbe potuto morire, trovare la pace.
Altrementi tutti i suoi sacrifici, il rimorso (la gioia) per le sue vittime
sarebbero state vane. Il dolore sopportato (inflitto) per tanti anni sprecato in
una vita inutile. Ma non sarebbe andata così. Benchè lui fosse un peccatore,
la sua missione era santa, e non poteva fallire. Avrebbe macellato chiunque gli
sbarrasse la strada, con la morte nel cuore (estasi), ma lo avrebbe fatto, perchè
lui doveva sopravvivere. Karl sentì montare l' ira, mentre la bestia si
impadroniva di lui. Avrebbe ucciso la ragazza senza eccessivi sensi di colpa,
perchè, sebbene lui meritasse tutti i castighi immaginabili, chiunque
intralciasse la sua missione doveva essere un ancor più abbiettò peccatore,
non importa quali sembianze angeliche potesse rivestire. Del resto sua madre
sembrava bella, eppure era la femmina del demonio.
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Buffy
si spostò dal suo punto di osservazione dirigendosi verso la stradina male
illuminata, muovendosi volutamente con lentezza, per poi scattare di corsa non
appena svoltato l' angolo. Giunta di fronte alla recinzione che aveva visto
nella sua precedente perlustrazione la scavalcò con un balzo, tagliando un bel
pezzo di strada. Chi la pedinava era bravo, ma ora lei avrebbe visto quanto.
Sempre correndo ritornò sui suoi passi, avendo cura di avanzare senza fare
rumore man mano che si avvicinava al vicolo in cui era sparita. Non sentiva
nulla. Si aspettava invece di udire passi i nervosi di qualcuno che non capisce
cosa sia andato storto, e che cerca di ricostruire cosa sia accaduto prima che
la sua preda si sia allontanata definitivamente. Ed invece nulla. Forse il suo
trucchetto non aveva funzionato, e il pedinatore aveva fiutato la trappola, per
tornare al precedente posto di osservazione, ed ora si faceva beffe di lei e dei
suoi espedienti da principianti. Cautamente svoltò l' angolo.
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Seduto
a terra, mentre lo stereo a batterie inondava il vasto locale abbandonato con le
se note pesantissime e martellanti, lo sciamano osservava indirettamente gli
eventi, plasmandoli. Era venuto per uccidere un pericoloso demone, con la
segreta speranza di portare a termine l' opera iniziata tempo prima con la
cacciatrice, di renderla un essere come lui. Sapeva di avere poche possibilità,
ma aveva tentato. Non aveva ancora abbandonato le speranze, ma la questione era
passata in secondo piano. L' arrivo della madre di Karl aveva complicato le
cose, ma le aveva rese più impegnative, consentendoli di giocare la partita su
più livelli. Giocare non era il termine adatto, lui non faceva mai nulla perchè
lo divertiva, ma agiva sempre spinto dal desiderio di sviluppare il suo
potenziale nel combattimento, affinando tanto il corpo che lo spirito, tanto la
lotta quanto la strategia. Quella era una sfida del genere. Doveva fare
attenzione, perchè altementi si sarebbe trovato con un pugno di mosche. Doveva
muovere le pedine perchè collidessero nel momento in cui lui era pronto per
spazzare via ogni resistenza, oppure altri avrebbero prevalso. Non poteva
permetterlo. Lui era lo sciamano, dopotutto. Si alzò, pronto a scrivere il
capitolo finale della vicenda.
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Il
vampiro attese, accucciato nelle ombre, scattando come una molla nel momento in
cui lei svoltò l' angolo. Protese la mano verso il suo petto, come per
trafiggerla, mentre la lama gli fioriva dal palmo, occultata con abilità nelle
pieghe della giacca. La ragazza, dal canto suo, non era impreparata, e si gettò
verso sinistra, schivando il fendente ed afferrando il braccio proteso in avanti
con la mano destra, mentre la sinistra lo colpiva al viso, con il duplice scopo
di stordirlo e di limitare la sua visuale ad un' inutile striscia di cielo nero
sopra la sua testa. Istintivamente il sicario cercò di liberare il coltello
strattonando verso di sè, e fu allora che lei cambiò direzione della sua
azione: la mano sinistra scese e lo colpì all' interno del gomito, mentre l'
altra mano, che fino ad un istante prima contrastava la sua azione tirando, ora
si mise a spingere, accompagnandolo. Il risultato fu del tutto scontato per lei,
e del tutto inaspettato per il vampiro. Si ritrovò la lama conficcata nel
torace, sventrato dall' ombelico alla gola dal suo stesso movimento. Con un
piccolo aiuto da parte sua, certo.
Buffy
si calmò lentamente, mentre la sua mente, svuotatasi durante il breve scontro,
si ripopolava di pensieri. Avrebbe voluto interrogarlo per sapere chi lo aveva
mandato, ma non poteva più rispondergli, nelle condizioni in cui era. Estrasse
con calma il paletto e glielo pianto nel cuore con una freddezza che la
sorprese. Positivamente. Ma questa sensazione durò poco perchè presto si
accorse della presenza alle sue spalle, i cui occhi fiammeggianti parevano
bucarle la schiena.
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La
ragazza bionda era davanti a lui, ma non la vedeva. Vedeva un' altra giovane
donna, anch' essa bionda, che aveva significato tanto per lui, nel bene e nel
male. Razionalmente sapeva di non aver di fronte sua madre, ma per lui la
razionalità, simile ad un nemico ostinato ma da lungo tempo sconfitto, era
relegata in un angolo, in un' oscura segreta della sua psiche, ad urlare a
squarciagola alla sorda ed ottusa sentinella della sua anima spaccata in due. L'
aver deciso in precedenza di ucciderla aveva alleviato i suoi sensi di colpa,
rendendo meno penoso il passaggio da Karl, cittadino modello, a demone
assassino, ma in quel momento non avrebbe fatto differenza. La donna non si era
accorta di lui, ma d' altra parte non aveva fatto rumore. Pregustò la morte
dell' odiata genitrice mentre, trasfigurate dalla luce del ricordo, tutte
le sue innumerevoli vittime gli sembrano copie di sua madre, intente ad
infettarlo con la loro immonda essenza. L' unico modo per zittire quelle figure
irridenti era uccidere, l' unico cosa su cui entrambe le sue anime erano in
accordo. La ragazza sembrò accorgersi della sua presenza, voltandosi di scatto,
e lui vide che nei suoi occhi non vi era orrore nè paura, ma consapevolezza.
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Buffy
osservò il mostro caricarla a testa bassa, le lunghe corna minacciose puntate
verso il suo ventre, ma non si mosse di un millimetro. Sapeva bene di non avere
alcuna speranza di schivarlo, stretta tra le anguste pareti del vicolo. Per un
secondo pensò di saltare oltre e prenderlo poi alle spalle, ma poi vide la sua
lunga coda, terminante in uno spuntone affilato. Avrebbe potuto tagliarla in due
se avesse intercettato la sua traiettoria in volo. Quindi rimase ferma immobile,
apparentemente rassegnata alla fine. La creatura, simile nelle movenze ad una
bizzara caricatura di un toro, una chimera fra un minotauro e un felino spuntata
direttamente dall' inferno, era ormai vicinissima, e fu solo all' ultimo che lei
l' afferrò per quelle corna nodose e terribili. Si lasciò sollevare, senza
cercare inutilmente di frenare il suo impeto, ma lasciandosi trasportare. Rimase
sospesa a mezz ' aria, appesa sopra il suo capo reclinato, mentre il mostro
tentava di scrollarsela di dosso e lei lo tempestava di calci al viso. I suoi
colpi però parevano non avere effetto, mentre il mostro iniziava a spingerla
contro le pareti, nel tentativo di schiacciarla
tra il muro e trafiggerla. Poi sentì il dolore. Uno degli spuntoni cornei si
era mosso e l' aveva trafitta al fianco, anche se con un angolo d' incidenza
molto basso, senza colpire organi vitali. La ferita era dolorosa, ma non grave.
Tuttavia strappò la cacciatrice dalla sua concentrazione, prima assoluta,
facendola uscire dal bozzolo confortante del vuoto, dove mente e corpo sono più
forti. Fu risucchiata tra i pensieri vorticosi che l' avevano assillata in quei
giorni, da quando lo aveva rivisto.
"Questa
situazione è solo colpa tua"
La
voce dello sciamano le risuonò nel cervello.
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"Sono
sopravvissuta più di tutte le altre, questo deve pur significare qualcosa"
rispose a se stessa, dialogando
idealmente con lo sciamano.
"Non
significa nulla, hai sempre contato sull' aiuto degli altri" Era vero.
Quante volte i suoi amici l' avevano salvata da morte certa? Forse un tempo
aveva accettato la cosa come parte del gioco, ma ora non più, ognuna di quelle
occasioni le sembrava una sconfitta. Non poteva evitare la battaglia, era parte
di lei, come respirare, ma non doveva contare sugli altri, solo su se stessa.
Eppure non doveva commettere l' errore che innumerevoli slayer avevano commesso.
"Quelle
che non l' hanno fatto sono morte"
"Sbagliavano
in modo diverso, più grave. Si battevano per gli altri, erano manovrate,
ossessionate dal dovere" La voce dello sciamano aveva una intonazione
insolita. Normalmente, anche quando aveva intenzione di uccidere la sua voce
appariva normale.
"Il
dovere è tutto per una cacciatrice" disse senza però pensarlo veramente.
"Il
dovere è un' idea degli osservatori, troppo deboli e codardi per combattere, il
modo per legare chi era meglio di loro, per ritagliarsi una parte di
potere" Lo sciamano aveva un' espressione maligna dipinta sul viso. Molto
inusuale per lui, che non lasciava mai trasparire le emozioni, non tanto perchè
non ne avesse, ma per non avvantaggiare i nemici. Benchè ne fosse sempre stata
consapevolea livello inconscio, ora comprese di dicutere con i suoi dubbi.
"Combatto
per salvare delle vite"
"E'
un errore!" le disse in tono sempre più duro "Non devi mai combattere
alle condizioni dei tuoi nemici, non devi essere prevedibile,
influenzabile" Poi
riprese:
"E'
per questo che stai per morire"
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Fu
riportata bruscamente alla realtà. Se prima il dolore le aveva annebbiato la
mente, scaraventandola in mezzo a riflessioni che avrebbe fatto meglio a
rimandare, ora gliela schiarì. Il mostro era riuscita a scagliarla lontano
contro la parete. Cercò di mettersi in piedi, ma una fittà lancinante le
trafisse la scapola destra. Faceva male, ma riusciva ancora a muovere il
braccio, anche se a fatica. Probabilmete si era incrinata anche una costola o
due. Non che facesse molta differenza, visto che sarebbe morta. Le risuonò
ancora una volta in testa la frase pronunciata dallo sciamano creato dal suo
subconscio, pronunciata con un tono odioso, malevo, diversissimo rispetto a
quello dell' uomo che conosceva, incolore e dal timbro metallico. Il mostro
caricò nuovamente. Lei sapeva di non avere la forza per opporsi nuovamente a
lui. Poi sorprendentemente il suo slancio si interruppè, spezzato a metà da
un' ombra oscura, rapida e guizzante. Il demone schizzò via inspiegabilmente,
andando a colpire la parete ad un paio di metri da Buffy. Spike emerse dalle
ombre indirizzandole un sorriso d' intesa.
(continua)