Larry Stevens contava le gocce che cadevano dal soffitto umido dello scantinato in cui si era rifugiato, e che scandivano il tempo della sua agonia. Il suo corpo stava diventando insensibile, e, anche se razionalmente sapeva che si trattava di un segno della fine, non poteva che essere felice che gli venissero risparmiati i tormenti delle ferite. Si era trascinato fin lì dal vicolo sudicio in cui era stato aggredito da quell' essere, involontario testimone, insieme a due colleghi, del brutale omicidio di una donna. Il mostro, non poteva che essere un mostro per compiere un' azione tanto atroce, aveva caricato in mezzo a loro e lui era stato scaraventato lontano, pieno di fratture, e si era nascosto raggiungendo il suo maleodorante rifugio, sperando di sfuggire al suo aggressore. Aveva funzionato, ma ora non aveva più la forza di uscire, e sarebbe morto lì, solo come un cane. L' ultimo pensiero prima che una tenebra confortante si chiudesse sopra di lui fu indirizzato verso la famiglia che non avrebbe più rivisto.
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Karl
Withrop si mosse nervosamente sulla sedia, mentre ascoltava le lamentele del suo
capo, nel disperato tentativo di tener a freno la belva che sentiva in procinto
di emergere. Sbiancò in volto, cercando freneticamente di mantenersi
impassibile e di reprimere i suoi impulsi. Il capo, fraintendendo la sua
reazione, pensò di aver esagerato con la sua strigliata e si allontanò
borbottando. Karl si diresse verso il bagno, stringendo nella mano destra un
piccolo coltello a serramanico con tanta violenza da sbiancarsi le nocche.
Richiuse la porta dietro di sè e si sedette sul water rimboccandosi la manica
sinistra. Poi si sporse sul lavandino ed immerse profondamente la lama nella
carne, proseguendo poi verso il basso con l' incisione. Il sangue sgorgò
abbondante, e Karl prestò molta attenzione a non sporcarsi, facendolo scorrere
nel lavandino. A volte funzionava, e il dolore riusciva a scacciare per un po'
il demone, ma la maggior parte delle volte tutto era inefficace. Come l' era
stato il giorno prima, quando aveva ucciso
quella donna e i suoi tre colleghi. Estrasse la piccola lama dall'
avambraccio, mentre la ferita iniziava già a richiudersi. Tirò un sospiro di
sollievo. Questa volta ci sono riuscito, ho vinto la mia battaglia grazie al
dolore. Lo conosceva bene, il dolore, loro due erano grandi amici. Dolore
inflitto e dolore subito. Di questo era fatta la sua vita. Per colpa di sua
madre. Maledetto demone che lo aveva messo al mondo, che aveva stregato suo
padre con chissà quali incantesimi. Suo padre. Duoglas. L' uomo migliore che
avesse mai conosciuto, così dolce, comprensivo e buono. Era una famiglia felice
la loro, ma sua madre era un mostro inumano che lo aveva consumato, forse lo
aveva anche ucciso. Sì, era stata colpa sua anche la sua morte. La odiava. Ma
l' avrebbe trovata, un giorno, e gliel' avrebbe fatta pagare, per tutte le sue
colpe. Per tutte le giovani donne che aveva ucciso durante la sua
trasformazione. Uccideva sempre donne, se ne incontrava. Tutte giovani e belle,
quasi sempre bionde. Come sua madre.
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"Si
tratta dell' omicidio più efferato degli ultimi anni" esclamò il signor
Giles "e non c' è bisogno che ti dica che qui a Sunnydale i delitti
abbondano"
"Già,
i nostri standard sono piuttosto alti" replicò amaramente la cacciatrice.
"Bè,
almeno in qualcosa siamo in cima alle statistiche" si intromise Xander
"dovrebbe farci piacere"
Lo
sguardo glaciale che gli rivolsero i due interlocutori
lo convinse a troncare lo scherzo.
"Bè,
forse no, dopotutto" ammise.
I
due proseguirono nella conversazione, ignorandolo.
"Il
fatto è che non siamo sicuri che si tratti di qualcosa di soprannaturale, e
forse dovremmo lasciar fare alla polizia finchè..."
"Ma
vuole scherzare? La polizia di Sunnydale? La stessa che mi accusò dell'
omicidio di Kendra? Il corpo di polizia più inefficiente dello stato?"
"Comprendo
il tuo stato d' animo, ma se si tratta dell' opera della malvagità degli uomini
allora devono occuparsene loro"
"E
se non è l' opera di un uomo, ma di un demone?" ribattè secca
"Quanti moriranno, prima che lei mi dia il permesso? No signor Giles, finchè
non avrò le prove che il colpevole sia effettivamente umano mi occuperò di
questa faccenda"
"Veramente
pensavo di occuparmene io" disse una voce alle loro spalle. Una voce
sconosciuta per qualcuno, ma che Buffy ricordava bene.
"Sciamano"
"Ciao
Buffy"
Dalla
palestra del magic shop uscì un ragazzo sui vent' anni, di statura leggermente
sotto la media, fatto compensato ampiamente dalla corporatura atletica, al tempo
stesso potente ed agile. Indossava vecchi jeans neri e una t-shirt, anch' essa
nera, dei Motorhead, e un paio di stivali da cowboy dello stesso colore. Nel
complesso il suo aspetto era molto particolare per gli standard americani, tanto
da farlo sembrare un' apparizione risalente agli ormai dimenticati anni '80.
Eppure c' era qualcosa di inquietante in quel ragazzo, che nessuno di loro
riusciva a definire. Nessuno tranne Buffy, che lo aveva già incontrato, e che
sapeva di cosa era capace.
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"Cosa
sai di questa storia?" chiese lei brusca, come se fosse a disagio in quella
situazione.
"Quasi
tutto a dire il vero" rispose lui, per nulla turbato "Lo seguo da mesi
ormai"
Gettò
sul tavolo una grossa busta, poi proseguì "Il vostro uomo si chiama Karl
Withrop, nato a Frisco nel '49, suo padre era un giovane medico mentre la madre
era, bè, un demone piuttosto potente, che si faceva chiamare Enya"
"Un
mezzosangue dunque" lo interruppe Giles, vagamente seccato dall' intrusione
di quello sconosciuto.
"Infatti.
Sembra che siano vissuti insieme senza grossi problemi per otto anni, finchè il
padre, Douglas, non rimase vittima di un incidente stradale. La madre impazzì e
abbandonò il piccolo, probabilmente tornando alle vecchie abitudini. Karl fu
così affidato agli zii paterni, ed è qui che inizia la vera tragedia. La sua
natura demoniaca non fu mai accettata e per reprimerla usarono ogni mezzo,
instillandogli un profondo disgusto per la sua parte non umana e, di
conseguenza, per la madre. Credo che la sua natura si manifesti episodicamente,
trasformandolo in una specie di macchina assassina, e che lo tenessero chiuso in
una cantina o qualcosa di simile quando ciò avvenniva, fin dalla più tenera età.
Fatto sta che un giorno queste precauzioni non furono sufficienti, e lui causò
la morte dei cugini e dello zio, attribuite poi ad una belva feroce. La zia non
contraddì mai questa versione, ma non perdonò mai il giovane Karl, che all'
epoca aveva 13 anni, pur tenendolo con sè. E' molto probabile che il senso di
colpa per queti fatti abbia consumato completamente l' anima del ragazzo e che
questi sia ora completamente pazzo"
"E'
una storia terribile" disse Xander interpretando il pensiero di tutti.
"Non
è finita. Karl riuscì ad avere una vita apparentemente normale, e attualmente
lavora come consulente economico per una società americana che lo ha trasferito
qui a Sunnydale. Il lavoro è l' unico modo per rintracciarlo, ma lo cambia
spesso per essere libero di seguire la sua ossesione"
"Che
sarebbe?" chiese Buffy.
"Sua
madre, naturalmente" fece una pausa "A causa della sua educazione
estremamente severa e repressiva, può facilmente passare per una persona
qualsiasi, anzi addirittura estremamente cordiale e piacevole. Possiede una
forte morale e probabilmente è anche profondamente religioso. Tuttavia non è
ancora in grado, e non lo sarà mai, di controllare le sue crisi di furia
omicida, motivo per cui ovunque sia andato si sia sempre lasciato dietro una
scia di cadaveri. Per poterlo fare dovrebbe prima di tutto accettarsi per quello
che è"
"Si
tratta di un nemico estremamente pericoloso quindi" disse pensieroso Giles
"ma non capisco una cosa, il motivo che lo spinge ad inseguirlo?"
"Non
ha paura di morire, è pericoloso, ed io sono sempre alla ricerca di
avversari"
Sorrise,
poi si allontanò uscendo dalla porta principale.
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Un
sorriso si dipinse sul volto della donna mentre leggeva il giornale. Il suo
bambino era cresciuto. Sempre più forte, sempre più feroce. Ormai il suo corpo
era giunto alla maturità, anche se la sua mente era ancora l' equivalente di
quella di un ragazzino di 14 anni. Ormai era giunto il momento di un confronto
fra loro due. Dovevano tornare insieme, tornare una famiglia. Udì un fruscio
che la fece voltare. Era il suo amore, il suo compogno immortale. Enya gli si
avvicinò lentamente.
"Il
piccolo è quasi pronto. Sei felice?" disse lui.
"Sì,
ma prima di incontrarlo deve svolgere per noi un ultimo compito"
"E
sarebbe?"
"Uccidere
la cacciatrice"
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"Sei
ancora tra noi?"
A
quella domanda la ragazza si riscosse, abbandonando per il momento gli
sconfinati, ed oscuri, recessi del suo spirito, in cui aveva preso a vagare dal
momento in cui aveva rivisto lo sciamano.
"Eh?
Che c' è?"
"Ci
stavamo tutti chiedendo chi fosse quel tipo e come facessi tu a
conoscerlo?" disse Xander, poi aggiunse con benevolo sarcasmo "Se tu
fossi così gentile da illuminarci in proposito te ne saremmo infinitamente
grati"
Cosa
poteva dire? Che lo sciamano era un cacciatore di vampiri dilettante? O doveva
informarli che si trattava di un pazzo scatenato, una specie di guerriero d'
altri tempi che vagabondava per tutto il globo alla ricerca di sfide, per
mettere alla prova le sue forze. Poteva dire loro che si trattava di un uomo.
Questo sarebbe stato un po' più vicino alla realtà, ma ancora ben lontano da
come stavano le cose. Lo sciamano era lo SPIRITO dell' UOMO. Un essere umano
comune, ma spinto da una determinazione così incrollabile da essere diventato
qualcosa di più, e di meno, di un uomo. Non aveva sentimenti, nè morale, l'
unica cosa che voleva era combattere. Ma anche da quel punto di vista non era
una persona normale. Non era un sadico, eppure lo aveva visto fare cose
indicibili. Ciò nonostante non le riusciva di considerarlo un nemico. Forse
perchè l' affascinava. Non come Angel, certo. Non l' attraeva in quel senso.
Faceva piuttosto leva sulla sua parte più oscura, animalesca. Sulla sua anima
di slayer. Lo sciamano era, in un certo senso, quello che sentiva sarebbe dovuta
essere la cacciatrice. Era una tentazione fortissima. Gettar via le vestigia
dell' umanità, abbandonare l' illusione di poter avere una vita normale, per
vivere in modo più diretto e semplice. Uccidere per vivere. O vivere per
uccidere. Non che ci fosse differenza, in fondo. Si guardò in torno, come
risvegliandosi da un sonno profondo. Vedeva le espressioni interrogative dipinte
sui volti dei suoi amici. Erano loro che la trattenevano sull' orlo del baratro.
Proprio come diceva Spike. Senza di loro sarebbe già morta, non tanto per l'
aiuto, comunque notevole, che le avevano sempre offerto, ma soprattutto per l'
ancora di relativa normalità che rappresentavano nella sua vita. Però, ogni
volta che ripensava allo sciamano non poteva che chiedersi se avesse fatto la
scelta giusta.
"Allora?"
"Si
tratta solo di un cacciatore dilettante che ho incontrato una volta. Comunque
stategli lontano, è un tipo imprevedibile"
"Tutto
qui?" chiese Giles, dubbioso, mentre si puliva gli occhiali con il
fazzoletto "Mi sembra che ti abbia fatto un certo effetto averlo
reincontrato"
"E'
solo che lo conobbi in circostanze poco felici, e rivederlo mi ha scatenato
brutti ricordi"
Con
sollievo si accorse che tutti avevano preso per buona la risposta. Ne fu molto
sollevata, non avrebbe sopprtato un terzo grado. Guadagnò rapidamente l'
uscita, cercando la protezione delle tenebre.
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Come
ogni notte Spike si aggirava inqiueto per le vie di Sunnydale. Come ogni notte
cercava di sfogare la rabbia e la frustrazione per la sua duplice condizione di
vampiro impotente e di innamorato senza speranza. Il senso di castrazione che
provava era pari solo al suo risentimento, e gli unici mezzi efficaci per
scacciarlo si erano rivelati l' alcol e la violenza. Per questo andava a caccia
dei suoi simili, e di altre creature ancora più aberranti, almeno dal punto di
vista degli esseri umani. Aiutava Buffy perchè l' amava e perchè era l' unico
modo per starle vicino, ma quando andava fuori da solo la motivazione era
completamente diversa. Cacciava per uccidere, non per proteggere. Tutta la città
poteva anche sparire per quanto lo riguardava, compresi quei simpatici amici
della cacciatrice che gli davano la nausea. Non aveva ancora incontrato nessuno
però. Dannazione, siamo sulla Bocca dell' Inferno, possibile che tutti i mostri
siano andati in vacanza? Cercò nella tasca interna della giacca e ne estrasse
una piccola fiaschetta metallica, da cui bevve una lunga, avida sorsata, prima
di gettare nei rifiuti il contenitire ormai vouto. Merda, pensò, l' avevo
riempita prima di uscire. Aveva già bevuto così tanto? Fu allora che udì il
gemito soffocato. Se ne sarebbe certamente accorto prima, se non fosse stato
tanto occupato ad autocommiserarsi. Scattò come una molla, dimenticando
istantaneamente i pensieri che lo avevano afflitto fino a quel momento.
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Clarice
non era felice di come si stavano mettendo le cose. Non bastava quella
cacciatrice a rompergli le uova nel paniere, per non parlare di quello Spike,
che sembrava aver eletto la caccia ai suoi fedeli quale sua occupazione
preferita. Ora erano arrivati altri concorrenti, tipi aggressivi e molto
territoriali che minacciavano di schiacciarla definitivamente. I suoi tentativi
di allearsi con loro erano falliti miseramente, e con essi la speranza di
sbarazzarsi di quell' ingombrante ammazzavampiri. Peggio ancora, avevano
eliminato la sua delegazione, composta dai suoi ultimi seguaci con un minimo di
intelligenza e buon senso. Clarice era spaventata, e sentiva il cappio
stringersi sempre più attorno al suo collo. Non usciva neanche più, ma mandava
i suoi servitori a procurarle il cibo. Anzi, ormai sarebbero dovuti essere di
ritorno. Si chiese cosa potesse essere accaduto. Come in risposta alla sua
domanda udì tre colpi forti e secchi sulla porta, il modo di bussare tipico di
Freddy. Si precipitò ad aprire, ansiosa di nutrirsi, ma rimase delusa quando lo
vide in piedi vicino ad un ragazzo vestito in modo curioso.
"Tutto
qui? E Chase dov' è finit..."
Non
ebbe occasione di completare la frase, perchè il ragazzo l' aveva colpita con
la punta dello stivale al plesso solare, scaraventandola all' interno del
locale. Fece appena in tempo a sollevare il capo per guardare negli occhi il suo
assalitore, e per vedere Freddy finire in cenere, prima che il ragazzo la
colpisse nuovamente, stavolta con il dorso del pugno, al viso.
Un
fiotto di sangue le sgorgò dalle labbra spaccate, mentre il suo cervello
lavorava freneticamente per titrarsi fuori da quella situazione. Nella stanza
gli altri due vampiri presenti erano rimasti raggelati, e solo adesso
accennarono ad una reazione.
"Chi
diavolo sei?" riuscì finalmente a dire la vampira.
"Il
mio nome non ha importanza" disse lo sciamano "quel che importa è che
ora mi dirai tutto quello che sai sui tuoi concorrenti appena arrivati"
La
colpì ancora, usando un calcio frontale al volto, facendola crollare nuovamente
a terra, prima ancora che si fosse alzata completamente.
"Non
farmi ripetere la domanda" disse con calma lo sciamano.
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Spike
si ritrovò di fronte ad una scena raccapricciante. In un vicolo sudicio,
completamente imbrattato di sangue, si trovava un essere orribile, alto all'
incirca due metri e ricoperto di peli rossi simili a setole, fornito di artigli
formidabili sia agli arti superiori che a quelli inferori. Ma la cosa peggiore
era la sua testa, dotata di corna enormi e, in un qualche modo, in continuo
movimento. Con esse il mostro aveva sventrato una ragazza, che penzolava ancora
dal suo capo, in una posa tanto terribile che persino Spike dovette reprimere un
moto di disgusto.
Il
vampiro non perse un secondo, caricando a testa bassa il suo enorme avversario,
che sembrava confuso, colto alla sprovvista. Lo raggiunse con una rapida serie
di pugni, poi lo colpì con il ginocchio alle costole. Il dolore schiarì la
mente la mostro, che respinse Spike scrollandoselo di dosso. Ma fu solo un
attimo. Il mostro sferrò un colpo con l' artiglio destro, descrivendo un arco
mortale, ma il suo movimento fu una frazione di secondo troppo lento e
prevedile, permettendo a Spike di schivare, colmando la distanza che li
separava. Il demone lo sovrastava in altezza, ed era certamente dotato di una
forza fisica maggiore, ma Spike era così infuriato che i suoi pugni
acquistavano una forza ed una velocità tali da annichilire il mostro in un
angolo, continuando a colpirlo con ferocia finchè le sue nocche non furono
sanguinanti. La rabbia repressa non era una cosa positiva, ma in certi momenti
poteva avere i suoi vantaggi, pensava la mente razionale di Spike, alla deriva
nel mare dei suoi istinti più aggressivi. Infine il mostro vacillò, chinandosi
in avanti. Il vampiro si avvicinò, comprendendo solo all' ultimo il suo errore,
contemplando con orrore il ghigno satanico del mostro mentre si rialzava
bruscamente trafiggendolo con le corna appuntite al ventre. Fu sbalzato verso l'
alto e ricadde pesantemente sul terreno.
"Maledetta
rabbia inespressa" pensò prima di perdere i sensi.
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I
due vampiri scattarono verso lo sciamano all' unisono, attaccando dai due lati,
certi di cogliere l' avversario impreparato.
Dal canto suo la vampira invece aveva compreso un po' meglio la
situazione, e le capacità del suo assalitore, per credere che la loro azione
potesse avere successo. Ma non le importava. Sperava solo che lo tenessero
occupato abbastanza a lungo da farle guadagnare l' uscita posteriore.
Se
i due si aspettavano di spaventare il bersaglio rimasero delusi
perchè invece fece un passò nella direzione del più vicino, diminuendo
ulteriormente la distanza che li separava e costringendo entrambi gli
avversari a modificare la traiettria del loro attacco. Si portò quindi a
contatto con il primo, armato con un pesante randello improvvisato, che
descrisse un arco letale, senza però colpire nient' altro che l' aria,
accompagnato verso il basso dalla mano sinistra dello sciamano, mentre
contemporaneamente il gomito destro lo colpiva in pieno volto. Il sangue sgorgò
dal naso spaccato, mentrre il suo propietario finiva a terra stordito dal dolore
improvviso, e il suo aggressore si voltava verso l' ultimo avversario. Questi
sferrò un jab, doppiato istantaneamente da un montante destro velocissimo,
tanto da costringere lo sciamano ad indietreggiare di un passo per evitare la
combinazione. Non riuscì però a completare la serie di pugni come avrebbe
voluto, perchè l' uomo, intiute le intenzioni, lo anticipò parando il gancio
sinistro e avvolgendogli il braccio con il destro, ruotando poi in senso orario.
Si udì un sonoro schiocco, come quello di un ramo secco che si spezza, mentre
il braccio del vampiro si fratturava. Lo sciamano indietreggiò un istante per
estrarre i due bastoni, lunghi appena 70 cm, a cui aveva rozzamente appuntito le
estremità, poi attaccò con decisione i due inermi vampiri trafiggendoli al
cuore.
"Ed
ora riprendiamo il nostro discorsetto" disse rivolto a Clarice, che tentava
di fuggire dall' entrata secondaria.
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Come
una marea che si ritira, così la furia primordiale si ritrae, lasciandolo solo
e confuso. Percorre i sudici vicoli
deserti, si sposta velocemente, inconsapevole delle sue ultime ore, e
terrorizzato dalla prospettiva di ricordare. Si chiama Karl Withrop, ed è un
uomo. Un uomo tormentato, che nel suo intimo nasconde un demone.
(continua)