Stanotte
quasi ci restavo secco.
Un
vampiro mi ha preso di sorpresa. Credevo di averlo beccato in pieno, ma appena
mi avvicino quello mi salta addosso e mi azzanna. Preso dal panico sono riuscito
a spingerlo lontano da me e a svuotargli addosso tutto il caricatore della
rivoltella, prima di finire il lavoro con un paletto.
Per
fortuna era ferito, e invece di prendermi al collo è riuscito solo a centrare
una spalla, ma sto perdendo sangue come una fontana. Dio, che male. Riesco ad
arrivare in biblioteca e quando entro c’è solo Kristine. Appena mi vede la
ragazza salta in piedi, pallida come una morta.
“Xander,
Dio mio, che ti è successo?”
“Fammi
sedere, o svengo qui.”
Lei
avvicina una sedia e mi aiuta. E’ sconvolta. Non posso certo darle torto. Non
deve aver mai visto una goccia di sangue in tutta la sua vita. Sembra sul punto
di vomitare, ma riesce a non perdere il controllo. Corre in bagno a prendere la
cassetta del pronto soccorso, spugne e bende. Mi toglie la camicia e comincia a
ripulirmi la ferita. Sento pulsare tutto il lato sinistro del corpo, ma non si
è lacerata nessuna arteria, o sarei già morto.
“Xander,
vuoi dirmi cosa ti ha fatto questo? Sembra che sei stato azzannato da una
belva.”
Mi
stupisco dell’esattezza della sua diagnosi, ma poi penso che è
un’antropologa. Forse da qualche parte ha già visto l’effetto dei denti di
un predatore sul corpo umano.
“Dopo,
per favore. Adesso non sono in grado di parlare.”
In
quel momento arriva David. Era andato a prendere da mangiare, in una mano tiene
il casco e nell’altra tre pizze. Subito lascia cadere tutto e si precipita
verso di me.
“Cos’è
successo? Kris, che succede?”
“Non
lo so. E’ entrato qui così e non vuole dirmi niente.” La ragazza pare
sull’orlo delle lacrime. David mi guarda ansimando, poi sembra prendere una
decisione.
“Xander,
riesci a reggerti? Ti porto subito in ospedale, ma ho solo la moto e dovrai
tenerti. Qui hai bisogno di punti.”
Eh si, direi proprio di si. Un cerotto non basta di sicuro. Nei film i vampiri
lasciano due graziosi e puliti buchini… già, e il resto della dentatura dove
la mettono?
“Va
bene. Ce la faccio, andiamo.”
David
mi passa il casco della sua compagna, poi mi sostiene mentre usciamo e saliamo
sulla moto.
“Senti,”
mi dice “vedo di andare piano. Se stai male avvertimi subito.”
Io
annuisco e partiamo. E meno male che ha detto di andare piano. La città sembra
sfrecciare intorno a me al limite della visibilità, ma almeno siamo
all’ospedale in poco tempo.
Con
David che mi regge, mi dirigo da uno dei medici del Pronto Soccorso che conosco.
Mi fa entrare e senza chiedermi niente comincia a sistemarmi la spalla.
“Allora,”
mi dice quando ha finito “cosa scrivo sulla cartella?”
“Morso
di cane cattivo?”
“In
questo caso dovrei farti l’antirabbica. Ma ho l’impressione che non ne hai
bisogno, vero?”
Almeno
quella posso risparmiarmela. C’è qualche vantaggio ad essere stati morsi da
un vampiro. I bastardi sono immuni a tutto. Nessuna malattia, né presa né
trasmessa.
Fuori
mi aspetta David. Deve avere un sacco di domande da farmi, ma si trattiene e mi
aiuta a tornare alla moto.
Mi
parla solo quando ci fermiamo davanti a casa mia.
“Xander,
quello che successo stasera…”
“E’
una storia complicata. Più di quanto credi. Ad essere onesti, non so se posso
raccontarla. Lasciamici pensare un po’, per favore.”
Lui
non sembra molto soddisfatto, ma non può farci niente, e alla fine annuisce.
“Prometto
che ci penserò davvero.” lo rassicuro “Vuoi entrare un attimo a bere
qualcosa?”
Sembra
tentato, è stata una serata difficile per lui, ma alla fine risale sulla moto.
“No,
grazie. Kris mi aspetta. Sarà preoccupata.”
“Certo.
Grazie, David, e ringrazia anche Kristine. Siete stati fantastici.”
Alza
le spalle e intravedo una luce strana nei suoi occhi color del ferro. Sembra
quasi rammarico, ma per che cosa?
Ma
è solo un attimo, prima che si rimetta il casco e parta.
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Ormai
si fa la conta dei morti tutte le mattine. Ma perché la gente non se ne va da
qui? Sono stupidi, o storditi, o che altro? Agiscono come pecore…
Sto
cercando alla cieca. Sono andato alla fabbrica che era la casa di Spike. Ci sono
ancora le tracce dell’incendio provocato da Giles, ma nient’altro, e mi
dirigo altrove. Adesso mi ritrovo davanti il vecchio palazzo abbandonato che si
innalza in tutto il suo decrepito splendore sotto la Luna.
Avevamo
scoperto questo posto qualche mese dopo la morte di Giles. Un’informazione
regalataci quando ormai non ne avevamo più bisogno.
Entro
con cautela… qui sono vissuti i miei peggiori nemici.
Il
giardino è ingombro di foglie secche e i gelsomini notturni, senza più
controllo, hanno coperto le colonne e i muri. Non è la loro stagione, ma i
pochi fiori spandono nell’aria un odore mieloso. All’interno della dimora i
miei passi sollevano onde di polvere, illuminate dalla luce della Luna che si
riversa dalle vetrate. Gli occhi ciechi delle statue mi fissano dagli angoli. Mi
sembra quasi di sentire le voci sommesse e le risate dei vecchi abitanti dietro
i drappeggi laceri e ammuffiti. Nessuno viene qui da anni. Nessuno di vivo, o di
morto. Esco di nuovo nel giardino e mi siedo sul bordo della fontana disseccata.
Non so cosa speravo di trovare.
(Povero
Xander) mormora la voce di
Buffy al mio orecchio (Non sai cosa cercare, ne dove)
“Tu
ci saresti riuscita.” mi sorprendo a risponderle “Dovevi farlo tu, questo
lavoro. Ma hai preferito andartene.”
(Ho
dovuto farlo. Stavo morendo, morivo dentro. Dovevo rompere le catene)
“Non
le hai rotte. Le hai solo passate a me.”
(Davvero?
E dimmi, cosa è cambiato dopo che me ne sono andata via?)
“Io
sono cambiato. Sono cambiato per forza restando qui.”
(Dai
la colpa a me per una scelta che hai fatto da solo?)
“Qualcuno
doveva pur restare.“
(Il
bianco cavaliere, senza macchia e senza paura)
sussurra la voce beffarda di Angel (Interpreti ancora questo ruolo?)
“Sta
zitto, figlio di puttana. Hai preso quello che volevi, quindi taci.”
(Io
volevo vivere, e anche lei. Questa è una città di morti. Prosciuga la vita e
restituisce in cambio una cosa deforme. Per questo me ne sono andato e l’ho
portata via)
“E
io volevo quello che vogliono tutti. Una vita normale. Ma a qualcuno deve
importare…”
Risate
spettrali risuonano nell’aria. Sto forse impazzendo?
(Non
hai mai capito nulla, vero?)
dice Buffy (Chi vive qui lo fa di sua volontà. Ti chiedi mai il perché? Ti
chiedi mai se vale la pena sacrificare la tua vita?)
(Forse
a loro piace) insinua Angel (Forse
alle gazzelle piace essere prese dai leoni. E se non volessero la fine del
gioco?)
Mi
sembra quasi di vederli, in piedi di fronte a me. Mi sembra quasi di sentire le
dita di Buffy sul mio volto… gli occhi di Angel risplendere al buio… E’
solo il vento, mi dico… Il vento e la luce della Luna. Ma non ci giurerei. Non
dopo quello che ho visto in vita mia.
“State
zitti…”
(Dovevi
andartene) sorride Buffy (Dovevate
andarvene tutti…)
(…dovevate
andarvene quando potevate)
prosegue Angel (Ma loro non ne hanno avuto il tempo e ora anche il tuo è
quasi scaduto)
Basta!
Devo uscire prima di perdere completamente la ragione. Fuggo via, inseguito
dalle loro risate di scherno…
(Credi
che scappando ci farai tacere? Noi non siamo realmente qui. Siamo solo volti che
dai ai tuoi pensieri. Ci porti con te…)
…lontano
da questa casa maledetta dove le ombre mi parlano con voci irridenti.
(…dentro
di te)
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Ci
ho pensato davvero, se raccontare tutta la storia o no, e ho preso una
decisione. Giusta o sbagliata che sia, non cambierò idea.
I
due ragazzi arrivano e li faccio accomodare in casa. Sembrano ansiosi di sapere
quello che gli devo dire, ma anche nervosi, come se prevedessero che questo non
è un semplice invito per fare due chiacchiere fra amici. Anch’io non mi sento
troppo sicuro. La storia che sto per raccontare è assurda e non so come la
prenderanno, ma devono sapere. Se poi mi giudicheranno pazzo, magari fuggiranno
da qui e si salveranno. Altrimenti, avranno almeno idea di quello che sta
succedendo e avranno una possibilità di cavarsela.
Ma
chi sto prendendo in giro? Voglio dirgli tutto per avere qualcuno con cui
dividere la mia solitudine, non per il loro bene.
Così
ci ritroviamo seduti in sala, gli uni di fronte all’altro.
Inizio
a parlare e racconto tutto. Parlo di questa città, la filiale terrestre
dell’inferno, e dei suoi abitanti. Parlo di alcuni ragazzi scagliatisi, con
l’allegra incoscienza dei giovani, in un compito senza speranza. Racconto di
Buffy e Angel. Di Willow e Giles, che non aveva dimenticato se stesso nel suo
dovere. Racconto di Oz e di Cordelia e racconto di me, anche. Sembra una favola,
ma senza lieto fine. Mi rendo conto dell’assurdità dalla cosa e so che se
fossi io ad ascoltare me ne andrei
subito, piantando in asso il narratore, ma loro non sembrano affatto
intenzionati ad andarsene. Sono seduti vicini, tenendosi per mano come due
bambini. Possibile che mi credono? Io non lo farei. Io ho avuto bisogno di
vedere con i miei occhi. Invece David e Kris sembrano avidi di sapere di più, e
alla fine il ragazzo fa una domanda che davvero non mi aspetto.
“Che
cosa sono questi vampiri? Voglio dire… non sono come quelli dei romanzi, come
Dracula, intendo. Allora cosa sono? Da dove arrivano?”
Mi
fissano, con gli occhi sbarrati, come se la loro vita dipendesse dalla risposta.
Sembra che non sbattano neppure le palpebre. Le mani di Kris si stringono a
pugno e si rilassano in uno strano movimento ritmico che mi è familiare. Ho già
visto qualcun altro farlo, anche se non ricordo chi, ma non credo proprio sia
importante.
“Non
lo so. Mi dispiace, ma questo non lo so davvero. Giles li chiamava demoni, ma è
un termine fuorviante. Ti viene da pensare a diavoli, esorcisti e roba di questo
genere e non sono niente di simile. Ma in natura esistono cose anche più strane
e non credo che ci sia bisogno di scomodare il soprannaturale. In fondo ogni
essere vivente ha i suoi predatori, e credo che alla fine sia questa la
risposta. Sapete di quella specie di lucciola che imita perfettamente il segnale
luminoso delle altre specie, così che quando queste si avvicinano se le mangia?
Ecco… penso… che sia così.”
“Si,
ma le lucciole e gli uomini sappiamo da dove vengono. Questi invece…”
“Kris,
cose che diventano polvere dopo morte non lasciano molte tracce da studiare, ti
pare?”
I
loro occhi riflettono una delusione che non riesco proprio a capire. Lei
appoggia la testa sulla spalla di David, che la stringe baciandole i capelli.
Sembra che li abbia presi a mazzate, non potendo rispondere alle loro domande.
Ma perché se la prendono così?
“Ragazzi,
ma che volete che vi dica? Accontentatevi di quello che so, come ho fatto io per
tanti anni. Credete che non mi sia mai fatto delle domande? Non è possibile
vedere quello che ho visto e non farsele. Ma nessuno mi ha mai dato risposte
sensate e dopo un po’ sono stato troppo occupato a sopravvivere per avere il
tempo di trovarle da solo.”
“Sopravvivere
non è la sola cosa che conta.” dice Kristine.
“A
volte è sufficiente.”
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Si
erano allontanati dalla città, arrivando all’oceano. Ora, camminando sulla
spiaggia deserta sotto la Luna ancora quasi piena, scesero fino alla battigia.
Kristine si tolse il casco e si sedette sulla sabbia, guardando l’infinito
movimento del mare.
David
si sdraiò vicino a lei. Non c’era ancora bisogno di parlare. Prima dovevano
pensare a cosa avrebbero fatto.
Non
erano arrivati impreparati. Erano giovani, ma non sprovveduti. Sapevano bene
quello che succedeva in quel luogo, dove i morti si contavano a decine. La fama
e le notizie volano.
Oh
si, Avevano sempre saputo che quella città era pericolosa, e avevano creduto di
sapere ciò che andavano ad affrontare, ma la vera consapevolezza di quanto
realmente fosse pericolosa si era fatta strada in loro giorno dopo giorno,
vivendoci, conoscendola…
Però
quello che cercavano era più importante di quello che rischiavano ed erano
rimasti, facendo di tutto per sopravvivere, non dimenticando mai che ogni giorno
il pericolo aumentava.
…la
curiosità uccise il gatto, dice un vecchio proverbio…
Vuol
mettere in guardia dalla curiosità o vuol significare che la conoscenza merita
qualunque sacrificio? Ci sono sempre almeno due chiavi di lettura nelle cose.
Dipende dai punti di vista.
Tutto
era arrivato a un termine la notte prima, quando Xander aveva raccontato loro
quello che sapeva.
“Volete
uscire con me? Vi renderete conto di persona.” aveva detto alla fine e loro
avevano accettato.
Così
avevano potuto vedere il mostro in azione, la velocità e l’efficienza con cui
aveva colpito, e ne erano rimasti sconvolti. E affascinati. Sapevano, ma fino a
quel momento non avevano visto con i loro occhi.
“Cosa
facciamo?” chiese Kristine
“Per
noi non è cambiato niente.”
“No,
però ora sappiamo che non avremo risposte. Vale la pena restare? Finora ce la
siamo cavata, ma per quanto possiamo andare avanti? Diventa sempre più
difficile.”
“Lo
so. Comincio ad essere stanco anch’io. Possiamo andarcene o restare e
affrontare il rischio. Decidi tu.”
La
ragazza appoggiò il mento sulle ginocchia. Andarsene… quando forse lì
c’era quel che cercavano, bastava trovarlo. E poi nel profondo fece capolino
il desiderio di affrontare il pericolo e di giocarlo. Il desiderio di vincere
una battaglia che non aveva cercato.
“Sei
sicuro?” chiese al compagno.
“Si.
Io ti seguo.”
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Sono
rimasto sorpreso quando, aperta la porta, me li sono visti davanti. Credevo che
se ne sarebbero andati via di corsa da Sunnydale, dopo quello che ho fatto
vedere loro ieri notte. Me li ero portati dietro e alla fine mi sembravano
piuttosto scioccati, ma evidentemente sono più forti di quanto immaginassi.
“Avanti,
entrate. Non state li fuori di notte”
Entrano,
e mi sembrano strani. Bianchi come il gesso, con le labbra pallide e contratte.
Stavo per leggere una mail di Willow che non avevo ancora aperto, ma lo farò più
tardi, c’è tempo. Questi due, invece, sembra che abbiano bisogno di una mano.
“Su,
sedetevi. Mi sembra che non state troppo bene. Preparo un caffè, intanto voi
parlate pure.”
Vado
nel lato cucina, e mentre armeggio con caffettiera e tazze aspetto che dicano
qualcosa.
Niente.
Sono muti come morti.
Va
bene. Comincio io.
“Pensavo
foste già quasi nell’Ohio, invece eccovi qua. Francamente, non so che dirvi,
se non che andandovene vi sareste facilitati la vita.”
“Questo
è certo.” dice David con voce tirata “Ci abbiamo pensato. Se andarcene,
intendo. Abbiamo cercato i motivi per farlo. La vita più facile, come dici tu,
va bene. Ma poi?”
“Crediamo
di avere qualcosa da fare, qui.” prosegue Kristine “Ci dispiace, Xander. Ci
dispiace per te, ma abbiamo deciso di restare.”
Le
dispiace per me? Che vuol dire? Perché dovrebbe dispiacermi se restano?
Poi
sento come un suono di unghie sulla lavagna dentro la mia mente, e la pelle mi
si accappona sulla schiena.
Alzo
gli occhi dalla caffettiera che sto riempiendo, e il mio cuore sembra perdere
alcuni battiti. Sto guardando la finestra davanti a me. Posso vedere tutto il
soggiorno nel riflesso, ma in quel mondo speculare sono solo.
Mi
volto, e so già quello che vedrò.
Troppe
volte sono stato testimone di quel comportamento per non sapere cosa
significa… Gli occhi fissi, con le pupille contratte fino ad essere punte di
spillo, le spalle rigide, leggermente inclinate verso di me… Ho sempre cercato
di non trovarmi all’altra estremità di quello sguardo. I volti scorrono come
plastica fusa, ed ora due identiche paia di occhi dorati mi fissano, colmi della
sorprendente vitalità degli animali.
Gli
occhi del mio inafferrabile avversario.
L’ho
cercato dovunque, tranne che vicino a me.
Possibile
che non me ne sia mai accorto?
Penso,
freneticamente.
Li
ho mai visti di giorno? Si… no… forse… in biblioteca… Ma come faccio a
saperlo? Io non sono mai in giro di giorno.
Mangiavamo
insieme, ma questo non vuol dire niente.
Ecco
perché hanno ucciso Lucas… Li vedeva tutti i giorni, avrebbe potuto osservare
qualcosa che a me sfuggiva.
La
colpa è mia. Sono stato cieco e disattento. Forse ho voluto esserlo. La
solitudine di questi anni ha eroso la mia volontà. Ho troppo desiderato
qualcuno accanto per essere sospettoso.
Mi
chiedo solo perché hanno messo in moto una cosa così complicata e perché ci
abbiano messo tanto per decidersi a farla finita. Perché non mi hanno ucciso
quando ero ferito, invece di aiutarmi?
Forse
volevano solo giocare, o forse stavano davvero cercando qualcosa. Forse non
siamo gli unici a chiederci chi siamo e a sentirci soli nel buio.
E’
ironico che io stesso avevo pensato che solo fra i miei nemici potevo trovare
qualche affinità. Vorrei poter credere che anch’essi provano per me quello
che io sento per loro. Penso con rabbia a Buffy, Willow e tutti gli altri che mi
hanno lasciato solo, ma non riesco a odiare questi due. Giochiamo un gioco il
cui premio in palio è la vita e giochiamo tutti per vincere. Ora la sola
speranza è che Wil riesca davvero a trovare Buffy, così che noi si possa
riavere una nuova cacciatrice.
Le
mani gelide di Kristine mi accarezzano il volto. Chiudo gli occhi. Sento un
dolore pungente quando mi mordono, non so chi dei due. Poi anche il dolore sfuma
in un torpore che è quasi piacere. Un gran freddo mi sale dalle gambe, i
pensieri rallentano e cominciano a spegnersi, uno dopo l’altro.
Dunque
è questo quello che si prova… la cosa peggiore è la paura, finita quella…
non è così brutto come credevo… e finalmente capisco anche… il canto
notturno che sentivo… la città che… salutava l’arrivo dei… suoi nuovi
principi… ma ora svanisco e nient’altro importa…
From:
“Willow Rosemberg” <willowrose@galatea.uk>
To:
“Alexander Harris” <harrisxander@hotmail.com>
Sent:
Tuesday, November 24, 2009 9:07 AM
Subject:
Trovati!
>Ci
siamo, finalmente li ho trovati. Questa volta non mi sbaglio.
>I
miei hanno individuato un uomo che può solo essere
>Angel,
e questo vuol dire che c’è anche Buffy. In un paese
>dall’impronunciabile
nome di Douarnenez, nella zona più
>desolata
della Bretagna. Il tempo di inviarti questo e li raggiungo.
>Finalmente
sta per finire. Non ho intenzione di farmeli scappare stavolta.
>Presto
ci vedremo e rimarrò con te.
>Con
tanto affetto.
FINE