“Xander
ha ragione. E’ stato Angel. Li ha uccisi e basta. Non ha preso il sangue di
nessuno di loro.”
“Perché
ha fatto una cosa simile?” chiese Willow.
(…per
me…) pensò Buffy (…lo ha fatto per
me. Sono io che ho messo in movimento tutto quanto…)
Ma
non disse niente e fu Xander a rispondere.
“E
che ti importa? Avrà deciso che era il momento di rallegrarci la vita. Non
credete che sarebbe il caso di rendere il favore al bastardo?”
“Importa,
invece. Potremmo evitare che si ripeta, se sappiamo che motivi aveva.”
“Non
credo che ci sia una ragione per quello che fa… E poi non dobbiamo
psicoanalizzarlo, dobbiamo farlo fuori. Non ti sembra un buon sistema per
impedire che si ripeta? Dio, ma che parliamo a fare? Perché quando si tratta di
Angel stiamo sempre a farci tanti problemi? E’ lui, o siamo noi? O sei tu,
Buffy? E’ ancora la tua ossessione? Hai paura di lui, per caso? Vedi di
svegliarti. Guarda che è solo un vampiro.”
Si
rendeva conto di quanto suonasse petulante la sua voce, e avrebbe voluto non
aver parlato. Ma non riusciva mai a trattenersi.
“Tu
non sai chi è Angel.” mormorò Buffy, senza muoversi.
“Ah,
davvero? Otto anni che ci sta tra i piedi, sette che ci rende la vita un
inferno. Credo di conoscerlo abbastanza bene.”
Buffy
sospirò.
“Tu
cosa pensi, Xander? Cosa sogni? Quali sono… le tue fantasie? E quali credi che
siano le sue, dopo duecento cinquant’anni ? Quello che tu pensi, lo ha già
pensato… quello che tu sogni, lo ha sognato fino alla noia, le tue fantasie
per lui sono quelle di un bambino. Non puoi immaginare quello che ha nella
mente. Non puoi conoscerlo.”
“Tu
si, immagino.”
“Io?
Meno di tutti. Con me ha sempre la maschera. Ma credo di cominciare a
capirlo.”
“Qualunque
cosa sia, me ne frego. Adesso inizia ad entrare nelle case. Devi fare subito
qualcosa.”
Gli
occhi di Buffy diventarono inespressivi come pietre mentre ricambiava lo sguardo
di Xander.
“Devo?
Io devo? Non pensi mai che… loro… dovrebbero imparare a difendersi da soli?
Hanno sempre bisogno di un super eroe per proteggere le loro preziose
esistenze?”
“Ma
che stai dicendo?”
Buffy
non gli rispose.
Non
li ascoltava quasi più. Lei il suo aiuto lo aveva dato. Chissà se avevano
capito quello che voleva dire. Ma che importava? Che tirassero pure le
conclusioni che volevano. Di una cosa sola era certa. Angel portava davvero una
maschera, e lei non immaginava fino a che punto sarebbe stato capace di
spingersi.
Buffy
si gettò sul letto ancora vestita e si addormentò subito, ritrovandosi nel
luogo familiare…
…
sulla pianura oscura, dove la luce è ormai solo un riflesso rugginoso. La neve
cade fitta, sfarfalla nel vento che soffia, che aggredisce la montagna, la
leviga, la sgretola. E la montagna si riduce. Non è più tanto alta, e
imponente e impervia. Ora la
presenza è vicina. Potrebbe vederla, potrebbe toccarla, se non fosse così
buio…
…
se non fosse appena dietro l’orizzonte. Allora si decide. Oltrepassa la linea
di confine, e finalmente la vede. Vaga nelle tenebre, sperduta, sola. Non ha mai
creduto che potesse provare tanta solitudine. E’ una condizione così
conosciuta, la solitudine. Allunga la mano. La presenza si volta, guarda nei
suoi occhi…
…
Angel si svegliò con l’immagine di Buffy impressa nella mente.
Giles
aveva raggiunto la casa di Buffy e, vedendo aperto il cancello del giardino, era
entrato. Fu accolto da un soffiare rabbioso. Una gatta grigia era accovacciata
sotto un albero e lo guardava con rancore.
Era
stato qui poche volte. Alcuni mesi prima Buffy aveva improvvisamente deciso di
andarsene dalla casa della madre. Dopo una rapida ricerca aveva trovato questa
villetta e aveva deciso che era il posto adatto a lei.
Aveva ritirato i fondi bancari che il padre aveva intestato a suo nome e
l’aveva immediatamente comprata. La casa era piccola, e la zona brutta, ma
aveva una qualità che la rendeva insostituibile. Era isolata, e Buffy non aveva
niente da temere. L’aveva sistemata con cura maniacale, rifiutando
categoricamente qualsiasi aiuto, e non aveva mai invitato nessuno. Almeno
nessuno di loro. Li faceva entrare, quando erano loro ad andare a trovarla, ma
non prendeva mai l’iniziativa di chiamarli.
Da
allora il Consiglio degli Osservatori aveva cominciato a pagarla, versando
direttamente sui suoi conti corrente somme consistenti. Buffy non si chiedeva
cosa poteva aver detto Giles, e non provava nessuna gratitudine nei loro
riguardi. Era a causa loro che non poteva trovarsi un lavoro, ed essere
indipendente. Le dovevano qualcosa in cambio. Lei non capiva nulla di faccende
economiche e non aveva né tempo né voglia da dedicarvi. Sapeva che ora poteva
considerarsi ricca, e che almeno quei problemi le erano risparmiati. Questo le
bastava.
Giles
attraversò il giardino e raggiunse la casa e Buffy, seduta sui gradini del
patio.
“Ciao.”
“Rupert.”
mormorò la ragazza.
L’Osservatore
era nervoso. Ora non sapeva bene cosa dire. Alla fine sedette vicino a lei, che
sembrava aspettare pazientemente che si decidesse a parlare.
Dopo
quello che gli aveva detto Angel, aveva cominciato a studiare Buffy. Quello che
diceva… che faceva…
Voleva
credere che il vampiro avesse mentito, ma aveva la sgradevole sensazione che non
sarebbe stato così semplice. Doveva vederla al di fuori dei loro soliti
incontri… di lavoro. Aveva rimandato per giorni, accampando una scusa dopo
l’altra. Poi, dopo quello che era successo negli ultimi giorni, non aveva più
potuto rinviare.
Le
parole di Angel… quelle di Buffy… ora tutto cominciava ad avere un senso.
I
due avevano ricominciato a vedersi, con ogni probabilità avevano anche ripreso
la loro relazione.
Non
aveva detto a nessuno della visita di Angel. Willow e Xander erano strettamente
legati al Consiglio, a cui andava la loro fedeltà, e anche se per ora
continuavano a tenere i contatti per suo tramite, sapeva che prima o poi
avrebbero deciso di fare da soli. Ormai Giles si sentiva tagliato fuori dalla
vita dei tre ragazzi (…non ragazzi. Non sono ragazzi. Lo sembrano
soltanto…) e da anni nascondeva molte delle… irregolarità… della vita
di Buffy. Come avrebbe agito il Consiglio, una volta venuto a conoscenza dei
fatti, era qualcosa a cui preferiva non pensare. Però, qualunque fosse il
prezzo da pagare, per lui o chiunque altro, non avrebbe mai più permesso loro
di mettere ancora le mani su di lei.
La
gatta grigia li aveva raggiunti, e si era avvicinata all’Osservatore, che
allungò una mano per accarezzarla.
“Attento.”
lo fermò Buffy “Graffia, e morde.”
“Sembra
tranquilla.”
Buffy
rialzò la manica destra, facendogli vedere lunghi segni sull’avambraccio.
“Si,
sembra.” disse.
Rientrò
in casa e dopo qualche minuto ritornò con un piatto pieno di carne, che mise
vicino alla gatta, attenta a non arrivare a portata dei suoi artigli.
La
bestiola si mise a mangiare, senza smettere un attimo di controllarsi intorno.
“Perché
ti tieni intorno un animale simile?” chiese Giles.
Buffy si strinse nelle spalle “Non è mia. Non ha bisogno di me, non mi chiede niente e non ha nessun motivo per comportarsi bene nei miei confronti. Tu invece vorresti eliminare tutti quelli che non corrispondono alla tue aspettative, vero?”
Giles
sospirò. Guardò la gatta che aveva divorato tutto con delicata voracità, e si
stava lavando le zampe come se il mondo non esistesse.
Era diventato così difficile parlare a Buffy. Sembrava che ogni cosa
diventasse motivo di attrito fra loro. Ma prima di parlare con Angel non ci
aveva fatto caso (…non hai voluto farci caso, sii onesto…).
Giustificava tutto dicendosi che era solo un momento di crisi, un brutto periodo
(…ti prego, ti prego, fa che sia così…), accantonando il problema…
“Buffy,
che ti sta succedendo?”
“Cosa
intendi?”
“Sei
cambiata, non puoi dire di no.”
“Da
cosa, sono cambiata?”
“Da
come eri prima.” Frase inutile, se ne rende conto subito. Ha solo ripetuto un
concetto già implicito in quello che aveva detto. Però non sapeva bene come
spiegarsi “Non parli più con nessuno, non ti interessi a niente, ti isoli in
te stessa… E il modo in cui hai risposto a Xander… Per un attimo ho… ho
creduto che tu stessi per colpirlo.” (…ero sicuro che lo avresti
colpito…)
“Preferivi
la ragazzina che si preoccupava delle unghie rotte e delle feste di primavera? O
che si metteva a piangere ogni volta che quel coglione alzava la voce? Quanto
pensavi sarebbe durata?”
La
gatta aveva finito di ripulirsi e si era seduta davanti a Giles, con la coda
diligentemente arrotolata intorno alle zampe, a guardarlo con i suoi beffardi
occhi turchesi. Sembrava volerlo incoraggiare a toccarla. Giles rabbrividì.
“Non
è questo che intendo. Sono stati anni lunghi per tutti. Cambiare… era
inevitabile. Ma sembra che non sia rimasto più niente di quello che eri
prima.” Quello che doveva chiederle ora era difficile. Doveva ripensare a
qualcosa di cui non aveva mai smesso di vergognarsi “E’ colpa mia? E’
stato quello che è successo fra noi a cambiarti?”
Buffy
si mise a ridere senza allegria.
“Oh,
andiamo, Rupert. Quello che è successo tra noi… Non è successo niente, tra
noi, non… per quello, almeno. E’ stato un periodo in cui andavo a letto con
tutti. Ero il portafortuna delle squadre atletiche universitarie. Lo sapevi bene
e ne hai approfittato anche tu.”
Giles
si passò le mani sul volto. Non immaginava che avrebbe reagito con tanto
cinismo.
“Non
fare quella faccia sconvolta. Non ho nessuna intenzione di biasimarti. Hai
sempre detto di essere come un padre per me. Lo sai cosa intendono i vampiri con
questo, vero? Tra loro è normale uno scambio di favori sessuali tra genitori e
figli. Ti sei solo adeguato alle usanze del luogo.”
L’Osservatore
la guardò sperando che stesse scherzando, ma gli occhi di lei erano freddi e
sprezzanti come quelli della gatta.
“Che
c’è, Giles? Hai detto tu che non parlavo, adesso che parlo non ti va più
bene? Deciditi.”
Non
riusciva a sopportarla. Si alzò, allontanandosi precipitosamente, senza neanche
salutarla.
Buffy
lo guardò scappare. Aveva fatto appena in tempo. Non sarebbe riuscita a tacere
un minuto in più. Come aveva osato venire qui, adesso, a trasudare
comprensione?
“Lo sai una cosa? Io ti odio, Giles. Questa è la verità. Non volevo pensarlo, ma averti visto qui, a preoccuparti di qualcosa che è iniziato anni fa... Sono pazza, parlo da sola… e ti odio per quello che mi hai fatto, per avere rovinato la mia vita. Ti odio per quello che sei. Ti odio per avermi ridotta ad una cosa tremante, per avermi fatto credere che sono meno di un essere umano. Ti odio per avere trasformato i miei amici in mostri. Sei un parassita, hai succhiato la nostra infanzia per i tuoi scopi e non hai mai avuto il coraggio di ammettere quello che stavi facendo. Ti odio, ma non è niente, rispetto a quanto odio me stessa per avertelo permesso. E per non avere la forza di dirtelo.”
Le
cose stavano diventando sempre più confuse. Non riusciva più a distinguere
quello che voleva lei da quello che doveva (…ma ho mai visto la differenza,
poi?…)
La
visita di Giles aveva suscitato una rabbia che aveva continuato a crescere per
tutta la giornata, e questa sera aveva deciso di sfruttarla per trovare una
soluzione.
Aveva
cercato Angel, ma non si era fatta vedere. Lo aveva seguito nelle sue
scorribande notturne, osservando con puntigliosa attenzione tutto quello che
faceva, cercando di ritrovare l’odio nei suoi riguardi, e riuscendo solo a far
crescere quello per se stessa. Ma anche questo andava bene. L’odio si
trasformava in rancore, e il rancore poteva essere incanalato su un bersaglio.
Era
tutta la notte che lo seguiva. Aveva già colpito, senza neppure fingere di
nascondersi, aspettando che la cacciatrice intervenisse, che in qualche modo
rivelasse la sua presenza. Invece non aveva fatto niente.
Alla
fine si era fermato e aveva aspettato che Buffy si mostrasse e lo raggiungesse.
…
non importa se l’ha aspettata giorni interminabili, ogni istante infinitamente
dilatato dalla lentezza del tempo. Il passato non esiste. Ci sono solo ricordi,
e i ricordi possono essere controllati, accantonati se serve.
L’ultima
volta che l’ha vista… adesso…
Il
tempo trascorso fra i due momenti si accartoccia su se stesso, ed è come se
fossero passati pochi istanti…
Lei
non parlava. Si limitava a passeggiare nervosamente avanti e indietro, senza
guardarlo.
Era
così tesa… L’odore dell’adrenalina nel suo sangue stordiva… Le sue
emozioni… suoni stridenti, tanto caotici da essere quasi dolorosi…
“Devi
scegliere, Buff. Non puoi più avere tutte e due le cose.”
Lei
non si fermava ancora.
“Cosa
ti fa credere che io abbia un solo motivo per scegliere te?”
“Tu
me lo fai credere. Da quanto mi stai seguendo? Perché non sei intervenuta
prima? Cosa aspettavi? Le solite ragioni non bastano più, vero? Devi trovare
qualcosa di meglio… Stai cercando di convincerti che lo vuoi. Devi trovare…
un buon motivo per farlo.”
Buffy
gli girò intorno mettendosi alle sue spalle e lo afferrò per i capelli,
forzandolo ad inginocchiarsi. Angel sentì la punta acuminata del paletto
premergli contro la nuca, e scendere fino a fermarsi sulla schiena,
all’altezza del cuore.
“Attento,
Angel. Tu sei vivo solo per colpa della mia debolezza, quella che stai cercando
di eliminare. Ma il gioco sta per avere un finale diverso da quello che avevi
programmato.”
I
torpidi battiti cardiaci del vampiro accelerarono. Aveva paura, e non doveva.
Buffy avrebbe reagito alla sua paura… Se non avrebbe reagito prima lui alla
minaccia della ragazza…
In
quel momento, lei era disposta ad ucciderlo. Ma non ancora del tutto decisa…
Angel
girò la testa per guardarla, ma rimase a terra.
“E’
così, allora? Devo morire sacrificato alla tua integrità? Non per quello che
sono io, ma per quello che non puoi più essere tu? ”
Buffy
gli si mise davanti, fissandolo negli occhi “Sei tu, che mi hai spinto a
questo punto.”
Angel
annuì.
“E’
vero. Ti ho obbligata.”
Senza
preavviso, le prese le mani facendola sedere, e la baciò. Lei si irrigidì, ma
Angel le leccò le labbra, tracciando sulle sue bocca lenti cerchi con la
lingua, mordicchiandole con i denti appuntiti la zona fittamente innervata del
labbro superiore. La ragazza sentì brucianti raffiche di dolore percorrerle i
muscoli con onde armoniche, stringerle lo stomaco ed esplodere in lampi luminosi
dietro le retine, lasciandole, ogni volta che si spegnevano, una sensazione di
piacere che era rafforzata dalla fitta successiva, finché alla fine aprì la
bocca sotto quella di Angel, rispondendo al bacio.
Lui
incrociò le braccia dietro la schiena di Buffy, facendola aderire a sé, e sentì
il corpo della donna muoversi in flessioni ritmiche all’unisono con il suo e
le mani salire a stringergli la testa e spingerla ancora più contro di lei.
Alla
fine fu lui a lasciarla. Si rialzò, guardando la ragazza a terra, la situazione
perfettamente speculare a quella di pochi minuti prima.
“Ti
ho… obbligata?” le chiese.
“Buon
Natale, Buffy.”
Giles
le diede un pacchetto avvolto in carta color piombo e nastri lattei.
Lei
sorrise graziosamente nel prenderlo (E’ quello che si aspetta, no?), e
lo svolse subito (Ma che bello. Un braccialetto. Oro bianco… pietre
rosse… Originale). Doveva ammettere che da quando avevano avuto la loro
conversazione, Giles la trattava con grande gentilezza. E tanta, tanta cautela (Che
si aspetterà ora, il vecchio? Che lo bacio, o lo abbraccio?)
“Grazie, Rupert. E’ molto bello.” Può bastare.
(…non
le importa. Non le importa un accidente di niente…)
Xander
non si era perso una sola espressione (…o non espressione, forse è
meglio…) della ragazza, mentre accettava i doni dei presenti, li scartava,
ringraziava e li metteva da parte (…avremmo potuto regalarle una scatola di
matite colorate. Avrebbe avuto lo stesso effetto…)
L’anno
scorso era così diverso. Erano presenti anche Cordelia e Oz. Erano stati il
cemento che li teneva insieme, l’ancora che li legava all’umanità. Erano i
più forti, gli unici a non perdersi nei sentieri che si erano trovati a
percorrere. Ma spariti loro, gli altri non avevano più trovato la strada
giusta.
Willow
si era rifugiata nello studio, e non doveva dispiacerle. Aveva sempre preferito
i libri alle persone, forse era persino un sollievo per lei non dover più
fingere un interesse che non aveva mai realmente provato.
In
quanto a lui, aveva finalmente deciso che il mondo in cui vivevano non aveva
nulla di divertente, e aveva smesso di ridere.
E
naturalmente mancava Joyce… Aveva accampato una scusa frettolosa e incerta, un
poco credibile tentativo di riconciliazione con l’ex marito. Negli ultimi
tempi faceva di tutto per evitare di avvicinarsi alla figlia.
Questo…
patetico tentativo di credersi una… Cosa? Famiglia? Quasi gli venne da ridere.
Proprio una bella famiglia! Si guardavano, imbarazzati, senza alzare gli occhi
l’uno sull’altro… Ebbene, era uno spettacolo allestito a loro solo
beneficio. Illudersi almeno per una sera di non sapere quello che sarebbe
successo durante la notte. Doveva recitare come gli altri.
Eccetto
Buffy, seduta vicino all’albero di Natale, che li guardava fissamente tutti, e
non mostrava nulla…
Xander
raccontava qualche sciocchezza…
Willow
ridacchiava forzatamente…
Giles
cercava di intervenire nel discorso…
Buffy
cominciava a stancarsi di tutta quella finzione. Inquinava l’aria rendendola
difficile da respirare. Le sembrava di essere immersa in un mare viscido (Devo
uscire da qui. Sto…). Doveva trovare un modo per farli smettere (…soffocando…)
Le sue parole improvvise funzionarono benissimo.
“Ho ucciso degli uomini.”
Come
sempre, Xander era stato il più rapido a muoversi. Si era alzato e avvicinato a
Giles, mentre Willow sembrava avere recepito la frase con un attimo di
sfalsamento, come se dovesse analizzare bene quello che aveva sentito, prima di
agire.
(Ora
lei valuterà la cosa giusta da dire, la cosa giusta da fare. Giles rimarrà
pietrificato, come un coniglio davanti ad una donnola, e Xander agirà
d’impulso, senza immaginare il pericolo che adesso corre ad aggredirmi)
“Cosa
hai detto?” sibilò il ragazzo.
Buffy
alzò gli occhi su di lui. Sembrava quasi divertita dalla sua reazione. Era
sempre stato tanto prevedibile…
“Ho
ucciso degli uomini. Stavano facendo delle brutte cose.” Scandiva le parole,
come se stesse parlando a bambini piccoli, non molto intelligenti. Oppure come
se faticasse ad esprimersi in termini comprensibili (…voglio…) “Io
sono il difensore dei deboli e degli innocenti, giusto? Allora difendo. Sono la
cacciatrice, ho allargato il mio catalogo di prede. Non sei contento, Giles? Non
sei contento di me?” (…USCIREUSCIREUSCIRE…)
La
guardavano, quella cosa estranea che aveva preso il posto di Buffy… Che
finalmente può andarsene senza doversi giustificare.
Xander
le corse dietro, la raggiunse e la obbligò a girarsi.
“Sei
pazza?” urlò “Sei diventata pazza?”
Buffy
non rispose. Si limitò a fissarlo mentre la scuoteva tenendola per le braccia,
senza aprire bocca. Xander tentò l’arma dell’accusa, che con lei aveva
sempre funzionato, riducendola ad una piccola cosa piagnucolosa e sottomessa,
l’arma che non usava da anni, per… paura. Aveva paura di lei, ma ora rabbia
e sorpresa nascondevano la paura.
“E’
ancora lui, non è vero? Continuate a vedervi! Continuate anche a fottervi?”
Ancora
quello sguardo verde come il diaspro, duro come il diaspro…
(…parlami,
dimmi qualcosa… Fai qualcosa! Dannazione Buffy, dove sei? Fammi capire che sei
ancora li, da qualche parte, dietro quegli occhi di pietra…)
Nessuna
reazione, nessuna espressione che lui potesse interpretare, e la paura riemerse
ribollente. Lei era così piccola, così insignificante di fronte a lui, ma
Xander la conosceva troppo bene, da troppo tempo, per cadere nell’errore di
giudicarla dall’apparenza.
(Xander…
Cosa mi stai dicendo? So che stai parlando, perché sento i suoni, ma non
capisco il significato delle tue parole… Non capisco più)
La
lasciò andare, e la vide allontanarsi senza più badare a lui, sparendo nel
buio.
Lo
trovò nel parco, seduto appoggiato all’albero, con i polsi sulle ginocchia e
il volto di marmo. La aspettava, naturalmente.
“Niente
armi, stasera?” le chiese.
“Ne
ho bisogno?”
“No.
Nessun bisogno.”
Buffy
era in piedi davanti a lui.
(Devo
scegliere. E va bene. Sceglierò, ma non lo farò per te, per loro, per il
dannato mondo. Scelgo solo per me. C’è una cosa che devo sapere, una cosa
importante, la più importante di tutte. Perché io ti amo, ma ora non mi basta
più. Non mi basta più dare senza ricevere niente in cambio. Sei tu che me lo
hai insegnato. Poi potrò scegliere)
“Quello
che mi hai detto… Mi stavi mentendo?” gli chiese.
“Non
ti ho mai mentito… O almeno non lo faccio da molti anni…”
“Non menti, ma qualche volta non dici tutta la verità.”
“Qualche
volta…”
“E
questa? E’ una di quelle volte?”
“Forse.”
“Io
credo di si. Manca ancora qualcosa. Volevi tornare te stesso. Va bene. Perché
quando ci sei riuscito non te ne sei andato?”
Angel
le sorrise (Oh Buffy, non fare domande di cui conosci già la risposta… O
è una conferma, quella che vuoi?) “Tu che ne dici?”
“Basta
con gli indovinelli, Angel. Ho smesso di dare le mie risposte, ora voglio le
tue. Potevi andartene, tornartene in Europa, magari. Invece sei rimasto in
questa merda di città che hai sempre odiato. Io sono sola, e lontano dalla
cacciatrice tu saresti stato al sicuro.”
Angel
esitava. Era difficile parlare. Difficile ammettere che, alla fine, importava
anche a lui. Ma ormai aveva esaurito tutte le astuzie usate per eludere la verità.
“Sono
rimasto perché tu sei qui.”
Buffy
sospirò e gli si sedette accanto. Che stupida arroganza era stato credere che
esistesse un solo modo di amare…
“Credo
che quel tuo poeta, Eliot, avesse ragione…” disse alla fine.
“Forse
si è trovato in una situazione come la nostra.”
“Nessuno
è mai stato in una situazione come la nostra.”
Angel la guardò divertito “Senti la ragazzina. Vent’anni e sai già tutto, per giudicare con tanta sicurezza?”
Buffy
chinò la testa. Ancora una volta era caduta nel suo vecchio vizio, giudicare.
Questa
era la sola vera differenza fra loro. Lui non giudicava mai, constatava il mondo
e sembrava trovare sempre di che goderne (Deve essere così bello poter
accettare la vita in tutti i suoi aspetti). Aveva passato anni a compatire
Angel (Povero mostro, che non capisce neanche quello che si perde). Ma
che aveva poi da compatirlo? Il tempo non lo avrebbe mai toccato, era più vivo
di chiunque avesse mai conosciuto e completamente soddisfatto della sua
condizione… ed era libero…
Era
più logico invidiarlo.
“Eppure sembrava tanto semplice… Noi da una parte, voi dall’altra… Nessun dubbio sui confini da non valicare… Ma non è così facile, quando c’è di mezzo l’amore.”
Angel
rideva sommessamente. O piangeva, forse. “Vivere non è mai facile. Ma che
altro possiamo fare?”
Buffy
ci pensò attentamente e non trovò argomenti per contraddirlo (Nient’altro.
Non è un mondo benevolo, non ci concede nulla… Forse per questo non vogliamo
lasciarlo) “Qualche volta sogno…” si interruppe un attimo “Una
volta, quando ero molto più giovane, sognavo spesso che tu eri come me, e che
alla fine vivevamo felici e contenti… Adesso sogno di essere io come te…”
Angel
appoggiò la testa all’indietro, contro il tronco dell’albero. Doveva dire
qualcosa. Lei aspettava di sentirsi dire qualcosa… anche qualcosa di stupido,
di irrilevante… Solo per avere la conferma di essere ascoltata…
“Tutti
hanno incubi.” mormorò il vampiro.
“Non
ho detto che sono incubi.”
Lui
chiuse gli occhi. Era stata una caccia stremante. E lunga…
Si
alzò e tese la mano a Buffy.
“Andiamo.”
le disse.
“Dove?”
“Ti
fidi di me?”
(Mi
fido?)
Lei
sorrise e annuì, prendendogli la mano.
Angel
la aiutò a rialzarsi “Ti farò vedere.”