Josh
era troppo sconvolto per fare qualsiasi cosa, quindi ci avevano pensato Willow e
Beth alla compagnia di pompe funebri, e poi la seconda aveva lasciato la casa
per andarsene a dormire.
Angelus
era entrato nella stanza di Beth, e si era seduto sul letto guardandola dormire.
Per quanto odiasse ammetterlo, sua figlia aveva ragione. Buffo, sua figlia.
Pensava che niente al mondo potesse stupirlo ancora.
Stava
per andarsene, quando sentì Beth che si stava alzando.
"Ti
ho svegliata?" disse lui con la faccia più innocente del mondo.
"No,
ma come ti viene in mente, Angelus?"
Angelus
guardò fisso negli occhi di Beth, scuri e profondi come i suoi, e gli
ritornarono in mente le parole di Dru.
"Che
hai da ghignare tanto?"
Angelus
cominciò ad avvicinarsi a lei "Tu non lo sai, vero? Non lo sai ma lo
sospetti. Lo hai sempre fatto. Ti senti soffocare nel cosiddetto mondo civile,
vero? Come succedeva a me e tua madre quando eravamo vivi. In un modo o
nell'altro, vivevamo nell'oscurità. "
"I
tuoi giochetti non attaccano con me."
"E
chi vuole giocare? Ti sto solo facendo constatare quello che sei."
"I
casi sono due. Se sono una demone, ho una coscienza che mi impedisce di essere
malvagia. Se sono mortale, ho un lato oscuro che mi permetterà di conoscere
sempre meglio i miei nemici. In entrambi i casi, una cosa è certa: non sono
come te, e non lo sarò mai."
"Il
mio sire, una notte in cui avevo ancora la maledizione addosso, mi disse che non
importa cosa pensavo di essere, la mia vera natura sarebbe esplosa prima o poi.
Spero di esserci quando la tua esploderà, e mi raggiungerai nelle
tenebre."
"Aspetterai
a lungo, papà."
"Ho
molta pazienza, Beth."
Beth
rimase immobile mentre Angelus se ne andò com'era entrato, e poi si sedette sul
letto, con il cuore che batteva all'impazzata. Sapendo che non sarebbe riuscita
a dormire, si era rivestita ed era andata a farsi un giro. Dopo una tappa al
cimitero si era trovata davanti al nascondiglio di Alex.
Stava
per girare i tacchi e andare via, quando il vampiro la salutò.
"La
grande slayer! A che devo l'onore, Beth?"
"Ciao,
Alex."
"Fuori
il rospo, Parker" le disse Alex guardandola in faccia "E non provare a
raccontarmi balle."
"Mio
padre mi ha fatto una visita stanotte."
"Ti
ha fatto qualcosa?"
"Niente
a livello fisico, non è il suo stile. Mi ha solamente fatto sapere che se mai
un giorno deciderò di seguire la mia natura malvagia, mi accoglierà a braccia
aperte."
"E
tu che gli hai risposto?"
"Secondo
te? Ma ho paura, Alex. Tanta."
"Tu
non sei cattiva. Sei solo a metà tra le due cose."
"Già,
a metà. E non starò ad aspettare il momento in cui una natura prevarrà
sull'altra. Ti devo chiedere un favore molto grosso."
"Tenere
d'occhio Angelus, Willow, Josh e il resto dei loro amici? L'avrei fatto anche se
non me lo avresti chiesto. Posso almeno sapere dove vai?"
"Torno
a New York. Devo parlare con qualcuno."
Era
arrivata a New York alle luci dell'alba, e invece di andarsene a casa a riposare
si era messa a cercare Solitaire. Sembrava che la città l'avesse inghiottita.
Non si trovava da nessuna parte, ma poi Beth, passando vicino a Central Park, si
ricordò che la sua amica aveva un appartamento che da dava sul parco.
Arrivata
alla sua porta, sentì dalla porta socchiusa della musica e la voce della donna
che canticchiava.
"I've
flown too high on borrowed wings, beyond the clouds where the angels sing, in a
sky containing no one but me, up there's all empty and down there's the sea…"
"No
one here, but me…" continuò la ragazza, entrando.
"Beth!"
esclamò Solitaire emergendo da sopra una tela con il viso sporco di bianco e
azzurro.
"Ciao,
grande artista! Che combini di bello?"
"Do
forma ad un ricordo. Scusa se non ti abbraccio, ma sono piena di colori"
disse mostrando la salopette di almeno due taglie più grandi e la maglietta
tanto scolorita che non si capiva più il colore "come puoi vedere."
"In
duemila anni di vita, sarebbe strano che non lo facessi. Dipingere i ricordi,
non ridurti come Arlecchino!"
Solitaire
le lanciò contro ridendo uno degli stracci dove aveva appena pulito i pennelli,
e poi andò a cambiarsi, aveva dipinto abbastanza per quella notte.
"Ah,
Beth, non ti ho ancora ringraziato per il biglietto per la mostra di Monet.
Molto interessante."
"Figurati."
"Perché
sei qui?"
"Per
dirti che avevi ragione come al solito."
"E
su cosa di grazia? Da quando ho sbattuto Faith fuori da New York soffro di
continui vuoti di memoria…stai a vedere che mi ha fatto una fattura!"
"Ricordi
la prima volta che Nikki ci ha presentate? E quello che mi hai detto?"
"Sì.
Perfettamente. Cos'è cambiato da allora?"
"Vorrei
capire quale parte predomina in me, se la donna o la demone."
"Allora
sei nel posto giusto e con la persona giusta. Tesoro, mi passi il fermaglio e
gli orecchini, vicino ai colori ad olio?"
Beth
li prese e li mise nella mano che compariva dallo spogliatoio.
"Vorrei
sapere cos'è che ti ha fatto venire tutti questi dubbi. Ero sicura che avessi
un tuo equilibrio!" esclamò Solitaire uscendo dalla stanza vestita di
tutto punto.
"Chi
sei tu e che hai fatto alla mia amica?" scherzò Beth fingendosi sconvolta.
Beh, se qualcuno l'avesse vista prima avrebbe avuto seri problemi a riconoscere
la pittrice con la donna impeccabile davanti agli occhi di Beth.
"Spiritosa.
Forza, andiamo a casa, così parliamo un po'. Ne hai bisogno."
"Non
so se hai notato, ma è giorno."
"Non
so se hai notato, ma io avrei al dito la Gemma di Amara. Sai che cosa
implica?"
"Se
ricordo bene, invulnerabilità alla luce del sole, croci, paletti eccetera. Ti
sei data da fare. E brava Solitaire!"
"Grazie
cara. E ora andiamo, mi sta venendo fame e non avrei voglia di mangiarmi proprio
te."
Dopo
un ora a parlare era come se non si fossero mai lasciate. Solitaire aveva
raccontato la battaglia segreta che si era combattuta all'insaputa dei mortali
tra i suoi fedeli e quelli della Dittatrice, e Beth aveva raccontato quello che
invece stava succedendo a Sunnydale.
"Buffy
Summers…sì, l'avevo sentita nominare. Spedivo regolarmente a Sunnydale i
vampiri di cui volevo sbarazzarmi, facendo credere loro di essere all'altezza
della slayer…che scemi. E adesso?"
"Adesso
ci sono io, contro Angelus, Spike e Drusilla."
"Amnesia…ho
bisogno di un po' di coordinate."
"Spike
ha i capelli biondi ossigenati, Drusilla ha i capelli neri ed è pazza,
Angelus…"
"…è
la creatura più crudele che sia mai esistita…ma anche uno schianto! Ricordo
di averci passato non so quante notti insonni, pensando a lui. Durante la
Rivoluzione Francese abbiamo anche passato una notte insieme. Gli opposti si
attraggono, ma non devo ricordartelo io, eh? A proposito, se tu e l'essere vi
mollate fammelo sapere…così posso ucciderlo."
"Frena,
cara mia! Non succederà troppo presto. Consolati con gli uomini della tua ex
nemica giurata."
"Non
farmene venire voglia, lo dico per loro. Abbiamo parlato del tempo, di quello
che abbiamo fatto e non fatto, ma non mi hai ancora detto come stai."
"Sto
bene, Solitaire."
La
vampira inarcò un sopracciglio, era ovvio che non le credeva, ma aveva imparato
ad aspettare che fosse Beth a parlare. Forzandola, si otteneva solo l'effetto
contrario.
La
ragazza si abbracciò le ginocchia sospirando e poi si voltò verso l'amica,
tutta seria.
"Lo
sai di aver appena detto una balla colossale, vero?"
"Si
nota eh?"
"Ho
una persona che ti può aiutare. Ti dispiace se ci andiamo stanotte? Sto
dormendo in piedi e, dopo il viaggio che ti sei fatta, anche tu, ci
scommetto."
A
Sunnydale intanto Giles era stato seppellito. Tutti non sapevano che dire, o
fare, a parte pensare che un altro legame era stato portato via e seppellito in
quel luogo.
Willow
mise un braccio intorno alle spalle di Josh e lo riaccompagnò a casa.
"Mi
dispiace tanto."
"Lo
so Willow. Dov'è Beth? Pensavo sarebbe venuta."
"Beth
è sparita. Sono tornata a casa e non l'ho trovata. Le sue cose sono
sparite."
"Sapevi
che sarebbe successo, prima o poi. È uno spirito libero."
"Tornerà."
"Lo
spero per te, altrimenti che raccontiamo al Consiglio?"
Willow
era seduta in cucina, studiando l'ennesimo testo sui demoni, l'ultimo di una
lunghissima serie che Giles le aveva regalato. Quella notte aveva cominciato a
tirare vento, e quando la porta cominciò a sbattere a causa della corrente
d'aria si ricordò di averla incoscientemente lasciata aperta. Quando però,
prima di chiuderla, aveva fatto un passo fuori a controllare il tempo si era
sentita trascinare a terra.
"Ciao
Osservatrice" le disse Angelus prima di sbatterla contro il muro "Dov'è
Beth?"
"Anche
se lo sapessi non te lo direi…" sussurrò Willow, e Angelus le sferrò un
pugno allo stomaco che la fece cadere a terra.
"Forse
non mi sono spiegato, Willow. Dov'è mia figlia?" disse Angelus, mutando
faccia. Sarebbe morta, se ad un certo punto un altro vampiro non l'avesse
colpito alla testa con un asse si legno.
"Non
ti ha insegnato nessuno che le donne non vanno toccate?" commentò
sarcastico Alex mentre aiutava Willow ad alzarsi. La donna subito tirò fuori
una croce per tenerlo a distanza.
"Non
ce n'è bisogno. Sono amico di Beth. Lei…"
"Dov'è?"
"È
tornata a New York. Ma non stiamo qui, entriamo."
Willow
entrò subito in casa, ma Alex non avendo l'invito rimase fuori.
"Signora
Rosemberg, non è che ha scordato qualcosa?"
"Ah
sì, scusami. Ti invito ad entrare" e chiuse la porta a chiave.
Solitaire
e Beth, al calare del sole, erano uscite per andare dalla persona che secondo
Solitaire avrebbe potuto aiutare Beth, ma furono interrotte da un manipolo di
vampiri che come i loro capi non vedevano di buon occhio la nuova slayer e la
signora della città.
Appena
visti, le due si erano lanciate un'occhiata divertita e avevano preso i paletti
che avevano in borsa. Tempo dieci minuti e il problema era storia antica. Beth
osservò l'amica sistemare l'ultimo vampiro, secondo quello che lei chiamava
"l'Antico Codice", un modo di combattere che usavano le slayer
dell'antichità prima di imparare le arti marziali e prima che quel sistema si
perdesse nei tempi.
"Ecco
fatto" disse a Beth, spazzolandosi la polvere dai pantaloni e dalla maglia
"Ora ti porto da Enyas"
"Enyas?
No, non vengo. Ho paura di lei, tutti ce l'hanno."
"È
solo una signora che ha risolto i problemi che ora ti assillano molto tempo fa.
Non c'è niente di cui avere paura."
"Se
lo dici tu."
Beth
era entrata da sola nella casa di Enyas, e la prima cosa che sentì fu un
profumo delizioso di vaniglia e limone che proveniva dalla cucina. E trovò la
donna intenta a sfornare un'enorme teglia di biscotti.
"Benvenuta
in questa casa Elizabeth Michelle Parker, detta Beth. Ti stavo aspettando.
Forza, siediti, e non preoccuparti del vaso."
"Che
vaso?" chiese lei voltandosi, e urtando un vaso di fiori che s'infranse sul
pavimento.
"Quel
vaso."
"Mi
dispiace."
"Non
importa, ti ho detto" disse la donna sedendosi vicino a lei. Sembrava avere
ventisette anni, trenta al massimo, e aveva una carnagione ambrata e due occhi
smeraldo.
"Se
non ti dispiace, arrivo subito al dunque. Tu sei qui perché vuoi una risposta
definitiva su chi sei, giusto?"
"Giusto."
"Non
è semplice. Non ci sono cose solo bianche o solo nere, Beth."
"Voglio
solo sapere se ho un destino da seguire."
"Sei
la slayer, direi che se non è un destino questo…Ma sento che sei tentata
dall'offerta di Angelus, tuo padre. È il demone dentro di te che ti vuole
spingere verso l'oscurità."
"Mi
è sempre piaciuto mescolarmi a vampiri, demoni, creature della notte. Li
sentivo più vicini."
"Ma
hai anche sempre cercato demoni buoni e vampiri con l'anima. Lo so, lo facevo
anch'io."
"Come
anche tu?"
"Solitaire
non te l'ha detto? Anch'io vanto una parentela insolita, più o meno come la
tua."
"Vampiro
e cacciatrice?"
"Vampira
e giustiziere di demoni. Se non fosse stato per mio padre, mia madre mi avrebbe
ucciso alla nascita."
"Come
hai capito quello che dovevi essere?"
Enyas
si alzò in piedi e le mise una mano sulla spalla "Segui il tuo cuore, e
lascia perdere la testa. Cosa ti sta dicendo?"
"Che
non è cambiato niente. E che la mia seconda ipotesi è vera, alla faccia di
quello che pensa mio padre! Spero che non mi renda la vita troppo difficile,
insomma, una slayer dopotutto non vive molto…"
Enyas
scoppiò a ridere a crepapelle "Beth…quale vita? Rispondi a questa
domanda. Ti sei mai fatta male, ferita, o ammalata anche solo per un
raffreddore?"
"Non
che io ricordi. Che vuol dire?"
"Che
quella parte di demone dentro di te ti protegge, in un certo senso. E ti allunga
la vita. Guardami, Beth. Ho seimila anni, e ho visto costruire le
piramidi."
Mi
ero vista tornare Beth a casa sconvolta, e dopo essermi assicurata che dormiva e
che non sarebbe sparita come suo solito, corsi da Enyas. Avevo una mezza idea di
quello che Enyas le aveva detto, ma dal canto mio diventare quella che ero, e
godere della mia vita immortale erano state le due cose migliori che potessero
succedermi. C'è chi pensa che vivere eternamente sia la cosa più triste al
mondo, io no. Avevo avuto l'occasione di vedere cose che la gente della mia
epoca non avrebbe neanche mai immaginato, veri e propri miracoli ai miei occhi,
e avevo osservato in disparte il tempo cambiare faccia al mondo, e ribattezzarmi
Solitaire. Il mio vero nome l'avevo ormai scordato, apparteneva ad una vita che
non sentivo più mia.
Entrai
in casa della mia amica, e la trovai che faceva Yoga sul tappeto del salotto, la
posizione del fiore di loto.
"Benvenuta
Solitaire. Come state tu e la tua amica?" mi chiese senza aprire gli occhi.
"Io
non mi lamento, Beth si deve riprendere."
"Le
ho solo detto la verità."
"Grazie
per averlo fatto, io non avrei saputo da che parte cominciare. Maledetto
Angelus, se mi capita tra le mani giuro io…"
"202
anni da quella notte e ne parli ancora."
"Non
è vero."
"Ti
scoccia ancora che lui ti abbia piantato prima che tu ne avessi
l'occasione."
"Enyas…"
"Allora
dimmi il nome di una donna a cui questo tipo sia indifferente."
"Nessuna
al mondo lo è."
"Quanto
hai ragione. Come bacia, te che lo sai?"
"Enyas!"
"Senti,
vuoi che ti dica balle? No. E allora non fare tanto la sconvolta solo perché
alla mia età non penso solo a fare la calza davanti al fuoco, ragazzina!"
disse scoccandomi un'occhiata di fuoco.
"Meglio
che torni a casa e non ti risponda. Se Beth si è svegliata, forse…"
"Dato
che non la troverai quando tornerai a casa, va diretta all'aeroporto e prendi il
volo per Los Angeles. Dovresti raggiungerla abbastanza presto, e questo libro e
questa pozione faranno al caso tuo. E ora fila, devo fare i miei esercizi!"
Non
volevo tirare in ballo Solitaire, e per questo appena sentii la porta chiudersi
presi al volo le mie cose e corsi all'aeroporto. Angel era un problema mio, ed
era arrivato il momento di risolverlo una volta per tutte. Mio Dio, stavo
considerando ancora l'ipotesi di uccidere mio padre. Sarebbe dovuta essere una
vendetta per quello che aveva fatto a mia madre, invece non poteva esserlo. Io
avevo visto tutto, come se fossi stata presente, e non potevo più credere
quello che credeva Willow. Mia madre voleva morire, avevo sentito che qualcosa
dentro di lei si era spezzato, ma la mia Osservatrice non voleva e non poteva
credere che la sua migliore amica fosse stata tanto disperata e che lei non
avesse saputo aiutarla. Una cosa comune a tutti i loro amici comuni, pensavo, ma
l'avrei scoperto appena fossi tornata a Sunnydale. Il volo che avevo preso non
era diretto, doveva fare scalo a Seattle, quindi avevo tutto il tempo che volevo
per schiarirmi le idee e prepararmi alla battaglia.
Solitaire
invece era riuscita a prendere il volo diretto che Beth non aveva voluto
aspettare, e benedisse in cuor suo l'impulsività della sua amica che per una
volta non giocava contro di lei. Stringeva in mano il libro e l'ampolla, in
preda ad un ansia che le stringeva lo stomaco in una morsa d'acciaio. Sfidare
Angelus per la seconda volta sarebbe stata una pazzia per molti, ma se c'era
qualcuno che poteva tenergli testa oltre a sua figlia, quella era lei.
Dopo
essere entrata in città notò Angel, in un angolo, che aveva appena ucciso una
giovane donna. Sorrise, e nascondendo gli oggetti nella borsa che aveva a
tracolla gli si avvicinò.
"Non
hai perso il tuo tocco, Angelus."
Il
vampiro si voltò di scatto, verso la donna che aveva parlato. Un leggero
profumo di gelsomino aleggiava nell'aria, e riportò indietro Angelus nei
ricordi. Ma sì, la donna lì a un passo non poteva essere altri che lei.
"Solitaire.
Quanto tempo" disse facendole il baciamano.
"Duecento
anni. Troppi. Ma sono lusingata del fatto che ancora ti ricordi di me."
"Sei
bellissima come ti ricordavo."
"E
tu sei il solito bugiardo, comunque grazie."
"Ho
sentito molte voci su di te, su quello che fai ora. Congratulazioni per New
York, ma gira voce che tu preferisca aiutare la slayer piuttosto che la tua
gente."
"Io
faccio quello che voglio. Come te, del resto."
"Non
permetterò a nessuno di rovinare i miei piani. Né a mia figlia, né a
te."
"Sei
sicuro di questo?" chiese la vampira con un mezzo sorriso.
Uscita
fuori dal niente, Beth vide la sua amica parlare con Angelus. Accidenti a
Solitaire! Riusciva a sentire solo qualche spezzone della loro conversazione, e
cominciò ad avvicinarsi in silenzio, senza fare il minimo rumore. Altra cosa
ereditata da suo padre.
Solitaire
si accorse dell'amica, e cominciò a ridacchiare.
"Si
direbbe che io ti faccia ridere."
"Ti
piacciono ancora le sorprese?"
Beth
arrivata alle sue spalle lo colpì forte alla testa con un pezzo di legno, e lui
cadde a terra.
"Ciao
papà. Mi cercavi?"
Solitaire
guardò il vampiro ai suoi piedi, le sorrise, e le allungò la pozione
"Forza, facciamolo prima che si riprenda."
Un
po' a fatica, le due riuscirono a portarlo entro un palazzo disabitato, e a
sistemarlo sul pavimento.
"Solitaire,
che te li lascio a fare i biglietti se poi non lo leggi?"
"Enyas
mi ha spedito al tuo inseguimento, e ha fatto benissimo! Ma non ti preoccupare,
abbiamo tutta l'eternità per discuterne. Vai nella stanza accanto a controllare
che questo posto sia davvero disabitato.."
Beth
sparì dietro la porta, e Solitaire tirò fuori il libro. Chiuse gli occhi per
un attimo, facendo un respiro profondo per prepararsi a quello che stava per
fare. C'era passata secoli prima, e aveva assistito ad altre maledizioni, ma le
sembrava ancora di sentire quella fitta al cuore, il dolore lancinante che
impediva di pensare, o dire o fare qualsiasi cosa, a parte urlare. Era l'unica
scelta possibile però.
"Ora
occupiamoci di tuo padre, Beth" disse chinandosi a vedere se era sveglio.
Era
sveglio eccome. Solitaire non aveva fatto in tempo ad inginocchiarsi del tutto,
che Angelus l'aveva presa e scagliata con violenza contro il muro.
"Mia
dolce Solitaire, proprio non ti facevo così stupida."
Solitaire,
contro la parete, scivolò a terra gemendo per il forte colpo alla testa.
Angelus sorrise, e poi le si avvicinò camminando lentamente.
"Pensavi
davvero di riuscire a fermarmi? Ora mi costringi ad ucciderti, e lo sa il cielo
se mi dispiace farlo."
"Beth
tornerà da un momento all'altro…"
"Beth
ha il suo daffare a restare viva, dolcezza. Ero con Spike e Drusilla quando voi
due mi avete preso, e li ho visti entrare qua dentro. Non avevi previsto questo
sviluppo, eh?" le rispose lui, sollevandola per il collo. Solitaire gli
sferrò una ginocchiata allo stomaco, e riuscì a liberarsi della stretta
prendendo una posizione di difesa.
"L'Antico
Codice. Ho quasi ammazzato una slayer che combatteva in questo modo. Ovviamente
glielo hai insegnato tu…" le urlava mentre la colpiva sempre più
violentemente, rendendole impossibile rispondere "…e sai una cosa?, sono
quelli come te che disonorano la nostra razza" continuò prendendola in
braccio e avvicinandosi ad una finestra. Solitaire, intontita dai colpi, non
riusciva a muoversi. Poteva solo sbarrare gli occhi in preda al terrore più
grande che avesse mai sperimentato nella sua lunghissima vita.
Angelus
si fermò a guardare fuori, poi guardò il viso di lei "Oh, mia cara, ma di
cosa hai paura?" le sussurrò mutando faccia "È questo? La parte in
cui ti spezzo le ossa gettandoti dal terzo piano? Perché devo proprio dirtelo,
adoro questo in una donna!"
Detto
questo, le diede un bacio e la scaraventò attraverso la vetrata. Rimase a
guardarla per qualche minuto, distesa priva di sensi sul marciapiede, circondata
da mille frammenti di vetro, poi si ricordò di Beth che era nell'altra stanza
con i suoi due amici.
"Spike,
Dru, andateci piano con quella ragazzina…" stava dicendo, ma il resto
della frase gli morì in gola. Al centro della stanza, c'era Beth con un paletto
in mano circondata da cenere. Spike e Drusilla avevano cessato di esistere.
"Siamo
rimasti io e te, a quanto pare."
"Già,
solo io e te. Solitaire ormai non ti sarà più d'aiuto."
"Che
le hai fatto?"
"Sai,
Elizabeth, avevo sempre reputato Solitaire un angelo…mi è dispiaciuto vedere
che non è stata in grado di volare."
A
quel punto Beth perse definitivamente il controllo, e accecata dalla rabbia e
dalle lacrime cominciò a lottare contro suo padre che purtroppo per lei era più
forte e veloce. Angelus le tirò due pugni fortissimi all'addome, e poi un colpo
alla schiena, facendola cadere ai suoi piedi.
"C'era
solo una persona che riusciva a mettermi in difficoltà. Tu non vali neanche la
metà di tua madre."
"Scommettiamo?"
rispose lei alzandosi lentamente, e poi colpendolo con violenza improvvisa con
tre pugni alla faccia e allo stomaco.
Forte
di quel piccolo vantaggio, aveva preso l'ampolla e il libro ed aveva cominciato
a correre giù per le scale pericolanti.
Angelus
le fu subito dietro, e con un balzo la gettò a terra sul pianerottolo,
ricominciando a colpirla. Beth aveva paura di morire, come mai ne aveva avuta in
vita sua, ma doveva terminare a tutti i costi quello che Solitaire aveva
cominciato.
Con
un calcio riuscì a buttarlo contro il muro, e approfittando di quell'attimo di
stordimento gli fece ingoiare tutto il contenuto della fiala.
Ora
mancava solo la formula, e Beth ringraziò silenziosamente Enyas per averci
messo un segnalibro. Il tempo non era esattamente la cosa di cui disponeva
maggiormente in quel momento.
Stava
per iniziare a recitarla, quando Angelus si alzò in piedi, furibondo. Ricominciò
l'inseguimento per le scale, con Beth che scappava leggendo la formula e
cercando di impararla. Ad un certo punto si fermò, e gettò il libro. Basta
scappare, ora il momento tanto aspettato e anche tanto temuto era arrivato.
Non
sarebbe riuscita a batterlo, ed era nelle intenzioni di lui scaraventarla giù
dalla finestra come aveva fatto con Solitaire, peccato non sapesse il suo
piccolo segreto. Quella faccenda dell'immortalità accennata da Enyas cominciava
a piacerle. Cominciò a combattere indietreggiando verso la finestra, e quando
la sua sensazione si rivelò esatta, lo abbracciò e trascinò Angelus nel vuoto
insieme a lei. Doveva fare in fretta, e mentre cadeva urlò la formula che le
avrebbe finalmente restituito suo padre. Sentì l'impatto con l'asfalto della
strada, i cocci di vetro che le graffiavano il viso, e poi l'oscurità calò su
di lei.
Beth
si era risvegliata nel suo letto, tutta dolorante e con un mal di testa atroce.
C'era Willow al suo capezzale, che le carezzava i capelli.
"Finalmente
ti sei risvegliata. Hai dormito 48 ore di fila. Ho avuto tanta paura,
Beth."
"Che
è successo?"
"Hai
maledetto di nuovo tuo padre. Ce l'hai fatta. È stato Alex a trovare te, Angel
e Solitaire a terra, di fronte ad un palazzo abbandonato. Me lo vuoi dire cos'è
successo esattamente la notte scorsa?"
"Io
e Solitaire stavamo per fare il rituale, quando la situazione è precipitata.
Angel ha gettato Solitaire dal terzo piano, mentre io me la vedevo con Spike e
Drusilla. Dopo averli sistemati, mi sono trovata davanti mio padre, e abbiamo
iniziato a combattere. Sapevo che voleva farmi fare la stessa fine di Solitaire,
e gliel'ho lasciato fare. Però l'ho trascinato con me, recitando l'incantesimo.
Come sta? E Solitaire?"
"Solitaire
è ancora viva, non preoccuparti, e anche tuo padre. Angel se l'è cavata con un
braccio rotto, Solitaire non è stata altrettanto fortunata."
"che
intendi?"
"Intende
questo" esclamò Solitaire, entrando nella stanza spingendo una sedia a
rotelle.
"Mio
Dio…"
"Niente
di permanente, non spaventarti Beth. Il dottore da cui mi ha portato Willow mi
ha assicurato che entro un paio di mesi tornerò come nuova. Tu devi ringraziare
solo la tua natura, avresti potuto morire. Pazza incosciente che non sei altro,
proprio da una finestra dovevi buttarti con lui?"
"Non
avevo idee migliori."
"Scusate
un minuto, voi due. Di che state parlando?"
Solitaire
sorrise a Beth, e uscì dalla stanza chiudendo la porta. Avrebbe voluto vedere
la faccia di Willow mentre Beth spiegava la situazione, ma sarebbe stata di
troppo.
Era
arrivata in cima alle scale, e solo in quel momento si era ricordata che in casa
non c'era nessun altro che poteva aiutarla a scendere. Sentì poi dei passi, e
un'ombra che si stagliava sul pianerottolo. Dopo un minuto, Angel era davanti a
lei. Solitaire guardò il vampiro, l'espressione del suo volto mentre la
osservava seduta su quella sedia a rotelle, quasi a non voler credere di essere
stato veramente lui a farle questo.
"Solitaire,
io…"
"Beth
sta bene, niente di rotto, solo qualche ammaccatura."
"E
tu?"
"Io
rimarrò bloccata qui per un po', due mesi circa."
Angel
sembrò sollevato di sentirlo, e Solitaire scoprì che non poteva avercela con
lui. Non era la stessa persona che l'aveva messa su una sedia a rotelle, era
esattamente all'antitesi. E lo sarebbe rimasto per sempre.
"Senti,
possiamo far l'alba su queste scale, ma qualcosa mi dice che tu non ne saresti
entusiasta. Che ne dici di portarmi di sotto?"
Angel
le disse di mettergli le braccia al collo, e poi con il braccio sano la tenne
stretta mentre la portava di sotto.
Poco
dopo, dalle scale fece capolino anche Willow. Dalla faccia che aveva, Beth non
c'era andata leggera e aveva detto tutto e subito.
"Beh,
almeno adesso ho avuto una spiegazione sul perché è già in piedi…"
disse andando diretta in cucina. Aveva bisogno di farsi una tazza di caffè
molto molto forte.
Beth
era scesa subito dopo di lei, con addosso una tuta, ed era rimasta a guardare
Solitaire e Angel parlare.
"Ma
bene, non ti posso lasciare sola un giorno che già ti dai da fare!" esclamò
facendole fare un salto.
"Beth,
potresti avvisare quando arrivi?" le rispose Solitaire, che era arrossita
nel frattempo facendo ridacchiare la ragazza.
Beth
si era avvicinata ai due, e finalmente aveva abbracciato suo padre "Sono
felice di conoscere il vero te."
Angel
strinse forte sua figlia, e la ringraziò di tutto quello che aveva fatto per
lui. Beth poi uscì per andare al cimitero a caccia, e lì trovò il suo angelo
custode, Alex, che la aspettava con un fiore in mano.
"Sono
felice che stai bene."
"Merito
della mia insolita discendenza. Posso dire di esserne estremamente felice!"
"Ne
sono contento. Solitaire mi ha chiesto di sostituirla a New York fino a quando
non migliora. Dice che è ora che dimostri di essere capace di fare qualcosa di
utile."
"Ma
non mi dire. Quando parti?"
"Stanotte.
Sono venuto qui proprio per salutarti."
Una
regola precisa del nostro rapporto era quella di evitare gli addii strazianti, e
la rispettammo alla perfezione. Sarebbe stata dura senza Alex nei dintorni. Gli
volevo bene, ma sapevo che era giusto così. Chissà se ci saremmo rivisti
presto…non importa, come ha detto Enyas, ho tutto il tempo del mondo.
Ora
dovevo pensare solo a rimettere in sesto mio padre. Poteva dire o fare quello
che voleva, ma se con quella corazza poteva ingannare a fatica mia madre, con me
non ci riusciva proprio. Era uno dei motivi per cui avevo deciso di restare a
Sunnydale. Già mi immaginavo Solitaire alzare gli occhi al cielo, e sfoderare
tutti i suoi argomenti più convincenti per farmi tornare a New York con lei.
Sapevo quanto era cocciuta, ma io lo ero di più, avrebbe mollato.
Per
quella notte avevo finito, vedevo già le nuvole striarsi di luce, le ombre
svanire. Tra non molto il sole sarebbe tornato ad illuminare il mondo, e io
volevo andare a dormire. Benedette siano le vacanze estive!
Ma
prima di andare a casa, c'era una cosa che volevo e dovevo fare.
Presi
il fiore che Alex mi aveva regalato, e lo misi sulla lapide di Buffy.
"Questo
è da parte mia, era ora che te ne portassi uno. È un regalo del mio ragazzo,
in realtà. Un vampiro. Non te lo saresti mai aspettato, vero, che proprio tua
figlia diventasse quello che eri? Ironia della vita. E non preoccuparti per
Angel, a lui penserò io, ho tutta l'eternità per farlo, vampiri e demoni
permettendo. Cioè, io e Solitaire. Non la molla un minuto, è sempre pronto ad
aiutarla. E non credo che alla mia amica la cosa dispiaccia…Se c'è il tuo
zampino dietro a questa faccenda, complimenti, ottimo lavoro, sei riuscita dove
io ho fallito per tre anni…"
Poi
di colpo smisi di parlare. Si era alzato il vento, una brezza leggera che
muoveva l'erba e scuoteva dolcemente i rami degli alberi. Non appena smise,
fissai con occhi sbarrati la tomba di mia madre, e poi intorno a me. Incominciai
a sorridere tra me e me. Avevo appena sentito la voce di Buffy, come l'avevo
sentita nei miei sogni, dirmi "Ti voglio bene, Beth".
Ero
ancora indecisa se credere di averla sentita davvero, o di essermi fatta
suggestionare dal luogo, che non mi accorsi neanche di Solitaire, che mi era
arrivata alle spalle. Ora era il mio turno, di sobbalzare e di arrabbiarmi!
"Potresti
avvisare quando arrivi? Sono io quella che ha il paletto dalla parte del
manico!" le urlai mentre mi voltavo, poi rimasi letteralmente a bocca
spalancata. Era in piedi.
"In
cosa tu avresti fallito per anni, Beth? La mia vita sentimentale? Parla, sono
proprio curiosa!" mi disse incrociando le braccia e guardandomi con uno
sguardo che prometteva guai.
"Prima
di rispondere, non credi ti dovermi qualche spiegazione?"
Solitaire
mi sorrise, e mi mostrò l'anello "Indovina un po', durante la caduta
l'anello mi si era sfilato, e quindi è stato più rovinoso l'impatto con il
suolo. Tuo padre, quando è venuto a trovarmi, me l'ha riportato, e subito ho
cominciato a star meglio."
Poi
si accorse che la stavo fissando con uno sguardo incuriosito, e si affrettò a
correggersi.
"A
trovare te, volevo dire! Insomma, è passato tanto di quel tempo, quasi non mi
ricordavo più di lui e scommetto che se non ci incontravamo di nuovo neanche
avrebbe ricordato la mia faccia. Siamo due tipi diversi…"
Si,
come no. Inventane un'altra, amica mia.
"Ti
sei resa conto che ti stai arrampicando sugli specchi? E che mio padre ci sta
osservando di nascosto?"
Subito
Solitaire gettò uno sguardo all'entrata del cimitero, cercandolo, mentre io me
la ridevo sotto i baffi. Appena capito lo scherzo, aveva allungato le mani verso
il mio collo "Vieni qua che ti sistemo, ragazzina!"
Io
mi sottrassi ridendo, facendo finta di correre via.
"Allora,
che farai?" le chiesi dopo averla presa sottobraccio, mentre andavamo verso
l'uscita.
"Non
ne ho la più pallida idea. New York mi piace da matti, ma lo sai, governare una
città come quella è così stressante…Sunnydale mi sembra più a portata di
mano."
"Vorresti
lasciare ad Alex un compito del genere? E io che credevo lo odiassi!"
"La
scelta era tra lui e la Dittatrice. Ho scelto il male minore!"
"Che
tipo che sei! OK, parliamo d'altro."
"Se
l'argomento è Angel, ti puoi risparmiare la fatica. Tanto non ti dico
niente."
"Sadica!"
E
continuammo a beccarci fino a casa, e per tutto il giorno. Avevo telefonato ad
Alex, e avevo passato un'ora al telefono con lui, nonostante Solitaire
continuasse a stralunare gli occhi ogni volta che sentiva la conversazione.
Aspetta cara, mi dicevo, ti renderò il favore quanto prima.
Quella
sera comunque avevo deciso di scioperare. I vampiri di Sunnydale potevano
considerarsi fortunati, e ringraziare la mia prof. di Storia dell'Arte e
l'espressionismo tedesco!
Mi
ero seduta vicino alla finestra, mangiando una mela, e cercando di confrontare
due quadri di Kandinsky, quando gettai per caso un occhio fuori dalla finestra.
Guarda un po', mio padre e la mia migliore amica. Mano nella mano. Lei lo
guardava come se fosse un re, e lui la guardava come se fosse fatta di vetro
veneziano. Vederli insieme non mi dispiaceva affatto, erano le due persone più
importanti nella mia vita.
Li
seguii con lo sguardo fino a quando non scomparvero nella veranda, sotto camera
mia, e sogghignai. Domani avrei avuto di cosa punzecchiarla, questo era sicuro.