"Stranamente,
no."
"Sa
perché sono qui."
"Sì,
l'ho capito. Ma se non ti dispiace rimandare di qualche istante, vorrei farti
delle domande."
Buffy
l'aveva guardato, cercando di capire cosa gli passasse per la testa. L'aveva
lasciata senza parole. Si aspettava rabbia, paura, non quella sorta di calma
ascetica.
"E
scommetto che sono molte."
"Meno
di quante credi."
"D'accordo,
non vedo perché no. Ho tutto il tempo che voglio, l'alba è ancora
lontana."
"Ho
sentito di una serie di omicidi a Los Angeles. Nella stessa notte, dieci ex
studenti del liceo Hemery sono stati trovati morti per delle lesioni al collo.
L'unico legame è che erano tutti tuoi amici. Poi Wesley e Cordelia, e ora la
Delegazione e Travers scommetto. Perché proprio loro?"
"Perché
proprio loro mi hanno avvelenato la vita. I miei amici mi hanno abbandonato
quando il mondo mi stava crollando addosso, Cordelia se avesse potuto avrebbe
fatto lo stesso. Wesley e il Consiglio lo hanno fatto quando hanno deciso di
lasciar morire Angel. La Delegazione era
uno sfizio che volevo levarmi. Travers un figlio di puttana che avrei desiderato
ammazzare in ogni caso, solo che non era una cosa carina da dire in
pubblico."
"Anche
Xander e Willow ti hanno lasciato da sola. Quando uccidesti il Maestro e quando
ritornasti dopo aver ucciso Angel."
"Ero io a tenere tutti a distanza. Altra domanda."
"Perché
Willow è ancora viva?"
"Perché
non mi andava di infierire" tagliò corto lei. Giles però aveva notato una
nota di nervosismo nella sua voce. Willow era un argomento di cui non voleva
parlare. E lui pensava di sapere perché.
"O
forse perché è l'unico appiglio col passato che ti è rimasto. Tua madre è
morta, tuo padre si è rifatto una vita lontano, tua sorella è lontana, i tuoi
amici sono morti o hanno paura di te. È un freno morale alla tua sete di
sangue, vero?"
"Ma
si ascolta quando parla? L'ha elencata lei la lista delle mie vittime, non
io."
"Avevi
un motivo. La vendetta. Dimmi, Elizabeth, hai mai ucciso un bambino?"
"No."
"Angelus
non ci avrebbe pensato due volte. Lo avrebbe anche torturato, e solo per il
gusto di farlo. Tu non sei così."
"Imparo
in fretta. Mi dia un paio d'anni."
"Potrei
darti anche due secoli, ma non cambierebbe niente. Non lo faresti. E non solo
perché inconsciamente ti ritroveresti a fissare lo sguardo accusatore di Willow,
ma per quello che sei. Il tuo spirito di cacciatrice è ancora dentro di te, ti
piaccia o no."
"La
sa una cosa? Mi sono stancata di starla a sentire."
"Non
ti è mai piaciuto sentire la cruda verità."
"Attento,
Rupert. Non farmi arrabbiare."
"Non
vedo cosa cambierebbe. Mi ucciderai lo stesso, e perché sai che ho
ragione."
"O
potrei lasciare che Angel ti torturi un po', prima. A te la scelta."
La
maschera di calma cadde. Ricordare quelle ore d'inferno in cui Angelus aveva
giocato con lui come il gatto col topo avevano contribuito a dargli
un'espressione di paura.
"Finalmente.
Stavo cominciando a pensare non fossi più umano" disse mentre gli andava
sempre più vicino. Giles non si mosse dal punto dove si trovava, continuando a
fissarla dritta negli occhi. Facendola innervosire, a Buffy non piaceva il
rimprovero che ci leggeva dentro, tanto simile a quello di Willow…l'unica
persona che non avrebbe mai avuto il coraggio di uccidere guardandola negli
occhi…il suo per così dire ultimo barlume di coscienza. Giles nel profondo
del suo animo pensava che questo l'avrebbe fermata. Toccava a lei dimostrargli
quanto sbagliava.
Angelus
entrò nella stanza circa mezzora dopo. Buffy era alla finestra, e guardava il
cielo. C'era una impercettibile linea di luce all'orizzonte, segno che sarebbe
arrivata l'alba.
"Meglio
andare. È tardi."
"Ti
è piaciuta la mia sorpresa?"
"Immensamente.
Non pensavo mi conoscessi tanto bene."
Angelus
l'aveva raggiunta alle spalle, e l'aveva presa per la vita. "Dov'è
Giles?"
Buffy
voltò la testa indicando i piedi del letto. Giles era riverso esanime sul
tappeto macchiato di sangue.
"Non
è morto, se è questo che pensi, Buff."
"Lo
so. Ci lasci da soli un attimo? Poi ti raggiungo e ce ne andiamo."
"Non
metterci troppo."
Buffy
lo guardò sparire nel buio, poi si chinò su di Giles. L'Osservatore a fatica
aprì gli occhi, ormai era chiaro a tutti e due che sarebbe morto di lì a poco.
"Angelus
tortura le sue vittime. Io le lascio agonizzanti."
"Gli
lasci un barlume di vita…è la conferma di quanto ti ho detto…"
"Sogni
pure, Giles. Non ha ancora molto tempo. Sento il suo cuore rallentare, sempre di
più."
"Addio,
Buffy. Spero troverai quello che cerchi."
Furono
le sue ultime parole, ma come le altre riuscirono a produrre l'effetto di una
stilettata nel cuore. Era felice di esserselo tolto dai piedi, lui e la sua
presunzione di conoscerla. Lui non la conosceva affatto, o almeno era quello che
si ripeteva mentre andava da Angelus fuori.
"Possiamo
andare. Se non è ancora morto lo sarà tra poco."
"Non
mi pari entusiasta."
"Le
cose che mi ha detto…non lo so. Mi hanno avvelenato il regalo."
"Ora
non potranno più farlo. È morto, e non tornerà a tormentarti."
"Dimmi
una cosa, Angel. Hai mai trovato nessuno che a prima vista hai capito non
saresti riuscito ad uccidere?"
"Come
mai questa domanda?"
"Senti,
sei la cosa più simile ad un sire che ho qui intorno, e Spike di sicuro non è
la persona più adatta a parlare di queste cose."
"D'accordo,
non ti scaldare. Cathy."
"Cathy
è morta, e per mano tua."
"E
i suoi occhi continuano a tormentarmi, la notte. L'ho uccisa perché non
sopportavo quello sguardo su di me. Mi sono reso conto più tardi dell'errore
che Darla mi ha spinto a fare."
"Errore?"
"Se
vuoi vivere tranquilla, non lo fare. Lo sguardo di rimprovero di un vivo è
sempre meglio del ricordo, nella tua testa, dello sguardo di rimprovero di un
morto."
Tenendo
fede a quanto c'era scritto sul biglietto che Darla aveva trovato, dopo aver
lasciato l'Inghilterra proseguirono alla volta della Scozia, e poi Angelus la
portò nella sua terra, l'Irlanda. Il cielo era totalmente coperto dalle nuvole,
e così erano usciti di giorno. Angelus era andato a rivedere il posto dov'era
cresciuto, e Buffy si era seduta su una scogliera. Guardava il mare infrangersi
con forza contro gli scogli, ascoltava la risacca, aspirava l'aria salmastra che
le scompigliava i capelli e sentiva che sarebbe potuta rimanere là per sempre a
guardarlo. Doveva essere una cosa comune a tutti quelli che nascevano in una
città vicino al mare. La rendeva felice, senza un motivo preciso. Il suo
compagno si accorse di lei, ma vedendola tanto assorta preferì non disturbarla.
Buffy andò da lui circa un quarto d'ora più tardi, con un'aria contenta che lo
fece sorridere. Certe volte gli ricordava una bambina che vedeva le cose per la
prima volta, mentre altre diventava fredda come l'acciaio. Le aveva detto quello
che Darla aveva tentato di fare, e a differenza di lui, Buffy aveva dato molta
importanza alla cosa.
"Una
donna gelosa può fare di tutto per avere quello che vuole. Darla mi vede come
un grosso ostacolo…più o meno come ti vedrebbe Spike al suo posto."
"E
se non tornassimo?"
"Che
vuoi dire?"
"Rimaniamo
qui in Europa. Non ci troverebbero mai."
"Sei
una celebrità da queste parti. Ci troverebbero eccome. Non scappiamo, Angel.
Non possono farci niente se stiamo insieme."
"Come
vuoi tu. Torniamo a Los Angeles."
La
notizia del ritorno di Angelus e Buffy risvegliò i rancori rimasti sopiti per
più di un mese. Bene, pensò Darla guardando Drusilla infilzare quella
bambolina, venite pure. Vi aspettiamo.
"Dru,
tesoro, ho bisogno dell'aiuto di Spike. Non puoi aspettare?"
"Ha
preferito lei a me. Mi ha legato, dicendole che mi avrebbe ucciso per lei. È
arrivato a minacciare di ridurmi a pezzettini, e a incolparmi dello schifo di
vita che aveva. No, soffrirà le pene dell'inferno, e continuerà a soffrire
sempre di più."
"Ha
già i suoi problemi, dai…"
"Niente
che non si sia cercato."
"Non
hai tutti i torti, ma quand'è che ci leviamo di torno la biondina se non ci
aiuta?"
"Conosci
quel che dicono le carte. Il destino di Buffy è legato ad Angelus" disse
alzandosi con grazia regale dal divano dov'era seduta e riponendo il fantoccio
in un cofanetto di legno. "Allontana la ragazza e allontanerai anche
lui."
"E
se la ragazza…morisse?"
"Se
Buffy morisse io e Angelus ti ammazzeremmo" disse Spike entrando.
"Bene,
volevo solo saperlo."
"Che
dice la regale coppia? Ha deciso di tornare?"
"Pare
proprio di sì. Dopo aver sterminato il Consiglio evidentemente si sono accorti
di sentire la nostra mancanza."
Drusilla
si alzò e sparì nella sua stanza, lasciando i due complici parlare.
"Bene,
Darla. Cosa facciamo nell'immediato futuro per accoglierli?"
"Assolutamente
niente. Le loro facce nel vederci insieme saranno il nostro 'bentornati a
casa'."
Ed
infatti andò così. Buffy diventò seria appena visto il suo sire accanto a
Darla, e anche Angelus si era irrigidito. Forse Buffy aveva proprio ragione, ma
in ogni modo lo avrebbero scoperto tra poco.
"Bene.
Era ora che vi decideste a tornare."
"Come
se dovessimo rendere conto a te di quello che facciamo. Sai, Spike, non è
proprio così."
"Parli
anche per Buffy? Lei sì che deve rendere conto a me."
"Davvero?"
esclamò lei. "L'ultima persona a cui dovevo rendere conto è finita morta
agonizzante sul pavimento della sua stanza."
"È
una minaccia, tesoro?"
"Vedila
come ti pare. Io sulla Bocca dell'Inferno non torno."
"Lo
farai. Ti assicuro che lo farai."
"Non
darmi ordini, non lo sopporto."
"Sono
il tuo sire. Devi a me quello che sei!"
"Io
non ti ho chiesto niente. Ero convinta che avrei potuto volerti bene, che *tu*
avresti potuto volermi bene. Invece mi hai ucciso e cambiato. Sì, hai ragione,
devo a te e alla tua ossessione nei miei riguardi quella che sono ora! Ma ti dirò
una cosa: se speri di trascinarmi via da qui, hai fatto male i tuoi conti."
"Oh…allora
vuoi rimanere qui con lui ed essere la sua amante, aspettando il giorno che
s'incapriccierà di un'altra e ti darà il benservito?"
Buffy
aveva guardato Angelus. Sapeva già di questo lato del carattere, ma qualcosa le
diceva che lo avrebbe sempre tenuto legato a sé, non importa cosa sarebbe
successo o quel che diceva Spike.
"Preferisco
essere la sua amante piuttosto che la tua fidanzata."
"Oh,
ma che brava. Ti darei un Oscar" disse Darla, divertita dalla
determinazione della sua rivale.
"E
io un paletto nel cuore. L'hai chiamato tu, vero?"
"Lo
ammetto. Volevo compagnia, e Drusilla ultimamente è così solitaria…"
"Me
la pagherai" disse Angel a denti stretti.
"No,
tesoro mio, tu la pagherai a me. Ti ho aspettato tutta l'eternità, ho pregato
perché la maledizione svanisse, e quando questo accade, tu ti presenti qui. Con
lei. Il tuo grande amore. Ti aspettavi l'avrei accolta a braccia aperte? O che
sarei passata sopra il fatto che mi hai uccisa per lei?"
"Dovevo
capirlo nell'istante che ho messo piede qui."
"Non
sei mai stato molto sveglio a capire certi sentimenti femminili, specialmente la
gelosia. Ma se le carte hanno ragione, se sei così indissolubilmente legato a
lei, allora condividerai il suo destino."
"No!
Lei non deve…"
"Spiacente,
Spike. Ho cambiato idea."
Nella
sua stanza intanto, Drusilla stava ascoltando tutta la conversazione in salotto,
e con delle piccole schegge di legno si stava divertendo a infilzare la piccola
bambola che aveva portato con sé ogni volta che sentiva il nome di Buffy, o il
suo Spike difenderla. Non lo stavano uccidendo, gli davano qualche piccolo
dolore, come quelli a cui si stava ormai abituando, ma quando alle sue orecchie
arrivò la sua ultima frase, tutta la sua rabbia esplose.
"No,
lei non deve…lei non deve morire? È questo che intendevi amore? Addio Spike.
L'unico posto dove vi rivedrete sarà all'inferno" e detto questo prese la
scheggia più grossa e appuntita, e gliela conficcò con forza nel punto del
cuore.
Gli
altri sentirono un urlo di dolore, e lo videro dissolversi in polvere. Darla
guardò il cumulo di cenere con gli occhi sbarrati. Incredibile che la piccola
Drusilla fosse arrivata a tanto.
"Visto
che succede a chi provoca una donna gelosa?" disse a Buffy. "Io sarei
propensa a lasciarlo vivere…certo, se te ne andassi."
"Mai."
"Allora
morirete entrambi. Sai, Angel, Lindsey mi ha promesso il suo aiuto. I suoi
uomini sono nell'appartamento accanto, basta che mi sentano gridare e
accorrerebbero."
"Ti
assicuro che urlerai molto."
"Vuoi
uccidermi una seconda volta? Non ci riusciresti."
"Ma
potrei sempre farlo io" disse Buffy avanzando.
Angelus
era uscito, diretto dagli uomini che l'avvocato aveva mandato. Buffy e Darla
erano da sole. Finalmente era
arrivata la resa dei conti.
Willow
era seduta in veranda, che guardava il tramonto dalla sua casa. Era una bella
sera d'estate, già si scorgevano Venere e altre stelle. Riguardò il tavolino
basso a poca distanza da lei. C'erano due tazze, e dalla cucina sentiva il
fischio della teiera che annunciava che l'acqua per il tè era pronta. Mancava
solo la sua ospite, che sarebbe dovuta arrivare di lì a poco. Spinse la sua
sedia a rotelle dentro casa, fino in cucina, e allungandosi un po' riuscì a
spegnere il gas e a mettere il recipiente su un vassoio che appoggiò sulle sue
ginocchia. Prese dal tavolo le bustine di tè, e dopo averle appoggiate sul
vassoio fece per tornare fuori. Stava per aprire la porta, quando Buffy la
precedette e lo fece per lei.
Willow
rimase a guardarla per qualche istante. Il tempo non aveva lasciato neanche un
segno su di lei, era uguale a come l'aveva vista l'ultima volta, cinque anni
prima, ma il suo sguardo tradiva le esperienze, le battaglie e il resto di
quegli anni passati con Angelus. E la faceva sembrare molto più vecchia.
"Lascia
che ti aiuti" disse, e prese il vassoio dalle sue ginocchia per portarlo al
tavolo, dov'erano già pronte le tazze.
"Non
ero sicura della tua venuta."
"Neanch'io,
ma alla fine eccomi qui."
"Come
va?"
"Willow,
sono io che lo devo chiedere a te."
"Ho
la schiena spezzata, medicine da prendere e Tara che nonostante quante cose
velenose dica ancora mi sta vicino. Dopo cinque anni me ne sono quasi fatta una
ragione. Ora tocca a te."
"Non
c'è molto da dire. Della famiglia siamo rimasti solo io e Angelus, come di
sicuro già saprai…"
Non
aveva dubbi al riguardo che attraverso quella serpe di Willy avesse sempre
ricevuto sue notizie. Lei e Angelus erano due personaggi di rilievo, e lo erano
diventati ancora di più dopo la notizia della strage del Consiglio degli
Osservatori e la morte dei loro sire in modo più o meno cruenta. Spike era
stato un piacere inatteso da parte di Drusilla, che era poi scomparsa nel nulla,
ma Darla un momento che aspettava da quella notte al Bronze, ed era stato il suo
capolavoro. Angelus aveva eliminato gli uomini di Lindsey e anche l'avvocato,
che i suoi colleghi si erano ritrovati in ufficio il giorno dopo un messaggio
inequivocabile: cercateci e vi uccideremo.
"…ma
ad un certo punto è stato come se non avessimo avuto più niente da dirci.
Abbiamo preso due strade divergenti, e credo non ci incontreremo mai più."
Veramente
c'era molto altro da dire, ma non voleva aprire di nuovo quella voragine dentro
di lei chiamata senso di vuoto. Erano a Mosca, nella Piazza Rossa. Era calato il
silenzio tra di loro da circa tre giorni. Non riuscivano a parlarsi, a parte il
minimo indispensabile. Così lei quella notte aveva affrontato l'argomento. Non
era stato difficile, era una cosa che semplicemente andava fatta e che sentiva
lui non avrebbe voluto affrontare. Non erano mai stati amici, e forse non erano
neanche più innamorati. Lo stare insieme era diventato una sorta di abitudine.
Si erano detti addio sotto la neve, ed entrambi sapevano mentre si allontanavano
che non ci sarebbe stato qualcun altro.
"Mi
dispiace."
"A
me no. Meglio così piuttosto che essere infelici in due."
"Ho
saputo del Consiglio. O meglio, ho saputo di una strage in Inghilterra, anni
addietro. Immagino che sia stata opera tua."
"Non
sbagli."
"Hai
ucciso Giles."
"Non
sopportavo che volesse farmi la morale per quella che sono. Ma dimmi, fatta
eccezione per lui, mi fai una colpa di aver levato di mezzo Quentin e la sua
allegra brigata?"
"Conoscevo
il tuo odio nei loro riguardi, e in parte lo condividevo."
"Attenzione.
Potrebbe sembrare quasi che non ti dispiaccia quello che ho fatto."
"Non
riuscirai a farmi dire che averli ammazzati è stato un bene."
"Perché,
non lo è stato?"
"Ritorneranno.
Più forti di prima. E ti inseguiranno fino a quando non ti avranno
uccisa."
"E
quel giorno combatterò contro una cacciatrice. Sarà interessante. Dov'è
Dawn?"
"È
al college. Ogni tanto ci viene a trovare. Ti somiglia."
Dawn.
Al college. Incredibile come il tempo passasse. Per lei Dawn era la ragazzina
quattordicenne, la Chiave, forse l'unico motivo per cui aveva iniziato a
guardare a Spike con occhi diversi. Non riusciva a immaginarsela al college, né
tantomeno voleva. Era la sorella della cacciatrice, e la cacciatrice era morta.
"Anya?"
"Anya
ha il suo negozio e il fantasma di Xander che le fanno compagnia. La vediamo
poco, ma sappiamo che non si taglierà le vene. "
"Lo
avrebbe già fatto."
"Già.
Buffy, hai anche tu l'impressione che questa conversazione sia surreale?"
Buffy
sorrise "Sì, un tantino. La vampira e la sua amica di quando era una
ragazza mortale."
"Lo
so. Buffy, in questi anni ho visto morire le persone a cui più volevo bene,
altre se ne sono andate, e credo ti sarai accorta che anche le cose qui sono
profondamente cambiate. Ho avuto solo due costanti: Tara, e una domanda per te.
Perché non mi hai ucciso, e hai impedito ad Angelus e a Spike di farlo?"
"Io
non ho fatto proprio niente."
"Non
mentire con me. Ti ho vista. Quando la stanza mia e di Tara e il dormitorio sono
stati incendiati io ero lì dentro. Spike mi aveva appena massacrato di botte e
io ero semi incosciente sul pavimento. Già allora avevo capito che non potevo
più muovere le gambe e lo sapevi anche tu. Mi hai portato di sotto, e poi sei
sparita. Tutti hanno pensato che la discrepanza tra la mia versione e quella dei
miei soccorritori fosse dovuta allo choc. Invece io sapevo. Ma non so il perché."
(Perché?
Perché sei l'unica cosa che si frappone tra me e il baratro. L'ultimo legame,
l'ultimo frammento di una persona che detesto ma che dopotutto ero. Non l'hai
capito o è un modo non troppo sveglio per farmelo dire ad alta voce?)
"Istinto,
spirito di contraddizione, chiamalo come ti pare."
"D'accordo…Che
farai ora?"
"Potrei
cercare mio padre e la mia matrigna. O Parker. O qualche Osservatore ancora in
giro per il mondo."
"Non
smetterai mai di cercare vendetta?"
Ancora
quello sguardo, a metà tra il rimprovero e l'essere addolorato.
"Willow,
sono una demone. Non l'ho chiesto io di morire, e di diventarlo. Ma ora sono
qui, e se ho l'occasione di farla pagare a tutte le persone che mi hanno fatto
del male non la getterò al vento. Non sono molto conciliante."
"Non
lo sei mai stata."
"Tu
che farai?"
"Volevo
diventare biologa, ma anche se i mezzi a disposizione per i disabili hanno fatto
passi da gigante rimangono limitati. Così ho tolto la tastiera dal chiodo dove
l'avevo appesa, lavoro a casa per una ditta di software e aspetto di
morire."
"Perché
parli così?"
"Spike
non mi ha ucciso in senso classico, ma ci sono molti altri modi per uccidere una
persona, e senza toglierle la vita."
Buffy
non sapeva cosa rispondere, a parte il fatto che la sua amica dai capelli rossi
aveva ragione. Esistono molti modi per morire dentro, e lei come Willow lo
sapeva piuttosto bene.
"Beh,
Buffy, tornerai a Los Angeles?"
"Non
credo. Penso che me ne andrò" disse la vampira alzandosi, e facendo per
andarsene.
"E
dove?"
Buffy
si era voltata. Per un istante le era sembrata di nuovo la sua vecchia amica.
"Non
lo so. Dipende da dove soffierà il vento."
Di
lei non aveva saputo più niente, a parte qualche messaggio su Internet e
qualche lettera molto breve. Continuò a averne per tutta la vita, fino a
quando, qualche giorno prima del suo 50° compleanno ricevette una lettera da
Hong Kong. Non era la calligrafia di Buffy, e continuando a leggere si rese
conto che apparteneva ad Angel. Buffy e lui si erano ritrovati, e in quegli anni
da soli con quell'enorme vuoto dentro di loro avevano capito di amarsi ancora.
Ignoravano però di avere così poco tempo a disposizione. La Cacciatrice, su
ordine del nuovo Consiglio che si era formato, aveva passato gli anni successivi
al suo addestramento a dare loro la caccia. L'avevano affrontata insieme. Lui
era scampato alla sua furia, ma Buffy non era stata tanto fortunata, ed era
morta dopo un combattimento all'ultimo sangue e senza esclusione di colpi. Un
combattimento che Angel sapeva lei stava aspettando da tutta una vita. E la
notte seguente il vampiro aveva tagliato la gola alla cacciatrice che aveva
osato portargliela via. Nascosta in un libro aveva trovato quella che sembrava
una sorta di lettera d'addio, scritta quando si erano rivisti, in cui gli
chiedeva, se lei fosse morta, di scrivere alla sua amica raccontandole quanto
era successo e di farle avere una cosa. Willow capovolse la busta, e in mano le
arrivò una collanina con una perla. Gliel'aveva regalata per il suo onomastico,
quando si erano conosciute. Era stata l'unica ad aver indovinato il suo nome per
intero, Elisabeth, e non l'aveva mai detto a nessuno perché sapeva quanto
odiava essere chiamata a quel modo.
E
così era finita, pensò stringendo il gioiello tra le mani. Aveva pensato che
sapere della sua morte l'avrebbe rattristata, almeno un po', invece era…non lo
sapeva neanche lei. Felice era l'unico termine che le veniva in mente. Lo
spirito inquieto della sua amica non era stato sereno in vita e non molto
neanche nella sua non-vita, tanto era presa da quel gioco di morte e vendette
che aveva cominciato. Forse aveva trovato quel che cercava quando aveva
oltrepassato quella specie di punto di non ritorno: un equilibrio che le era
mancato.
Ma
soprattutto un'altra cosa.
Pace.