"Beh,
dovrò farlo" disse lanciando un'occhiata alla poltrona vicino a lei, e
prendendo in mano una giacca di pelle "il mio misterioso salvatore si è
dimenticato la giacca a casa mia."
Una
giacca peraltro a lei molto familiare. L'aveva già vista addosso a qualcuno, ma
chi? Guardò dentro alle tasche se c'era qualcosa di riconducibile al
proprietario, ma a parte un pacchetto di sigarette non trovò altro.
Verso
l'una si decise ad uscire di casa, e andò da Luc, chiedendogli se aveva visto
il ragazzo che l'aveva riaccompagnata. No, rispose, durante il giorno non si era
mai fatto vedere. Willow affidò al ragazzo la sua giacca, e poi tornò
all'atelier, un piano sotto l'attico dove dipingeva. Il ritratto era stato
appena abbozzato, ed era ancora nella medesima posizione in cui lei lo aveva
lasciato, prima di scappare via. Aveva corso su per le scale a precipizio dopo
la telefonata, e si era chiusa pesantemente la porta alle spalle. Ci era voluta
mezz'ora perché le pulsazioni tornassero normali, e lei riuscisse a pensare
coerentemente.
Camminò
lentamente fino al cavalletto, si sedette allo sgabello, e riguardò il lavoro
della sera precedente. Fece un sospiro, e riprese in mano pennello e tavolozza.
Aveva mentito, ricordava molto bene Drusilla, il suo viso. Se fosse stata una
sua compagna di scuola, lei e Buffy avrebbero avuto tutti i ragazzi della scuola
ai loro piedi, alla faccia di Cordelia.
I
suoi occhi soprattutto. Non potevi fare a meno di fissarli, e non riuscivi ad
abbassare lo sguardo una volta incrociati…Persa nei suoi pensieri, dipinse per
tre ore filate, e il risultato la sorprese. Non era mai riuscita a fare dei
tratti tanto somiglianti. Spike ne sarebbe stato contento.
Lo
sguardo poi le cadde sulla maniglia di quella porta sempre chiusa. L'unica
ancora al suo passato. Messi giù la tavolozza e il pennello, tirò fuori dalla
borsa la chiave e la infilò nella serratura.
Spike
arrivò al tramonto come al solito. Era ancora scosso per il suo comportamento
della sera prima, e non aveva idea di come Willow avrebbe reagito vedendolo.
Fece qualche passo dentro il locale, ma non vide nessuno. Poi si accorse della
porta socchiusa, e la aprì senza far rumore. Era un altro locale, più piccolo
di quello dove dipingeva, ma pieno di oggetti. Ai muri c'erano tre quadri, e al
centro della stanza Willow, che li fissava immobile. Uno rappresentava Buffy e
Angel, un altro era una sorta di rifacimento di quella vecchia foto sbiadita che
aveva visto, nell'altro ancora erano tutti in biblioteca, come lei li aveva
visti per l'ultima volta, prima che il Sindaco distruggesse tutto.
"Willow…"
"Sai"
disse lei senza neanche voltarsi "la mia amica dice che in questi quadri c'è
una grande malinconia, e che se li esponessi in molti si farebbero avanti per
comprarli. Ma come potrebbero capire, loro non c'erano, non li hanno
conosciuti…Li ho dipinti alla luce del giorno, vedi?" continuò,
indicando il quadro di Buffy e Angel "Era una sorta di loro sogno, stare
insieme nonostante tutto. Ora sarà così per sempre. Oz scommetto che sarà il
solito ironico distaccato, mentre Xander e Cordelia continueranno a bisticciare
per l'eternità. Sono insieme, è questa l'unica nota positiva. Ma rispondi a
questo, Spike" sussurrò voltandosi, gli occhi pieni di lacrime "Perché
loro se ne sono andati e io sono ancora qui?"
"Non
lo so, Willow" le rispose lui avvicinandosi. Le aveva messo un braccio
intorno alle spalle, e l'aveva portata fuori da quel posto, e vicino alla
finestra. Per Willow a quel punto fu come avere un déjà vu…no, non era
possibile. E quando mai lei era stata consolata da Spike a quel modo? Solo
allora le tornò in mente la notte scorsa.
"Spike?"
"Uhm?"
"Grazie
per la notte scorsa. Io…"
"Non
mi devi nessuna spiegazione."
"Spike?"
"Sì?"
"Ti
dispiace tenermi stretta per un po'?"
Spike
sorrise alla sua richiesta, sapeva quanto doveva essere imbarazzata per
chiedergli una cosa del genere, ma l'accontentò. Rimasero così per non sapeva
quanto tempo. Lei aveva appoggiato la testa contro la sua spalla, e lui le
carezzava i capelli.
"Sembra
che in questo posto non faccia altro che piovere."
"A
volte ho anch'io questa impressione. Ma ho scoperto di amarla, la pioggia. La
ascolto, e smetto di pensare…è così bello, e…"
Spike
non l'aveva lasciata finire. Aveva deciso che se non l'avesse fatto in quel
momento non ne avrebbe più avuto il coraggio. E L'aveva baciata.
Willow
ne era rimasta quasi pietrificata. Ma solo per un paio di secondi. In un angolo
della sua mente c'era una vocina che le diceva che era sbagliato, ma era come se
urlasse al vento.
Si
risvegliò a casa sua, ma stavolta, pensò sogghignando, sapeva benissimo come
c'era arrivata e con chi. Spike era a letto accanto a lei, e le sorrise.
"Buongiorno."
"Che
ore sono?"
"È
tardi, almeno per me. L'alba è fra due ore."
"Fra
due ore, appunto. Quindi resta ancora un po'."
"Dirò
che quel barlume laggiù non è l'occhio del mattino ma un pallido riflesso
della fronte di Cinzia; e che non è l'allodola quella che, alta sul nostro
capo, batte col suo trillo agli archivolti del cielo. Ho più voglia di restare
che fretta di andarmene. Vieni e sarai la benvenuta, o morte. Giulietta vuole
così."
Ma
i versi di Spike, che all'inizio l'avevano fatta sorridere, appena menzionarono
la morte non mancarono di rattristare Willow, e subito lui si diede dello
stupido per non aver riflettuto prima di parlare.
"Scusa,
non volevo."
"Loro
sono morti per cercare di salvare la città, io invece mi sono fatta mettere
subito fuori combattimento. Devono avermi scambiato per un cadavere, ecco perché
sono ancora viva."
"Nessuno
te lo sta rinfacciando."
"Basto
io, non credi? È così ingiusto…"
"Non
puoi colpevolizzarti per essere ancora viva. I tuoi amici non lo vorrebbero di
certo."
"Come
ci riesci?"
"Riesco
a far cosa?"
"Ad
essere così. Come hai fatto a superare che Dru…"
"Non
lo so" disse stringendola tra le braccia "Un giorno mi sono svegliato
e mi sono accorto che non mi faceva più male ripensare a lei. Succederà anche
a te, vedrai. Da' tempo al tempo."
Il
tempo. Dicono che sia una gran medicina per il dolore e le pene d'amore, ma per
il momento è il mio nemico, colui che mi rinfaccia errori e perdite. Forse un
giorno smetterà, o forse morirò io prima. Questo solo lui può saperlo.
Dopo
che Spike se n'è andato mi sono seduta in poltrona, e ho aspettato l'alba. Non
lo facevo da molto. Poi mi sono vestita e sono andata a terminare il quadro. Una
volta riguardato con attenzione, mi sono resa conto che era praticamente finito.
Se mi fosse stato possibile avrei voluto disfarlo di giorno, per poi
ricominciarlo ogni sera, come una sorta di tela di Penelope. Quando ci avrei
apposto la mia firma, lui l'avrebbe preso e se ne sarebbe andato. Non l'avrei più
rivisto. Dio, se me l'avessero detto…ora capivo quel che aveva provato Buffy
con Angel, o di sicuro lo capivo meglio di prima. E sapevo che se non avessi
fatto qualcosa sarebbe finita alla stessa maniera. Mi ricordavo del modo in cui
proteggeva Dru, quando erano a Sunnydale, e di come per farla guarire fosse
rimasto paralizzato su una sedia a rotelle. No, non l'avrei mai potuto
sopportare. Buffo, davvero. Era dal giorno che mi aveva rapito che avevo
fantasie su di lui, ma da quelle al pensare di realizzarle, oddio, ce ne
correva. Invece era successo. Un sogno, quello di essere amata ancora, si era
appena realizzato. Ora avrei dovuto infrangerlo. E probabilmente avrei infranto
con lui anche il suo cuore e il mio.
Spike
arrivò nel momento in cui Willow stava apponendo la firma sul ritratto.
Camminando come al suo solito per la stanza, si mise alle spalle di Willow e le
cinse la vita con le braccia, dandole un bacio sul collo. Willow sorrise, e con
la mano libera gli carezzava la nuca "Allora, che ne dici?"
"È
lei. Mi sembra di averla proprio davanti agli occhi. Grazie."
"Che
ne farai ora?"
"Non
esiste una tomba, o qualcosa del genere per lei. Ma so dove avrebbe voluto
tornare, nel luogo dove tutto è cominciato. Lo porterò al convento. E poi
tornerò da te."
"No."
"Che
hai detto?"
"Ho
detto no. Non voglio che torni. Spike, chi vogliamo ingannare? Io sono umana e
tu un vampiro. Un ritornello che dovrebbe essere familiare a tutti e due."
"Noi
non siamo Buffy e Angel, Will. Siamo noi, e basta" disse lui mettendosi
davanti a Willow.
"È
la stessa storia che si ripete, non vedi? Non voglio la stessa conclusione.
Preferisco che niente succeda, e soffrire ora, piuttosto che lasciare che
continui, per poi perderti e soffrire per quello che mi resta da vivere."
"Non
ti voglio lasciare."
"Ma
lo farai. Ho fatto quel che volevi, ora non hai più motivi che ti costringono
qui. Vattene."
Vedere
quell'espressione distrutta negli occhi del vampiro fu la cosa più dolorosa che
Willow avesse mai visto. Lo osservò prendere il quadro, dirigersi verso la
porta, oltrepassarla. Ascoltò i suoi passi nel corridoio, e poi giù per le
scale, fino a quando non li sentì più. E fu allora che cominciò a piangere.
<><><><><><><><><><><><>
Non
avrei mai pensato di tornare a Parigi, ma sono famoso per dire una cosa e farne
un'altra. Avevo ormai l'età di Angel quando era morto, ma quella famosa
saggezza di cui lui parlava tanto non aveva osato avvicinarmisi. Ed ero
parecchio contento di questo. Dopo aver fatto quell'ultimo gesto per Dru, avevo
girato per tutta l'Europa, arrivando fino a Mosca, e poi ero arrivato in Asia.
La vita mi piaceva così…ma chi volevo prendere in giro? Due donne mi avevano
fatto girare la testa, e le avevo perse entrambe, in un modo o nell'altro.
Drusilla. Willow. Mi domandavo se Willow fosse morta a Parigi, dove fosse
sepolta. Volevo salutarla un'ultima volta. La pioggia cadeva, come quel giorno
che l'avevo incontrata davanti al Museo d'Orsay, e vagavo per la grande città
senza una meta. Senza sapere come, mi sono trovato davanti al palazzo dove
abitava, e spinto dalla curiosità sono salito fino al penultimo piano, a vedere
che fine avesse fatto il monolocale dove lei dipingeva. La porta era socchiusa,
e filtrava un filo di luce. Ho aperto piano la porta, e mi sono accorto di una
ragazza dai capelli corti e ramati che mi dava le spalle, intenta a preparare
una sorta di collage al muro. Era in piedi su una scaletta, in punta di piedi
per raggiungere un punto molto alto, e ad un certo punto perse l'equilibrio.
"Maledizione!"
disse la ragazza a terra, con tutti i capelli davanti al viso.
Sono
entrato nel locale "Signorina, sta bene?"
La
ragazza si scostò i capelli dal viso, dicendo che stava bene, e quando i nostri
occhi si incontrarono la mia faccia...non so, ma doveva essere buffa perché lei
scoppiò a ridere. Quanto mi era mancata quella risata.
"Willow?"
Willow
sorrise, un sorriso radioso come non glielo avevo mai visto "Ciao
Spike."
Ancora
frastornato, si lasciò condurre da Willow fino a casa sua, che notò essere
rimasta uguale a come ricordava. E anche Willow, ora che guardava. Non aveva un
minimo segno d'invecchiamento.
"Ti
trovo bene."
"Mi
sento bene. Ma non è quello che vuoi chiedermi."
"Infatti.
Che diavolo hai combinato per rimanere così? E soprattutto, perché sei ancora
viva?"
"Che
c'è, ti dispiace?"
"Sì…cioè,
no…insomma, hai capito."
"È
una cosa che ha stupito anche me, quando sono arrivata a sessant'anni ed ero
ancora così. Superare i cento è stata una cosa incredibile. E l'euforia
continua. Avevi ragione sai, ora va meglio. Mi ci sono voluti cinquant'anni, ma
l'ho capita."
"Meglio
tardi che mai, piccola. Ma come è successo?"
"Quando
sono stata messa fuori combattimento, penso. Ora ricordo tutto. Mi sono
risvegliata con un demone coperto di sangue sopra di me, e io avevo una ferita
grave all'addome, e ne avevo perso parecchio di sangue. Indovina un po', non
sono più un semplice essere umano. Sono passata dall'altra parte."
"Sei
una demone?"
"Tecnicamente
sì."
"Che
tipo?"
Willow
si avvicinò al frigorifero, e ne tirò fuori un contenitore trasparente pieno
di un liquido rosso. Sangue. Lo aprì sotto gli occhi stupiti di Spike e ne
bevve una buona parte.
"Tu
che pensi?" disse voltandosi verso di lui.
Spike
scoppiò a ridere "Non ci credo! Tu…un vampiro?"
"Tecnicamente
parlando, sì. Ma non ho mai attaccato nessuno, non credo lo farò mai. Beh, non
sapevo neanche di esserlo, fino a settant'anni fa. Sono cambiata, questo sì,
troppo per essere ancora una mortale ma troppo poco per essere una demone a
tutti gli effetti. L'ho capito per caso, quando mi sono tagliata un polso. Mi
stavo succhiando la ferita con troppa attenzione."
"Dipingi
ancora?"
"Sì.
Mi rilassa, dato che di giorno non mi piace uscire. Mi scotto abbastanza
facilmente, e la luce mi dà un po' fastidio. Lo ha sempre fatto ora che ci
penso."
"Conosci
la Cacciatrice?"
"Una
gran rompiballe. Che voglia di levarmela di torno…Quasi quasi me ne torno a
Praga e ci resto."
"Hai
casa a Praga?"
"Guadagno
discretamente con i miei quadri. Cosa credi, sono famosa."
"E
conosci la città?"
"No…"
rispose Willow aggrottando le sopracciglia. Dove voleva arrivare?
"Perché,
sai la combinazione, io ci ho abitato per degli anni. La conosco come le mie
tasche."
"Ah,
davvero?" disse lei sorridendo.
"Sì,
davvero. E anche a me Parigi inizia a stare stretta…" le rispose
sorridendo a sua volta.
"Signor
William Lancaster " sussurrò lei gettandogli le braccia al collo "non
mi starà forse proponendo di vivere insieme?"
"Perché
Miss Rosemberg, lei accetterebbe?"
"Tu
che dici?"
Di
nuovo insieme. Spike ne era felicissimo, ma perse di vista una cosa molto
importante. Tra neanche un paio di minuti il sole sarebbe sorto, e quando se ne
accorse era tardi.
Spike
si osservò le mani almeno cinquanta volte, mentre Willow prendeva due tazze di
caffè dalla cucina.
"Che
diavolo…?"
"Non
scomodare il diavolo. Ringrazia Wilkins."
"Il
Sindaco di Sunnydale?"
"Ci
sono tornata, a Sunnydale. Ora è solo una città fantasma, ma il sindaco ha
fatto una cosa buona con l'Ascensione. Distruggendo mezza città ha riportato
alla luce un antico tempio. Con un antico anello dentro."
"La
gemma di Amara?"
"Credo
proprio di sì, visto che te l'ho infilata al dito mentre mi stavi baciando, e
tu non sei polvere. Ora siamo pari…o quasi."
"O
quasi. Allora, Praga. Ti va l'idea?"
Willow sorrise enigmatica, ed uscì sul terrazzo a vedere l'alba. Aveva finalmente smesso di piovere, e la pioggia aveva portato via con sé tutto il dolore e il rimorso per il suo passato. Ora finalmente vedeva un futuro davanti a sé, e a giudicare dalla persona con cui l'avrebbe diviso, ci sarebbe stato da divertirsi.
FINE