La pioggia cadeva scrosciante da quasi una settimana. Non avrebbe mai creduto di apprezzare così tanto le passeggiate sotto la pioggia, in completa solitudine. Non avrebbe mai creduto neanche di mettersi a dipingere. E neanche di essere lei l'unica a sopravvivere ai suoi amici.

Era stato tanto tempo prima, e anche se aveva scordato altre cose i giorni dell'Ascensione le si erano impressi a fuoco nella memoria.

Ricordava di essere stata al capezzale di Buffy, in fin di vita per aver cercato di salvare la vita di Angel, e il preciso istante in cui il suo cuore aveva smesso per sempre di battere. Ricordava la battaglia contro il Sindaco, un Angel pazzo di dolore che aveva cercato e trovato la morte nella lotta, e poi Xander, Oz, e gli altri…

Era successo per caso. Era l'unica cosa che poteva dire. Quando la battaglia era iniziata, aveva fatto resistenza fin quando aveva potuto, poi era scaraventata contro un albero e, protetta dai cespugli, era rimasta nascosta e incolume mentre a pochi passi da lei si scatenava l'inferno. Quando finalmente era riuscita ad alzarsi, aveva visto quel che rimaneva della sua bella città. E aveva iniziato a tremare.

 

Prima era scappata sulla costa orientale, poi un bel giorno senza sapere come si era ritrovata all'aeroporto, e aveva preso il primo volo in partenza. Il caso aveva voluto che capitasse a Parigi, due settimane prima. E sempre il caso le aveva fatto incontrare Fleur-de-Lys, la quale insegnava all'Accademia di belle arti.

Aveva talento, e la sua amica guardando i quadri che faceva le aveva detto che sembravano ricordi. Più esattamente il modo in cui tornano alla mente ricordi felici e ormai molto lontani, dai contorni sbiaditi e immersi nella luce. Aveva ragione. Alcuni li aveva venduti, in molti sembravano apprezzare le opere di quella giovane pittrice malinconica, ma tre quadri, quelli che secondo Fleur-de-Lys avrebbero commosso chiunque, no. Mai se ne sarebbe separata.

Si era ritrovata sul ponte davanti al museo d'Orsay, e anche se continuava a piovere chiuse l'ombrello e lasciò che le gocce di pioggia le bagnassero il viso e i capelli. Ad un tratto si accorse che un ombrello blu era aperto sopra la sua testa, e si voltò per vedere a chi appartenesse. Quasi rimase a bocca aperta.

"Salve Willow."

"Spike?"

 

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Rimasero a fissarsi per qualche istante, e poi Spike la prese per mano e la portò nel monolocale dove dipingeva. Non sapeva perché lo aveva fatto. Appena entrati, furono raggiunti dall'odore del legno delle assi del soffitto e da quello dei colori a olio delle tele, negli stracci e sulla tavolozza. Quasi irrespirabile, pensò lei, e così aprì una delle finestre del locale. Pioveva ancora, e una nebbia sottile era scesa a nascondere i contorni delle case, conferendo a quella splendida vista di Parigi un tocco di magia. Willow rimase alla finestra senza osare voltarsi verso di lui. Non riusciva a credere di avere invitato un vampiro, quel vampiro, nel suo piccolo regno privato. Il cuore aveva cominciato a batterle forte, quando aveva percepito la sua presenza a neanche due passi da lei. Aveva sentito la sua mano fredda sfiorarle il braccio, e farla voltare gentilmente verso di lui.

"Sei qui per uccidermi?"

"Non mi ha neanche sfiorato la mente, Willow...almeno per il momento. Vorrei invece che tu facessi una cosa per me. Un quadro."

"Un quadro?"

Spike aveva abbassato gli occhi nel dire quella parola, ma Willow era certa di averci colto una cosa che non avrebbe mai creduto di vedere in quegli occhi. Tristezza. E le venne spontaneo chiedergli che fine avesse fatto Drusilla.

Il vampiro allora si era seduto sul suo sgabello, che stava davanti ad una tela immacolata sul cavalletto, e le aveva raccontato come Drusilla fosse impazzita del tutto dopo la morte del suo sire, e morta. Il dolore che Angel aveva provato nel perdere Buffy era stato così forte che era arrivato fino a lei, e Drusilla non era stata forte abbastanza da sopportarlo. Al ritorno da una passeggiata notturna si era addormentata, e non aveva più riaperto gli occhi.

"È lei? Cioè, vuoi che ritragga Drusilla? E come faccio, l'ho vista solo un paio di volte…"

"La vedrai attraverso me."

 

Willow si era risvegliata la mattina dopo all'atelier, completamente abbandonata sul vecchio divano con le molle rotte che aveva trovato al mercato delle pulci. Fleur-de-Lys ogni volta che lo vedeva stralunava gli occhi, ma che ci poteva fare? Era un ottimo sostituto del letto, quando faceva tardi.

Subito le tornò in mente l'incontro della sera prima con Spike e la sua richiesta, e le venne da sorridere. Dipingere una persona che era felicissima di non aver mai dovuto conoscere attraverso i ricordi di un'altra persona che l'aveva amata alla follia…ma di che si stupiva? Era un'artista e pure una strega. La sua vita era strana, poteva aspettarsi solo cose più strane. La normalità aveva scordato dove stesse di casa.

Spike era arrivato al tramonto, e subito Willow comprese che sarebbe stata dura. Ogni frase che diceva sembrava avesse lo scopo di punzecchiarla più o meno velatamente. Willow lo invitò a sedersi sul divano, e quando lui a momenti finì quasi inghiottito dal mobile si rese conto che forse sarebbe stato divertente avere a che fare con quella rossa.

 

"OK, eccoci qua. Che ne dici di parlarmi un po' di Dru, oltre al suo aspetto? Per esempio…come vi siete conosciuti?" esclamò Willow, seduta sul suo sgabello e praticamente nascosta dalla tela.

"1880, Londra. La mia musa ispiratrice mi aveva fatto gentilmente sapere che mi considerava un essere inferiore, e la cosa aveva lasciato il mio ego, come dire, a pezzi. Drusilla girava per strada con Darla e Angelus, mi vide, e mi offrì su un piatto d'argento una maniera per uscire dalla mediocrità borghese in cui ero imprigionato. Diventò il mio sire, ma mi ignorò per almeno 20 anni. Fino alla Rivolta dei Boxer."

"Quando se non erro uccidesti la tua prima cacciatrice."

"La piccola Chung Li. Ancora mi ricordo l'emozione di ucciderla."

"Immagino. Anche la prima volta che ho fatto secchi due vampiri senza finire a terra subito dopo mi si è stampata in mente."

"E mi ricordo ancora il dopo. Che notte, quella…io e Drusilla, finalmente insieme…hai presente…?"

"Risparmiami i particolari, OK? Ci sono passata con Oz, e so come succede."

"Non credo…" e dicendo questo le si era avvicinato e sussurrato all'orecchio tutti i dettagli di quella serata, tenendo una mano sulla sua spalla per non farla scappare.

Quando tornò a sedersi ridacchiando, la faccia di Willow era color porpora.

"Oh santo cielo!"

"Eh sì…ma sta tranquilla, non ti farò più partecipe degli altri nostri momenti di vita di coppia…"

"Me lo auguro, altrimenti ti do fuoco. Ho tanti solventi qui, sai? E poi non so se l'hai dimenticato, ma sono io quella che ha il coltello…anzi il pennello dalla parte del manico, quindi non contrariarmi."

"Vale anche per te, Rosemberg, se non vuoi che quella tela sia l'ultimo lavoro su cui metterai la firma."

Willow sbuffò, e con delle veloci pennellate di rosso, giallo, e marrone iniziò a tracciare lo sfondo del ritratto. Mentre Willow lavorava, Spike si era alzato e aveva cominciato a girare per la stanza, arrivando fino ad una porta chiusa a chiave.

"E questa cos'è?"

"Mi sbaglierò, ma penso sia una porta chiusa a chiave."

"Cosa nascondi? I cadaveri dei tuoi amanti?"

"Proprio così. E tu non hai nessuna chance di entrarci, né da vivo né da cadavere."

Continuando a girare, Spike si era sistemato alle spalle di Willow e la osservava lavorare. La cosa però stava innervosendo la donna, che si voltò arrabbiata nera e gli intimò senza mezzi termini di tornare a sedersi al suo posto, e di continuare a descriverle la sua fidanzata. La cosa funzionò per un po', ma Spike, spirito irrequieto di natura, non riuscì a evitare di fare commenti su quello che aveva visto. Willow sbuffava, e gli augurava un paletto della nuova slayer nel cuore al più presto, ma continuava a dipingere. Da dietro la tela riusciva a sentire i suoi passi, e sollevare e commentare delle tele che Fleur-de-Lys voleva esporre all'accademia.

"Sanno per lo meno qual è il soggetto dei tuoi quadri?"

"Come faccio a saperlo."

"Perché questo, sbaglierò, ma mi pare sia il viso di Buffy. Quasi nascosto dal colore, ma mi pare proprio lei…"

"Adesso basta!"

Willow era balzata in piedi furiosa, gli occhi che mandavano lampi, ed era corsa a strappare di mano la tela al vampiro. Poteva sopportare tutto, ma non che qualcuno frugasse nella sua vita e la facesse a pezzi. Non un'altra volta.

"Non permetterti mai più di criticare quello che faccio, chiaro? Sei tu che sei venuto da me, quindi si gioca alle mie regole!"

"Chi l'avrebbe mai detto. La piccola Willow…che parla a questo modo…Meglio ricordarle il suo posto."

Spike la spinse con forza contro il muro, quasi stritolandole le braccia, e mutando faccia. Willow inorridì al pensiero che Spike mettesse in pratica sul serio le sue minacce, e quando sentì le sue zanne sfiorarle il collo ne fu matematicamente certa. Chiuse gli occhi, pronta a sentire il morso da un momento all'altro, e invece Spike si limitò ad andarsene lasciandola paralizzata dalla paura.

Willow aveva il cuore che batteva a mille, e ancora sorpresa e terrorizzata per quel gesto si lasciò scivolare a terra. Le ginocchia le tremavano,  non sarebbe riuscita a fare un solo movimento senza crollare a terra. Una volta resasi conto di essere ancora viva, iniziò a tremare, e una lacrima iniziò a scorrerle sulla guancia. Sollievo misto a dispiacere.

Il trillo del suo cellulare la fece sobbalzare. Era la sua amica pittrice, che le domandava che fine aveva fatto, visto che avevano un appuntamento per cena.

"Niente. Un committente mi ha chiesto di…"

"Un committente? Tu? Ma se hai sempre rifiutato di dipingere un soggetto diverso dai tuoi soliti…Forza, almeno dimmi se è carino."

"Fleur-de-Lys!"

"È almeno quello che io definisco Un digne exemplaire de la race masculine?"

"Va te faire voir."

"Aprés toi, ma chérie. Me lo farai conoscere?"

"Lys, sei la mia migliore amica. Pregherò che tu non lo incontri mai."

"Muoviti, ti aspetto per cenare. Al bistro da Jean-Claude, nella sala sopra le scale. Così gli portiamo anche i quadri che gli abbiamo promesso."

"Cosa non faresti per far colpo su quel povero ragazzo."

"Che per inciso muore dietro a te."

"Ma che a me non interessa. Sempre per inciso."

"Sarà una serata pazza, vedrai, vengono anche Esmeralda e Alejandro."

"Allora prevedo cucina spagnola, vino, e un'indigestione da antologia."

 

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E non scherzava. Paella alla valenciana, sangria, vino e birra. Tutto per salutare i due ragazzi andalusi che sarebbero tornati a casa. Willow rideva come una pazza, merito dei bicchieri di sangria che le avevano dato un po' alla testa, e anche di Alejandro che aveva intonato alla chitarra un'allegra canzone popolare andalusa. Fleur-de-Lys e Jean-Claude si erano lanciati nelle danze, mentre Esmeralda cantava e teneva il tempo battendo le mani. Poi Jean-Claude tese le mani a Willow, che però dopo alcune veloci giravolte dovette fermarsi perché la testa le girava.

"Willow, stai bene?"

"La sangria…credo di essermi presa una bella sbronza…"

"Vieni, c'è un angolino dove puoi stare un po' tranquilla e lontano dal casino."

Fleur-de-Lys sostenendola la portò fino ad una saletta buia e vuota, che di solito il loro amico riservava alle coppie che volevano stare per i fatti loro, e l'aiutò a stendersi su uno dei divanetti.

"Va un po' meglio?"

"Chiedimelo fra un'ora."

"Devo tornare di là, ti mando qualcuno."

"No, non importa…"

"Insisto. L'aiuto del barista può benissimo stare qui con te, oggi è serata fiacca."

Willow pigolò un debole rifiuto, ma tanto era già andata giù a chiamare il ragazzo.

 

“Luc, dov’è il ragazzo inglese che hai assunto da poco?”

“È in magazzino a prendere una cassa di birra. Perché?”

“Digli di venire. Willow non sta molto bene, ed è meglio che qualcuno stia con lei. Dobbiamo accompagnare Alejandro e Esmeralda all’aeroporto, e Willow quasi non sta seduta, figurarsi alzarsi e venire via.”

“D’accordo, la coccoliamo un po’ noi. Fa gli auguri di buon viaggio ai due anche da parte nostra.”

“Tranquillo.”

 

"Spike!" urlò Luc dal retrobottega.

Il vampiro mise fuori la testa dal magazzino e domandò cosa volesse.

"Un'amica mia e di Jean-Claude non sta molto bene."

"E io che centro?"

"Non posso lasciare il bancone, e Jean-Claude e Fleur-de-Lys accompagnano quei due ragazzi spagnoli all'aeroporto."

"Ripeto la domanda, forse sei duro d'orecchi vecchio mio. Io cosa centro?"

"Vai a vedere come sta, se ce la fa a tornare a casa. Andiamo, che ti costa?"

Spike sbuffò, ma alla fine tornò dentro al locale con Luc e salì le scale fino alla sala dove stava quella ragazza. Dalla porta socchiusa della saletta si sentivano dei lamenti, e gli venne spontaneo prenderla un po' in giro.

"Siamo ancora vivi là dentro?" disse entrando. Il sorriso gli morì sulle labbra quando vide Willow, distesa sul divano e con un braccio di traverso a coprire gli occhi. Nel sentire i passi aveva fatto per muoversi, ma l'emicrania che le era venuta le aveva fatto subito cambiare idea. Spike si era avvicinato piano, con il timore che potesse riconoscerlo dalla voce, ma Willow aveva ben altro a cui pensare al momento.

"Bella sbronza. Una delle migliori da quando lavoro qui."

"Davvero? Quanto sono brava, allora. Maledetta sangria…buona, ma dopo ti butta giù peggio di un treno in corsa."

"Prima volta?"

"No, ma pare non abbia ancora imparato la lezione."

"Vuoi tornare a casa?"

"Non voglio darti rogne. Aspetterò Fleur-de-Lys, la mia amica."

"La moretta che fa il filo a Jean-Claude? Fidati, Willow, meglio che ti porti a casa io."

Willow a quel punto si era rizzata a sedere, tenendosi la testa subito dopo per il dolore "E tu come sai il mio nome? Oh no…Luc, sei tu? Sono tanto stordita…"

"No, non sono Luc. Sono un amico di Luc, non mi hai mai visto né sentito. È lui che mi ha detto il tuo nome" mentì Spike. Sperò di esserle sembrato naturale, e quando la vide annuire tirò un sospiro di sollievo.

"Ah, Luc…OK, mi hai convinto. Ma ti avverto che la luce mi dà fastidio, mi dovrai portar giù alla cieca" sussurrò alzandosi. Dopo un passo traballante cadde dritta tra le braccia del vampiro.

"Scusa…"

"Ma cosa c'era dentro quel vino per stenderti così?"

 

Dopo essere riuscito a portarla di sotto, la prese in braccio e la mise in macchina.

"OK. Willow, dove abiti?"

Ma Willow si era addormentata sul sedile accanto a lui. In mano stringeva la borsa, e riuscendo a prenderla cercò la carta d'identità alla ricerca del suo indirizzo. In mano, insieme al documento, gli capitò anche una foto con Jean-Claude e Fleur-de-Lys, nel cortile della reggia di Versailles. Si accorse che era infilata in una sorta di custodia di plastica, e che c'era qualcos'altro dietro. Una foto sua, con Xander e Buffy, tutta rovinata. La fissò per qualche istante, poi rimise tutto a posto, e riguardato l'indirizzo avviò il motore e cominciò a guidare.

"22, rue de Grenelle. Ad un tiro di schioppo dal cuore di Parigi. Mademoiselle, apri gli occhi, sei a casa."

Niente da fare. Willow non rispondeva. Aveva cercato di tenerla sveglia parlando per tutto il tragitto, ma cominciava ad avere il presentimento di aver parlato da solo.

"Cosa mi tocca fare…" disse lui prendendola tra le braccia. La porta del palazzo era aperta, e dalla buca delle lettere aveva visto che l'appartamento di Willow era il 30 F. Pregava che non fosse all'ultimo piano, ma quando vide che la lettera che contrassegnava il primo piano era la A le sue speranze finirono male. E l'ascensore era pure rotto.

Dopo quell'interminabile ascensione su per le scale, finalmente si trovò davanti l'appartamento di Willow. Aprì la porta, e si stupì di quanto era grande quell'attico. Cercò di non far scricchiolare troppo le vecchie assi di legno del pavimento, e si diresse verso il letto.

"Eccoci qua. Non farmelo rifare mai più, capito principessa?" disse adagiandola sul letto, e appoggiandole una coperta sulle gambe. Al pensiero di rifare subito quella scarpinata si sentì male, e si sedette un momento in poltrona, guardando meglio la casa: tutta finestre e legno, un tavolo da disegno, una cucina, due poltrone, scaffali pieni di libri. Sì, da quel che sapeva di Willow la sua casa non poteva essere che così. Ogni cosa in più sarebbe stata superflua, nonché un pugno in un occhio…Un rumore distrasse Spike dai suoi pensieri. Un singhiozzo. Si voltò all'istante verso Willow, e corse a vedere cosa fosse successo. Si stava rigirando nel letto, di sicuro in preda a un incubo molto brutto e che sembrava reale, a giudicare dalla reazione. Spike si sedette sul letto, cercando di svegliarla. Non gli importava se l'avesse riconosciuto. Voleva solo farla smettere di piangere.

"Willow, svegliati. È solo un incubo…"diceva mentre la scuoteva gentilmente per un braccio.

Willow aprì gli occhi, si levò a sedere. Spike le asciugò le lacrime, e lei rimase a fissarlo come a domandarsi che diavolo ci facesse lui seduto accanto a lei. Ma non le importava. Era stata da sola tanto, troppo tempo. E lui non le avrebbe fatto domande, e non si sarebbe aspettato spiegazioni.

Le scostò una ciocca bagnata di lacrime dal viso, e poi la prese tra le braccia. Willow appoggiò la testa sulla sua spalla, e finalmente diede sfogo al dolore che si portava dentro. Strano. C'erano Luc, Jean-Claude, Esmeralda, Fleur-de-Lys, Alejandro…tutti suoi amici. Tutti pronti ad aiutarla, anche se la conoscevano da due settimane scarse. Ma a nessuno aveva mai accennato, neanche vagamente, quello che era successo nella sua città. A nessuno aveva mai parlato di Buffy, Angel, Xander e Giles, di quello che era successo loro. Eppure stava piangendo tra le braccia di Spike, praticamente un perfetto sconosciuto. E un demone. Perché le era così facile con lui?

Spike la cullò tra le braccia fino a quando non smise di piangere e si riaddormentò. Ma continuò a tenerla vicino a sé, ascoltando il suo respiro, sentendo il suo cuore battere. C'era stato un tempo in cui anche il suo cuore batteva, pulsava di vita, d'amore e speranze. Come possono cambiare le cose, nell'arco di una sola notte. Assurdo. L'unico motivo che l'aveva spinto a cercarla era stato un quadro firmato che raffigurava Sunnydale, nella casa di una sua vittima. Voleva che la stessa mano dipingesse il volto della donna che aveva amato con tutto sé stesso. Invece stava nella sua casa, e la guardava dormire, finalmente serena, appoggiata al suo petto. E non sapeva darsi una ragione. Quella era stata una sua nemica, un'alleata della Cacciatrice più dura a morire che avesse mai incontrato. Perché si stava comportando a quel modo? Che cosa continuava a sfuggirgli?

 

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Willow si stiracchiò nel suo letto, dopo la bella dormita che si era fatta. Si guardò intorno. Era a casa, ma non ricordava come c'era arrivata e con chi. La testa le faceva così male…ah, la sangria. Ora ricordava la sbronza che si era presa. Riappoggiò la testa sul cuscino, e solo allora si accorse che sopra il comodino c'era un bicchier d'acqua e un'aspirina. C'era un biglietto: Prenditi l'aspirina e una giornata di riposo, e vedrai che starai meglio.

Non riconosceva la calligrafia, ma doveva essere quella della persona che l'aveva riportata a casa. Chissà chi era. Comunque seguì il consiglio, e poi facendo gesti calmi e misurati si mise a sedere, e si alzò lentamente dal letto. Barcollò tenendosi la testa fino alla cucina, e preparò del caffè piuttosto forte. Poi squillò il telefono, e non ci voleva un genio a capire chi fosse dall'altro capo del filo.

"Tesoro, come stai?"

"Come una che si è presa una sbronza e ora non si regge in piedi, Fleur-de-Lys."

"Come pensavo."

"Chi mi ha riportato a casa?"

"Un amico di Luc, gli dà una mano al banco alla sera. Molto simpatico."

"Lo conosco?"

"No, non credo tu l'abbia mai visto."

(continua)