Non
avrebbe mai immaginato che una soffitta potesse contenere tanti oggetti. Meglio,
non avrebbe mai immaginato che la soffitta di nonna Lexie potesse contenere
tanti oggetti della sua famiglia. Nei bauli c'erano ancora gli abiti della madre
di Alexandra e suoi, che risalivano agli anni Venti, e poi libri, diari, e una
miriade di oggetti più o meno utili. Ma con sempre legato un ricordo.
Al
termine della battaglia contro Glory, dove per un soffio lei e Dawn non erano
morte insieme su quella torre, senza dire niente a nessuno era corsa a casa,
aveva fatto i bagagli, e prendendo la sorellina era corsa da sua nonna, che
viveva nel Wyoming. A 81 anni, ancora si rifiutava di lasciare la sua tenuta e
l'allevamento di cavalli, e Buffy era sicura che quel posto praticamente in
mezzo al niente sarebbe stata la miglior medicina.
Lexie
era stata molto felice di rivedere le sue nipoti, ma vedeva negli occhi di Buffy
una profonda tristezza che in quelli di Dawn non c'era. La interrogò
silenziosamente con lo sguardo almeno una cinquantina di volte da quando erano lì,
ma Buffy o abbassava gli occhi o la fissava in silenzio. Cocciuta d'una nipote,
pensava Alexandra, ma cos'hai? Decise di aspettare. Prima o poi avrebbe parlato.
Era
passata già una settimana, e Dawn si era trovata subito bene. Aiutava la nonna
in tutto, nei lavori in casa o fuori, ovviamente sbuffando perché Buffy era
sempre nella sua stanza o a gironzolare in soffitta, e non lì con lei.
Quella
sera, visto che non scendeva, andò a vedere in soffitta se era lì. Dopo un po'
di tempo, gli occhi di Dawn si abituarono al buio e videro la sorella seduta a
terra in fondo alla soffitta, con la testa poggiata sulle ginocchia. Le disse
che era pronta la cena, e Buffy rispose senza alzare la testa che non aveva
fame.
Dawn
non riusciva a capire cos'avesse. Aveva salvato il mondo, scongiurato
l'Apocalisse, ma l'aveva già fatto altre volte. Perché reagiva così? Cosa
c'era di diverso?
Buffy
rimase sveglia tutta la notte, e quando sua nonna scese le scale - erano le
cinque e mezza - Buffy le aveva già preparato la colazione.
"Santa
pace, ragazza, ma che ti prende ultimamente?"
"Non
avevo sonno."
"Questo
lo sapevo già. Dormi nella stanza accanto alla mia, vai su e giù per la tua
stanza almeno un milione di volte a notte. Non me lo vuoi dire cos'hai?"
Il
silenzio di Buffy fu l'unica risposta che ottenne, e allora Alexandra decise che
era ora che si distraesse un po'.
"Vieni
con me."
L'aveva
portata nella stalla vicino alla casa, dove teneva i cavalli suoi, quelli che
mai avrebbe venduto. Quattro magnifici esemplari che tutti le invidiavano.
"Nonna,
non me li ricordavo così belli…"
"Se
mi veniste a trovare un po' più spesso ve li ricordereste eccome."
"…e
non mi ricordavo di te" disse carezzando il muso di uno stallone nero, che
subito si ritrasse un po' innervosito.
"Non
farci caso. Angelus è scontroso con tutti."
"A-Angelus?
È così che si chiama?"
"Mi
è venuto spontaneo appena l'ho visto. E poi mi conosci, ho sempre avuto il
pallino per certi nomi. Te li ricordi gli altri, vero?"
"Sì.
Caesar, Aldebaran, e Sirio, giusto?"
"Perché
non esci un po' a cavallo? Così allontani i brutti pensieri."
"Non
so se mi ricordo come si fa. È passato molto dall'ultima volta."
"Sciocchezze,
è come andare in bicicletta, non si scorda mai. Allora, con chi vuoi
provare?"
Buffy
ridacchiò. La scelta era obbligata. "Angelus."
"Stai
attenta. È nuovo, ed una cosa che ho notato subito è che è ancora un po'
ombroso e imprevedibile. Ma corre come il vento."
Una
volta da sola, Buffy cominciò a sellarlo, e infilando il piede nella staffa non
poté fare a meno di sorridere.
"Forza,
Angelus. Vediamo se sei ombroso e imprevedibile più del mio primo ex."
Sua
nonna aveva ragione. Angelus correva proprio come il vento e a parte qualche
bizza con lei si comportò benissimo. La terra che sua nonna possedeva
comprendeva anche una piccola radura, che Buffy non ricordava di aver mai visto
da piccola. E non ricordava neanche che sua madre e sua nonna le avessero mai
detto di una lapide che si trovava lì.
Scese
da cavallo, e si avvicinò alla tomba. Il nome era nascosto dall'edera, e Buffy,
inginocchiandosi e strappando la pianta riuscì a leggere quello che c'era
scritto sotto.
"Mary
Anne Carmichael, 1860 - 1920."
Quel
nome non le diceva niente. Poi voltandosi verso Angelus, si era accorta che
aveva raspato l'erba vicino alla tomba, scoprendo un angolo di una scatola di
latta. Levando la terra con le mani, Buffy tirò fuori la scatola. All'interno
c'era quello che doveva essere un mazzo di fiori, e qualcosa avvolto da un
panno. Uno specchio d'argento massiccio.
Decise
di prenderlo, e di tornare a casa a chiedere a nonna Lexie chi fosse Mary Anne.
Appena
sentì quel nome, Alexandra sussultò, per poi sbiancare del tutto quando vide
lo specchio. Subito chiese alla nipote di riportarlo dove l'aveva trovato, senza
dare spiegazioni a Buffy, e poi uscì a dare una mano nell'orto a Dawn.
Buffy
però aveva tutte le intenzioni di scoprire chi fosse quella donna, e quello
specchio poteva essere un indizio. Innanzitutto lo nascose in camera sua e disse
di averlo riportato al suo posto, poi aspettò paziente la mattina dopo, quando
salutò la nonna e Dawn che per cinque giorni sarebbero state alla fiera di un
paese vicino.
Appena
furono lontane, Buffy corse a prendere lo specchio e passò un'ora a pulirlo,
tanto era pieno di intarsi. Alla fine si accorse di una frase incisa sul retro:
Niente mi ha reso degno di avere te come amica.
Molto
dolce, pensò Buffy, ma non abbastanza per capire una persona. Allora si alzò e
andò in soffitta. Mary Anne di sicuro aveva lasciato qualche traccia del suo
passaggio, e lei voleva trovarle, ma era come girare a vuoto. Non sapeva niente
di lei. Aprendo un baule, si accorse che era pieno di libri. Un paio li
riconobbe, erano anche nella biblioteca di Giles, e parlavano di vampiri. Questo
incuriosì Buffy, che continuò a guardare tra gli altri testi fino a quando non
si trovò in mano un diario. Leggendo a chi apparteneva non poté fare a meno di
sorridere. Erano le memorie di Mary Anne.
«Il
mio nome è Mary Anne, e un tempo vivevo in un paese del Galles. La mia famiglia
aveva avuto una discreta fortuna con la terra, e godevamo del rispetto e della
benevolenza di tutti. Ma le cose belle, si sa, sono destinate a finire.
L'influenza un inverno si portò via i miei genitori, e quel poco che era
rimasto dopo aver pagato il medico se ne andò per pagare i debiti. Nel giro di
un mese persi la casa dov'ero cresciuta per vent'anni, e me ne andai diretta a
Londra cercando di trovare un modo dignitoso per vivere, cosa rara per una donna
sola. Per un po' riuscii a vivere facendo l'istitutrice, e lavorando in una
filanda, ma la mia sfortuna mi fece perdere quei lavori, e non potendo pagare
l'affitto persi anche il mio alloggio. Ero in mezzo ad una strada,
letteralmente. Avevo chiesto in giro se qualcuno cercava una cameriera, ma
nessuno sembrava averne bisogno. Fino a quando, tre giorni dopo, qualcuno ascoltò
le mie preghiere. Seguendo le indicazioni di una ex collega della filanda, mi
ritrovai davanti ad una casa signorile abitata da tre persone. Mi venne ad
aprire il padrone di casa, e anche se fu gentile con me non riuscii a fare a
meno di essere intimorita da lui anche se allora non ne avevo alcun motivo.
Disse che potevo cominciare anche subito, e mi presentò gli altri abitanti
della casa, due donne. Mi disse che erano due sue lontane cugine, ma non ci
avevo messo molto a capire che non era vero. Il padrone, che si chiamava
Angelus, guardava la bionda, Darla, in una maniera che faceva supporre che i due
fossero amanti e non parenti. L'altra, Drusilla, sembrava molto giovane e non
molto in sé… »
Angelus?
Darla e Drusilla? Buffy non riusciva a credere a quanto aveva appena letto.
Possibile che Mary Anne li avesse conosciuti?
«Drusilla
si lamentava sempre di essere sola, di non avere nessuno per lei, e faceva
andare in bestia Darla chiamandola nonna. Ogni volta che succedeva dovevo
scappare via, perché scoppiavo a ridere e di solito ci voleva un po' prima che
mi calmassi. Il resto del tempo non usciva molto dalla sua stanza, restava in
compagnia delle sue bambole di porcellana con cui discorreva a lungo. Avevo
ricevuto ordini molto precisi al riguardo. Io dovevo servire il padrone e Darla,
Drusilla invece sarebbe stato un loro problema. Così mi limitavo a tenerla
d'occhio quando erano fuori. Quando voleva però un discorso di senso computo
riusciva a farlo…con me intendo. Un giorno mi lasciò a bocca aperta, perché
mi disse che ben presto avrei riavuto qualcosa di molto lucente che un tempo mi
apparteneva. Sulle prime non compresi. Ma ci sarei arrivata in seguito, con
l'arrivo di un nuovo membro della famiglia. Il suo nome era William, e a quanto
vedevo era innamorato perso di Drusilla. Angelus lo aveva in casa da neanche due
ore, e già lo sentivo borbottare di volerlo sbattere fuori. Anche a Darla non
piaceva molto. Non osavo rivolgergli la parola, anche perché di sicuro sapeva
che Angelus mi aveva detto di tenerlo d'occhio, e poi nella mia posizione era
sconveniente. Con il suo arrivo in casa arrivò quel pizzico di vita che era
sempre mancato. Che razza di spirito libero e anticonformista, non ricordo di
aver mai conosciuto nessun altro dopo di lui che gli assomigliasse. Le litigate
con Angelus erano veramente episodi leggendari, e di solito io assistevo con
Drusilla in cima alle scale. Con Angelus era una carogna, ma bastava che
comparisse Drusilla perché diventasse il più mite degli uomini. Per quanto non
volessi ammetterlo mi piaceva molto come persona. Una sera, da quella pazza
incosciente che ero, uscii di casa dopo il tramonto. Mi ero dimenticata di
ritirare un pacco, o qualcosa del genere per Darla, e di sicuro se se ne fosse
ricordata durante la serata io avrei passato un bruttissimo quarto d'ora prima
con lei e poi con Angelus. Non mi piacevano le strade di Londra di notte, erano
pericolose, lo dicevano tutti, perciò feci più in fretta che potevo. Ma tre
uomini mi si avvicinarono. Puzzavano d'alcool, e questo non voleva dire niente
di buono. Mi avevano circondata impedendomi di scappare, ed ero con le spalle
contro un muro, quando vidi William prenderne uno e tirargli un pugno tanto
forte da mandarlo a terra svenuto. Gli altri scapparono via di corsa, e lui mi
riaccompagnò a casa. Tremavo come una foglia e anche se all'epoca ero astemia
ricordo di aver bevuto tutto d'un fiato il whisky che mi porgeva. Avevo notato
che era quello che di solito prendeva il padrone, se se ne fosse accorto avrebbe
passato dei brutti guai. Angelus tendeva a imbestialirsi se William toccava
qualsiasi cosa sua: oggetti, donne…Ma al momento l'unica cosa che gli
interessava era sapere se stavo bene. Ecco, il ghiaccio era rotto, e da quel
momento in poi io e Spike (perché era così che lo chiamavano tra di loro) ci
trovavamo di nascosto a parlare ogni tanto. Niente di serio, solo chiacchiere. E
dato che neanche a me Darla e Angelus piacevano un granché, spesso finivamo col
ridere come due stupidi di loro. Magari proprio mentre pelavo le cipolle. E una
volta, al termine di una delle sue frecciate su Darla, presi il coraggio a due
mani e gli feci una domanda. Levami una curiosità Spike, dissi, perché tu e il
resto degli abitanti di questa casa vivete sempre al buio e uscite di notte?»
«Ricordo
come mi ha guardato, il modo calmo con cui mi disse facendomi sedere: "Beh,
vedi Mary Anne, noi siamo vampiri". È possibile svenire da seduti? Io dico
di sì, perché mi ritrovai nel mio letto senza sapere come. Vampiri. E chi
diavolo se lo sarebbe mai aspettato. A quel punto l'unica cosa che volevo fare
era andarmene via, avevo paura. Spike invece non passava giorno che mi dicesse
che lì non correvo pericoli, che Angelus non sarebbe stato così stupido. E
invece un bel giorno mi accorsi che mi squadrava con eccessiva attenzione.
Sentivo il suo sguardo su di me, e suggestione o no, sentivo che mi puntava il
collo. Lo aveva notato anche Spike, che mi disse ancora di non preoccuparmi. Il
giorno dopo mi fece sapere che una dama di nome Cecily Birmingham aveva bisogno
di una nuova domestica. Feci i miei bagagli in un minuto esatto, e scappai via
da quella casa. Solo Spike sapeva dov'ero, e piuttosto che dirlo ad Angelus si
sarebbe fatto pestare. Ma si divertì un mondo, quando vide Angelus venire a
cercarmi affamato senza trovarmi. Quattro risate nell'immaginarmi la scena me le
feci anch'io. Si era presentato in casa dalla porta riservata alla servitù il
giorno del mio 23° compleanno con questa storia, e con un regalo che mi lasciò
a bocca aperta. Forse proprio perché mi tornarono in mente le parole di
Drusilla. La sua fidanzata un po' matta aveva proprio visto giusto. Spike mi
aveva riportato lo specchio d'argento di mia madre, che avevo dovuto impegnare
appena arrivata a Londra. Dietro aveva fatto incidere una frase che quasi mi
fece piangere: Niente mi ha reso degno di avere te come amica.»
Anche
Buffy rimase a bocca aperta. Riprese in mano lo specchio, e sfiorò con un dito
l'incisione. Incredibile, davvero incredibile. Doveva essere davvero speciale
per far breccia nel cuore di un orso come Spike.
«Me
lo aveva riportato perché sapeva che stavo per andarmene. Un mio zio in America
era morto lasciandomi una tenuta, e io volevo cogliere la palla al balzo.
Anch'io sapevo che stava per lasciare Londra. Angelus voleva arrivare fino in
Cina, ma ci avrebbe messo molto tempo. Aveva intenzione di passare in rassegna
ogni paese che reputava interessante: Francia, Italia, Spagna, Grecia…Mi
sentivo un po' triste a pensare che forse così finiva un'amicizia che durava da
tre anni. Anch'io mi domandavo, mentre il transatlantico lasciava Bristol e
l'Inghilterra, cosa mi avesse resa degna di un simile amico.»
Una
rapida occhiata fuori dalla finestra fece comprendere a Buffy di aver passato
tutta la giornata a leggere, da alba ad alba. Quando lo realizzò, finalmente
sentì i morsi della fame, e presi diario e specchio andò giù in cucina.
Dopo
aver finalmente placato il suo stomaco con un'abbondante colazione, si mise sul
divano e riprese. Che strano, la carta era rovinata ora, come se qualcuno ci
avesse pianto sopra. E leggendo capì perché.
«Il viaggio fu un incubo, e il mio arrivo nel Wyoming anche peggio. A quanto pare gli stessi amministratori imbecilli che avevano rovinato la mia famiglia una volta, avevano dei loro simili anche oltreoceano. La tenuta stava andando in rovina. Feci quello che era in mio potere, ma poi dovetti ammettere che da sola non ce l'avrei mai fatta. Avevo bisogno di soldi, e impegnai di nuovo l'unico oggetto di valore che avessi, il mio specchio. Separarmene un'altra volta fu doppiamente doloroso, perché in quel negozio lasciavo i ricordi di mia madre e del mio amico Spike. E non avevo bisogno delle premonizioni di Drusilla per capire che non l'avrei rivisto mai più. Rimisi in sesto la casa, comprai degli animali e assunsi un bracciante. Grazie al lavoro dei campi e ad Edward, che mi era diventato indispensabile, rimisi tutto a posto, anche se ci vollero due anni di lavoro senza sosta. Quando finalmente ne ebbi la possibilità, corsi al banco dei pegni e pregavo di essere ancora tanto fortunata da ritrovare lo specchio. Ma era stato venduto da poco. Piansi lacrime amare per tutto il viaggio di ritorno, ma comunque era da un po' che me ne ero fatta una ragione a non avere quell'oggetto con me. Non mi serviva a ricordarli, li avevo dentro di me. Mi sposai con Edward, e cinque anni dopo rimasi da sola con mia figlia Annie. L'unico scopo della mia vita. Ringrazio il cielo di essermi ammalata quando lei ormai era grande. Una notte che lei non c'era, era appena partita per San Francisco, incontrai l'ultima persona che pensavo di rivedere. Angelus, ridotto all'ombra di sé stesso. Quando lo chiamai per nome, gli ci volle almeno qualche minuto per collegare la donna sui cinquanta davanti a lui con la ragazzina spaurita che aveva conosciuto a Londra. Ero desiderosa di sapere cos'era successo, e lui mi accontentò. Mi raccontò della maledizione, della rivolta dei Boxer, delle prodezze di Spike che aveva ucciso una Cacciatrice, e di come grazie alla scoperta di Darla il gruppo si fosse disgregato. E così era ancora ossessionato dalle Cacciatrici. Sarebbe il colmo, gli dissi, se un bel giorno prendesse una cotta per una di loro. Poi gli domandai se me lo fossi sognata o se aveva avuto davvero l'intenzione di uccidermi. Lui abbassò gli occhi, e mi rispose di sì, ma anche che me n'ero andata in tempo. Domandai anche se sapeva che fine avesse fatto Spike, ma non aveva saputo più niente di lui. Lo guardai andar via, senza sapere cosa provare nei suoi riguardi. Mi dispiaceva per lui, ma ero felice che non potesse fare del male a nessuno. Speravo solo che un giorno riuscisse a trovare un equilibrio, altrimenti tutto quel rimorso l'avrebbe spinto al suicidio. È stato allora che per la prima volta ho avuto dolori al cuore, disturbo che ha fatto del mio medico un habitué di questa casa, insieme a Annie, suo marito e la piccola Lexie. Sono felice, in una notte ho tirato le somme di tutta una vita. Il medico mi ha detto stamattina che ormai non c'è più niente da fare, quindi ho preferito sbrigarmi. Non è stato male come pensavo. E ora sono pronta a dire addio.»
Finiva
così, semplicemente. Buffy chiuse il diario e riguardò lo specchio. Non si
spiegava come fosse capitato lì, se la sua trisavola non lo aveva più visto.
Poi le balenò un'idea in testa, e chiamò Willow. La sua amica a momenti si
mise a piangere nel sentire la sua voce, poi passò agli urli e ai rimproveri, e
poi di nuovo alle lacrime. Infine chiese a Buffy dove fosse e cosa poteva fare
per lei.
"Sono
nel Wyoming, nella casa di mia nonna. Will, ho bisogno che tu mi faccia un
favore."
Mancava
qualche giorno al ritorno di sua nonna, e sperava che Willow ci fosse riuscita.
Infatti, la notte seguente, sentì bussare alla sua porta.
"Ammetto
di essere sorpreso da questo invito, Summers, ma dato che Willow è stata
criptica fino all'estremo, che ne dici di darmi una spiegazione almeno tu?"
La
comparsa di Buffy sulla soglia con in mano quello specchio zittì Spike
all'istante.
"Immagino
tu sappia a chi appartiene. Mary Anne è una mia antenata, in questi giorni ho
trovato alcune cose sue e ho letto la sua storia. Ho visto che eravate
amici."
"Già.
Era speciale. Anche quando ha scoperto che ero un demone, non ha mai cambiato
atteggiamento nei miei riguardi. Se avessi avuto una sorella, mi sarebbe
piaciuto che fosse come lei."
"Lo
specchio…l'avevi tu, vero?"
"Ero
appena arrivato, e l'avevo riconosciuto subito. Lo presi con me perché ero
certo di incontrarla di nuovo, non immaginavo che sarei arrivato tardi. Lo diedi
a una bambina che viveva qui, gli dissi di seppellirlo accanto a lei e di non
farlo prendere da nessuno."
"Io
non l'avrei neanche visto. È stato Angelus ad indicarmelo.
Spike
aveva aggrottato le sopracciglia, e Buffy gli aveva spiegato che era il nome di
uno dei cavalli di sua nonna.
"Ok,
ma ora rispondi a questa domanda. Che fai qui?"
"Questo
posto è magico, ma ai miei genitori non è mai piaciuto molto. Io e Dawn lo
adoriamo invece. Dato che è in mezzo al nulla, se vuoi pensare e stare da solo
e il posto ideale. Ci sono andata troppo vicina stavolta."
"A
cosa?"
"A
morire. Troppo vicino. L'ho realizzato solo alla fine della battaglia, e…non
so, ma l'unica cosa che mi è sembrato sensato fare è stata scappare qui. Ero
terrorizzata. Sono ancora terrorizzata."
"Eravamo
tutti spaventati a morte alla fine. Non sei stata l'unica a vedere la morte in
faccia. Buffy, reagisci, o la prossima volta potresti davvero finire male.
Questi dubbi possono farti ammazzare."
"Come
parli facile. Ma le cose non sono così semplici."
"Ne
riparleremo. Ora portami da Mary Anne."
Buffy
aveva acconsentito, e l'aveva portato nella stalla. Quando il vampiro aveva
fatto per avvicinarsi ad Angelus, il cavallo aveva iniziato a scalpitare, più
nervoso del solito.
"Lasciami
indovinare. È felice solo ed esclusivamente quando gli sei vicino."
"Un
bel passo avanti, non ti pare?" disse lei mettendogli la sella in mano, e
portandolo da Caesar. Aveva preso una lanterna, e una volta in sella aveva
guidato Spike fino alla radura dov'era seppellita Mary Anne.
Buffy
era rimasta indietro con i due cavalli, e aveva lasciato che Spike andasse a
salutare la sua amica.
"Ciao,
Mary Anne. Hai visto che alla
fine ce l'ho fatta a tornare?"
"Sai,
Spike" disse Buffy avvicinandosi "Nel
suo diario, Mary Anne scriveva che il colmo per te sarebbe stato
prenderti una sbandata per una Cacciatrice, anziché ucciderla."
"Cara
la mia Mary Anne, evidentemente mi conosceva meglio di me."
"Evidentemente."
"Ti
dispiace se il diario lo tengo io?"
"Te
lo avrei dato comunque. Ti manca troppo."
"E
da cosa si vede?"
Buffy
lo aveva costretto a guardarla negli occhi "Guarda che riesco a vedere
quelle lacrime. Non è buio come pensi. E, a proposito, lo specchio…ti
dispiace se lo tengo io?"
"È
della tua famiglia. Perché dovrebbe dispiacermi?"
"Non
lo so, dimmelo tu."
"Non
mi dispiace affatto. Se lo avesse avuto, scommetto che te lo avrebbe dato Joyce."
"Dici?"
"Ne
sono convinto."
Il
rumore della porta che cigolava e le voci di Alexandra e Dawn svegliarono Buffy
la mattina dopo. A quanto pareva erano tornate con un giorno d'anticipo. Si
mosse nel letto cercando di stiracchiarsi, ma decise di non alzarsi. Stava
troppo bene dov'era, e poi non voleva svegliare Spike. Era troppo bello rimanere
tra le sue braccia e guardarlo dormire. Sì, quella notte se la sarebbe proprio
ricordata. Anche perché si era comportata in una maniera totalmente diversa dal
solito. Erano ancora in quel posto, quando lei d'istinto gli aveva stretto la
mano e lo aveva abbracciato. La cosa a dire il vero aveva sorpreso entrambi, ma
ne avevano un disperato bisogno tutti e due. Le nuvole che oscuravano la luna
erano scomparse, e l'astro insieme alla miriade di stelle illuminavano quasi a
giorno la campagna. Buffy e Spike avevano fatto ritorno a casa, e appena entrati
lui l'aveva presa tra le braccia, e le aveva dato un lungo e dolcissimo bacio.
Buffy sorrise nel ricordarlo, ma quando sentì i passi di Dawn avvicinarsi alla
sua porta si alzò di corsa e uscì dalla stanza chiudendo la porta. Appena in
tempo.
"Ciao
Buffy!"
"Dawn,
allora, com'è andata?"
"Ah,
fantastico, dovevi esserci. Saltimbanchi, fuochi artificiali…la nonna ha
comprato un altro cavallo."
"Ah,
davvero?"
"Buffy,
cos'hai, mi sembri strana…"
"Strana,
no…perché?"
"Mi
sembrava. Dai, scendi, nonna ha subito ripreso possesso della cucina e sta
preparando il caffè."
Appena
Dawn scese le scale lei tornò nella sua camera. Spike si era svegliato, e la
stava aspettando.
"Ma
non dovevano tornare domani?"
"Si
saranno stufate. Le conosco."
"Tutte
strane le donne di questa famiglia…"
"Cos'è,
una lamentela? Ora devo scendere. Ti porto qualcosa?"
"Solo
te."
Buffy
scese le scale con un gran sorriso, ma si accorse che sua nonna e Dawn la
stavano guardando in modo strano. E ridacchiavano.
Non
ci fece caso, quelle due erano sempre a confabulare, e si sedette a fare
colazione.
"Buongiorno,
nonna."
"Buongiorno,
come sei stata?"
"Bene."
"Ti
vanno caffè, uova e pane tostato?"
"Certo."
Buffy
stava per cominciare a mangiare, quando sua nonna la fermò.
"Non
dimentichi qualcosa?"
A
quel punto non ce la fecero più e insieme a Dawn scoppiò a ridere.
"Beh,
che succede?"
"Tocca
a te darmi una spiegazione, signorinella" disse Lexie sollevando la giacca
di pelle di Spike, e facendo diventare Buffy viola.
Buffy
era totalmente senza parole, e così sua nonna continuò.
"Buffy,
va di sopra e dì a quel giovanotto di scendere. Mi sembrerebbe scortese fargli
saltare la colazione."
Lei
non se lo fece ripetere e andò di sopra. Era più rossa di un pomodoro maturo,
a sentire Spike, e divertito da quel che aveva detto la nonna di Buffy scese con
lei perché era curioso di conoscerla.
Quando
Alexandra lo riconobbe impallidì di colpo.
"Oh
bella, non capisco più niente. Tu sei l'amico della nonna."
"Vedo
che ti ricordi di me."
"A
tuo favore ci sono quei capelli. Veramente difficili da dimenticare."
"Un
momento. Spike, era lei?"
Spike
annuì, e anche Alexandra.
"Sei
rimasto uguale."
"Deformazione
professionale."
"E
io e mia madre che pensavamo fosse matta quando parlava di demoni e vampiri.
Insomma, tutte le croci per casa, il parroco che veniva a benedire la casa ogni
anno. Hai capito invece perché lo faceva…"
Appena
il sole tramontò, Dawn, Spike e Buffy uscirono di casa. Era ora di tornare a
Sunnydale. Dawn era corsa avanti a vedere dove il vampiro avesse nascosto la sua
macchina, lasciando così i due liberi di parlare.
"Come
stai?"
"Meglio.
Non proprio al cento per cento, ma non ho intenzioni suicide per il prossimo
futuro."
"I
tuoi amici saranno contenti. Li hai lasciati nel panico quando te ne sei andata.
Pensa che Giles è venuto a sbronzarsi da me."
"Allora
è meglio che torni, per la sanità mentale tua e sua."
"E
riguardo a quanto è successo ieri? Insomma…"
"Lo
so. Io ho un'idea. Aspettiamo e vediamo che succede. Che ne dici?"
"Vi
muovete?" urlava Dawn spazientita dal fondo della strada. Spike e Buffy
alzarono gli occhi al cielo, e cercarono di affrettare il passo.
"Allora?"
"È
un inizio" rispose lui sorridendole.
"Già.
Un nuovo inizio" disse sorridendo a sua volta, e fece scivolare la sua mano
nella sua. Spike la strinse forte, e insieme raggiunsero Dawn che ormai si stava
spazientendo.