PROLOGO
“Willow,
ti prego…sei la migliore, nessuno lo fa come lo sai fare tu. Oz me l’ha
detto non so quante volte. Sei la più brava, ti supplico…”
“Oh,
e va bene, Xander. Ma che Tara e Anya non lo vengano a sapere, di questo
rendez-vous. O finiamo scorticati o peggio. Una strega e un ex demone della
vendetta non sono esattamente una passeggiata di salute se sono insieme e se
sono arrabbiate.”
“Willow,
ho bisogno di te. Non ho mai avuto tanto bisogno di te…”
“E
te ne dovevi accorgere ora?”
“Ho
cercato di resistere, ma è stato inutile.”
“Zuccone.
Dovevi venire subito da me. Levati le scarpe e mettiti a letto. Arrivo
subito.”
Xander
obbedì coscienziosamente, pregando che facesse in fretta. Non ne poteva davvero
più d’aspettare.
“Xander,
fammi capire. Ma l’hai provata l’aspirina?”
“Sì.
Niente.”
“Altri
antidolorifici?”
Chiedimene
uno. L’ho provato e non ha fatto niente.”
“Tanto
di cappello al tuo mal di testa. Refrattario a tutto. Sicuro di non esserti
preso qualcosa?” gli chiese tastandogli la fronte.
“Sano
come un pesce. Ma credo che dopo un pomeriggio nel sovraffollato e unico centro
commerciale nei dintorni con Anya e Buffy a fare shopping…”
“Conosco
l’esperienza. Ecco perché ho sempre i compiti di Biologia in quei giorni.”
“Cosa
intendi fare?”
“Manda
giù questo, intanto” e gli diede un bicchiere con qualcosa dentro. Il ragazzo
quasi si strangolò, e lei si scusò di non averlo avvertito prima.
“È
un po’ amaro…scusa.”
“Un
po’? Willow, la prossima volta che Buffy vuole interrogare qualcuno, invece di
farglielo pestare, dalle questo. Vedrai come canta il poveraccio!”
“Sta’
zitto. Vediamo se te lo faccio passare.”
La
ragazza iniziò a massaggiargli le tempie lentamente, dicendogli di respirare
profondamente e di rilassarsi…per quanto possibile.
“Come
va ora?” domandò dopo dieci minuti.
“Un
pochino meglio. Oz aveva ragione, hai le mani d’oro.”
Willow
sorrise all’amico, e in quel secondo entrò Tara. Rimase a bocca spalancata.
La sua ragazza, seduta sul letto, con le mani sulla faccia dell’uomo di cui
aveva una cotta fin da bambina.
“Tara,
guarda che posso spiegare.”
“Lo
spero. O è lui il tuo compito di Biologia?”
“Ha
solo un mal di testa impossibile. Sapeva che a Oz riuscivo a farlo passare, così…ma
ho davvero Biologia da fare.”
L’espressione
di Tara si addolcì “Ok. Vuoi una mano?”
“Dimmi
solo se ci sono magie di guarigione per il mal di testa. Come ultima
spiaggia.”
“Nel
mio libro, sai quello verde in alto nello scaffale. Ma non farlo.”
“Perché?”
“Non
si è mai sicuri di cosa salta fuori con quella roba. Te lo può far venire a
te, lo può mandare ad una persona che ami come ad una che odi, o può avere
altri effetti collaterali. Te li ricordi i tuoi mal di testa post-incantesimo,
vero? Come ti facevano innervosire?”
“Messaggio
ricevuto, Tara. Tranquilla.”
“E
comunque non avrei voluto farti da cavia” mormorò Xander alzandosi lentamente
in piedi.
“Sei
vivo, Xander?” domandò Tara guardandolo con aria interrogativa.
“Se
arrivo a casa dalla mia fedele aspirina, può darsi. Grazie dell’aiuto, Will,
me l’hai ridimensionato.”
“Prego,
è stato un piacere. Torna se persiste, Ok?”
“Non
mancherò” disse andando a passi lenti e misurati verso la porta.
“Poveraccio”
mormorò Tara appena chiusa la porta.
“Siamo
sempre sicuri che Anya non abbia recuperato i poteri? Pare tanto una vendetta
nel suo stile.”
“Uhm,
no. Ce lo avrebbe detto, o ci sarebbero molti casi umani in giro per il college.
Parker ad esempio.”
“Non
nominarmelo, altrimenti accetto l’incarico e lo sistemo.”
“Lo
odi parecchio.”
“Odio
immutato da quando quella faccia di bronzo ha scaricato Buffy. Gliel’avrei
voluta dare io una lezione.”
“Se
lo avresti fatto, non ci staremmo a preoccupare se Anya possa riavere o meno i
suoi poteri. Me lo fai vedere quell’incantesimo?”
“Certo”
disse Tara, prendendo il libro e aprendolo alla pagina giusta “Eccolo qui:
Ascoltate la mia supplica, che la mia richiesta non sia vana, liberate questo
capo dal male che lo affligge e fatelo sparire per sempre.”
“Non
sembra così pericoloso.”
“E
invece. Ma dirlo non è sufficiente. Bisogna far bere alla vitt…cioè al
malato un intruglio di erbe parecchio amaro. Di solito basta questo per
scoraggiare i più.”
“Che
erbe?” domandò Willow continuando a sfogliare il libro.
“Fammi
pensare…sì, adesso mi ricordo. Una mistura di trentuno erbe, che va presa con
l’acqua.”
Willow
diventò bianca come un cadavere “L’olio composto, vuoi dire?”
“Sì,
quello. Mi sfuggiva il nome.”
“E
quindi se lui l’avesse preso, quelle quattro parole che hai detto avrebbero
fatto effetto, con conseguenze che non possiamo immaginare? O santo cielo.”
“Willow,
sei pallida come un lenzuolo. Che c’è?”
“Io
per farmi passare il mal di testa bevo un po’ di quello e mi massaggio le
tempie, ecco che c’è!”
“Oh
no. Oh no, non dirmi che…”
Willow
annuì, e Tara nascose la testa tra le mani. “Oh. Mio. Dio.”
Incubi.
Meglio, un incubo senza fine. Era quello in cui era intrappolata e da cui non
riusciva a svegliarsi. Aveva tutta la sua vita davanti agli occhi, e tutte le
vicende che l'avevano sconvolta. Voleva svegliarsi, ma non riusciva ad aprire
gli occhi. Stringeva a sé la coperta, continuava a rigirarsi nel letto.
"Basta,
non ne posso più…Mamma, ti prego…non te ne andare, non lasciarmi qui da
sola. Non sono cattiva, non è colpa mia. Non è colpa mia…Attenta! No! Papà…mamma…zio…ma
dove siete? Che vi è successo?…No, mentite sorella Agata, non sono morti. Non
è possibile...Non sono una figlia del Demonio, tu sei un demonio, hai ucciso la
mia famiglia, ma perché? Che ho fatto io? Stammi lontano! Stammi
lontano…lontano…"
Drusilla
spalancò gli occhi all'improvviso. Era come se le mancasse l'aria, cosa strana
visto che i vampiri non respirano. Si levò a sedere, si asciugò gli occhi
pieni di lacrime, e poi fece qualche passo verso la finestra. Il traffico che
scorreva incessante sotto di lei si calmava solo verso le due di notte, per poi
riprendere alle sei. Era quasi impossibile dormire. Drusilla guardò con aria
assente la strada che si vedeva dal suo appartamento, persa in chissà quali
pensieri, poi ritornò vicino al suo letto. Che incubo incredibile aveva avuto.
Aveva rivisto tutta la sua famiglia trucidata da Angelus, e la notte in cui era
diventata una vampira, ma c'era una differenza di fondo. Era impazzita dal
dolore quando era successo. Di solito non faceva sogni del genere, e se li
faceva aveva una crisi di nervi che la riportava alla realtà molto in fretta.
Stavolta aveva assistito con la mente lucida, fino alla fine. E la sua mente era
ancora lucida, come non lo era più da molto tempo.
Era
guarita.
Nella
sua testa non c'era più la confusione che aveva da secoli. Drusilla sorrise
felice, portando una mano alla bocca per impedirsi di scoppiare a ridere. A New
York ti ammazzavano per molto meno.
Sì
chiese come poteva essere successo, ma non le importava. Importava invece sapere
chi doveva ringraziare, dove trovarlo, e fare in modo che questo effetto durasse
in eterno. Le visioni e le successive emicranie le avrebbero fatto rimpiangere
la sua soluzione, ma come diceva suo padre 'quello che non ti uccide ti rende più
forte'.
Riprese
in mano la sua bambola preferita. Era l'unica cosa che avesse portato con lei
dovunque, un regalo che avrebbe voluto fare alla sua sorellina per il decimo
compleanno ma che Annie non aveva mai ricevuto. L'aveva chiamata Miss Edith,
proprio come una zia che non aveva conosciuto che aveva viaggiato in lungo e in
largo per l'Europa, collezionando matrimoni e divorzi. Una donna che amava la
sua famiglia, ma che la sua famiglia non poteva amare perché totalmente diversa
da loro. Esattamente come lo era lei a causa delle visioni.
(Ora
basta sognare. Devo tornare in California. Qualcosa mi dice che a Sunnydale o a
Los Angeles troverò quello che cerco…)
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Era
la mattina dopo l'incantesimo involontario di Willow e Tara. Dopo aver
constatato (con enorme sollievo tra l'altro) di non essere loro due le
disgraziate a cui era andato il mal di testa, decisero di dividersi e di fare un
giro di visite, Xander incluso. Forse la magia non aveva avuto effetto alcuno e
lui era ancora moribondo a letto.
Andarono
da Buffy, Joyce, Dawn, Giles, Spike, Riley, da lontano osservarono pure quelli
che detestavano. Niente. Anya era ancora senza poteri, e Xander stava meglio di
tutti loro messi insieme e non capiva perché Tara fosse venuta a fargli visita
a quell'ora del mattino.
"Credo
di non aver mai collezionato tante figuracce in vita mia!" disse Tara
distendendosi di traverso sul letto.
"Tranquilla,
ti batto" disse Willow gettandosi accanto a lei.
"Io
sono andata da Xander. Era con Anya."
"E
allora? È sempre con Anya…oh, oh, era con Anya in *quel* senso?"
Tara
le lanciò un'occhiata eloquente. "Battimi se ci riesci."
"Non
è difficile. Sono andata da Spike. Non aveva praticamente niente addosso, a
meno che tu non consideri un paio di boxer con Bugs Bunny un capo
d'abbigliamento. Non c'erano specchi a portata di mano, ma penso di essere
diventata più rossa dei miei capelli. Ho capito che non era lui quello che
cercavo da come mi ha mandato al diavolo e da come mi ha scagliato dietro una
bottiglia."
"Complimenti,
il premio per la figura più brutta è tutto tuo."
"Ma
che diavolo è successo? Se Xander
è guarito, e nessuno di noi ha il mal di testa o altri effetti strani, allora
chi?"
"Non
lo so e qualcosa mi dice che non lo vorrei neanche sapere."
"Meglio
non dire a nessuno della cavolata che abbiamo fatto."
"Sono
d'accordo. Insomma, non è successo niente..."
"Vero."
"…non
ancora, almeno."
Erano
circa le due di notte. Ernie era deciso a dare il bicchiere della staffa ai
quattro motociclisti rimasti, e a spedirli a casa. Non aveva voglia di vederli
crollare e vomitare sul suo pavimento. Aveva appena finito di spazzare, che uno
dei quattro, furioso con un suo amico per qualcosa, aveva fatto frantumare un
bicchiere contro il muro. A un paio di centimetri dalla sua testa. Ernie mormorò
qualcosa d'irripetibile, e si chinò a raccogliere i cocci. Fu più o meno
allora che si trovò a fissare un paio di stivali da donna. Con lo sguardo risalì
lentamente tutto il corpo della ragazza, fino ad incontrare il suo sguardo. Che
schianto, pensava. Ma che ci fa una bellezza di questo tipo in una fogna come
questa?
Drusilla
ignorò lo sguardo e i commenti volgari dei quattro, e si sedette al bancone
ordinando una birra.
Senza
darle il tempo di berla, i quattro si avvicinarono. Senza neanche guardarli,
disse loro di lasciarla in pace se non volevano guai.
"Dolcezza,
e se li volessimo?"
"Ti
vogliamo vedere arrabbiata."
"Non
vi piacerei quando sono arrabbiata."
"Questo
è quello che pensi. Ma ci piacerebbe vedere se sei in grado di metterci le tue
belle manine addosso."
"O
se vuoi possiamo saltare i preliminari…"
"Sentite,
non ho voglia di rovinarmi la serata sporcandomi le mani con voi. Lo dirò
un'altra volta, una sola: lasciatemi in pace."
"Altrimenti,
dolcezza?"
Drusilla
a quel punto sorrise tra sé, e si girò mutando faccia davanti al motociclista
che aveva parlato.
"Altrimenti
credo che mi farei un bello spuntino con voi. Antipasto, primo, secondo e
dessert. Anzi" disse alzandosi e andando verso di loro, che stavano
indietreggiando " sapete che vi dico? Mi è venuta fame…"
Quello
che Drusilla e Ernie riuscirono a vedere fu solo una folata di vento che muoveva
le porte del bar, e un rombo di motociclette che si allontanavano.
"Divertente
mandare in bianco gli uomini" commentò asciutta, facendo tornare la sua
faccia umana. Ernie aveva assistito a tutta la scena, e la osservava
pietrificato.
"Stammi
lontano!"
"È
quello che continuo a dire io da almeno due secoli. Stammi a sentire, c'è una
moto qua fuori, e sono pronta a scommettere che non era di uno di quei quattro
imbecilli. E a me serve un mezzo di trasporto, la carretta con cui sono arrivata
qui ha fuso il motore."
"Ma
è la mia…" protestò l'uomo.
"E
ora non lo è più. Le chiavi, prego. O vuoi che faccia a te quello che ho
minacciato di fare a quei quattro? Sai, ho davvero un po' di appetito."
Ernie
gliele lanciò all'istante e Drusilla le afferrò "Grazie, mio signore,
molto generoso."
Lentamente
com'era entrata la vampira uscì, diretta verso la moto. Blu notte, lucida, una
vera bellezza. Spike avrebbe ucciso e rubato pur di averla, pensandoci. Nel suo
folle periodo post - Woodstock l'aveva costretta a viaggiare su un'antenata di
quella bellezza per così tanto che non ricordava neanche l'ultima volta che si
era seduta in una macchina. Però era sempre stata molto attenta a tutto quello
che lui faceva, ed era certa di riuscire a usarla. Los Angeles dopotutto non era
ancora così lontana.
Che
noia…
A
Los Angeles non succedeva niente. Sempre la solita vita: Wolfram & Hart che
voleva Angel cattivo, Angel che puntualmente rovinava i loro piani, Lindsey che
l'angosciava per questo, e lei che avrebbe voluto ammazzarlo pur di non sentirlo
nominare Angel un'altra volta. Neanche fare shopping era più divertente. Non
l'avrebbe mai creduto possibile, ma le mancavano Drusilla e le sue frasi
insensate.
Passeggiava
per il viale sospirando, quando si rese conto di una moto che stava
sopraggiungendo, e anche ad una velocità che le avrebbe fruttato di sicuro una
bella multa…sempre che le auto della polizia riuscissero a starle dietro.
La
donna che guidava la moto girò la testa nascosta dal casco verso di lei, e si
fermò di colpo. Quando si levò il casco, e i capelli neri tornarono a
incorniciarle il volto, Darla riconobbe stupita Drusilla, il suo nuovo sire.
"Drusilla?"
"Ciao,
bella. Come va?"
"Come
va a te, dimmi! Da quando te ne sei andata a New York…momento. Sei un po'
diversa da come ti ricordavo…"
Drusilla
si diede un'occhiata. Vero, non aveva resistito a darsi una rimessa a nuovo. Si
era liberata di quegli assurdi abiti lunghi che aveva indossato solo perché non
era in sé, aveva optato per abiti per abiti più colorati e moderni, e in
ultimo aveva dato un bel taglio ai suoi capelli, che ora le arrivavano corti e
sfilati appena a metà del collo e avevano un accenno di frangia.
"Mi
sono metaforicamente guardata allo specchio e mi sono accorta di essere un po'
fuorimoda."
"Che
altro?"
"Che
altro? Oh, certo. Mi sono svegliata una notte e non ero più pazza. Ora riesco a
fare più di tre frasi sensate di fila, l'avresti mai detto quando mi hai
conosciuta?"
"No.
Ma come t'è successo?"
"Non
lo so. Voglio solo che duri all'infinito. Pertanto, me la daresti una mano ad
indagare su chi ha fatto questo…uhm…errore?"
"Certo!
Finalmente qualcosa da fare a parte andare a letto con Lindsey!"
"Ho
il sospetto che la soluzione è qua o in quel di Sunnydale. Io vado là, e
questo" aggiunse nel darle un foglietto su cui aveva scribacchiato qualcosa
"è il numero del mio cellulare. Fammi un fischio se scopri qualcosa."
"Contaci.
Ehi, Dru, ma da quanto è che ti sei presa una moto?"
"Dalla
notte scorsa. Una favola, vero?"
"Non
il mio genere. Preferisco le auto, sai Lamborghini o giù di lì. Ma per una
matta come te è l'ideale."
"Lo
prenderò come un complimento. Ora vado, la notte vola e voglio arrivare a
Sunnyhell prima dell'alba. Ciao!"
Erano
le tre del mattino quando aprì la porta dell'ex appartamento di Angel, di cui
Darla gli aveva fregato le chiavi ancora molto tempo prima. La sua nuova casa.
Aveva un gran bisogno di una ristrutturazione e di un po' di colore, era troppo
in tema con Angel, e il suo triste e contorto carattere. Ci avrebbe pensato in
seguito. Ora tutto quello che voleva era cambiarsi, farsi un giro per il borgo,
e magari vedere se c'era qualche faccia nuova in giro.
Buffy
era stata bloccata in casa da sua madre, che le aveva ordinato di badare alla
sorella nei due giorni che sarebbe stata fuori, e Riley si era offerto di fare
la ronda al posto suo. Senza i ragazzi, e su questo era stato irremovibile.
Almeno non avrebbe dovuto far finta di essere il soldato perfetto che Xander
credeva, e si sarebbe potuto permettere di prendersi un caffè
"durante".
Niente
di cui preoccuparsi, a parte qualche vampiro da quattro soldi. Grazie alla sua
ragazza, la città era diventata un ambiente ostile ai demoni di un certo
calibro. Stava progettando di tornarsene a casa sua e di vedere il film d'azione
che aveva noleggiato, già pregustando i pop-corn salati, quando il suo caffè
bollente finì per aria, e poi sulla sua maglietta, provocandogli non poco
dolore.
"Dio,
scusami!"
Solo
allora si rese conto che la colpevole, una moretta dai capelli corti e un abito
azzurro cielo, era rimasta davanti a lui con aria addolorata.
"Stai
bene?"
"Sto
bene…lo dico perché sento il dolore."
Drusilla
aveva cercato di ripulirlo dal caffè che gli era schizzato anche sulla faccia,
e continuava a dire quanto le dispiaceva.
"D'accordo,
ho capito. Non morirò, comunque. Ma mi piacerebbe sapere il nome di chi mi è
venuta addosso."
"E
a me quello della mia vittima."
"Io
sono Riley."
"Piacere,
Drusilla."
"Drusilla?
È un nome insolito."
"Non
nella mia famiglia. Sono inglese...ma sono secoli che non metto piede a
casa."
"Problemi
in famiglia?"
"Molti,
e uno in particolare. Sono morti tutti."
"Mi
spiace."
"È
stato molto tempo fa. E tu?"
"Americano
doc dell'Iowa, con regolamentare famiglia numerosa."
"Esattamente
agli antipodi. Buffo incontro."
"Già…"
"Non
ti trattengo. È tardi, e immagino tu abbia altri programmi…forse un film e
popcorn seduto in poltrona a casa tua."
"Anche
per te è tardi. Non vorrei sembrare all'antica, me l'hanno fatto notare in
molti, ma questa città è pericolosa di notte per una ragazza come te."
"Credimi,
ci sono già stata qui, e so come gestire questo paesino. Non è pericoloso come
credi se sai certe cose."
"Credo
tu sappia allora dove ti trovi."
Drusilla
tirò fuori dalla borsa un paletto e ci giocherellò un po' tenendolo in mano,
ma continuandolo a fissarlo negli occhi "Sono una dei tanti. Sbaglio?"
Riley
rimase per qualche istante come affascinato da quegli splendidi occhi, e poi le
rispose di sì, che non sbagliava. Anche quando ritornò a casa, con la ciotola
di pop-corn in mano e il film che stava iniziando, non riusciva a smettere di
ripensare a quella ragazza.
La
mattina dopo Riley passò da Buffy con un paio di cornetti al cioccolato.
L'espressione da ramarro annoiato che aveva quando gli aprì la porta gli fece
capire che oltre a quelli aveva bisogno di una bella tazza di caffè forte.
"Dawn
ti ha fatto disperare?"
"Dawn
ha organizzato a mia insaputa un pigiama party."
"Immagino.
Ti vanno un paio di cornetti?"
"Sei
un angelo" disse facendolo entrare in casa. "Hanno letteralmente
saccheggiato la dispensa, e la casa…Attila con l'armata unna al seguito hanno
fatto meno danni. E mia madre mi ha fatto sapere che torna oggi."
"Ti
daremo una mano a rimettere tutto a posto."
"Ma
che farei senza di te?"
"Non
lo so. Ma farò in modo che tu non lo debba scoprire mai."
Buffy
gli sorrise, addolcita dalle sue parole e dagli zuccheri che il suo metabolismo
super veloce aveva provveduto a mettere in circolo, e presi i suoi libri andò
con lui a lezione.
C'erano
anche Willow e Tara, che confabulavano tra loro, e i due ragazzi le raggiunsero.
"Niente
di nuovo, Will?"
"Io
non so più che cercare..."
"Di
che parlate?" chiese Buffy avvicinandosi.
Tara
iniziò a balbettare, e Willow prese la parola dicendo che erano preoccupate per
Xander, per quel suo mal di testa, e che sospettavano fosse di origine mistica.
"Davvero?"
"Hai
mai visto un mal di testa tanto forte?"
"Francamente
no, ma ora sta meglio di me. Qualsiasi cosa abbia preso o gli abbiate fatto per
il mal di testa la voglio anch'io. Ne avrò bisogno con Dawn in casa."
"Allora
non sei andata a caccia."
"No"
disse prendendo sottobraccio Riley "Ma ho un valido aiuto che si sta
facendo le ossa in fretta. Vado. Storia."
"Non
addormentarti come al solito."
"Promesso"
disse lei baciandolo prima di andarsene.
"Voi
due fate quasi rabbia" disse Willow facendo finta di essere arrabbiata.
"Siamo
felici."
"Incredibilmente
felici. Ma come fate?"
"Un
mago non svela i suoi trucchi. Vado, devo aiutare la nuova professoressa di
psicologia."
"Ciao."
"C-Ciao"
balbettò Tara.
"Dovremo
dirglielo prima o poi" disse Willow, una volta certa di non avere orecchie
indiscrete in ascolto.
"E
ci facciamo sbranare?"
"Insomma,
sono i nostri amici. E non è stata proprio colpa nostra, è stato un
caso."
"Un
caso che ha portato di sicuro una conseguenza. Ma la domanda da un milione di
dollari è: QUALE?"
Drusilla
tornò a casa con le borse dei suoi acquisti giusto in tempo per evitare che la
coperta con cui si schermava dai raggi del sole prendesse fuoco. Che corsa. Ma
l'unica ferramenta di Sunnydale proprio dall'altra parte della città doveva
essere?
Vabbè,
l'importante è che sono qui e che sono viva…e che ho colori e pennelli. Quel
posto sembrava indurre alla meditazione e non le piaceva l'aria di silenzioso
giudizio. Ci voleva colore, e molto. Drusilla non voleva deprimersi, voleva
vivere, divertirsi, e godere al massimo di quella inaspettata fortuna che le era
capitata.
La
parte di parete vicino al letto era diventata verde, la parte dove aveva messo
la scrivania era diventata ocra, e per dove c'erano il divano e le poltrone
aveva scelto il rosa. Aveva ridipinto gli scaffali, li aveva decorati con
disegni e fiori. Era un'artista mancata, glielo avevano detto tutti in
famiglia…Alla fine della giornata, quando aveva tolto tutti i giornali e i
teli dai mobili, era stanca morta ma felice. Ora quella casa stava cominciando
ad assomigliare a lei. Appena il sole tramontò, andò alla ricerca di qualche
quadro e di oggetti particolari per la casa. Fu così che decise di entrare in
una galleria d'arte, forse l'unica di Sunnydale.
"Salve,
esclamò Joyce vedendola entrare "posso aiutarla?"
"Lo
spero. Sono passata ieri sera ma c’era un cartello…”
“Ero
a Los Angeles e sono tornata prima del previsto”
“Capisco.
Ho comprato casa qui da poco, sono appena arrivata…e vorrei tanto qualcosa di
particolare da metterci dentro.
"Che
cosa? Un quadro, un soprammobile…"
"Quando
lo vedrò lo saprò."
O
santo cielo, sospirò Joyce. Quel tipo di clienti avevano un'idea di quello che
desideravano, ma ti facevano diventare pazza perché in pratica non lo sapevano,
e non uscivano senza aver ottenuto quello che desideravano.
Però
quel giorno a Joyce venne dimostrato che dopotutto Dio esisteva. La ragazza con
i capelli neri si era fermata a fissare un quadro ormai da dieci minuti buoni.
Ottimo segno.
"Eccolo
qui. Che mi può dire di questo quadro?"
"Il
pittore si chiama Franz Radziwill. Il quadro è stato dipinto durante la seconda
guerra mondiale, e si chiama Verlorene Erde…"
"Mondo
dimenticato in tedesco."
"Esatto.
L'ho sempre reputato un quadro molto triste."
"È
triste, c'è la presenza della morte che aleggia sulle navi da guerra, sul
relitto in secco, sulle due tombe…ma c'è anche questo" disse indicando
la luna e una figura nebulosa e indistinta "un angelo. La speranza che
quella guerra finisse. Non riesco a staccargli gli occhi di dosso. Forse perché
mi ricorda molto la mia vita passata. Lo prendo."
Poi
era andata ancora in giro, alla ricerca di tutto quello che poteva servirle per
rendere accogliente casa sua. Era stata la volta di un copriletto patchwork, di
una scultura mobile da appendere nei pressi della finestra e Dio solo sa
cos'altro se non si fosse accorta di aver speso una bella sommetta. L'ultima
volta che lei e Darla si erano viste, avevano ucciso alcuni agenti di borsa dal
portafoglio molto gonfio e, se non trovava altro modo di organizzarsi, con quei
soldi doveva campare il più a lungo possibile. Comunque una birra voleva ancora
farsela, e conosceva anche il posto e il barista adatto.
A
Willy, che non voleva credere che quella ragazza al bancone davanti a lui avesse
l'età per bere, ci vollero ben venti minuti per capire chi aveva davanti.
"Scusa,
chi saresti tu?"
"Drusilla.
Guarda che abitavo in città qualche anno fa. Sei di memoria corta."
"È
per questo che sono ancora vivo. Non mi pare di averti mai vista."
"Se
hai visto Spike, allora hai visto anche me. Stavamo insieme, a volte venivamo
qui. Andiamo, vestivo di rosso, avevo a volte una bambola antica, ero totalmente
fuori di testa, flirtavo con Angelus quando c'era, hallo?
"Ah,
adesso mi ricordo!"
"Alla
buon'ora. Me la dai questa birra?"
"Ma
certo. Che hai fatto, li hai mollati tutti e due?"
"Pare
di sì."
"Hai
cambiato look?"
"Decisamente."
"E
sei sana di mente."
"È
proprio vero che gli strizzacervelli di New York fanno miracoli. Ma non è per
chiacchierare che sono qui."
"Ah
no?"
"So
che qualcuno qui ha fatto una magia di guarigione, e lo so perché per qualche
strano caso sono guarita io. Non è che sai qualcosa?"
"Sono
fuori dal giro bellezza, mi dispiace."
"Lo
vuoi dire anche al presidente?" disse lei tirando fuori una banconota da
cinquanta dollari.
"Sono
sempre stato fedele alla patria" disse lui guardando la banconota in
controluce per vedere se era falsa.
"Allora?"
"Non
so niente di magie di guarigione, ma ti posso dire che qui a Sunnydale ci sono
solo poche streghe tanto brave" e snocciolò i nomi di quattro, cinque
streghe "Di più non so."
"Grazie
comunque."
Chissà
se Darla andava meglio nella ricerca. Nelle quattro sere che era uscita a caccia
di streghe non aveva avuto fortuna per niente. Ma
alla mezzanotte e tre quarti della quinta, il suo cellulare squillò.
"Ciao,
piccola. La tua spia qui a Los Angeles ha qualche novità."
"Che
il cielo ti benedica. Qui nessuno sa niente."
"Ora
non posso parlare. Chiamami…anzi, vieni qui a LA appena puoi, così te lo dico
di persona."
"D'accordo,
ci vediamo domani."
Bene
bene bene. Darla aveva avuto più fortuna. Appena il sole scomparve
all'orizzonte, prese la sua moto e corse a Los Angeles, infrangendo com'era
ormai sua abitudine il limite di velocità.
Drusilla
andò al posto che Darla le aveva indicato, volutamente o per caso esattamente
davanti all'hotel Hyperion.
"Non
demordi, a quanto vedo" disse levandosi il casco e appoggiandosi alla moto,
osservando Angel e gli altri lavorare.
"Cosa
vuoi, la speranza è l'ultima a morire."
"Fuori
il nome. O siamo qui solo per osservare lui?"
"Prima
andiamo a fare spese. Ho bisogno di tirarmi su di morale. L'erba non è più
buona come una volta qui."
"Allora,"
disse Darla dopo essersi succhiata l'ultima commessa viva e aspettando che
Drusilla uscisse dal camerino di prova "stavo sorvegliando il nostro amico
da lontano, quando un bel giorno vedo entrare una rossa molto familiare nella
sua agenzia. Willow Rosemberg."
"Non
mi dire."
"Lindsey
ha fatto fare un lavoretto, per cui salendo all'ultimo piano del palazzo dove ti
aspettavo si può ascoltare tutto quello che dicono…"
"E…?"
"E
Willow ha chiesto ad Angel se ultimamente aveva avuto un mal di testa molto
forte."
(continua)