Un funerale davvero bello.

Forse perché uno dei pochi a cu aveva assistito in quelli che erano stati quasi duecento anni.

Ma non era stato un funerale qualunque.

Era stato il suo.

 

Era stata una mattinata senza sole, il cielo soffocato da nuvole grigie lasciava scivolare sulla Terra una luce fredda e tetra, assolutamente in tono con quel giorno così triste.

A Spike bastò chiudere gli occhi per riavere davanti in un istante l’intera sfilata dei volti presenti alla cerimonia, primi fra tutti quelli del gruppo. Non una lacrima scendeva dai loro volti. Il dolore e la confusione si mescolavano e rimescolavano tanto in loro da non riuscire nemmeno ad esprimersi con il pianto.

L’unica che sembrava non poter frenare i singhiozzi sembrava essere la piccola Dawn, accasciata sulla bara della sorella come fosse l’unico legame che potesse ancora stringere con lei.

Ognuno lasciava cadere un fiore come ultimo addio a quella dolce amica.

Ma lui no.

A lui non era stato permesso.

Era stato costretto ad osservare lo spettacolo più doloroso della sua misera esistenza dietro il tronco di uno degli alberi che circondavano il vecchio cimitero di Sunnydale, avvolto nella sua pesante coperta di lana come unica protezione dalla luce.

Tutti quelli che le volevano bene erano lì a salutarla per un ultima volta, a darle l’ultima dimostrazione del loro affetto.

Anche lui.

Angel.

Quel maledetto vampiro che già una volta gli aveva portato via la donna che amava.

L’anello al suo dito, capace di renderlo immune dalla luce del sole, rappresentava un ulteriore passo avanti verso l’essere un vero e proprio uomo..una persona normale…una creatura del giorno..

Spike invece era e sarebbe sempre rimasto un figlio della notte.

Ma ciò che provava erano sentimenti, veri sentimenti degni del più romantico degli esseri umani..non gli serviva un’anima per amarla con tutto se stesso. E ora non ci sarebbe più stata occasione per dimostrarglielo.

Eh si…l’amore era già presente in quel corteo funebre. Angel se ne stava lì fra loro ricevendo attraverso lunghi abbracci tutta la loro compassione. Mentre lui era stato messo da parte..non gli restavano che l’odio e l’indifferenza…

Nessuno aveva potuto solo pensare che anche lui ora stava soffrendo almeno quanto loro. Dopo la morte di Buffy gli si erano rivolti esclusivamente per comunicargli in un tono stranamente freddo e distaccato che la sua presenza al funerale non sarebbe stata gradita.

E Spike non aveva replicato.

Non aveva avuto nemmeno la forza di discutere.

 

Era ormai passata una settimana dal funerale.

Spike aveva seguito nell’ombra tutte le mosse di ogni singolo membro del gruppo, ma soprattutto quelle di Angel. Non lo perdeva di vista neanche un solo momento.

Fu così che scoprì che il giorno stesso sarebbe tornato a Los Angeles giusto il tempo di prendere alcune cose dall’ufficio e da casa sua. Il grande amore della cacciatrice aveva infatti intenzione di stabilirsi per qualche giorno in casa Summers, in modo da non lasciare Dawn da sola.

Spike realizzò allora che non poteva più nascondersi con lui. Doveva trovare il coraggio di affrontarlo e chiarire la situazione…doveva sfogarsi in qualche modo!Pensò quindi che se doveva farsi avanti quello era il momento giusto, avrebbe dovuto raggiungerlo a Los Angeles, dove nessuno li avrebbe disturbati.

 

Fu il viaggio in autobus più lungo della sua vita.

La fronte appoggiata contro il finestrino, Spike guardava le case sfrecciargli contro, quasi volessero inghiottirlo.

Che cosa avrebbe detto? Come si sarebbe comportato con Angel?

In fondo non lo sapeva nemmeno lui.

Chissà se era al corrente del suo amore per Buffy…

La brusca frenata dell’autista lo distolse improvvisamente dai suoi pensieri. Ancora un po’ stordito Spike scese dal veicolo, avviandosi verso quello che un paio di vampiri di Sunnydale gli avevano detto essere l’ufficio del vampiro.

 

Arrivò dopo pochi minuti di cammino, fermandosi di fronte all’entrata.

Aveva l’aria di uno studente che va incontro all’interrogazione.

Con un profondo respiro posò la mano sulla maniglia della porta e la aprì.

Non appena vide Angel nel suo cervello si verificò un inspiegabile cambio di programma.

Un lampo di rabbia illuminò gli occhi di Spike. In pochi secondi il suo viso prese le fattezze del vampiro che era in lui.

 

Non ci fu spazio per le parole.

 

Mosso da una strana energia William il Sanguinario attraversò a grandi passi la stanza, fermandosi davanti al suo sire. Poco prima di assestargli un pugno in pieno viso, non preoccupandosi affatto di Cordelia che con un grido di terrore era corsa a rifugiarsi nell’angolo opposto della stanza.

Angel non ebbe nemmeno il tempo di capire cosa stesse succedendo ma dopo il secondo colpo andato a segno nel suo stomaco si vide costretto a reagire.

Si lanciarono così in un combattimento alquanto particolare…in fondo era la prima volta da più di due anni che si ritrovavano faccia a faccia.

Seguitarono senza sosta, un’accanita lotta che dopo un quarto d’ora non riconosceva un vincitore e uno sconfitto.

Mentre sferrava colpi su colpi Spike sembrava recitare una continua litania.. “E’ colpa tua…nessuno crede che anch’io mi sia potuto veramente innamorare di lei…è tutta colpa tua..”. Angel lo interruppe.

“Lo sapevo. Sapevo che ti eri preso una specie di cotta per lei”.

“Non era solo una cotta!!”.

Quell’espressione faceva terribilmente innervosire il vampiro.

“Si invece..cosa credevi..di aver trovato l’amore della tua vita?! Pensavi che sarebbe bastato snocciolarle due spicciole parole appassionate e..sareste vissuti felici e contenti?? Siamo un po’ troppo presuntuosi…Ti sentivi così sicuro di te da arrivare ad illuderti che saresti riuscito a farti amare da lei?”.

Colpito da un calcio Angel fece una breve pausa, ma riprese subito dopo con la sua cascata di parole che si riversavano su Spike con l’effetto una doccia fredda.

“Solo io l’ ho saputa amare veramente..di un amore dolce, sincero…un amore che porterà per sempre con lei..anche ora che è..”.

Angel non se la sentì di finire la frase, interrotta da una lacrima scesa sul suo viso che il vampiro biondo, nella foga del combattimento, non notò.

Improvvisamente, forse per una distrazione del suo avversario, forse per puro caso Spike si trovò ad imprigionare il corpo di Angel contro una bella scrivania in legno di mogano, sfoderando il paletto di legno che portava sempre con lui per eventuali situazioni di emergenza.

 

La punta si immobilizzò a un centimetro dal suo petto.

 

Spike si fermò appena in tempo per rinsavire e mettere a fuoco la situazione.

Un istante ancora e avrebbe ucciso il suo eterno rivale.

Sembrava strano ma probabilmente era la prima volta che aveva sentito un tale odio esplodere dentro di lui.

Un odio che mette paura, capace di eliminare ogni altro sentimento, ogni altra emozione. Spaventato da quella sensazione così devastante Spike si ricompose in fretta prima di fuggire via dall’ufficio di Angel, sotto lo sguardo di una Cordelia terrorizzata come non mai.

 

C: “Angel non era Spike quello?Ma che gli è preso?Perché è venuto qui?Perché voleva ucciderti?E soprattutto perché non l’ ha fatto??”

A: “Povero, povero Spike…Mi avevano detto che era cambiato ma non pensavo fino a questo punto.”

 

Angel non stava semplicemente rispondendo alle mille domande di Cordelia..sembrava quasi rivolgersi a se stesso in una sorta di riflessione pronunciata involontariamente ad alta voce.

 

A: “Voleva uccidermi per lei…ma non ce l’ ha fatta..non è riuscito nemmeno ad uccidere me…comincio a convincermi che le voci che girano sul suo conto non siano solo chiacchiere..che sia diventato buono davvero?!”

 

C: “Spike buono?Mi sa che tu scherzi!”

A: “Già…sembra uno scherzo vero?!”

                                                *****************************                                      

I campanellini appesi alla porta del Magic Box tintinnarono lievemente quando questa si aprì. All’interno del negozio Willow e Anya erano talmente occupate a litigare come bambine urlando una contro l’altra da non accorgersi che un’esile figura era sgattaiolata dietro gli scaffali di libri e ora scivolava altrettanto silenziosamente fuori con in mano uno dei libri di magia della giovane strega….

 

                                                *******************************                                        

 

“Missione compiuta!”.

Dopo tante lacrime versate un piccolo sorriso di soddisfazione illuminò il volto di Dawn mentre stringeva a sé il libro appena rubato.

Quella sera il cielo sembrava deciso a regalare a Sunnydale uno dei suoi tramonti più belli, dipingendosi, con l’abilità di un pittore, di mille sfumature dal rosa all’arancio.

La piccola salì in fretta in cima alla torre, lo scenario della distruzione di quell’ultimo brandello di felicità che conservava ancora pochi giorni prima. Mentre si preparava a mettere in pratica il suo misterioso piano Dawn si fermò un istante ad osservare quel magico spettacolo che si apriva davanti ai suoi occhi. Forse stava perdendo del tempo prezioso ma quella vista per un momento le catturò ogni pensiero.

Sunnydale s’imporporava con le ultime luci del crepuscolo come una ragazza le cui guance arrossiscono ai dolci complimenti di un innamorato.

Ora che vedeva quella piccola città in tutto il suo splendore la sentiva sua, quasi le appartenesse da sempre. Ma in realtà quel “sempre” per lei si limitava a qualche mese.

La piega che stavano prendendo le sue riflessioni fece velocemente uscire Dawn da quel mondo di sogni. Una frase le risuonò nelle orecchie. La stessa che la tormentava da tempo:

Io non sono umana…non sono vera…tutto quello che ricordo, che gli altri ricordano, sono solo menzogne…”

“Basta piangersi addosso!”. Dawn tirò fuori tutta la sua forza di volontà. “Sono la chiave? Beh, allora vediamo di sfruttarne i lati positivi!”. In un secondo la ragazza aveva afferrato il libro rubato e si accingeva a sfogliarne con estrema cura le pagine.

Finché non trovò ciò che stava cercando.

 

Dawn si avvicinò prudentemente al bordo della torre ed iniziò a leggere con voce tremante la formula dell’incantesimo, attenta a non sbagliare nemmeno una parola. Cercava di concentrarsi il più possibile ma fu spesso interrotta dalle lacrime che offuscandole gli occhi non le permettevano di leggere le frasi.

In pochi minuti la prima parte del rito era completata.

“Che strano…sono solo poche righe…eppure potrebbero cambiare la mia vita…”

La piccola posò il libro proprio dietro di sé.

Ora veniva la parte più difficile, dove lei avrebbe dovuto sfoderare tutti i poteri che aveva in quanto chiave.

Dawn tirò fuori dalla tasca uno strano oggetto luccicante: un coltellino.

Facendo appello a tutto il suo coraggio passò la lama sulla sua pelle chiara, provocando un taglio, piccolo ma abbastanza profondo da far scivolare nel vuoto una goccia del suo sangue.

Quel sangue così umano. Era stata proprio Buffy a dirglielo.

“E’ il sangue dei Summers…tale e quale al mio…”

Già…lo stesso sangue…e guarda a cosa aveva portato.

 

Una bolla di luce accecante si aprì a mezz’aria.

Il portale Si stava aprendo di nuovo.

 

Dawn indietreggiò terrorizzata e chiuse gli occhi, continuando a ripetere a bassa voce “ti prego, ti prego, ti prego…”. Non avrebbe sopportato un fallimento, non ora, non dopo averci sperato così tanto.

“Buffy ti scongiuro..devi lottare…vieni fuori da lì…torna da me…”

Come in un flashback le stava passando davanti agli occhi ogni singolo momento che aveva passato con la sorella, tutti i suoi più piccoli gesti, i suoi sorrisi e..si, anche le mille volte che l’aveva sgridata per un nonnulla.

 

La luminosità e il frastuono del portale avevano attirato centinaia di persone in strada.

Eppure dopo qualche minuto tutto cessò.

Dawn si asciugò le lacrime e aprì lentamente gli occhi, guardando fisso davanti a sé.

 

Niente più luce, niente più rumore. E soprattutto niente Buffy.

Possibile che tutto fosse finito così?Si era solo illusa?

Probabilmente sarebbe svenuta entro pochi secondi se una mano posatasi sulla sua caviglia non l’avesse costretta ad abbassare gli occhi.

 

Il corpo di sua sorella era proprio lì, davanti a lei.

Senza esitare Dawn le gettò le braccia al collo e la strinse così forte che quasi la soffocò.

Buffy si sentiva incredibilmente debole, ma ricambiò ugualmente la stretta della piccola con tutta la forza che aveva. Si staccò per un momento dal loro abbraccio e la guardò con affetto. Non la vedeva solo da una settimana eppure la sua sorellina le sembrava così cambiata…cresciuta in un certo senso.

Improvvisamente Dawn la prese per un braccio.

D: “Vieni con me, dobbiamo andare in un posto!”

B: “Dawn aspetta. Ma dove…”

La piccola non le rispose, si limitò ad assumere uno strano sorrisetto compiaciuto che convinse Buffy a seguirla…

 

Stringendo la mano della sorella come se non volesse più lasciarla Dawn si precipitò al cimitero.

Un ultimo sforzo…un ultima prova che l’incantesimo era davvero riuscito.

Improvvisamente il volto le si illuminò, diventando incredibilmente radioso.

Là dove solo una settimana prima avevano pianto sulla tomba della cacciatrice ora non c’era più nulla, uno spazio vuoto si apriva in mezzo alle altre lapidi.

Dawn corse verso quel piccolo riquadro di terreno e, piegatasi sulle ginocchia, passò le dita tra i verdi fili d’erba ancora bagnati dalla pioggia sottile che aveva rinfrescato la città poche ore prima.

D: “Guarda Buffy, non c’è più niente qui! Non ci posso ancora credere…ce l’abbiamo fatta!!”

B: “No Dawn, ce l’ hai fatta. E’ tutto merito tuo, piccola. Sono fiera di te.”

Buffy si chinò di nuovo ad abbracciarla.

D: “Beh…1 punto per la sorella minore!”

                                                        ********************************                                  

Buffy era viva, di nuovo. Era una notizia troppo bella per tenerla nascosta.

Le ragazze si diressero subito al Magic Box, in silenzio, godendo di un’intimità propria solo di due sorelle.

Quando la porta del negozio si aprì Buffy entrò per prima.

Erano tutti lì, tutti i suoi amici. Si voltarono al primo cigolio dell’uscio…quasi sapessero…quasi sentissero chi sarebbe venuto a far loro visita.

Per un lungo istante nessuno si mosse, forse per timore di correre avanti ed abbracciare un miraggio, solo un’allucinazione.

Ma quando Willow fece il primo passo l’intero gruppo si precipitò su di lei, per stringerla, per salutarla…ma senza parlare. Nessuna frase avrebbe potuto esprimere l’incredulità, lo stupore e soprattutto la felicità di riavere inspiegabilmente lì la loro cacciatrice.

Solo in un secondo momento i loro sguardi si posarono su Dawn.

Piccola, grande Dawn.

Quattordicenne timida e insicura e potente massa d’energia allo stesso tempo.

La loro amica speciale che era appena riuscita dove loro non avevano nemmeno osato tentare.

D: “Avete visto?! Ce l’ ho fatta! E tutto da sola!”

La voce le tremava. Stava piangendo, anzi, forse non era mai stata così felice di piangere in tutta la sua vita.

 

Dopo un primo attimo di shock tutti cominciarono a parlare con Buffy raccontandole mille storie, quasi non si vedessero da mesi, anni interi. Tutte le piccole cose che erano accadute in quella settimana ora avevano un’enorme importanza, perché erano qualcosa che lei non aveva visto, che non aveva vissuto con loro. Ognuno cercava di parlare più forte degli altri per avere la sua attenzione, fino a riempire il negozio di un assordante chiacchiericcio.

Finché involontariamente Xander si lasciò sfuggire una confessione che forse sarebbe dovuta rimanere segreta per qualche giorno ancora.

Angel l’aveva detto a tutti loro, gli aveva raccontato la scenata che Spike aveva fatto nel suo ufficio, ed ecco che ora, per colpa di una parola di troppo, lo sapeva anche la cacciatrice.

La netta differenza tra l’alto volume delle loro voci euforiche e quel silenzio terribilmente imbarazzante che si era appena creato rese nervosa l’intera Scoobygang.

Non appena Giles tentò di cambiare discorso fu subito interrotto da una Buffy decisa più che mai a sapere ogni dettaglio dello scontro tra i due vampiri.

Improvvisamente si ricordò di una cosa. Non disse nulla perché si vergognava ad ammetterlo persino a se stessa ma quando Dawn le aveva detto “Coraggio, Buffy, dobbiamo dire a tutti che sei di nuovo tra noi!” una strana molla era scattata dentro di lei: pensando a tutti i suoi amici che avrebbero fatto salti di gioia nel riabbracciarla, Buffy aveva immaginato anche Spike. Aveva voglia di vederlo, di dirgli che era lì, che era tornata.

E ora il desiderio di incontrare il vampiro si era unito a quello di conoscere la verità sul suo scontro con Angel.

Angel…ancora una volta quel nome le aveva fatto gelare il sangue nelle vene…al solo pensiero che avrebbe potuto perderlo per la gelosia di Spike la cacciatrice andò su tutte le furie.

Salutò in fretta il gruppo e si avviò di malumore verso il cimitero.

                                                      ***********************************                                         

Spike camminava vacillando in su e in giù per il suo buio rifugio, la bottiglia di liquore stretta nella sua mano. Era diventata la sua unica amica ormai. Si dice “bere per dimenticare”…lui di certo aveva preso quel detto alla lettera…anche se non dimenticava proprio niente.

Buffy questa volta non fece la sua solita entrata ad effetto nella tana del vampiro, ma si limitò ad aprire lentamente la porta.

Spike non si accorse nemmeno di lei, perso negli abissi dello stato d’ubriachezza.

La cacciatrice ne approfittò per osservarlo..e rimase molto sorpresa da ciò che stava accadendo di fronte i suoi occhi.

Spike stava piangendo. Pensieri sconnessi gli uscivano dalla bocca, parole senza senso, ma tutte rivolte alla stessa persona: la sua cacciatrice. Era così che la stava chiamando.

Ad un tratto Buffy parlò. Non un saluto, non un gesto, solo quella fredda domanda.

 

B: “Perché l’ hai fatto?”

 

Spike non rispose, nemmeno si mosse.

La bottiglia gli scivolò dalle dita finendo in mille pezzi sul pavimento di pietra, ma entrambi rimasero impassibili, lasciando che un intenso odore d’alcool impregnasse la stanza….

 

                                                        ************************************                                    

 

Spike si voltò lentamente, ritrovandosi a pochi passi dalla cacciatrice.

(continua)