TEORIE
Ma quel gatto é vivo o morto ?
Chiedeva provocatoriamente Erwin Schrödinger , facendo arrovellare i fisici teorici verso la metà degli anni trenta, dopo l'affermazione della meccanica quantistica. La questione vide schierati fianco a fianco Schrödinger e Albert Einstein. Il primo con la sua famosa equazione aveva esteso la meccanica quantistica ondulatoria alle particelle, dando così forza a questo filone di ricerca teorica che é alla base della fisica contemporanea. Il secondo, con la teoria della relatività generale, aveva aperto gli orizzonti all'altra componente fondamentale di questa stessa fisica. Con loro e con pochi altri era nata la nuova scienza che ha come nucleo fondamentale la fisica dei quanti e la teoria della realatività generale. Attraverso un meccanismo concettualmente piuttosto semplice, Schrödinger faceva dipendere la vita di un gatto da un evento a livello subatomico, quindi descrivibile solo mediante la meccanica quantistica. Ma partendo dal paradosso del gatto "un sistema quantistico non é un oggetto rappresentabile, come avviene nella meccanica classica, mediante i valori, definiti perfettamente, di tutte le sue grandezze fisiche". E questo non dipenderebbe dall'inadeguatezza della teoria, incapace di spiegare e rappresentare esattamante i fenomeni ma da una caratteristica intrinseca dei costituenti fondamentali della materia. Ma se la materia microscopica può essere descritta solo in termini di probabilità e se gli oggetti della nostra vita quotidiana sono invece certi, vivi o morti, e non vivi al 50%, che rapporto c'é fra l'indeterminatezza dei loro componenti fondamentali e l'apparente certezza dell'oggetto nel suo complesso, perfettamente descrivibile secondo i canoni della fisica classica ?
Il gatto, insomma, la cui vita é affidata alla sopravvivenza di un atomo radioattivo che decade per metà ogni ora, dopo un'ora in questa situazione sarà vivo, morto o vivo "con indice 0,5" ? La maggior parte dei fisici ha accettato la risposta di Bohr per cui, semplificando molto, gli oggetti quantistici e quelli classici sono semplicemente diversi. C'é poi una minoranza di scienziati che attribuisce alla coscienza umana la semplificazione classica, la scelta binaria tra "vivo" e "morto", fra "vero" e "falso", che non sarebbe intrinseca alla natura delle cose, che manterrebbero oggettivamente la loro natura ambigua, quantistica.
Schrödinger e Albert Einstein.non accettarono la dualità della risposta di Bohr né le soluzioni che negavano ogni va alidità alla conoscenza diretta della realtà. Ritenevano semplicemente che quei modelli teorici fossero utili strumenti matematici ma dovessero essere superati in quanto fornivano una descrizione inadeguata della realtà. Occorreva quindi sviluppare modelli più complessi che spiegassero le contraddizioni e i paradossi in cui si dibatteva la meccanica quantistica. Entrambi scelsero la strada della ricerca delle grandi teorie unificate (Gut) o delle teorie del tutto (Toe, theory of everything), senza peraltro riuscirvi come non ci sono riusciti i nostri contemporanei. Anzi, c'é qualcuno che lavora con metodo per demolire ciò che altri vanno costruendo, come il fisico russo Gribov che recentemente ha messo in discussione, con l'esistenza dei quark, quello che é probabilmente l'unico modello che sembrava riuscito, anche se solo parzialmente, a compiere un passo avanti sulla strada dell'unificazione delle forze fondamentali, la cosiddetta cromodinamica quantistica di Gell-Mann. Per giungere a qualche risultato si spera finalmente in quello che un giovane astronomo ha definito l'incontro fra "disumani" e "inesatti" per indicare il dialogo tra scienziati e filosofi. Probabilmente finora il tentativo di arrivare ad una filosofia della natura é fallito perché non possiamo aspettarci "da una singola filosofia o da un singolo filosofo quella integrazione che già un Einstein non poteva più raggiungere".