Le
origini e la storia del fiume Piave
Il Piave nasce tra il
30.000 e il 20.000 a.C. durante le glaciazioni. Fino a 12.000 anni
a.C. il Cadore e la Val Belluna erano occupati dal grande ghiacciaio
Lapisino; solo quando il ghiacciaio si sciolse cominciò ad apparire
il primo corso del fiume Piave; numerosi rivoli d’acqua
provenienti dal grande blocco gelato scendevano verso la pianura
attraverso valli, vallette e valloni.
Paleolitico
Nel Paleolitico e
nel Mesolitico il fiume, che collegava montagna – pianura
– mare, fu usato dai cacciatori primitivi come via di
passaggio per la ricerca della selce con cui costruivano le
armi. Essi vivevano in piccoli gruppi in territori di caccia
delimitati ed hanno lasciato tracce evidenti del loro
passaggio nei ripari temporanei ricavati sotto massi o incavi
della roccia. |
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Età
del Bronzo
Nel Neolitico e
nell’Età del Bronzo l’uomo primitivo cominciò a
stabilirsi in villaggi lungo il bacino del Piave, comprese
le vallate degli affluenti, per commerciare la selce,
ricercare metalli, coltivare i terreni ed allevare gli
animali. In quest’epoca comincia a delinearsi il ruolo del
fiume come via di scambio delle merci, attraverso la forma
del baratto. Vicino a Ponte nelle Alpi sono state ritrovate
asce e scalpelli che testimoniano l’interesse dell’uomo
primitivo per il bosco ed il legname. Il fiume era usato
anche per il trasporto su zattere dello stagno e dell’ambra
di provenienza transalpina. |
Età
del Ferro
Nell’Età del
Ferro il bacino del Piave era particolarmente ricco di
minerali, per questo motivo i Paleoveneti si stanziarono
lungo il suo corso; ci hanno lasciato ricche testimonianze
della loro presenza a Mel, a Cavarzano e a Lagole, nel
Cadore, dove l’acqua del fiume era utilizzata per
praticare riti religiosi. |
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Età
romana
Nella seconda
metà del I sec. a.C. avviene la totale romanizzazione del
Veneto. In quell’epoca il bacino del Piave viene diviso in
tre municipi: Jiulium Carnicum checomprende il Comelico, il
Cadore e l’Agordino; Bellunum che comprende il corso del
fiume da Castellavazzo a Sedico; quello di Feltria, fino a
Valdobbiadene.
Le iscrizioni ritrovate a Feltre e a Belluno confermano che
già dal II sec. d.C. esistevano associazioni di dendrofhori
(zattieri) che scendevano lungo il Piave fino alla laguna
per trasportare legname dalla Val Visdende, dall’Agordinoe
dal Cansiglio, metalli dalle miniere dell’Agordino e dello
Zoldano, pietre dal Cansiglio, da Castellavazzo e Codissago. |
Età
medioevale e rinascimentale
Sembra che le
acque incontaminate del Piave e dei suoi affluenti fossero
un tempo molto pescose in particolare di gamberi d’acqua
dolce, facili da pescare. Lo confermerebbero gli affreschi
di numerose chiese medievali lungo il corso del fiume, sia
in Valbelluna che nel Feltrino, in cui i gamberi rossi
compaiono in rappresentazionidell’Ultima Cena, accanto ai
simboli tradizionali del pane e del vino. Ecco ciò che
scrisse Pierio Valeriano, studioso bellunese del XVI secolo,
a proposito della confluenza del torrente Ardo con il Piave:
“Ma non vi porta tutta la sua acqua, poichè una buona
parte di essa la lascia alle officine degli armaioli e dei
tessitori, ai molini, alle tintorie, alle segherie…”.
Nel 1574 l’allora Podestà di Belluno Marco Antonio Miari,
in una lettera indirizzata al Doge di Venezia, scriveva che
lungo il torrente Ardo vi erano undici molini, sei magli da
acqua, sei fucine, due seghe da legnami, tre “folli”.
Nell’epoca del dominio veneziano il ruolo commerciale del
fiume diventa importante, soprattutto per la maggior
richiesta di legname, ma anche per il mercato dei metalli,
del carbone, della pietra da costruzione, della lana e degli
altri prodotti dell’allevamento. Lungo il corso del Piave,
nelle zone di Castellavazzo, Codissago, Polpet e Belluno
nascono le prime officine specializzate nella lavorazione
della pietra, dove gli scalpellini (dei veri scultori)
eseguivano lavori ornamentali che andavano ad abbellire le
ville ed i monumenti delle città venete. |
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Evoluzione
della foce
Fino a tutta
l'età romana, il Piave sfociava nella laguna di Venezia,
unendo le proprie acque a quelle del Brenta e del Sile
raggiungendo il mare attraverso l'attuale canale di San
Felice in prossimità del Lido. In seguito all'alluvione del
589 il fiume deviò a nord; nel 1683 un altro evento di
piena denominato "rotta della Landrona" provocò
un ulteriore deviazione a nord della foce del Piave, che da
allora sfociò a Cortellazzo di Jesolo, lasciando il vecchio
letto alle acque del Sile, la cosiddetta Piave Vecchia. Già
a partire dalla prima metà del 1600 i veneziani, per
evitare l’interamento della Laguna Nord causato dai
sedimenti delle piene e per bonificare la circostante zona
paludosa e malarica, avevano avviato i lavori di deviazione
del Piave e del Sile. I siti delle foci si sono quindi
modificati gradualmente dando origine alla Laguna del Mort a
Eraclea e al litorale di Cortellazzo. |
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