Luigi Viola

Feltre, 1949.
Opera a Venezia e Milano, dove ha insegnato Pittura all'Accademia di Belle Arti di Brera. Attualmente è titolare della cattedra di Pittura all'Accademia di Belle Arti di Venezia.
Dopo aver accolto, con risultati internazionalmente riconosciuti, i mezzi espressivi messi in campo dall'esplosione concettuale degli anni '70 (scrittura visuale, foto, video, performance), già allora con tratti assai personali di narrazione lirica, nella seconda metà di quegli anni si avvia a rientrare nelle coordinate del movimento implosivo
ritornando alla pittura.
Una pittura però che non tralascia l'esperienza compiuta e che, più che un ritorno all'ordine, segna una ulteriore estensione delle possibilità di un fare da lui definito nel 1976, con grande anticipo su altre formulazioni, Nuovo Romanticismo.

I suoi dipinti rappresentano allora la facoltà di esprimere la soggettività, uno scandaglio interiore
della propria profonda natura lirica, che le ricerche concettuali avevano in parte raffreddato.

Il punto d'arrivo di tale esperienza sono state le Maree (1983-1986), che numerose letture critiche (Crispolti, Vescovo, Mazzariol) hanno considerato il vero nodo della sua pittura.
È in queste opere infatti che fase calda e fase fredda della ricerca trovano il proprio ossimoro di sintesi.

Dalle Maree, paesaggi dell'anima in cui la memoria della natura e dell'uomo, il Caos delle tracce,
si risolvono in un nuovo Cosmo ordinato di scorie naturali e chimiche insieme,
in un inedito composto di carattere postumo, si è poi generata l'idea dei Paesaggi d'esilio (1987-1993), nuovi paesaggi interiori che rappresentano ancor meglio e radicalmente il sentimento della Natura come contesto ambiguo, oscillante tra l'irreparabilità della perdita e il desiderio tormentoso della rinascita.

Alle Opere dell'Esilio appartengono, oltre agli Exillandschaften (1990-1995), anche le Aree di natura protetta e le Morte nature, del 1990-93, come pure le attuali opere dei cicli Grund e Grund-Grab (1994-97), che da una parte ribadiscono il significato positivo, caldo, dell'atto pittorico, evidente pur nella scelta e nel trattamento di materiali freddi come il ferro, il rame, il bitume, gli smalti ceramici, ecc., dall'altra riarticolano liberamente nello spazio, insieme ad essi, le immagini che provengono dal deserto della comunicazione scientifico-tecnologica e massmediale (xerox, foto, x-grafie, t.a.c., ecc.) ed altri reperti in-naturali (fibre di vetro, carbonio, kevrak, fibre tessili, metalli, ecc.).

Si configura in questo modo una sorta di Superrealismo concettuale che non solo affronta con particolare forza il tema della umanizzazione di quanto, nella propria apparente insignificanza, costituisce oggi per l'uomo la natura più vera e riconoscibile, ma pone propriamente la questione della complessità dell'opera nei termini di una sua irriducibile insularità estetica. Da qui la necessità di un serrato confronto con le pratiche interrogative ed in primo luogo con la filosofia. Ancora da qui una concezione dell'opera come rete di senso e segnale luminoso fluttuante nel vasto, istmico Internet-mare dell'indifferenziato.









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