commento a "LETTERA A UNA PROFESSORESSA"

 

Bel libro ma col titolo sbagliato. Dovrebbe intitolarsi: "Lettera ad un cittadino benestante" oppure "Indagine sui meccanismi della disuguaglianza". Solidarizzo con le professoresse che si sono sentite accusate leggendo questo libro.

Infatti nella prima frase della prefazione si precisa che:"Questo libro non é scritto per gli insegnanti, ma per i genitori". Genitori lo siamo quasi tutti prima o poi. In fondo è un libro per tutti. Di più, direi proprio che un italiano d'oggi non dovrebbe non aver letto questo libro.

Il tema portante è, come nella mente di Don Milani secondo me, l'individuare nella lingua il principale meccanismo attraverso il quale, il sistema, seppur democratico, perpetua sempre nuove ineguaglianze.

Dico subito che secondo me ha mancato il bersaglio, e che questo è la mancanza di proporzionalità della legge. Però di poco, perchè se la PdL ne è la causa, la lingua ne è il mezzo, attraverso il quale le ingiustizie si affermano e si diffondono. Per cui non 100 punti ma 99.

Il cuore del libro è per me il capitolo;"Il padrone" e vi trascrivo il primo paragrafo dal titolo: "Esiste?":

"Spesso c'è venuto fatto di parlare del padrone che vi manovra. Di qualcuno che ha tagliato le regole su misura vostra.

Esiste? Sarà un gruppetto di uomini intorno a un tavolo con in mano le fila di tutto: banche, industrie, partiti, stampa, mode.

Noi non lo sappiamo. (la sottolineatura è mia) Sentiamo che a dirlo il nostro scritto prende un che di romanzesco. A non lo dire bisogna far gli ingenui. E' come sostenere che tante rotelle si son messe insieme per caso. N'è venuto fuori un carrarmato che fa la guerra da sé senza manovratore".

E qui bisogna riconoscere come gli autori definiscano molto lucidamente la situazione (ancora attuale) del "sistema" e onestamente non si pronuncino sul colpevole.

Io sostengo che se c'è una rotella in più o una in meno la macchina, l'ingranaggio gira al contrario. Produce ingiustizia invece di giustizia. Spinge verso l'egoismo invece che verso più ampie collettività. La rotella mancante è la Proporzionalità della legge.

Gli autori lo intuiscono quando (capitolo:"La nuova media" paragrafo: "un compito da quattro") dicono: "Non c'è nulla che sia ingiusto quanto far le parti uguali fra diseguali." 

 

 

Un'altra pagina che voglio ricordare, soprattutto per me, è quella che riguarda l'arte di scrivere e il modo in cui è stato scritto questo libro.

"Per prima cosa ognuno tiene in tasca un notes. Ogni volta che gli viene un'idea ne prende appunto. Ogni idea su un foglietto separato e scritto da una parte sola.

Un giorno si mettono insieme tutti i foglietti su un grande tavolo. Si passano ad uno a uno per scartare i doppioni. Poi si riuniscono i foglietti imparentati in grandi monti e son capitoli. Ogni capitolo si divide in monticini e son paragrafi.

Ora si prova a dare un nome ad ogni paragrafo. Se non si riesce vuol dire che non contiene nulla o che contiene troppe cose. Qualche paragrafo sparisce. Qualcuno diventa due.

Coi nomi dei paragrafi si discute l'ordine logico finchè nasce uno schema. Con lo schema si riordinano i monticini.

Si prende il primo monticino, si stendono sul tavolo i suoi foglietti e se ne trova l'ordine. Ora si butta giù il testo come viene viene.

Si ciclostila per averlo davanti tutti eguale. Poi forbici, colla e matite colorate. Si butta tutto all'aria. Si aggiungono foglietti nuovi. Si ciclostila un'altra volta.

Comincia la gara a chi scopre parole da levare, aggettivi di troppo, ripetizioni, bugie, parole difficili, frasi troppo lunghe, due concetti in una frase sola.

Si chiama un estraneo dopo l'altro. Si bada che non siano stati troppo a scuola. Gli si fa leggere ad alta voce. Si guarda se hanno inteso quello che volevamo dire.

Si accettano i loro consigli purchè siano per la chiarezza. Si rifiutano i consigli di prudenza."

 

 

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