COMMENTI TIPO

 

Ho ricevuto altri commenti, in questi mesi. Ma li ho "elaborati", per così dire, privatamente. Mi sono serviti per chiarirmi meglio le idee, col risultato, che rimango convinto dei radicali cambiamenti che si innescherebbero se nell'ordinamento giuridico, si instaurasse il concetto di proporzionalità della legge rispetto al reddito (potere economico), e al ruolo sociale (potere politico/amministrativo).

I commenti che mi sono arrivati sono sostanzialmente di due tipi:

1)di approvazione generica e complimenti.

2)di disapprovazione sostanzialmente istintiva, non circostanziata.

Mi aspettavo un terzo tipo di riscontro, diciamo così, entusiasta, magari con qualche idea di collaborazione. Non ne ho ricevuti. Ma la speranza è l'ultima a morire...

In sostanza, o l'idea non è così fondamentale come credo, oppure non l'ho spiegata a dovere. Cercherò di migliorare.

I commenti sono anonimi perchè non volontari, ma mi sono pervenuti su mia richiesta di pareri, via e-mail.

Ad esemplificazione dei commenti benevoli che mi sono giunti vi trascrivo il seguente, probabilmente il più approfondito e benevolo.


Le rispondo ***a titolo personale***.

ho visitato il Suo sito e trovo che il Suo scrivere riveli l'abitudine di affrontare la vita ragionando con la propria testa e il desiderio spontaneo di rendere gli altri partecipi delle proprie idee.

In sintesi, la questione che Lei affronta è tradizionalmente "classificata" nella seguente terminologia: "eguaglianza formale" e "eguaglianza sostanziale". Due principii cardine del diritto.

La norma costituzionale (art. 3, comma 1, Cost.) secondo cui «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali» esprime una precisa direttiva per la legislazione ordinaria: questa deve svolgersi secondo norme generali ed astratte, che non facciano distinzione tra cittadini in ragione delle condizioni personali o sociali.
Questo principio costituzionale è perciò un presidio della legge ***generale***: esso limita il potere legislativo nell'emanazione di norme di diritto speciale che discriminino tra loro i cittadini.
Questo non significa che norme di legge ***speciale*** non possano essere emanate. Significa che la legge ordinaria non può, senza un ragionevole motivo, trattare in modo diverso cittadini che si trovano in una uguale situazione: è il principio di "uguaglianza formale", al quale fa da contrappeso il principio di "uguaglianza sostanziale".
Questo secondo principio è espresso, nella nostra Costituzione (art. 3, comma 2, Cost.) nella norma che dice che «è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese».
Anche questo secondo comma  contiene una direttiva --oltre che per gli apparati di governo-- per la legislazione ordinaria: se il primo comma sancisce l'uguaglianza formale dei cittadini e postula una legge uguale per tutti, il secondo comma muove dalla premessa che, ***di fatto***, i cittadini non sono uguali tra loro. La legge può --e, anzi, deve-- derogare al principio della uguaglianza formale --e deve creare, in tal modo, disuguaglianze formali-- quando ciò sia necessario per rimuovere gli ostacoli di ordine economico o sociale che impediscono ai cittadini di essere sostanzialmente uguali tra loro.

Quello qui sopra è un modo che definirei "di scuola" per esprimere i due principii, perché, ovviamente (Lei lo sa), le cose all'atto pratico si complicano. Ma ciò fa parte della vita del Diritto, appartiene al cosiddetto "diritto incarnato".

In relazione alla Sua tematica vi sarebbe poi da prendere in considerazione un ulteriore principio, distinto dai primi due e al quale Lei fa riferimento: il principio di proporzionalità della sanzione.
Ma qui mi fermo perché sono certo che Lei queste cose le sa bene, dato che, da quanto ho capito, non è affatto nuovo a queste riflessioni (semmai la novità sta nell'averle esternate sul Web).

In conclusione, qual è, allora, il significato della mia risposta? E' il seguente.

- Nel proporre riflessioni su argomenti di tale spessore, chiunque (chiunque è davvero "chiunque": dal luminare all'uomo della strada) corre immancabilmente il rischio di non essere preso sul serio.

- Quando a partire da un determinato ambito di conoscenza si affrontano problematiche che attengono ad altri ambiti di conoscenza si possono sì ottenere ottimi risultati, ma bisognerebbe ricorrere in modo ferreo al dialogo con qualcuno che sia "interno" più di noi all'ambito di conoscenza che avviciniamo.

Vedo che questo è ciò che Lei ha ben compreso e che mette in atto.
Dunque, l'unico suggerimento che mi permetterei di darLe (con tutte le riserve del caso, dato che, per esempio, non ho visto la parte del sito su Wittgenstein) è di calibrare opportunamente l'esposizione e la presentazione del sito. L'esposizione delle Sue idee dovrebbe mostrare, a mio parere, una maggior problematizzazione. La presentazione del sito dovrebbe tenere separato l'approccio ironico (che spesso è proprio quello più efficace), alla Allen per intenderci, dall'approccio riflessivo: sono due ottiche che possono rivelarsi complementari e sinergiche, ma che vanno ben armonizzate nel momento in cui le si esterna a un pubblico.

Ho letto con piacere e con stima.

Cordiali saluti

Ad esemplificazione dei commenti sfavorevoli, eccone uno perfetto nella sua sintesi.

La ringrazio per avermi chiesto un parere. Non se ne abbia a male, ma ritengo che la sua idea (o come Lei la definisce 'ossessione') sia contraria alla civiltà del diritto (tutti uguali di fronte alla legge) e con quei principi liberali che fanno parte del mio patrimonio culturale.
Provi solo ad immaginare ciò che potrebbe succedere !
cordiali saluti,

Ecco cosa intendo per disapprovazione istintiva. E' proprio immaginando ciò che potrebbe succedere, che a me, la proporzionalità della legge, sembra la chiave di volta per colpire le radici dell'immoralità e del malaffare che regna nel nostro paese. (e non solo). Ma il difetto di affermare un'opinione senza spiegarne a fondo le ragioni e i passaggi intuiti, è anche il mio, anche se l'opinione è opposta.


 terzo commento:

Ritengo che con la tua idea saranno sempre i fessi a farsi la galera, la giustizia deve solo essere applicata, cosa che in italia non si fà, ti sembra giusto che per una sentenza al T.A.R.  di Palermo sto aspettando da cinque anni, per un concorso pubblico che se un giorno vincerò forse non avrò le condizioni per accettarlo.
p.s. è stato piacevole leggere la tua pagina.

23/11/2000

 ho risposto così:

grazie per il commento.
La giustizia deve essere applicata. Questo è il punto. Ma per far sì che la giustizia sia applicata, dobbiamo trovare il modo di garantirci una classe dirigente che abbia veramente l'intenzione di applicarla. Punire proporzionalmente i poteri economici e pubblici, è secondo me, il modo di "allevare" una classe dirigente capace e onesta.

 

             

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