Io non sono uno specialista di diritto, essendo ingegnere. A me pare però che
la pena debba essere uguale per tutti, come fondamento della uguaglianza di
tutti i cittadini di fronte alla legge, come principio costituzionale.
Altra cosa è poi tenere conto in giudizio delle eventuali circostanze
attenuanti, che devono essere definite con riferimento alle situazioni ed alle
condizioni oggettive di chi ha commesso la infrazione.
Si può perciò raggiungere il medesimo obiettivo senza introdurre un principio
di differenziazione che non mi pare nè opportuno nè equo.
Cari saluti
Giorgio Panattoni
ho risposto:
Grazie On. Panattoni,
per la Sua gentile e chiara risposta.
Anch'io penso che la pena debba essere uguale per tutti. Ma proprio per
questo dev'essere proporzionata alle possibilità. Altrimenti rimane uguale
la pena intesa come quantità contabile, ma differente la pena intesa come
punizione, privazione, sofferenza. Ed è questa seconda che incide sui
comportamenti futuri, che serve da lezione.
Ma Lei lo ammette e ne lascia la soluzione al giudice che deve valutarne le
circostanze attenuanti.
Perchè lasciare questo potere ad un'unica persona quando lo si può regolare
matematicamente per legge?
Infine, non si introduce affatto un criterio di differenziazione, che al
limite ci sarebbe già in quanto alcune tasse si pagano proprio in
proporzione al reddito, ma anzi si adattano meglio le situazioni concrete
al vecchio caro e cristiano (volenti o nolenti), principio di uguaglianza.
Grazie ancora e spero di rileggerLa
Cordialmente
Fogliato Maurizio
PANATTONI
Giorgio
Nato a Milano il 6 aprile 1937
Laurea in ingegneria; consulente aziendale
Eletto con il sistema maggioritario nella
circoscrizione I PIEMONTE 1