Di Francesco da Milano
Il
sentiero si
arrampicava senza
dar ristoro
verso la
parte piú
alta della
collina. Piú
che un
sentiero credo
che fosse
una mulattiera
che si
snodava dal
paese attraverso
piccole proprietá
terriere. La
mia
meta era
il “Serrono;”
cosí si
chiamava il
pezzo di
terra che
apparteneva a
dei miei
lontani Zii.
Bisogna sapere
che in
Sicilia qualsiasi
persona di
etá viene
automaticamente
chiamata “Zio”
come segno
di rispetto.
Questa usanza
devono averla
lasciata gli
Arabi che
ancora oggi
chiamano Zio
ogni persona
anziana. Ci
sarebbe voluta
una buona
ora di
cammino per
raggiungere la
“Campagna”
ma a
undici anni
poco m’importava
di questo
particolare.
Era
il 1952
e quest’anno
le vacanze
le facevo
al paese
di mia
Mamma che
visitava il
Nonno “Lillí.”
Il Nonno
era l’immagine
di “Papá
Geppetto” nel
film di
Pinocchio in
cartoni animati.
Tutti lo
chiamavano “Papá
Lillí,” io
compreso. Aveva
il naso
rosso rosso
e i
capelli bianchi
come la
neve ed
era tanto
buono. Mi
lasciava giocare
con dei
giocattoli di
legno molto
vecchi. Forse
erano gli
stessi con
cui giocava
lui da
bambino, o
forse li
aveva fabbricati
lui stesso.
Non ricordo
bene questo
particolare ma
ricordo il
trenino e
le casette
costruite con
mano artigianale.
La casa
del Nonno
era fresca
e riparata
dal sole
tanto da
avere del
salnitro su
qualche parete.
L’unica cosa
orribile erano
le mosche
che a
centinaia infestavano
la casa
e a
milioni tutto
il paese.
Chiesi al
Nonno:
- posso prendere
il “Flit?”-
- Prendi prendi.
- Il
Flit era
un marchingegno
della tecnica
del tempo.
Di fatto
era una
pompa a
mano con
un piccolo
serbatoio sulla
parte anteriore;
lí si
metteva del
D.D.T. liquido
che poi
si spruzzava
pompando faticosamente.
Io
immaginavo che
Flit volesse
dire Forze
di Liberazione
da Insetti
e Termiti.
Dissi dopo
a “Papá
Lillí:” -
visto, le
ho ammazzate
tutte-
-
Si, bravo,
ma dopo
tornano.- - Come
dopo tornano,
se sono
morte!- - Non
loro, - disse
il Nonno
– le altre
mosche; appena
sapranno che
la casa
é libera
si diranno
tra di
loro: - “corriamo
subito a
casa di
Papá Lillí
che con
la casa
vuota ci
prendiamo i
posti migliori.”-
- Nonno, mi
prendi in
giro. Le mosche
non parlano!-
-
Parlano parlano,
siamo noi
che non
le capiamo,
fra di
loro si
parlano coi
loro BZZZ...
BZZZ...- - A
me fanno
schifo, vorrei
che morissero
tutte, ché
gli insetti
non servono
a niente.
- - Servono servono,
se il
Signore li
ha fatti
é perché
servono. Se
morissero tutti,
poi gli
uccellini cosa
si mangiano?
“Stu schifiu
di D.D.T.!”
Chi
li vá
a impollinare
i fiori
degli alberi?
Ma tu
lo sai
che in
America, dove
ho lasciato
due figli,
il D.D.T
lo buttano
dagli
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aereoplani?
Poi l’anno
dopo devono
comprare
le api
e portarle
ai frutteti,
“sennó di
frutta.........”- A
questo punto
il Nonno
faceva un
gesto tipicamente
siciliano con
pollice e
indice aperti
scuotendoli lateralmente;
ormai avevo
imparato che
voleva dire
“niente.”
Il
Nonno aveva
nozioni di
Ecologia prima
ancora che
la parola
diventasse di
uso corrente.
– Papá Lillí,
le api
non si
comprano!-
-
Si comprano
si comprano,
in America
si comprano!-
- Allora anche
le zanzare
servono a
qualcosa?-Lui
pensandoci sopra
un po’
rispose:
-
quelle no,
hai ragione
tu, le zanzare
non servono
proprio a
“nenti,”
anzi,
quando vedró
il “Padreterno”
glielo voglio
proprio chiedere:
“zanzare
e pidocchi
perché li
hai fatti....?”-
Gli chiesi:
- come farai
a vederlo,
Nonno?- -Figlio
mio, io
sono vecchio
e se
anche non
lo volessi
vedere, sará
Lui a
voler vedere
me. Sono
sicuro che
mi dirá:
-“ Papá Lillí,
mi devi
scusare ma
con zanzare
e pidocchi
mi sono
sbagliato.”- - Ma
Nonno, il
Signore non
si puo
sbagliare.-
-
Sbaglia sbaglia,-
rispose - tutti sbagliamo.-
Fu
in quel
momento che
gli dissi:
- allora
io vado
su in
Campagna,
dalla
Zia Concettina,
la Mamma
giá lo
sa.- - Vai vai,
ma non
parlare con
estranei e
non ti
mettere nei
guai come
l’altro giorno
che ti
sei arrampicato
su un
albero e
poi non
sapevi piú
scendere.-
-
Ciao Nonno,
staró attento,
lo prometto.-
Ed eccomi
qui che
sto quasi
per arrivare
al “Serrone”
e non
ho visto
anima viva.
Potevo ormai
scorgere il
muretto di
sassi che
delimitava la
“Campagna”
degli Zii,
cominciai a
chiamare: - Zia
Concettina, sei
in casa?-
Un urlo
di gioia
giunse alla
mie orecchie.
– “Beddru, beddru
nicareddru di
la Zia”-
disse abbracciandomi
fini a
togliermi il
fiato. – Sei
stanco, hai
“siti?”-
E cogliendo
dall’orto un
pomodoro che
sará pesato
quasi mezzo
chilo, me
lo mise
in mano.
Non avendo
mai visto
prima dall’ora
un pomodoro
colto dal
suo
ramo, per
istinto lo
baciai. - Ma
che fai,
lo baci?
Lo devi
mangiare il
pomodoro, che
ti rinfresca
meglio dell’acqua!
- Cosí
feci, addentandolo
a
piena bocca
e sbrodolandomi
tutto. – “Trasi
trasi,”- disse
la Zia
invitandomi in
casa, - che ti
do un
pezzo di
pane e
del pecorino,
ché certamente
“fame
avrai” dopo
la camminata!-
Come poter
descrivere quel
pane di
campagna, profumato
e saporito
piú di
qualsiasi pane
al mondo.
Il
Formaggio Pecorino
era dolcissimo
e si
scioglieva in
bocca.
La
Zia Concettina
era una
donna sulla
cinquantina,
col viso
e gli
avambracci cotti
dal sole
per il
troppo lavoro
nei campi.
Aveva un
modo tutto
particolare di
ridere, metteva
le labbra
a punta,
come quando
si beve
con la
cannuccia. Evitava
cosí che
le si
vedessero
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le
gengive vuote,
avendo perso
i denti
incisivi. Sgranava
sempre gli
occhi in
segno di
sorpresa ed
aveva gli
zigomi molto
alti e
pronunciati,
come i
Mongoli. Peró.
quando mi
baciava, la
sua pelle
era liscia
e tenera
come una
pesca. Saranno
state le
cinque del
pomeriggio quando
la sentii
gridare: - Nicoló,
Nicoló, “
veni ca
c’é Franco,
lu picciliddru
di Nazarinella”
– Guardando verso
il basso
della collina
potevo anch’io
vedere lo
Zio Nicoló
che con
passo regolato
saliva verso
casa. Facendomi
una carezza
sui capelli
disse:
-
“binidittu, binidittu”
- e
per fortuna
non mi
abbracció con
l’entusiasmo
della Zia
perché un
omone come
lui mi
avrebbe sicuramente
stritolato.– Vieni, - mi
disse, – che
ti faccio
vedere il
mio orto.
- Nel
retro del
Casolare cominciammo
a camminare
tra filari
di pomodori,
zucchine, patate,
carote, cavoli
e tanti
altri vegetali.
-
Com’é tutto
bello in
ordine Zio!
- - E figlio
mio, la
terra va
curata altrimenti
non dá
frutto. La
terra é
dispettosa, tu
togli la
“malerba”
e
quella dopo
una settimana
ti ricresce
come a
dirti: “ sei
sicuro che
mi hai
tolto bene?”
e allora
la togli
di nuovo,
stando attento
di levare
bene le
radici. Non
ti dá
pace, é
come una
donna testarda
piú d’una
mula e
piú la
ami e
piú ti
fá dispetto.-
Pensando alla
Zia, mi
domandavo se
anche lei
facesse dispetto
come la
terra. - Le
vedi queste
piante di
pomodoro? Sembrano
tutte uguali,
crescono sulla
stessa terra,
eppure ce
ne una
che dá
i frutti
piú
saporiti di
tutte le
altre. Le
piante sono
come le
persone, prendiamo
i miei
alberi di
Fico per
esempio. Ce ne
sta uno,
che dá
dei frutti
meravigliosi,
ogni fico
é “tantu”-
faceva cosí
un gesto
con le
mani a
coppa. – Se
prendi cento
persone, una
sola sará
come un
Santo, un’altra
sará un
Demonio e
in mezzo
ci sono
tutte gli
altri
“Cristiani”
normali come
noi. Tra
i miei
alberi di
Fico ce
ne uno
“disgraziatu”
che dá
dei frutti
che nemmeno
gli uccelli
“s’arrimanu.” Io lo
curo come
tutti gli
altri ma
“iddru nenti”
fá
delle
porcherie di
frutta “ca
mancu li
cani.” Un giorno
pensai di
tagliarlo, ma
poi decisi
di no.
Forse é
lui che
si tira
tutto quello
che c’é
di cattivo
nella terra
e se
lo taglio
poi va
a finire
che se
lo prendono
le altre
piante. Io
lo lascio
stare, di
lavoro non
me ne
dá, a
quello neppure
la “malerba”
s’avvicina.-
Dopo
cena uscimmo
a prendere
un po’
di fresco.
In cielo
c’erano tantissime
stelle; a
Milano non
se né
vedevano cosí
tante! Si
vedeva perfino
la Via
Lattea di
cui mi
avevano parlato
a scuola.
-
Quante stelle,
Zio Nicoló!
A scuola
mi hanno
detto che
sono dei
Soli come
il nostro
Sole e
che sono
lontane milioni
e miliardi
di chilometri.
- -
Si, “minchiati,”
come lo
sanno quanto
sono lontane?
pag. 4
Che
fanno, le
misurano con
lo spago?
Mettono una
corda attaccata
a una
stella e
poi misurano
quanto é
lunga fino
alla Terra?-
La
filosofia dello
Zio mi
alsció a
bocca aperta;
dovró chiederlo
a
scuola
come si
fá a
misurare quanto
sono lontane
le stelle,
il Sole
e la
Luna. Ci
sará un
sistema, ma
non certo
con lo
spago!
-
A quei
Signori Scienziati,-
disse ancora
lo Zio,
- gli
scoppierá il
cervello
“a pinzari
di chisti
cosi nutili.”
Farebbero
meglio “
a pinzari
accomu purtari
l’acqua” in
tutte le
case del
paese e
nelle campagne,
altro “ ca
Stiddri, la
Luna e
lu Suli.”
Con quelle
non ci
possiamo “ fari
nenti,” ma
l’acqua, quella
sí che
serve a
tutti;
“Guvernu
fitusu!” - La
nostra conversazione
finí cosí,
con quella
nota d’amarezza
nella voce
dello Zio
Nicoló. Il giorno
dopo mi
accompagnó,
“ a dorso
di mula,”
fino al
paese di
Racalmuto;
-
ché tanto
devo fare
delle spese,”
- disse
lo Zio.
La zia
Concettina si
era raccomandata
che le
scrivessi quando
arrivavo a
Milano.
Con
mio rimpianto
non lo
feci mai;
a quell’etá,
scrivere, non
mi era
certamente facile.
da “ I RICORDI DI UN BIMBO INVECCHIATO”
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