Di Francesco Massinelli
"Se son testimone di teofanie lo son di ierafonie?" Questo si chiedeva un pò angariato, insincero con se stesso, un ragazzetto cresciuto senza riuscire a prendere mai la specialità di pioniere per l'incapacità ad unire due pali a croce con la legatura quadra. Non se lo chiedeva così, tanto per fare, in una cratofania assurda. Se lo chiedeva una volta cresciuto, illuminato da tutte le luci del cruscotto della sua auto in black-out, accese a segnalare troppi guasti come se fossero su di una luminaria per le festività di cambio d’anno. La sua vitalità non aveva avuto mai particolari turbamenti fino a che delle frittate di delusioni cocenti l'avevano irrimediabilmente sporcata. Qualcosa non gli era mai quadrato e non sapeva, nemmeno con una scusa di sicurezza, cos'era. Certa luce che l'abbaginava, in cui brillava un ascetismo non teistico, non aveva l'icasticità d'un gesto capace di prenderlo. Sempre e sempre soleva sottrarsi all'abbraccio ordito da chi si curava d'illuminare la sua stoffa. Sempre e sempre s'interrogava solo se c'erano certe lucine. Ma su di lui, su quel suo sostrato buonista di cui per tanto s'era approfittato senza mai mettersi in soggezione, non potevo veder bene. Quando lo conobbi se ne stava a guardare il cruscotto come un protervo ripulso a forza d'inconsulte villanie. Era così fuori di sè da spingermi a considerarlo come un europeo nel suo paese del tramonto, a porgli le domande giuste per saper qualcosa di lui. A me che stati d'animo meno simulabili manifestavo, che sentimenti di disfatta durante il mio trattamento osservavo, fu dato del temerario per come mi relazionai con lui. Toccai i giusti tasti per rendergli normale il cruscotto, risparmiando una tal profusione di sinergie che, grato del vantaggio avutone, lui mi oppugnò un raziocinante e democraticistico succo di tautologie. Tautologie bellissime, tali al punto di renderlo deridibile perché diceva veramente quel che diceva. Badando su me con consumata perizia, guardandomi come oggi s'usa fare, a fine di parenesi gli chiesi allora bruscamente: -Quante anime ti senti? Una come il tuo corpo?- Con le delusioni cocenti nell'edonismo sfrenato lui non s'allontanò con la sua auto ma mi cadde in avanti a 4 di spade. Salvò il dente che gli rimase e mi domandò: "Se son testimone di teogonie lo son di ierocrazie?"
Il presente racconto non potrà essere pubblicato, o utilizzato in alcun altro modo, sia parzialmente che integralmente, senza il consenso dell'autore
Per avere informazioni su questo autore, o per leggere altre sue eventuali pubblicazioni su Interactive People, fai clic Qui