Scompare
l'analitica disamina delle singole forme d'autonomia per cui mi ritrovo allocato
nel ruolo che le aspettative altrui mi hanno costruito. Sono un bel tipo, anche
se ho la cute del ginocchio abrasa. Ho sempre cercato la compagnia di ragazze
carine, di quelle che si dedicano alla ricerca di procedure d'accesso vascolare
atte a farti una venipuntura finta per poi lasciarsi spogliare. La mia difficoltà
di coordinamento motorio piace tanto a loro. Mi fa vedere in bilico tra
timidezza e desiderio libidico. In ossequio ai sanciti discorsi che si fanno sto
zitto poco e palpo. Afasie, disfasie, le fan gioire. Disfonie, disartrie,
dislalie presento. Rendo comprensibile il senso d'esprimibili discrasie gemendo,
sviato fino all'esser dissepolto da quel che dissolve e sgretola ogni mio
slancio. Coi miei assai buoni valori pressori tengo vicino le ragazze carine che
mi ritrovo. Ogni volta che accarezzo loro le gambe, che le piego e sento far
tic, sciorina via tutta la passione. Son bambole e il mio ardimento è trasfuso,
a roteare a catafascio col suono d'elica fuori dal giro. Si sa che non rimorchio
mai. L'anfratto, in cui sosto e da cui non scatto via, dà la prova fattiva del
posto in cui sono in pasto. In pasto alla lussuria infantile che mi porta nella
zona pericolosa delle velocità critiche flessionali, in cui si spezzano le
bambole che hai come non mai. In una grandissima centrifuga in cui puoi far
veramente quel che vuoi senza esser mai felice. Preambolo finale di chi si
crogiola nel capire quel che non si può capire, pericope nell'intercapedine del
limite. Poche stille ho nel fulgore che zampilla dall'amnesia del ricevuto amore.