LE SUE POESIE 



 

INDICE


1) Chi sono?

2) Quando parla un poeta

3) Cantavi l'inno alla vita

4) Non ditelo ai bambini
5) Un cane e il suo cucciolo 6) Mi tormenta una fanciullezza 7) E stiamo lì impalati

8) Vieni, fermati

9) Stai recitando la tua vita 10) Ti avevano marchiata 11) Forse tu, già non avevi volto 12) Ieri avevo un'idea
13) Sulla bilancia della giustizia 14) Vorrei tanto scrivere, stasera 15) Il vaso di cristallo 16) Senti come odora la mia terra
17) Se mi ritornasse la memoria 18) L'addio della rondine 19) Andare nella notte 20) Svegliatevi e... sorgete
21) Nel villaggio rinsecchito 22) Ciao signora! 23) Principe Amleto 24) Applausi
25) Se m'addormento 26) Per voi 27) Voluttà 28) Mi scoppia dentro, questa primavera
29) Fanciullo sognai


 

 

CHI SONO?

 

Nacqui in un bel paese del Sud

in un lontano giorno di luglio

da madre che ricamava lenzuola

per fanciulle ancora bambine

ragazze vedove prima di sposare

e da un padre che per non morire di fame

smise di fare il calzolaio e partì

volontario lasciandomi solo troppo presto.

 

C'era nel cielo un grosso mantello nero

popolavano le strade di Paduli passi marziali

ed ogni sabato mia nonna piangeva

per le riunioni obbligate.

 

Era bello vedere mio nonno impettito

e fiero rifiutare quel nero

ed ogni ordine che non fosse dettato

dalla sua coscienza libera.

 

Più tardi vissi con questa visione!

 

Oggi è qui nella realtà concreta di ogni giorno

per redarguirmi, guidarmi, consigliarmi

e quando sorride per la mia coerenza, godo.

 

Sono un ribelle!

 

Mi ribello alla schiavitù, all’ingiustizia,

all’ipocrisia, alla cattiveria.

Ho tantissimi difetti ma il pregio

di essere costante e coerente con i sentimenti.

 

Primo di cinque fratelli

troppo presto fui padre.

Per questo o forse per amore

ho dato sempre tutto me stesso

per vedere finalmente l’Uomo

libero come un Gabbiano.

                                                  2/7/1980


 

QUANDO PARLA UN POETA

 

Silenzio! Quando parla un poeta

bisogna ascoltarlo in silenzio,

 

Tutto ciò che dice un poeta

è sempre cosa seria e meditata.

 

Silenzio!

Voglio un mondo che parli

la lingua universale dell’amore.

Voglio scrivere per le strade

Sui muri delle case screpolate

Sui vetri degli alti grattacieli

Sui parabrezza delle auto

Sui banchi di scuola

Sul volano del tornio

I miei versi che vogliono

Esaltare la volontà del poeta

Il desiderio di un mondo

Che parli la lingua universale dell’amore.

Voglio affiggere i miei quadri

Alle aste delle bandiere abbrunate

Per questa inesausta e svogliata società

Affinché l’Uomo impari a vestire

Una camicia bianca immacolata

Per non contaminare il prato

Quando rotola per bagnarsi di rugiada.

Voglio che i quadri e i versi sventolino

Al sole caldo dell’amore

E  tu passando impari a far silenzio

Quando parla un poeta.

 

Silenzio!… Quando parla un poeta

Bisogna ascoltarlo in silenzio.

 

                                        Roma 2/3/1976

 


 

CANTAVI L'INNO ALLA VITA

 

Cantavi l'inno alla vita nel seno di mamma

t'ho visto, cucciolo d'uomo e ho pianto.

Gridavi "Osanna" e non lo capivo

perché amare quando è sofferenza?

                                                Ma tu amavi!

 

Inutilmente ho sperato al tuo ripensamento.

 

Oggi ti vedo festante, occhi neri e profondi

come la vita, il destino, la bocca di un lupo.

 

Sorridi felice! Piango, non so perché.

 

Aiutami a capire, cucciolo d'uomo.

La vita non è male?

Dimmi, perché sorridi?

 

19/10/1983


 

NON DITELO AI BAMBINI

 

Non ditelo ai bambini

che quell'albero è destinato a morire

per far posto a un grattacielo.

Per piacere, non fateglielo sapere.

 

Non dite al bambino che il grattacielo

è rifugio - non - per non essere inghiottito

dalla polvere dopo il Neutrone.

 

Per favore, non ditelo al bambino!

 

Ma se il bimbo gioca con arnesi di guerra

diteglielo che è solo l'inizio della fine.

Narrategli la storia di Martino il "King",

di Roberto e di Giovanni due fratelli

saliti sull'altare dell'amore.

 

Non dite mai loro, vi scongiuro,

che quell'albero deve far posto

ad alti giocattoli di cemento,

affinché possa guardare speranzoso

verso Oriente, gli Arcobaleni

che dovrebbero avvolgere il mondo,

e difendere la libertà agognata.

 

Roma 3/11/1983

 


 

UN CANE E IL SUO CUCCIOLO 1

 

Un cane e il suo cucciolo prendevano

il bacio dell'onda luminosa,

mentre il canto di un usignolo, lontano

accompagnava allegramente

i loro sguardi ammirati.

 

Un cane e il suo cucciolo, in riva al mare,

giocavano a muso-musetto e la luna

l'occhio strizzava; i cardellini, alle spalle,

cantavano un inno d'amore.

 

Un cane e il suo cucciolo giocavano

lanciando sassi sull'acqua salmastra

saltando di gioia, sulla riva sassosa.

 

Presero a calci la palla infuocata

volarono con i Gabbiani,

nel rosa caldo del mattino;

legarono per la coda le stelle,

planarono in campo di gioia;

ridendo cabrarono come alianti,

in groppa agli Albatro schivando

le nuvole minacciose del cielo.

 

Un cane e il suo cucciolo seduti

sulla riva sassosa del mare

vissero momenti di vita,

lanciando qualche sasso sull'acqua.

 

Santa Severa 11/7/1984

 


 

MI TORMENTA UNA FANCIULLEZZA 1

 

Mi tormenta una fanciullezza prepotente

mi assilla il giorno della spigolatura:

solchi interminabili sotto sole cocente,

voce robusta e sfottente: "non temere
per le mani, principino, un'altra spiga lì,
dietro, all'inizio del solco. Dai, principino, trotta".

 

Mi tormenta prepotentemente la fanciullezza

giorni d'autunno, vigneti immensi, uva dorata:

pane quotidiano per sfamare giorni di guerra.

 

Mi trema dentro questa fanciullezza:

ragazzi già affamati dilaniati dalle bombe,

giovani morti tra fiamme e grida di sirene;

bambini lamentosi prima della nascita

per la guerra e per il padre sconosciuto;

donne in attesa di un orgasmo dimenticato.

 

Mi urla nel cervello, la saggezza del nonno

che non avrebbe voluto la guerra

sfidando con sguardo fiero chi imponeva

gagliardetti, camice nere e sfilate.

 

Quanto mi tormenta questa fanciullezza!

 

Roma 13/7/1978


 

E STIAMO LI’ IMPALATI

 

… e stiamo lì impalati

come bidoni dell’immondizia

sotto un cielo che non vediamo

per riempirci di fuliggine

imputridirci all’acqua radioattiva

aspettando di intravedere una stella

per ricordarci come è fatta.

                                               

22/7/1976


 

VIENI, FERMATI

 

Vieni, fermati. Vieni a vedere

c’è un raggio di sole che filtra

tra due grattacieli di plastica.

 

Vieni, fermati se stasera

vuoi evitare l’amaro calice della verità.

Corri e sei addormentato

prima che il sole tramonti

non hai più forze già prima di spogliarti.

 

Dai, vieni a vedere il sole

tanto non hai più nulla da perdere

non hai nemmeno visto come sorride

o se sa piangere tuo figlio.

 

Vieni, non hai più nulla da perdere!

La tua compagna ha dimenticato

la gioia di un orgasmo

tu sei addormentato prima

che la notte scenda

e lei quasi con rabbia

si strofina su una verga insensibile

rabbiosa di godere

una voluttà mai assaporata.

 

Dai, vieni a vedere questo raggio di sole

tanto non hai più nulla da perdere

fermati.

 

Non ti sei accorto

che tuo figlio è cresciuto

non ti sei accorto

che l’inquilino della porta accanto

non ha mai risposto al tuo saluto

non ha mai voluto la tua amicizia

ed anche lui non ha più nulla da perdere?

 

Anche lui è triste

insoddisfatto e tanto

tanto solo come te.

                     

12/7/76


 

STAI RECITANDO LA TUA VITA

 

Stai recitando la tua vita

senza maschera

ed hai la faccia di cera.

 

Respiri azoto e anidride carbonica

ti soffi il naso e non sai

che solo il venti per cento

di catrame viene fuori.

 

Stai recitando la tua tragedia

a soggetto e non ti ribelli

come un “gigione”.

 

Per un pezzo di pane

chini la schiena all’ombra nera

di un riflettore spento e

reciti la tua tragedia

davanti ad una platea di

cadaveri deambulanti, come te.

                                                       3/2/1976


 

TI AVEVANO MARCHIATA

 

Ti avevano marchiata come un armento

stuprata, violentata, seviziata, affamata;

senza più nulla di umano

ti avevano buttata sulla

strada come bestia immonda.

 

Ti aggiravi con le tue compagne,

vincendo il fetore di Peonie,

su covoni di rifiuti in cerca

di qualcosa meno fomentata

dai vermi per sopravvivere un altro giorno. 

Ma se ti vedeva un “nazista“

anche quello ti veniva negato. 

 

Che cosa ho fatto in tua difesa

quel giorno? Ed ora? ...

Ora ho messo la mia penna

al tuo servizio;

la mia fede per la libertà

il mio cuore per un mondo giusto

l’anima mia per un domani in cui

l’uomo sia veramente tale

per onorare il tuo sacrificio

ricordare il tuo dolore

per il trionfo della croce.

 

3/5/1973


 

FORSE TU, GIA' NON AVEVI UN VOLTO

 

Non ricordo il tuo volto

forse già non l’avevi quando

percorrevi il marciapiedi

della stazione di Varsavia

lungo il binario dove

un attimo solo si fermavano i treni

 

che portavano la “ JULIA “ in Russia.

 

Forse tu, già non avevi volto

ma la tua voce rintrona

come un’eco interminabile

dentro il mio petto: pane, pane!

 

Forse tu già non avevi volto

ma l’eco dei passi stanchi

che trascinavi su stecchini

- che una volta erano state

gambe belle, tornite, lunghe –

martellano nel mio cervello

come la tua voce nel mio petto.

E gli stracci che a malapena

coprivano il tuo scheletro

negli occhi mi porto

come una bandiera

vessillo di giustizia, di libertà

e d’amore per la mia battaglia:

vessillo di sacrificio per te

piccola ebrea senza più volto

che percorrevi il marciapiedi

della stazione di Varsavia

- perché vivere ancora volevi –

lungo il binario dove

si fermò un attimo

il treno che trasportava

i ragazzi della “JULIA”.

 

Avrei voluto darti cibo e vestiti

piccola ebrea senza più sembianze

ma quei ragazzi avevano fame

tanta come te ed io non c’ero.

Un soldato mi ha parlato di te

un soldato che quel giorno ha pianto

e avrebbe voluto

con le sue lacrime dissetarti

col suo corpo sfamarti

col suo sangue cancellare

il marchio giallo che portavi al polso.

 

19/3/1973

 


 

IERI AVEVO UN’IDEA

Ieri avevo un'idea per la testa

cantar d'un cavaliere d'altri tempi

forte e sicuro con la spada in mano

pronto a combatter per il bene umano.

Oggi mi trovo a parlare di un uomo

alto e magro nemmeno tanto bello

che capovolse il mondo girando

a piedi o in groppa a un asinello.

Parlo oggi di un Uomo alto e magro
nemmeno tanto bello che sconfisse
il deserto attraversandolo a piedi
sotto rovente sole. Un Uomo che vinse
la sua battaglia senza spada.
Che predicò la pace
Impose la libertà affermò,
la vera giustizia. Un Uomo
nemmeno bello, nemmeno fusto.
Parlo di quest'Uomo tutt'amore
che aveva uno sguardo che penetrava
e dentro l'anima scavava.
Quest'uomo che fece oscillare
un impero e riscosse invidia
Lui che predicava solo amore.

Non è forse anche Lui
un cavaliere d'altri tempi
pur se cavalcava un asinello?
Non è forse anche Lui
un grande guerriero
anche se combatteva senza spada?
Non è forse anche Lui,
forte e coraggioso
anche se era esile il suo corpo?
L'ho sentito dentro il grido Suo

anche se parlava dolcemente.
Quel grido ha capovolto il mondo.

È stato un Uomo forte e coraggioso
e i vigliacchi bastardi in agguato
lo fecero morire come s'usava ai ladri
senza sapere che in quel momento
con quell'ingiustizia
esaltavano la Sua forza
affermavano il Suo coraggio
scrivevano col Suo sangue
il diritto alla libertà:
lo glorificavano UOMO!

Ieri avevo un'idea per la testa
cantar d'un cavaliere d'altri tempi
oggi ho parlato di uno spilungone
esile, nemmeno bello, nemmeno fusto
che dissetava gli assetati
sfamava gli affamati
faceva udire i sordi
vedere i ciechi
camminare gli storpi
e combatteva camminando scalzo
nel deserto infuocato, senza spada.

Gli assetati ebbero giustizia
gli affamati l'amore
i sordi parole di speranza
i ciechi videro la gioia
gli storpi camminarono verso la felicità.

Ho cantato di un Uomo
che morendo sulla croce
dimostrò di essere veramente UOMO.

Ieri avevo un'idea per la testa
invece ho parlato di chi inventò
la RIVOLUZIONE!

12/7/77

 

SULLA BILANCIA DELLA GIUSTIZIA

 

Sulla bilancia della giustizia

ho messo i nostri corpi di amanti poveri

che hanno tanta luce da donare.

Il piatto pendeva dalla parte opposta:

                               e questa è giustizia?

 

Dall'altra parte bidoni ricolmi d'immondizie

e di cadaveri mascherati da uomini; la luna

non ha sputato nemmeno un piccolo raggio:

                           e questa è giustizia?

 

Quanta miseria c'è al palazzo della giustizia!

Ecco perché non mi lamento

tu e io siamo i più ricchi del mondo.

 

Dalla bilancia della giustizia

ho tolto i nostri corpi di amanti poveri

e vi ho messo la casa che hai sognato

la casa che ogni giorno sogno.

Il piatto pendeva dalla parte opposta.

Vi erano bidoni ricolmi di sterco

mascherati da uomini, case vuote,

abitate nemmeno da spettri.

 

Uomini avvolti in una coperta di fango

nascondono la loro volontà; noi sfiancati

ma non domi, grattiamo il fango con le unghie

e intoniamo la canzone fatta di parole d'amore.

 

                                                                    Roma 21/2/1976


 

VORREI TANTO SCRIVERE, STASERA

 

Vorrei tanto scrivere, stasera!

Vorrei scrivere e parlare di te

di me, di cimiteri stanchi e senza croci.

Parlare soprattutto di quest'amore

che s'infiamma come un cerino

e mi consuma come una candela.

 

Scrivere di te, parlare di me, ma il vento

ulula come un cane in una notte di luna piena

nella tromba dell'ascensore, ed io ancora taccio;

non il cuore che grida più del vento

che piange più del cane,

che langue come un bambino

che vorrebbe dormire fra le braccia del padre.

 

Vorrei scrivere anche di questi bambini

ma il vento è più forte di mille fanfare.

Il suo lamento grida amore

come il bimbo che non dorme col padre

come il cane in una notte di luna piena

come la donna alle soglie della vita

sulla tomba della madre, in attesa di vedere

la parola t'amo fiorire, sulle labbra dell'amato.

 

Vorrei tanto scrivere stasera

ma il vento soffia più forte

di cento milioni di fanfare

e il cuore piange come un bambino

che vuole dormire col padre.

 


 

IL VASO DI CRISTALLO

 

Il vaso di cristallo azzurro

dove riponevo i miei sogni

si è rotto.

Mi chino a raccogliere i cocci

le mani mi tremano ricadono ancora

è polvere!

 

Mi rialzo

e colei che me l'aveva regalato

non c'è più anche lei era solo

un sogno.

 

Nel cielo

ogni sera ritrovo i suoi occhi

tra le stelle,

nelle rose la sua bellezza

e ne gioisco.

 

Ma il vaso di cristallo azzurro

dove riponevo i miei sogni si è rotto.

 

Anche lei era solo un sogno.

 

Napoli 10/1/1956  


 

SENTI COME ODORA LA MIA TERRA

 

Senti come odora la mia terra?

Profuma di... vita.

T'ammanta l'anima in traboccante

amore: quanto è bella la mia terra!

 

Verdi colline, querce secolari, smaglianti

ruscelli canterini, costoni gialli di sole

battono in petto. Rido e volgo lo sguardo

                                    pieno di calda gioia.

                                                         

Roma 2/11/1984


 

SE MI RITORNASSE LA MEMORIA

 

Se mi ritornasse la memoria,

potrei dirti le cose che ho pensato

ricorderei il melograno nel giardino

e il confronto che con esso facevo:

se mi ritornasse la memoria!

 

Smemorato ricordo oggi

- mentre il sole avvolge il cuscino -

i tuoi baci brucianti

il mio corpo tremante

le parole consolanti.

In quell'attimo sono stato io.

 

Io felice e tenero, invidioso e tenace

uomo fortunato: tu sei nata nel mio tempo.

 

Povero me se fossi nata al tempo di Fidia!

 

Lui non avrebbe amato Atena Nike

ed io non avrei avuto te.

 

Ah, se mi ritornasse la memoria!

 

                                                         Roma 8/8/1983


L'ADDIO DELLA RONDINE

 

Mai più verrà la rondine

al richiamo della primavera.

 

Mai più vedrò le rose sbocciare

nel triste giardino della vita

come illusione di vita serena.

 

Rondine partisti

come morte furono le rose

del mio triste giardino.

 

Non tornerai più.

 

Se ritornassi non più il corpo

troveresti all'ansiosa attesa

ma l'anima desiderosa d'amore

ci sarà in quel triste giardino

ch'è la vita mia.

 

Napoli 11/11/1955


 

ANDARE NELLA NOTTE


Non c'era polvere. Il cielo cupo
nella nottata serena. Tra tavoli
incorniciati da piante ben curate
uomini camminavano nella notte.
Un uomo cercava e nei suoi occhi
c'era la sete di sapere
da immagini di “pupazzi".

 

Non c'era polvere in piazza della Rotonda
tutto era lustrato solo il “Pantheon"
palpitava di vita tra tavoli lucidati
e "pupazzi" e cielo indifferenti.

 

Vent’anni riccioli biondi occhi
azzurri come un altro cielo
cercava la polvere dei suoi anni
gridò la sua disperazione tra i “pupazzi"
- che popolavano la piazza -
aveva avvertito l'alito di vita
del " Pantheon " e gridava gridava.
Il suo grido era di richiesta voleva
gli anni che i “pupazzi " gli avevano rubato.
La fontana raccoglieva le lacrime
del mausoleo e mormorava con indifferenza, prima.

 

Una fanciulla nel cuore della notte
prese quelle lacrime nelle sue mani
le spruzzò sul volto del ventenne
scavato da forte dolore e questi
sembrò calmarsi e gli occhi ebbero
finalmente una lacrima propria.

 

Andare nella notte mentre splende il sole
alla ricerca di una vita mai esistita.

 

Un uomo canuto e solo nella piazza
deserta illuminata da una " fiaccola "
parla con un cartello stradale.


Quanta viltà m'inchioda al volante!

Roma 5/9/1977


 

SVEGLIATEVI E ... SORGETE  

Svegliatevi, sorgete dal letame
in cui crogiolati vivete.
Svegliatevi fagotti di pezza e di fango.

 

Svegliatevi! In piedi figli di puttana
non sentite un giovane gridare senza voce?
Grida la sua disperazione, la sua solitudine,
il suo diritto alla vita, grida.

 

Ha solo ventenni e la sua
non è stata esistenza.

 

In piedi figli di puttana,

aprite le finestre e ascoltate.
Già! Le lenzuola sono di lino
le braccia sono calde e lascive
quelle che vi legano a letto.

Le finestre rimangono chiuse
e il grido echeggia nella piazza
popolata solo di " pupazzi "
- sulla città indifferente
nelle alcove nei " night " dove
fantocci orgianti credono
sguazzando nella melma di vivere -
per finire smorzato da più forte
dolore nelle braccia di un poliziotto.
E voi, fagotti di fango domani
metterete gli occhiali più scuri
per nascondere gli occhi gonfi
berrete limonata calda per celare
l’odore dello sperma ingoiato nella notte.
Guardatevi allo specchio e non tremate
quella è la sembianza di pezza e di fango
                                      di chi è già morto.

Roma  5/9/77


 

NEL VILLAGGIO RINSECCHITO

Nel villaggio rinsecchito sulla mia fronte
vedo il mio corpo appiattito
tra le lamiere contorte di una inutile vita.

Un cane abbaia disperato!


Nessuno vede l'anima mia ormai
libera di volare incontro al sole.
Tu taci! E tace anche il vento
e il mare. Non una stella fa la spia.
Tu taci perché hai capito l'assurda verità
che come Andromeda mi ha tenuto legato
a catene impossibili in attesa del drago.
Gli sono andato incontro per amarti
amarti sempre. La paura di perderti!


La paura di sapere veramente
la grandezza di questo amore.


Nel villaggio rinsecchito sulla mia fronte
vedo il corpo appiattito tra le
lamiere contorte di una vecchia
cinquecento inutile come la paura.
Il mio sangue grida libertà come me
ma è sincero. Io vile e per amore
guardo il corpo senza più vita e
sorrido come il sangue mio che
guarda il sole in faccia
senza temere di bruciarsi.


Nel villaggio rinsecchito sulla mia fronte
solo Gabbiani volano e guardano senza pietà
il mio corpo appiattito tra le lamiere
di una vecchia cinquecento senza più vita.


 

CIAO, SIGNORA!

Ciao, Signora!

Imparai ad amarti sulle pagine di Goethe

Piovene mi portò per mano

e il desiderio di vederti s'ingigantì.

Ti amai. Signora mia, senza vederti!

Oggi che ho accarezzato con mano lieve
i tuoi monti come seni turgidi
di amante giovinetta;
oggi che ho baciato le tue valli
come fianchi torniti
ti vedo signora cara
donna fiorente e canto:
spalle robuste ecco perché
hai sopportato e respinto
gli assalti dell'ingordo.

Come chioccia amorosa
proteggi sotto le ascelle profumate
di mare e di giardini fioriti
Genova e Trieste. Dall'una nasce grazia
dall'altra amore profondo e forza
per vederti fiorente e libera
nella bellezza tua.

Ho carezzato, Signora, e benedetto
quelle forti spalle.

Ho sentito il battito del tuo cuore
nell'incanto della Romagna.
Sui colli dell'Emilia
ho dissetato l'arsura di pace
Sulla Piana Toscana
sul Tavoliere ho sfamato
la mia giustizia

nell'azzurro mare dello Stretto
ho ritrovato il mio equilibrio

nell'incandescenza del sole siciliano.

Nell'ardente rosso della lava dell'Etna

ho bagnato il mio corpo

per attingere forza per la lotta

E lotterò, Signora, per vederti

sorridente e felice.

Non più languore antico

utopistico o platonico

ma energia e amore

amore puro e forte

gigante come sei tu SIGNORA!

A tè somiglia o donna l'amore mio.

 

11/4/1976


 

PRINCIPE AMLETO

Hai ragione principe Amleto!
C'è del marcio in Danimarca
e non solo e non poco.

Piangere la morte di Ofelia?

 

Non serve se la morte non ha senso
Amleto non serve il tuo dilemma
tutto è chiaro: Ofelia non affoga
per amore e il marcio non è solo in Danimarca.


Non c'è donna che per amore muore
c'è solo sterco e marcio che riempie
la bocca di chi osa dire ti amo.

L'amore è stato abolito dal vocabolario

Povero Amleto non serve
neanche la tua finzione
persino Pulcinella ne ride
e Ofelia? Finge di piangere
mentre recita di affogare
in questo sterco più alto dell'Everest.

Roma 2/12/78


 

APPLAUSI



Parlare d'amore lottare per l'amore vivere
era l'unico sogno sola speranza
per un applauso.

Per un applauso chinavo la testa sorridente
e tu piangevi. Piangevi perché l'applauso
per te era il mio dolore più profondo.

Parlai d'amore diedi l'anima all'amore
ma l'amore? È rimasto l'applauso.

 

Mi ribello a questi applausi
e divento uomo. Mi sento uomo
e grido basta. Cambierò il mondo
l'uomo sarà tale ho l'amore con me.


L'amore che mi farà suonare
in una sola volta tutte le sinfonie
di Wagner e di Beethoven; il " Clown "
non farà più ridere e tu avrai
mai più voglia di piangere.
Prima le tue lacrime purificavano
l'uomo e quando suonerà la tromba
di Gerico mi troverai in piedi
pronto a fronteggiare il male
solo allora non sentirai l'applauso
perché sarà improvviso e fragoroso
tanto da distruggere il mondo.

L'amore camminerà silenzioso
perché un cipresso non muore mai.

 

Roma 24/12/1978


 

SE M'ADDORMENTO

 

Se m'addormento svegliami

se non mi sveglierai troverai

al tuo fianco il cuore freddo.

Ma tu mi sveglierai.

 

E' triste questa notte di ansia e di paura,

non un grillo canta sotto la luna,

anche le cicale tacciono.

Sull'albero giovinetto ancora

un usignuolo tenta il suo canto

ma è subito silenzio.

 

La città nuova abitata da spettri

robotizzati è una tomba enorme.

Solo un cane guaisce in lontananza

e il battito fremente del mio cuore.

 

Un usignuolo tenta il suo canto

ma è subito silenzio.

Il respiro non muove una fronda

una folata di vento vorrei.

 

Se m'addormento svegliami

non lasciare che il cuore

diventi freddo.

 

Basta la mia paura!

                                                  Roma 14/7/1978

Poesie tratte da:

Il vaso di cristallo – Il vestito più bello – Se m’addormento – Dove vai, Uomo?- Zolle profumate di vita – Poesie della Vita – Occhi che non capivano – Camminare cantando – Musica bruciata.

 


PER VOI 1

 

Per voi

mordo la pietra

con  i denti

apro la via al cammino.

Per voi

domani uomini

generosi e forti

vado pel mondo

predicando amore.

Per voi

tolgo alle rose

le spine.

Domani

quando le coglierete

non pensate alle mani

sanguinanti

che tolsero le spine.

 

Per voi

vado pel mondo

predicando amore.

 

Roma 30/3/1961


  VOLUTTA'  1  

 

Rossore di viso

tremore

di labbra dischiuse.

 

Pallore di viso

fremere

del corpo flessuoso.

 

Pudore di luna

gemere

di erba in germoglio

rossore di sesso

a contatto di carne.

 

E le stelle feriscono

il turgido seno.

 

Napoli 6/1/1956

 

1) Da il “Vestito più bello” 1 premio Città di Palestrina poesia inedita 1986


MI SCOPPIA DENTRO, QUESTA PRIMAVERA

 

Mi scoppia dentro, questa primavera,

improvvisa, come una bomba al neutrone.

E canto col sole che nasce, ridendo.

 

Questa primavera tenera e cara

che zampilla dalle mani anchilosate

come acqua sorgiva da terra inesplorata.

Sì, questa primavera è amore!

 

Nelle vene scorre linfa nera

da vergare sulla carta sui muri forse,

per gridare senza voce amore

e sentire il cuore scoppiare

come sole in cielo limpido

come il tuo sguardo pulito

come il tuo sorriso sincero

come le tue carezze riposanti.

 

Questa primavera tenera e cara

che zampilla dalle mie mani è il

miracolo che fiorisce sulla tua bocca.

 

 

                                    Roma 13/6/1982


 

FANCIULLO SOGNAI

 

Fanciullo sognai di te, amico

insperato e mi fosti specchio.

Come l'allodola dall'alba fui attratto

alla Musa, che fu condiscendente con me.

 

Avevo vent'anni allora.

Volli mostrare a te,

specchio di vita pura,

il mio canto e tremai.

 

Il tuo sorriso luminoso

spazzò la mia paura.

La tua bontà m'aprì il varco

nel fitto selvame dell'Averno.

 

Seguo la via che tu, amico insperato,

segnasti per me e sento che mi porta

                      oltre l'Averno.

 

Non lasciare la mia mano,

quel sole si è offuscato,

quel varco si chiude, piovono

dal cielo lacrime senza sale.

 

                        Roma 20/6/1962



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