GLI SCHIAVI, IL METALLO, LA CENERE (C) 1976
Prose poetiche di REMIL
GLI SCHIAVI, IL METALLO, LA CENERE
IO VEDO
Io vedo
delle navi che partono e non arrivano mai.
Più le onde schiaffeggiano,
più i venti s'alzano
e più le navi dimenticano l 'ancora necessaria
che fermi un punto brillante che non abbia mai fine,
di cui non si conosca l’origine
e l 'infinito appaia raggiungibile.
Io vedo
delle luci che si accendono e si spengono
sopra una grande foresta.
Tutti gli animali hanno un atteggiamento vivo
e vedo stormi d'uccelli che volano verso il sole
e un fanciullo con le mani tese verso la libertà
che ha lasciato dietro di sè .
Gli uccelli troveranno il sole
il fanciullo invece si perderà nella foresta
e già ascolto il suo pianto tenero ,
melanconico,
disperato
freddo,
LA MARCIA FOLLE
Verrà un momento
in cui ti volterai per dire: "Basta"
E il capo si piegherà sconfitto
perché vedrà nel suo cammino inutile
il punto centrale della verità
Lo vedrà smarrito nella fanciullezza,
nella gioventù consumata
o nel fondo di due occhi luminosi di pianto.
Un lampo di fede ha attraversato il tuo cammino.
Perché non l'hai afferrato?
Poi tanti sassi e pietre fredde
e la stanchezza,
la stanchezza enorme
appesantirà il tuo capo di colpa.
IMMAGINI
Scorre come platino fuso
questo fiume.
Ha l 'immagine della paura!
Non ci accorgiamo,
tanto siamo immersi
del mutismo assoluto del metallo
che ci trascina nel vortice:
è l’immagine dell'incomprensione!
RAFFICHE DI METALLO
Raffiche di metallo grigio
hanno investito il tuo volto.
Noi abbiamo riso di te!
A cosa e' valsa la tua verginità
calma e tranquilla
come la pace d'un cipresso?
Anche lui serenamente t'abbandona,
toccante creatura,
dolce cancellatrice di memorie,
spiga di grano,
eternità ormai divenuta mortale.
RUOTA
Tranquillo
il passo militare
d'una ruota stanca,
assente,
sembra perdersi nella città'
ma sui gradini d'una chiesa
trova un prete brutto,
piccolo,
nero,
e passa avanti stridendo,
scricchiolando sull'asfalto liscio.
IL SOLE E LA NOTTE
E' sempre cosi' di giorno e di notte.
C’è il gallo che canta
e la stella che torna
con i suoi sogni per te
contadino del mondo
ovunque tu sia.
Con le mani affondate nelle tasche
fischietta il fanciullo
e la fanciulla lo attende alla finestra,
ma un altro è passato prima di lui,
ed è la stessa cosa.
Di giorno.
Di notte.
Il lavoro stanco,
il riposo pigro
e poi il gallo che canta
e si passa il giorno sperando
nelle stelle che verranno:
ma è una notte di novilunio
e non si vede niente
mentre un fanciullo fischietta ancora deluso
con un filo di paglia in bocca
e una lacrima
che il sole ha asciugato sul suo viso,
e poi la notte.
Ma il fanciullo è stanco
e vomita odio e dolore
al solito canto del gallo
e lascia il suo mondo
per seguire un cercatore d'oro,
ma il colore del metallo non cambia la vita
e fischietterà ancora deluso
al chiudersi d'una finestra
in un peccato d 'amore.
SUICIDIO
Scende senza tempo
la volontà di spegnere
con un gelido soffio
l'ultima luce,
nella penombra, già sconfitta.
Vorticoso e attento
gira un gioco d'immagini
uno scherzo di colori
nella forzosa e stanca assenza del silenzio
come paradiso terreno.
Si separano spazio e tempo
e la morte cosparge la novella serena quiete
d 'una melanconia metallica:
è l’ultimo oltraggio
e il primo richiamo obbediente.
L 'ABBANDONO
Niente più triste quella sera
aleggiava in quello spazio
in cui raccolti i nostri abiti
spandevano miseria e dolore.
Era la notte dell 'agonia
che si torceva tra i rami
scuotendo le foglie.
E le foglie pietose
cadevano a coprire le nostre carni
pronte per il sacrificio.
Non c 'era alcuna ombra
giacché il nero
ammantava quelle zolle di terra umida.
Era la notte dell 'abbandono
in cui niente era più triste
di quelle anime
che avevano lasciato il loro corpo
al vertiginoso possesso della cecita'.
L'AMANTE DELLA SCOGLIERA
su questa scogliera umida
si bagna e ne porta i riflessi lontano.
Lontano e vicino
s'ode un oboe cantare.
E' forse il verso antico
d'un amante della scogliera
che passa le sue sere
a cantare una canzone ancora straniera.
La luce che poggiava le sue mani
su questa scogliera umida
si è bagnata di sangue
ma i riflessi vanno ancora più lontano:
è l'amante della scogliera
che ha imparato la sua canzone mortale
per insegnarci a vivere.
ARLECCHINO
Un arlecchino abbandonato,
un sospiro mozzo, tagliato.
La vertigine della verità
trasfigurata da una maschera d 'arlecchino
appena avvertita
da una lacrima d'un bimbo.
UNA FAVOLA
Smetti di riposare ed alzati!
Di là cè uno straniero
venuto da molto lontano.
Ha detto
che devi imparare a lavorare
se vuoi vivere.
Ha detto
che devi amare la tua donna
perché l'hai scelta
tra le tante che avevi.
Ha detto anche
che è giusto che ti decida a bestemmiare
se non vuoi pregare.
E' inutile, ha detto,
che riposi nel tuo letto
se non l'hai meritato.
Può essere, afferma lo straniero,
che qualcuno venga,
ti frusti la schiena
e ti faccia scendere giù dal letto
con la forza.
Ti avverte
che sarai costretto a dormire per terra
per molto tempo.
Ma l’uomo non rispose.
Continuò a dormire,
a mangiare,
a fumare.
Allora lo straniero entrò,
gli frustò la schiena
e lo fece scendere giù dal letto
con la forza
e se ne andò
Avvenne cosi' che l’uomo
fu costretto a dormire per terra.
Ma comincio' a lavorare,
amò la sua donna,
bestemmiò quando fu necessario
e pregò anche,
ebbe il suo letto
e fu felice
IL GIOCO DEI DADI
Un uomo s’è giocato la pelle
al gioco dei dadi.
Ha detto quello che aveva da dire
e s’è lasciato andare.
Non ha atteso
o meglio non ha saputo attendere oltre
e s 'è abbandonato.
Noi lo abbiamo giudicato.
Noi lo abbiamo ucciso.
La sua morte è la nostra umiliazione.
La sua morte è la nostra pena.
La sua morte è la nostra morte.
Rispetto,
per chi sa giocarsi la pelle
al gioco dei dadi!
CANARINO
Torna a comporre le tue melodie
canarino giallo
come la gelosia che incatena gli schiavi.
Torna a cantare
la tua modesta passione,
tra i fili di ferro
brillerà un raggio di sole
e gli schiavi godranno
d 'un momento di libertà.
TU ANDRAI
Tu andrai,
lo so che andrai
perchè tutti se ne vanno
ogni giorno, lontano.
Riposeranno sopra un morbido letto
dove saranno traditi ,
poi torneranno.
Anche tu tornerai,
anche tu !
CHI?
Chi è che conosce gli occhi
d'un uomo malato dal mondo in cui vive,
in cui sogna,
in cui pensa?
Chi è capace di scolpire con forza
senza far male
il cuore di un uomo perduto?
Una parola buona vale una vita.
Un dono vale un amore.
E chi non parla
chi non dona
non vale nemmeno una lacrima
pianta da un uomo perduto.
NOIA
La stanza
con i suoi colori ormai stonati
riempie di vuoto l'angolo
dove gli occhi pigri
si poggiano per trovare un motivo.
Un ricordo idiota
torna alla mente,
poi volti il capo alla finestra
e scopri il sole
che illumina il giorno
che non hai trovato.
L'orologio muto
lascia trascorrere il tempo necessario
per la lenta agonia.
UNA DONNA DEL POPOLO
E' una donna del popolo.
Dove va non sa,
viene dalla città nera
dei suoi incubi.
Va per non tornare più,
per restare
dove il corpo le inventerà per un attimo
la sensazione della felicità
in un atto di sospensione totale.
E' una donna del popolo
e dice buongiorno a tutti.
Si volta a destra,
si volta a sinistra
e dice buongiorno
ma nessuno risponde al suo buongiorno.
Quale strano destino ha scelto!
Dire buongiorno
sotto l'ombrello dell'indifferenza umana.
E' una donna del popolo
che va e non ritorna
mentre segue tutti i sogni
che s'involano verso le rive infinite
della sua irrealtà
L'ora è la sua pena
Il tempo il suo dramma.
La sua vita
è l'ora che passa
nel tempo che vive.
E' una donna del popolo
che non ha più la sua città,
che non ha più le sue preghiere
che non sa quando morirà,
che non sa perché
cammina ancora.
IL MATTINO DEI FIORI
Nell 'aria s’è fermato qualcosa di giusto.
E' dunque il mattino dei fiori?
Qualcosa che era andato
e non tornava più da tempo?
Ora e' tutto qui, fermo e preciso
come un' istantanea.
Seduto a Piazza di Spagna
un poeta canta sotto i bombardamenti.
Era il mattino dei fiori
e qualcuno raccolse un sorriso.
Inevitabilmente poi tutto s’assopì
e restò tranquillo il giorno
come lo è sempre stato.
AL TUO LUME
Ecco un'immagine distorta
sommessamente nascosta
nella tua memoria.
Vicino al tuo lume
appare d'incanto
il momento del silenzio:
e' l'ora esatta
perché tu pieghi l'ala
uccello notturno
e ritorna nella notte
un'antica preghiera.
BAR CENTRALE
Quattro sedie,
due tavoli
e un uomo
che sta cercando la sua sedia
e il suo tavolo.
Ancora sta aspettando
un bicchiere di liquore
sul tavolo preso a caso
e attende d 'essere bevuto.
Intanto una sola gola
resta bruciata dall 'alcool
ma non è paga.
E due monete sonanti sul tavolo,
e una non vale.
E l'uomo raccoglie la sua sciarpa
caduta per terra
mentre marzo
sta giocando col vento.
INSONNIA
Che perda le sue gocce
il lavabo maledetto
anche se non mi fa dormire.
Proverò
fra queste calde coperte del mio letto
a sognare la siccità
quando ogni goccia sarà versata
e poi bevuta
a tempo e luogo
senza spreco.
FURIA UMANA
Due occhi
accesi nella notte
contro due fari spenti
d'una macchina in sosta.
Uno schianto e un rottame
di ferro e sangue.
Poi la folla addita un uomo
che non sapeva,
che non voleva,
che capiva solo altri pensieri, altri gesti.
- Assassino -
e gli cavarono gli occhi.
Poi lo lasciarono lì,
agonizzante
in una pozza di sangue e benzina.
Una macchina
era stata distrutta
e il suo profumo metallico
si spandeva nell 'aria
riempiendo di mesta malinconia
un corteo funebre.
Nulla,
niente,
nessuno
restarono accanto
ad un modesto rottame
d' ossa e sangue .
LIBERTA'
Sognare d'essere un uccello
e volare tra i colori del cielo
e salutare un' aquila
senza che questa
straluni gli occhi.
E SARA' TUTTO COME PRIMA
E sarà tutto come prima mia fanciulla
che desideri la tua notte d'amore.
E sarà tutto come prima
mio giovane distratto
che non le darai mai la sua notte d'amore.
E tutto sarà come prima
anche per la notte d'amore
che verrà promessa e dimenticata.
E se ne andrà ferita nei cuori feriti,
lasciando tracce di sangue,
seminando la nostra vita
di tristezza e malinconia,
coprendola d'un folto velo
freddo come il silenzio.
L'UOMO TRADITO
E non s'è accorto di niente.
Credeva ancora di vedere
la fiaccola brillare.
Invece era lo strano,
ineffabile scherzo di luci
delle tue mani
che come una stella
morta da tempo,
donavano luce spenta,
senza vita.
DICONO CHE LA SERA
Dicono che la sera
scende anche dove il cuore non palpita più,
dove il sangue perde ogni giorno
dalla pelle malata.
Dicono che la sera
fa palpitare anche i cuori
che non conoscono la strada cattiva
del loro cammino
poiché il sangue rappreso placa le ferita.
Dicono che la sera
nessuno riflette sul giorno che segue
quando tutto è svanito
dimenticato
e si torna a combattere
la nostra pazza avventura
VENITE , ASCOLTATE
- Venite, ascoltate
la storia d'un uomo
che ha amato il sole e la notte.
Libertà ed amore.
Amore per la libertà della terra. -
Un cieco così gridava
sotto la pioggia
tra polvere e fango,
tra bambini felici,
tra serpi di bosco.
- Venite, ascoltate
la storia d 'un uomo
che e' stato ucciso più volte
da volti di fuoco.
Che è sempre fuggito
su ponti bruciati,
caserme di ferro,
tra il sangue.
La gente ascoltava,
gettava il soldino,
passava in silenzio,
fuggiva gridando.
- Non voglio denaro,
non datemi pane,
son morto da tempo
ma la voce non stanca
continua a parlare.
Sentite?
Ascoltate anche voi il suono di tromba
che canta vittoria?
La vittoria che ha perso
ancora una volta
tra cuori di pietra,
tra vermi di prato,
tra masse di semi
malati in un campo. -
La gente ascoltava
sommersa dal piombo,
ferita nei fianchi
dall' ignavia del tempo.
- Non andate lontano,
non potete fuggire.
Siete sempre legati
con le mani in un sacco
e dovete morire
morire più volte.
Acquistate la vita,
la vita d'un cieco,
è facile, gente,
ma costa parecchio. -
Il vento ascoltava
la gente fuggiva
portando il rimpianto
il rimorso del gelo
di popoli freddi
con le mani in un sacco
ormai senza sorrisi
senza parole
per poter raccontare
la storia d'un uomo
che muore ogni giorno
tra serpi di bosco,
tra vermi di prato.
NATALE DI BORGATA
Un organetto di periferia
ascolta l'eco
dolce
molle
liscia
d' una avventura strana,
e sogna labbra rosse.
Frigido ,
secco,
duro
il suono metallico
d'una campana
che suona la mezzanotte.
Poi il concerto degli schiavi
liberati dalla tormenta!
VALLATA
Giunge a te
il canto di chi ascolta
la voce dal fondo d 'una vallata
accorta e silenziosa.
Senza un lamento
cade una pietra dolce e levigata,
poi il boato
che si spegne subito
nella notte che l'ha accolta.
INCOERENZA
L' incoerenza
è la piaga distruttiva
e la piega felice dell 'uomo.
La convinzione d'un pensiero
poi la convinzione d'un altro
e l'uomo muta il posto
e il verso come un'anguilla.
E' la sorpresa di scoprirsi diversi
in fondo
l'unica variante
per una vita
silenziosamente monotona.
CIO' CHE CONTA
Ciò che conta
è sempre lontano da noi
o talmente vicino
da sfocare la vista.
E le mani girano sempre
attorno a quello che conta
lasciando cadere
goccia a goccia
ogni stilla di speranza.
QUARTA DIMENSIONE
La mente vacilla, si perde.
Risponde un amore che vorrebbe tornare.
Il cuore non conosce la via senza lampioni.
L'ora termina il tempo del solito dramma.
Per quanto? Per quanto?
Poi un secondo nuovo.
E ricomincia un'altra ora.
TEATRO
Teatro malinconico.
Teatro serale.
Ultimo spettacolo d'una notte fonda,
senza luna.
Da dove viene la tristezza
che attanaglia gli schiavi?
Che ne hai fatto
dei tuoi personaggi malati?
Dal Teatro si ribella una voce:
- Dov'e' la mia platea? -
Svelto
attento
silenzioso
un sipario rosso scarlatto
chiude la scena.
E' la fine dell'ultimo atto
senza platea,
senza personaggi
e finalmente il Teatro,
chinato il capo
piange
abbracciando colpevole
tutta la sua solitudine.
INEDIA
Dopo
anche l'inferno
sarà un luogo di pace.
CIO' CHE NON HA IMPORTANZA
Ciò che non ha importanza,
ciò che sembra irriverente
ha forse l'aspetto della vita.
E' il mostrare un culo nudo
talvolta
che libera il passo
a valori più eterni
che non un gesto
un pensiero
soffocato tra le spine della morale.
DISTRAZIONE D ' UCCELLO
L’uccello distratto
spesso si trova nel fango
poiché s'era illuso
di vivere a mezz’aria
per sempre
con le ali aperte
verso l’ infinito.
MILLE CROCI
Mille croci
su di un campo di battaglia.
Mille croci uguali
e v'è poco d’intelligibile
per il profano
che è venuto a cercare
sul tuo campo.
Ogni giorno una croce
si aggiunge alle altre
e il sole non penetra
più tra quel groviglio di miserie,
e sono mille e una.
Non ci sono uccelli
che riposano sul legno marcio.
Puzza troppo l'aria
anche per l'uccello
che vola di passaggio:
e un campo triste,
desolato,
dove l'acqua imputridisce l'erba
e sono mille e tante.
Ora è divenuto grande
e troppe son le croci
ed e' pesante per la terra stessa
che a stento sopporta
e non sprofonda.
ESTRATTO UMANO
Su di un muro,
una macchia di sangue!
IMMAGINE D'UCCELLO
Un uccellino di gabbia,
uccellino morente,
senza chicco,
senz 'acqua,
nascosto.
E viene la sera.
E viene il freddo.
e viene la mano tiranna
che copre con panni ruvidi
la rugginosa sabbia
per farti vivere
ancora un giorno,
un'aurora,
un'alba galante
che si confonde
con le tue note felici
di rara malinconia.
LA STATUA BIANCA
Nell’oscurità perfetta della notte
ride o piange una statua bianca.
C’è una zona di pace intorno
che mi porta calore e sonno.
E’ la morte,
può essere,
o l’illusione
forse stanca di vivere.
FESTA
E’ festa!
Stasera è grande festa
in Piazza della Miseria alla Borgata.
Tanti uomini e tante donne
insieme
uniti e veri.
I figli malati
come i loro padri
hanno fame
ma non si mangia ancora.
Si aspetta il sagrestano.
Ma il sagrestano non c’è.
E' in chiesa a mangiarsi un'ala di pollo.
" Il sagrestano prega "
“ Brav’uomo “
Si comincia a mangiare.
Stasera è festa dunque,
ma anche altrove
si mangia,
si discute,
si discute e si beve
in modo quasi certamente diverso.
Tanti signori tante signore
con i figli puliti
puliti come i loro padri bianchi.
Probabilmente non sanno
che la festa grande
è solo alla Borgata:
i cibi nei grandi piatti
la giostra
il palo della cuccagna
il mangiafuoco.
Ora ridono tutti
e tutti s'abbracciano
mentre giunge il sagrestano
in tempo
per la sua parte di vino e pane.
Un ubriaco sorge da lontano.
Era uno di loro
ma era stato al centro di Roma
e si sentiva diverso
come una giornata felice.
“ Evviva la città, gridò, Evviva “
Poi barcollò
appoggiandosi alla luce d’un lampione.
LE CANZONI DI QUALCUNO
Qualcuno si è perso
e poi non s'è ritrovato.
Si è vestito a festa come un cappone di lusso
e ha cantato canzoni , amare canzoni.
- Daniela. Daniela. Dove sei? -
Era Qualcuno
che passeggiava sul Lungotevere.
Ogni tanto si voltava indietro.
Ha incontrato un amico che gli ha parlato dell’ università,
un altro che gli ha parlato del sud,
un altro ancora
che gli ha detto che della guerra se ne infischia
ed uno sconosciuto
che gli parlava di un maggio in Francia.
Lui ha ascoltato
e ha detto che avevano tutti ragione.
Poi ha cantato canzoni, allegre canzoni.
-Daniela. Daniela. Dove sei? -
Era Qualcuno
che camminava
o più semplicemente
girava il mulino delle acque terrestri.
Ha incontrato un prete che gli ha parlato della vita,
una bambina che voleva morire ,
un poeta che non sapeva che giorno fosse
ed una sposa vestita come Daniela
che lo avvertiva della pioggia che lui non vedeva.
E Qualcuno
si è tolto il cappello
e si è messo a cantare come un pazzo,
con le lacrime sul viso
mentre l'aria nascondeva
l’enigma d’una giornata serena.
PAROLE Dl UN UOMO PERDUTO
Non aver paura
avrai anche tu
la tua porzione di cibo.
Poi attenderai
riposerai
e ti sveglierai guardandoti attorno
smarrito
cercando altro cibo
ma un altro
avrà già consumato la tua cena.
GIORNATA POPOLARE
Dolcezza d'un giorno di festa
per un uomo che tace un futuro,
una donna che nega l'amore
miseramente uniti
da un presente logoro e sfiancato.
Vola triste un gabbiano
- Chi domina questo giorno di festa? -
Muore una rondine madre -
- Chi domina questo giorno di festa? -
Silenzio!
La festa finita!
Tornano gli uomini e le donne
eternamente schiavi delle loro paure
a bere il vino acido della rinuncia.
Amarezza d'un giorno di festa
quando la festa è amara
ed i nostri occhi volgono al cielo
accendendo con rabbia
una stella ancora.
A CASA DI ANNA
Non passare di là forestiero
c’è la casa dì Anna.
La guarderai
e le vene si spezzeranno
e ogni goccia di sangue
inverdirà le foglie del suo giardino.
Più fertili diverranno i suoi seni
e più fecondo il suo amore.
Non andare a casa di Anna.
C’è la vita che vive e si contorce
tra grigie macchie di cenere.
Arriccerai il naso
e storcerai la bocca,
poi bacerai la sua terra vergine
e ascolterai la disperazione del suo canto.
E’ la tua fine
e comincerai a morire
sotto il vento tenero
della sua estate
mordente e sensibile
come un richiamo ed un insulto.
Ecco fanciullo di lacrime,
condottiero di nulla,
quella è la casa dì Anna.
Lei ti darà un'oncia di vita
e un grammo di speranza,
poi la salvezza
la scoprirai nel suo sorriso nero di morte
e respirerai il fumo dei suoi capelli
e la casa di Anna
sarà la tua reggia
e la tua tomba.
Senti anche tu
l'incredibile sussulto della terra
e quest'impossibile pioggia
di cielo e stelle
e quale miseria
segga qui
lontano dalla sua fonte?
Corri allora corri,
I 'ultimo dei giorni aspetta la sua fine.
La casa di Anna
ti apre la speranza del vuoto.
Giacerai sulle sue spine,
accarezzerai i suoi petrosi fianchi,
ti abbandonerai sulle sue labbra diacce,
canterai infine la tua morte disperata
e reciterai il tuo monologo di schiavo
strappato alla libertà dei suoi sogni.
SPECCHIO
Com’è fragile lo specchio dell’uomo,
basta urti un istante
contro qualcosa,
va in mille pezzi
e fa un rumore assordante,
e com’è difficile poi
ritrovare
ricollegare tutti i pezzi giusti
e ricomporli !
Questo frasario di moto che m'ispira. .
Questo fresco ardire a qualcosa di puro...
Queste ferraglie che non mi stancano le membra....
Questa pasqua attesa e dimenticata....
Questo vino bevuto e vomitato. . . .
Quest'ostia sacrilega che entra nel cuore....
Questo corpo nudo accanto al tuo....
Questo stupido passaggio dove tutti inciampano....
Questa sigaretta nauseante che rende lo spirito acre....
Queste pietre di cui si veste il corpo....
Questa penna che scrive
perchè questo e' un momento in cui il mio capo vacilla
sotto questi viaggi allucinanti.
Questa droga che allaga il mio campo....
Questo discorso fatto ad un amico distratto... .
Questo Dio che non si trova mai....
Questo amore cercato e distrutto....
Questo attendere i frutti dagli alberi della terra....
Questa stanchezza
che assopisce la mia mano stanca....
Questi . . . .
Questi momenti che vivo...
IO SONO
lo sono il canto dell 'estate
che morde la riviera,
che increspa le onde.
Sono la voce dell 'inverno che tuona
e graffia le pareti
e tinge lo spazio di sangue.
lo sono l'ultima foglia d 'un albero verde,
I'ultima nota d'una canzone felice,
l'illusione
che ciò che penso di essere
sia vero.
Sono l'immagine dell' indifferenza
che mi trafigge l'animo
sono la brace che mi consuma,
la forza bruta
il peccato
l'amore che cancella la memoria
sono la vita che ti chiama
ma che ancora non conosce confine.
UOMO
Uomo che guardi,
uomo,
uomo che cerchi
dov’è dunque il tuo posto?
Non certo qui,
nè là
nè dovunque tu possa trovarti
ritto sulle tue gambe
a guardare il sole.
Questo è il tuo paradiso,
te lo hanno insegnato
e tu con le mani sporche
di terra e sangue
non conosci chi ti calpesta,
chi si diverte alle tue spalle.
Uomo,
con le mani giunte
e il ventre adiposo,
una donna mi ha chiesto di te,
mi ha indicato la via della vergogna,
uomo che preghi,
e ci sono andato
mentre tu consumavi l'ultima cena
uomo che vali,
uomo che compri,
uomo,
ladro
o
santo
o San Ladro
in fondo è la tua morale.
Quanto costa la tua libertà ?
Quanto vale la tua verità?
Quanto significa la tua vita?
Oggi,
uomo che tremi,
uomo,
uomo che sudi
sudore fetido di morte
tra la cenere che spargi
sul tuo cammino servile,
uomo che piangi,
qualcuno t'ha detto d'andare
e sei andato tutto solo,
bagnato come un pulcino
in cerca d 'una chioccia
o di una puttana
ed ora ti trovi a bere
come un cornuto
uomo commovente
che non hai,
che non sai,
uomo che tremi
perché il tuo credo è la menzogna
e vivi in questa città di menzogne
in questo paese di menzogne,
in questo mondo di menzogne.
Le bandiere nemiche
s'uniscono per la stessa battaglia
e tu ti ammali di tiroide.
Povero stupido uomo
non lo sapevi?
Quanti venerdi
senza carne
hai inanellato?
Quante notti
hai tremato
perché il tuo prete
ti voleva salvare?
Uomo,
uomo anemico,
uomo che dormi,
uomo,
uomo umoristico
che vivi sulle pietre
per vivere in pace.
Non sai che la pace
e’ la fine della tua vita?
Per quanto tempo la pace
ha gonfiato il ventre del prete,
il ventre del console,
il ventre del signore delle tue terre?
Per quanto tempo sei stato frustato?
Per quanto tempo
uomo che ami,
uomo che combatti un altro uomo
senza motivo,
uomo che cerchi
uomo che lei non ama
perché non sei il suo uomo.
Le avevi detto:
- Tu mi seguirai ovunque. -
E lei ora
ridendo
con i suoi denti bianchi
che ti fanno impazzire
t’ha fatto vedere il suo corpo
e t’ha detto:
- Questo è mio e ci faccio quello che voglio -
Uomo,
uomo geloso
cose le rispondi
se non sai più uccidere
nè morire
con dignità,
uomo senza volontà
e senza senso.
FINE
Piccole, insignificanti
gocce di pioggia
che vi perdete
nell' immensità del mare
e poi più niente.
E le gocce compagne
che si sono unite
nella spaventosa discesa
si confondono con le altre
e non sì trovano più.
MADRE
Una madre soffriva in silenzio
accanto ad un vetro senza occhi.
E due occhi andavano sul fiume
e sui treni,
per tutte le strade
e in tutte le panchine
nei prati,
in un ospedale
e nei bassifondi della periferia.
Due occhi si fermavano
sul limitare d'una chiesa
e due occhi
tornavano a casa delusi.
Poi dei passi
un respiro violento
una porta
che si apriva prima del tempo,
un bacio
e più nulla.
FILTRO
Perchè quel filtro
se la sigaretta verrà
egualmente fumata
e la cenere cadrà
a coprire queste scartoffie d'ufficio,
questi archivi di storie vissute,
tutte uguali ,
tutte diverse.
Ora mute
le vedo vivere
sotto i miei occhi.
Aleggiano nell'aria
un sottile velo da sposa,
un abito talare,
una divisa:
pazienti
attendono la loro parte di cenere.
COMPOSIZIONE
C’è sempre una cosa
al di la' d'ogni cosa.
Ad ogni perché ne segue un altro
come ad un'ombra il suo uomo.
Al di la' di te ci sono io
e dopo di me un altro
e un altro ancora.
In progressione,
in fila indiana,
noi miseri asini
scalpitiamo irruenti.
NOTTURNA
Diramazioni spettrali
che vi lanciate nel vuoto
per cercare l'appiglio,
rinunciate !
Rinunciate !
La rinuncia ancora una volta
per avere qualcosa di più.
Le diramazioni metalliche
che prendono origine
dal mio corpo
svaniscono ora
sotto un soffio leggero
d 'aurora boreale,
sotto l'eterno canto
della speranza:
è il vuoto che si riempie di me stesso!
PAROLE E TRISTEZZA
Ricordati sempre
di spegnere il lume da sera
e di accendere il tuo.
Se non si accende
riaccendi il lume.
Ma se si accende
resta a cantare
nel buio della tua luce.
Ricordati anche
che di notte c'è sempre qualcuno
che gira
che non sa dove andare
come un'anima in pena,
come la tua talvolta ha girato,
come la mia.
Ricordati anche
che se hai visto qualcuno sbagliare
e perché tu hai sbagliato
prima di lui
e allora morditi il fegato
nulla è più grave,
qualcuno ha sbagliato!
E ricordati di me
che ti ho parlato così
in un giorno d'amore
mentre tu mi narravi
stupide storie
ed io ti parlavo
mentre solo il vento ascoltava
le mie parole straniere.
FANCIULLEZZA
Teneramente per mano
due fanciulli guardano un palloncino rosa salire al cielo,
e se ne vanno felici
teneramente per mano.
Fanciullezza
pensiero che non va
oltre la morte
beatamente serena
d 'un sogno che vive
sino a che trasfigurati nel tempo
corpo ed anima
troveranno nel cielo
l'eco d'un dolore mai sofferto,
l'eco di qualcosa
che è scoppiato,
il doppio volto d'una moneta
che suona profondamente di falso.
DANZA PROIBITA
Ti muovi
davanti a questo tempio
raccogliendo tutto il desiderio
che sale ai tuoi fianchi
e scioglie le tue montagne
e t'abbandoni alla terra
che t'ha offerto la vita.
Sposti i tuoi lineamenti
e gli i occhi smarriscono
tutto il tempo necessario
per fermare un secondo
della tua immagine,
un istante del tuo corpo
sinuoso e vibrante
sensibile e beffardo
e t'agiti al cielo e al vento
danzando paurosamente
nella mia mente.
Salgo fino a te
raggiungo il tuo corpo
e questa danza ora diventa me
e tu non sei
che la mia anima
e i tuoi sensi
la mia vertigine
e nelle tue labbra
la mia volontà di vivere.
VUOTO
Voci tacete!
Tacciono le voci.
Poi la mia solitudine
penetra in un cosmico silenzio d 'assenza.
E' la vita,
amore mio,
quella che ti fa desiderare il vuoto
e ti regala poi la paura dell'abisso.
MONICA
Monica,
quanta pioggia in questa terra!
Quanto latte sgorgato
da mammelle insane
sta inondando queste case,
queste vie
purificate dal pianto
talvolta,
od uccise e nascoste
dietro l'angolo,
dietro ogni angolo
quando ci nascondiamo
per non essere visti.
Monica
non sciupare il mistero
di questo giorno semplice
raccolto tra i rifiuti
calpestato da tutti.
Noi siamo al di là
di ciò che è vero
e l'alba infuocata
respinge il giorno
amando la notte.
Monica
t'ho stretta tra le braccia
mentre sulla nostra strada
si fermava un tramonto
acceso di fuoco
e tremanti
ci siamo chiamati per nome
ubriacandoci
nel vigneto dell'incoscienza:
già avevamo abbandonato
queste scarpe
che ci coprivano i piedi
e provammo
i sassi e le pietre.
Poi siamo andati
e siamo ritornati
ma non ci siamo più ritrovati
e quel vino
che ci aveva dato l'ebbrezza
ora acido è nella mia coppa.
Quanto amaro
in questa coppa che bevo,
Monica.
Coppa amara
come l'assenzio,
dolce e spietata
come il sangue,
vergine e sacra
come l'educazione dei sentimenti.
Monica dove sei?
Io canto la tua canzone
di giorno,
di notte,
volando da una stagione all'altra,
fermandomi a riposare
su di un attimo di primavera
respirando
il mio sapore d'aprile dolciastro.
Ma non una colomba
nè un ramoscello d’ulivo
su questo orizzonte
spietato e assurdo
come le voci della politica,
come i falsi religiosi,
gli amanti idioti,
gli amici infedeli
e come te,
Monica,
che sei andata via così
senza dirmi niente,
portandomi via
la forza necessaria
perché io m'imponga
in questo mondo.
Monica
quanto amore ho dato a te
e a tutti coloro che erano come te,
che sono come te.
Quanto amore rovinato
nell'abisso dell'indifferenza
e quanto indifferente
io stesso sia diventato
tra ululati di fame
in mezzo alle cagne rabbiose
dell' ipocrisia.
In questa completa disfatta terrestre
non v’è tomba che riposi in pace,
non v’è uccello che non pieghi l'ala
e non precipiti fra le mie mani,
non v'è canto
di cui non ne ascolti la voce.
Ma poi non mi ergo,
non mi volto
e la voce resta fredda
come un canto desertico,
resta spenta
come un richiamo sordo
priva di significato e di pietà
Perché questo, Monica?
Quanto t'ho cercata
fiammella di forza e di coraggio,
goccia di vino.
Se solamente ti bastasse
sfiorarmi le membra stanche,
abbandoneresti senza pensarci
il tuo letto di pietre
e verresti a vivere
a morire con me
senza nasconderti
dietro gli angoli.
Stanco
confuso
assente
ricordo le volte
che ci siamo abbandonati per strada,
le volte che abbiamo letto
e capito le stelle,
quell'erba
che ha raccolto i nostri corpi,
quelle sigarette acri
che ci hanno reso mediocri,
quel vento
che ci ha benedetto e trasformato.
Fu allora
che divenimmo simboli
in uno stupido momento raccolti
e ti gettasti tra le mie braccia
allargando a me
tutto il tuo confine di sincerità.
Bruciammo i nostri corpi
con il fuoco delle labbra
e in un abbraccio violento
m'hai detto:
- Monica non dormirà più il sonno degli schiavi -
Monica,
ora giaci nel letto
che non avrò mai.
Tu mio simbolo terrestre
che non hai compreso
hai cambiato il volto
a queste pietre,
mio ultimo istante d' ingenuità.
FINE