Note e Motivi

  © 1955 – C. Armanni Editore -Napoli

© 1999 - Reno Bromuro



 

  Prefazione di Enzo V. Marmorale

 

 

L’autore di questi componimenti giunge al travaglio dell’espressione artistica solo per interiore coercizione: né ozi, in effetti, né facilità di esistenza né tranquillità di ambiente sono nella sua vita o vi sono in quantità tale da consentire a lui quegli abbandoni spirituali e verbali che caratterizzano l’arte cosiddetta “fiore di serra”. Mancano, perciò, in queste pagine sintesi quintessenziali e lagrime di alambicchi: come quelle di un famoso poeta antico, essa sanno d’uomo, hominem sapiunt.

     Al lettore distratto lo rivelano i titoli; agli altri lo rivelano i singoli componimenti, i quali si tengono aderenti alla vita di tutti i giorni e la riecheggiano con una semplicità che talvolta può parere ingenuità, tal’altra candore, ma che è sempre aderenza di sentimento.

     Di che natura sia questo sentimento, non è difficile vedere: l’autore non vuole nascondere, e forse non saprebbe, il mondo nel quale si aggira la sua ispirazione e che cosa di questo mondo lo colpisca. Sono palpiti, gioie, dolori sentiti in maniera scevra di complicazioni, forse anche non sempre approfonditi, ma sinceri e sinceramente espressi.

Questo dà al volumetto sapore di freschezza; e questo renderà certo gradito il lirismo della maggior parte di questi componimenti, che, nei limiti già posti, vogliono rivelare un’anima. Sarebbe bello che qualcuno, nel disordinato e convulso fragore del tempo nostro, porgesse ascolto a questa voce tenue: essa (sarebbe, a me pare, da attenderselo) potrebbe forse domani irrobustirsi, per la nostra gioia e per l’elevamento spirituale di questa nostra inesausta umanità perennemente protesa all’avvenire.

    

Enzo V. Marmorale


  NOTE E MOTIVI

1) In treno, una sera 2) Non ci sarà più sole 3) La vita 4) Malinconia
5) Signorina Felicita 6) Napoli 7) Notturno 8) Canto di sera
9) Canto di notte 10) Il mio regno 11) Soffocamento 12) Assenso
13) Due tombe 14) Aurora 15) Lettera 16) Mio padre
17) Suono di campane 18) Desiderio appagato 19) Meditazione 20) Chi sei?
21) Notte di luna 22) Il tempo dell'aurora 23) Nel dirti addio 24) T'ho voluto bene
25) Virginia 26) Come il vento 27) Rosa 28) Contrasto
29) L'uomo del lago 30) Preghiera 31) La notte 32) La morte
33) La fontana 34) Pentimento 35) Il canto dell'usignuolo 36) Invocazione
37) Ottobre 38) Fomelhaut 39) Aldebaran 40) Castore e polluce
41) La greppia 42) Regolo 43) La Spica 44) Kiffa
45) Antares 46) Al morto Sole di Cefeo 47) Il giovinetto dell'Acquario  


 

IN TRENO, UNA SERA

 

L’incerto mio cammino

ogni sera

mi portava alla gioia:

ti trovavo in attesa.

Ma quel giorno dal treno

un uomo cadde in tonfo;

e disse qualcuno:

Un uomo è morto…

Era morto un uomo!

Ed io più forte sentii la gioia

Di saperti in attesa all’arrivo,

creatura di vita

per l’altra viva creatura.


 

NON CI SARA’ PIU’ SOLE

 

Dicevi: “A primavera

avremo tanto sole…”

Ma venne la primavera,

e fu freddo ed ombra;

e ne vennero altre,

ma ombra e freddo ancora.

Amore, eri tu quella

che potevi donarmi

luce e calore:

ma con le tue vane promesse

il sole fu vana speranza.

E torni pure aprile:

io non me ne avvedrò:

non ci sarà più sole.


 

LA VITA

 

Sappilo, amore:

è solo un fiore, la vita,

dallo stelo sottile

che al primo vento un po’ forte

si spezza.

Vale soltanto, amore,

nel timore del nulla in agguato

tenersi per mano…


 

MALINCONIA

 

Ogni uccello torna al nido,

e talvolta anche alla gabbia:

ma io non tornerò.

Lasciamo dimenticare,

lasciami immergere il capo

nell’acqua dell’oblio.

Se ritornassi, un’ombra

ti troveresti avanti:

solo Dio può far morire

e poi chiamar dal sepolcro.


 

SIGNORINA FELICITA

 

Ho conosciuto quella del poeta,

te, non t’ho mai veduta

se non nelle parole delle madri,

che nuora ti sognarono.

Signorina Felicita,

par che vederti in volto 

sia privilegio raro:

io non vorrei sciuparti

neppure in sogno: resta

nel tuo giardino chiuso:

forse verrò a vederti,

quando pel cuore amareggiato e stanco

vorrò l’amor d’un simbolo sublime,

fuor della vita, esangue.


 

  NAPOLI

 

Note arabescate

sullo sfondo azzurro del mare,

poeti che sognano

un mondo che domani

abbia un sorriso e una lacrima

per gli affanni di tutti.


 

  NOTTURNO

 

Voci rivenditori

Malinconiche e tristi,

luci multicolori,

cuori innamorati in attesa,

nottambuli viandanti

per le strade illuminate

dalla splendida luna.


 

  CANTO DI SERA

 

Quando giunge la sera,

d’inverno o di primavera,

il cuore mio comincia a cantare.

E nella silenziosa pace

dà un addio alla malinconia:

cantando si sente felice,

perché il suo pianto

nel canto

si fa gioia sommessa.


 

CANTO DI NOTTE

 

Tutte le sere,

a mezzanotte,

sale dalla strada un canto.

“Un canto nella notte”

penso fra me

E mi chiedo ogni sera

chi mi porti tanta pace col canto.

Suvvia, cantore:

la luna è già scesa oltre Baia:

cantore, è tardi, riposa:

anche troppo presto

verrà la luce,

tornerà l’affanno.


 

IL MIO REGNO

 

Talvolta mi creo

nell’orrore notturno

angosciosi silenziosi,

medicina sperata

per placare l’insonne nemico.

E la luna,

amante dell’anima,

si circonfonde di rosso torpore.

Così si placa l’anima.


 

SOFFOCAMENTO

 

Squarciate le mura

di questa camera tetra,

spalancate nuovissime finestre

su cieli d’abisso.

Qui non c’è luce, mio Dio,

qui non c’è speranza di luce.

Fate ch’io mi senta

Diventato diafano,

datemi, Signore,

l’immenso respiro del Tutto.


 

ASSENSO

 

E così sia!

Ringraziate pure il Signore

Di questo nuovo giorno trascorso,

di questo pane morso,

del poco vino bevuto,

del molto che invano chiedeste,

del poco che vi fu provveduto,

della facoltà che vi è data

di chiedere ancora domani.

S’allunghino le vostre mani,

bambini malaticci e rassegnati,

al pomo della povera mensa:

ringraziate di tutto dispensa

del poco che vi diede,

pregate.


 

DUE TOMBE

 

Fra tante tombe

Ne cerco due,

le tombe a me più care,

due persone da amare

oltre la vita.

Io cerco voi, don Franco,

io cerco te, Enrico.

Trovare le vostre tombe,

muovere la gelida pietra,

ritrovarvi compiacenti e buoni,

sorridenti come un tempo…

Ma presto torno indietro:

le vostre tombe sono in me,

la vostra, don Franco,

la tua Enrico,

e solo in me voi vivrete,

finché io pure vivrò.


 

AURORA

 

L’ultima stella impallidisce

E il cielo lentamente si colora

all’oriente d’un tenero rosa.

Il sole ritorna,

il sole torna a splendere,

splende più caldo il sole:

come risorge l’anima,

che al primo tramonto

si credeva perduta.

Anima, hai ritrovato l’Aurora,

e l’hai chiusa nel cuore,

novello dono di Dio.


 

LETTERA

 

Amico insperato, ascoltami,

ho solo vent’anni.

Ma, te ne prego, non dirmi

Ch’io son della vita alle soglie.

Amico insperato, la vita

m’è sfiorita in cuore a vent’anni:

nell’anima ho rughe profonde

pel pane che non mi bastò,

per la luce che non ebbi.

Se ti dicono, amico insperato,

che il sole splende per tutti,

smentisci la stolta menzogna:

nella mia vita non c’è stato sole.

Forse domani, se tu

non sparirai alla mia sete,

dirò che vedo l’aurora.


 

  MIO PADRE…

 

Un urlo angoscioso alla mia porta,

in quella notte di tempesta,

ma all’uscio non trovai nessuno:

solo, mi parve, l’odore del mio sangue

in lontananza.

Attesi sotto la pioggia,

finché non intravidi nella nebbia

un uomo: mio Padre.

Brancolava: era cieco.

Ma come, mio Dio?

Lo trascinai con me,

lo cullai come un bimbo,

com’egli nei terrori dell’infanzia

mi aveva cullato.

E s’assopì nel sonno,

per sognare – oh, dono di Dio! –

il sole che gioca ancora col mare.


 

  SUONO DI CAMPANE

 

Così vicino era Paduli,

che se io salendo

avessi steso la mano,

fra sassi e polvericcio

avrei potuto toccarlo.

Una gioia trionfante mi prese alla gola:

sentivo di lontano

le campane di Pasqua.

E fui nel borgo

Già prima di entrarvi,

e ancora mia madre

mi conduceva per mano

ad ammirare fra gli incensi

il Cristo risorto

in una festa di biancospini.

Mi scaldava la mano di Mamma,

mi carezzava il fiato di aprile:

così entravo a Paduli,

prima di entrarvi.


 

  DESIDERIO APPAGATO

 

Mi dico: “Eccoti, infine,

nella bramata campagna,

sotto l’ombra d’un folto pergolato.

Canta, poeta, stringi fra le braccia

Il mondo intero: intona

anche l’inno dell’amore”.

Taccio: di dentro solo

un’eco di sorriso:

l’attimo della gioia

è spesso senza canto.


 

  MEDITAZIONE

 

Tra un punto di cucito ed una rima

passo la vita, indifferente al mondo:

chi mi sa leggere dentro,

chi può vedermi nel cuore?

E qui, mentre la brezza

mi porta effluvi tetri di sobborgo,

medito: un tempo anch’io

respirai la purezza

d’un cielo ubriaco di verde,

fra gli ulivi di lontane colline.

Ero fanciullo, allora,

né ancora la vita mi aveva deluso,

mettendomi un ago fra le mani.

Ma con nel cuore un poco

Di poesia sognante,

anche l’ago si dilegua talvolta,

l’ago amaro destino di vita.


 

  CHI SEI?

 

Sei venuta sulla mia strada

E ti sei messa al mio fianco.

Qualcuno lungo il cammino

Ha sussurrato: “E’ un angelo”.

Ed io ho scosso il capo:

chi tu sia non so,

ma non sei certo un angelo:

l’angelo non accende desideri,

ed io, sappilo, attendo

la prima svolta a ponente,

sì, attendo, quella svolta,

per dirti ciò che nessuna

ha mai pensato d’un angelo.


 

NOTTE DI LUNA

 

Cheta e misteriosa,

la luna sorride nel cielo,

mentre io parlo di lei,

e intanto par che la rosa

fra le mie mani appassita

riprenda forza e consenta.

Io parlo ancora di lei

Alla sorella luna:

chi sa che un giorno non torni

a rallegrarmi la vita…


 

IL TEMPO DELL’AURORA

 

Tu guardi al rosso di sera,

e sei nel fiore dell’adolescenza…

Fa ch’io ti prenda per mano

e ti aiuti a passare la notte:

attenderemo il tempo dell’Aurora.


 

  NEL DIRTI ADDIO…

 

Nel dirti addio,

voglio confessarti che t’amo.

So che di primavera

Tornano al nido le rondini,

tornano i fiori nei campi.

Tu, come rondine bella,

tu, come fiore di carne,

non tornerai: non mentire,

e se ti dico che t’amo,

sorridi e dimmi: “Davvero?”

e parti senza voltarti.


 

T’HO VOLUTO BENE

 

Bastava un attimo di gioia

Per avvincermi a te.

E se mi dicevi “caro”,

era una dolce musica di stelle

in un cielo di desiderio diffuso.

Era solo una parola,

ma in quella parola

l’abisso riluceva senza fondo,

come lontanissima luce

in un viale alberato

verso l’infinito.


 

  VIRGINIA

 

Sul roseto trionfante

Ti vidi e volli coglierti,

fanciulla dal gelido nome

verginale.

Ti ebbi così,

ma al volger d’un anno

non più rosa

ma carnale camelia

senza profumo ti ritrovai.

Ed oggi per te

ogni roseto mentisce,

intristisce ogni cuore.


 

COME IL VENTO

 

Col tredici del sesto mese

Sei anni di già.

Sei anni, amore, sei

granelli della nostra polvere

mortale…

Come il vento si porta

gli aghi morti dei pini

-       ed esso solo sa dove – ,

così la passione

ci trascinò sei anni.

Ora mi guardi, stanca

non so di che,

e mi chiedi se tanto

tempo potrà tornare.

Ma chi ritorna indietro,

povero stanco amore?


 

ROSA

 

Sei tanto bella, Rosa,

sei la rosa più splendida

degli umani roseti.

Felice il tuo giardino,

nel tuo fulgore stupendo.

Io t’ho amato, ma oggi

penso che solo è bene

goderti nel mistero

della Bellezza pura

ma tanto bella, Rosa

ti sogno qualche volta

anche pietosa e buona…


 

CONTRASTO

 

Hai giocato col mio cuore,

che per te ha riso e ha pianto.

Ora non posso più:

addio, amore mio.

Ma t’ho chiamato “amore”

E dunque ancora,

se per mano mi prendi,

ti seguirò come ieri,

anche verso l’abisso.


 

L’UOMO DEL LAGO

 

Più che il buio selvame

del Lago d’Averno

mi attrassero gli occhi dell’uomo

che si offriva per guida.

E bramai che in quel luogo

Egli ritrovasse la pace

per un miracolo

sprizzato dalle mie mani.

Ma il suo male

era come il mio

senza convalescenza.


 

PREGHIERA

 

Tutto quel che m’è dato

è tuo gratuito dono,

ed io l’accetto, Signore,

deciso a non ribellarmi.

Ma come è grande quel peso

d’ansiosi tormenti!

ed è pur sempre un dono

che solleva me indegno

al dolore de pare la via

al tuo Regno.


 

  LA NOTTE

 

E’ giunta la notte,

e tutto dorme d’intorno:

anche il vento.

Sosta l’umano lavoro,

tace l’umano travaglio.

Trapunto di stelle,

stende il suo manto la notte

sulla laguna di lacrime.

Che vale ch’io vegli?

Ma datemi l’oblio…


 

LA MORTE

 

Non temere la morte,

che non sa farti male:

nell’incoscienza dei sensi

s’apre il sorriso dell’anima.

Ogni rimpianto è inutile

per quel che non fu

nella vita  delusa:

s’apre lontano lontano

l’immenso.


 

LA FONTANA

 

Con una nuova speranza

ritorno in quel sentiero di bosco

accanto alla fontana.

Un giorno, chini sull’acqua,

ti dissi “Amo quella ch’è in fondo”,

e tu sorridesti confusa.

Ora più nulla resta del sorriso,

più nulla resta delle mie parole. 

Ma la fontana è là,

con una nuova speranza.


 

  PENTIMENTO

 

La prima stella della sera

si fa vedere nel cielo

e in me scende il timore:

il timore del bimbo

che prima di addormentarsi

vuol esser certo che altri

l’accolga al risveglio.

Ho paura d’addormentarmi 

nel sonno senza sogni.

Ieri avrei forse voluto,

oggi non voglio più:

ho respirato l’effluvio

del suo sperato ritorno.


 

IL CANTO DELL’USIGNUOLO

 

Venivi all’approdo con Sirio

e il nostro canto d’amore

traboccava nel cielo.

Ora in quel nido

son solo,

come l’usignuolo del bosco,

ma senza il suo canto,

che sa sempre

ridonargli l’amore.


 

  INVOCAZIONE

 

Oh, guardare le stelle

da questo remoto pendio!

Rimirare Cassiopea

che inarca il carro dell’Orsa,

Orione potente,

Ercole gigante dal ramo d’ulivo,

e il celeste Bifolco.

Oh grandezza di Dio

fa che i miei nemici ed io

camminiamo fianco a fianco,

come Castore e Polluce,

in quest’arido luogo d’inganni!


 

  OTTOBRE

 

Dovunque foglie morte

nella sinfonia del vento.

Ma se due esseri ebri di gioia

lasciano la loro impronta

sugli aghi morti dei pini,

il cielo d’improvviso si schiarisce 

e Diana affacciandosi sorride.


CANTI DEL VIANDANTE

NOTTURNO


 

FOMELHAUT

 

Hai il letto nelle spumose onde

e vivi in cielo nel regno dell’amore.

Fomelhaut, il tuo volto

muta come l’iride,

se ti circondi d’un velo

sull’orizzonte d’estate.

E penso che forse

la letizia che mi fugge

vive sulla tua bocca celeste.


 

  ALDEBARAN

 

Aldebaran, di tutto il tuo splendore

s’illuminano il Toro furioso

e le timide Pleiadi.

So che dal seno tuo

rigermina la vita del mondo,

risuscita la morte.

Con te dovunque

canta la giovinezza.


 

  CASTORE E POLLUCE

 

Nell’aria turbinante di fuoco

spuntano i Gemelli,

e la notte che sembrava

aver trovato fine

si ottenebra ancora.

Sorridono gioiosi e violenti

i figli di Leda,

mentre in lontananza

si ode il dolce suono della Lira

in corteggio di stelle stupite.


 

  LA GREPPIA

 

Greppia divina e vergine

come il frutto dell’Eden,

illumina ancora una volta

il mio cammino,

fa che ancora una volta

il labbro mio si schiuda al sorriso.

Greppia,

tranquillo ammasso del Cancro,

passa come la brezza del mattino d’aprile,

fonte di verginità,

datrice di purezza.


 

  REGOLO

 

Ascolta il canto degli angeli

il vagabondo terreno

che valica i cieli.

Gli angeli cantano

E sanno il suo dolore,

mentre invitano Regolo

a dar la sua forza di leone

al loro canto giulivo.

E Regolo dice

che brillerà per lui.


 

  LA SPICA

 

La Spica nel suo colore bianco

Festosa si sente,

perché stanotte ha visto

la Vergine spigolatrice

vagare pei cieli

vestita di purezza

e fermarsi a mezzogiorno

per attingere acqua limpida di fonte.

Vergine,

in te si rispecchia

l’Infinito…


 

KIFFA

 

Tu sai, Kiffa,

che pesanti catene mi tengono avvinto

al mio destino di vita.

Sì, sono molti i peccati

e non lievi le colpe,

ma tu che della Bilancia

sei regina,

metti un po’ di sorriso

e fa muovere l’Ago

nell’atteso soccorso.


 

  ANTARES

 

Nella notte nebulosa

udii la tua voce cantare

in un rosso fulgore di gioia

accompagnata dal coro delle tue stelle:

“La mia spada

ha battuto Orione”.

Oh, con essa vorrei tu tagliassi

corde e legami di neri pensieri

per cullare gli uomini

in un letto di stelle.


 

  AL MORTO SOLE DI CEFEO

 

Anche tu, morto Sole di Cefeo,

un giorno rifulgesti di splendore.

Ora ti conosce solo il dotto:

altri non sa.

Anch’io un giorno risplendetti

agli occhi di una donna.

Ora chi conosce il mio penare?

E’ simile il mio cuore

al morto Sole di Cefeo.


 

IL GIOVINETTO DELL’ACQUARIO

 

E tu, che dispensi il canto

Pervaso di dolcezza,

nel segno dell’Acquario passi

con l’anfora stellata.

Disseta l’arsura degli uomini

Che mai si smorza,

fa che possano attingere

alla tua limpida fonte

la luce dell’eternità.



 

  Qualche cenno critico

 

    Altri poeti, estranei alle influenze esercitate dalla poesia ermetica ci vengono presentati da Enzo V. Marmorale e da Luigi Pepe, accolti nella piccola collana “I Poeti dell’Acanto” edita da C. Armanni (Napoli).

     Reno Bromuro intitola “Note e Motivi” i suoi versi, in cui vibrano sentimenti lievi e musicali, sinceramente e sobriamente espressi, come afferma Marmorale, che attribuisce al volumetto un  “sapore di freschezza”.

     I brevi canti di Bromuro sono intrisi di pacata dolcezza, si snodano liberi e cristallini. Ecco il “Canto dell’Usignuolo”: “Venivi all’approdo con Sirio/ e il nostro canto d’amore/ traboccava nel cielo./ Ora in quel nido/ son solo, / come l’Usignuolo del bosco,/ ma senza il suo canto,/ che sa sempre/ ridonargli l’amore!”

     Il motivo predominante è l’amore, che il giovane poeta avverte con tremore lirico: “Hai giocato col mio cuore, / che per te ha riso e ha pianto. / Ora non posso più:/ addio amore mio!”

     Le cose sono dette semplicemente ed efficacemente, senza complicazioni intellettualistiche. Anche l’accento mistico è risolto in pura nomenclatura immaginativa: perché sentita è la presenza di Dio, che sovrasta gli uomini e le cose. “Squarciate le mura/ di questa camera tetra,/ spalancate nuovissime finestre/ su cieli d’abisso. / Qui non c’è luce mio Dio,/ qui non c’è speranza di luce. / Fate ch’io mi senta/ diventato diafano, / datemi, Signore, / l’immenso respiro del Tutto.”

Francesco Bruno

 

  Di altra tempre è la poesia del giovanissimo Reno Bromuro, che è alla sua prima avventura poetica “Note e Motivi” (primo volume della nuova collezione napoletana intitolata “I Poeti dell’Acanto”) sono delicate notazioni di sentimenti semplici, ma fermamente e limpidamente espressi, che traggono la loro origine dalla vita quotidiana e dalle risonanze che l’autore avverte nel suo intimo al contatto della realtà che lo circonda.

     Sono note che per lo più sembrano tenui e fugaci, ma risuonano a lungo nell’animo dell’attento lettore che sappia trascegliere e coglierne i motivi più profondi. Si veda ad esempio la nuda ed essenziale efficacia di questo finale: “ma con le tue vene promesse il sole  fu vana speranza - E torni pure aprile: - io non me ne avvedrò: - non ci sarà più sole”: oppure si rilegga il “Canto di sera”, dove il poeta “cantando si sente felice, - perché il suo pianto nel canto - si fa gioia sommessa”.

     Altrove l’anelito del poeta si fa contemplazione dell’umano destino e il suo canto si eleva ad alta consapevolezza lirica nella poesia “Assenso” che ci sembra senza dubbio la migliore della raccolta.

     Qualche nota di preziosismo compare negli ultimi componimenti della raccolta che l’autore intitola “Canti del viandante notturno”.

                                                     Luigi Pepe



  Qualsiasi notizia inerente alla presente raccolta di poesie, compreso il giudizio critico, prego inviarlo a  renobromuro@libero.it rimango in attesa di un gradito riscontro, intanto saluto cordialmente.

Reno Bromuro


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