NATANIELE PAGHINI
Presenta
Il componimento poetico
Esperimenti di un'apprendista incantatore
I
Le stanze dell'alcolito
Notturno campestre | Skopelos | Il lago tra i monti | Incantesimo frantumato |
Tigris | Criatura | Lepidopteron | Taglia |
II
Lusitania
Nudismo | La ragazza portoghese dagli occhi belli |
III
Scritti serali
Pappagallo tutto verde l'occhio giallo | Volti di donna |
Per un bambino ucciso da una pistola | Ultime parole di un condannato a morte |
IV
Canti cosmici
V
Terre orientali
VI
Haiku
VII
Gocce amare
Il canto nella palude | Le tenebre e la luce | I segreti delle stanze |
Poesie
I
LE
STANZE DELL’ALCOLITO
Le
tenebre avvolsero i valorosi alberi,
le
rustiche magioni ed i campi di grano
che
furono bronzei all’ultimo sole.
Nei
prati disegnarono geometriche acrobazie,
parafrasando
l’infinita poesia del firmamento,
le
magiche lucciole.
Ed
il canto dei grilli spezzò un silenzio remoto
che
sapeva di pensiero divino.
Attendo il
tramontare del sole biascicante.
Rigonfiano
in lontananza nuvole cupi
e mi raggela il
ventre un vento sibilante.
Odo lo schiaffeggio
delle onde sugli scogli
e con disgusto
guardo bianchicci corpi spogli
gonfi d’acqua
salmastra placidamente galleggiare
cullati dal monotono
ed eterno motteggiare
dell’immenso mare.
Ho
trovato un lago tra i monti
delle
mie sinapsi, le acque verdi di ideali
e
le sponde di muschio religioso,
nascosto
in una valle di bosco
sotto
un cielo terso e puro
come
il dolore.
Come
api in un campo oramai
arido
del nettare dei fiori, così
una
mattina mi sveglia e capii
che
qualcosa si era rotto nel cuore.
Non
vi sono più magie ed incantesimi,
persi
i maghi e le fate delle fiabe
e
le giostre hanno solo il piacere
della
nostalgia.
L’innocenza
è evaporata, la libertà soffocata,
la
spensieratezza impastoiata...
il
bambino dal quale sono nato
ha
una bella tomba nella mia coscienza,
i
suoi simboli di gioia sono stati rimpiazzati
dalla
realtà revisionata dalla televisione.
Di notte, quando
s’aggirano
fameliche tra i
fogliami,
le tigri hanno una
luce
spettrale che le
rischiara gli occhi,
come fari capaci di
perforare
realtà all’uomo
negate.
Mi piace pensare che
quelle
nobili bestie, belle
e selvagge,
siano déi esuli sul
mondo,
antiche divinità
che si aggirano
racchiuse in carne e
sangue
i cui pensieri e
meditazioni
non potranno mai far
parte
delle nostre
conoscenze.
La
sua presenza mi fece dolere
il
sangue, troppo tardi mi ribellai
per
cacciare quel parto dell’angoscia.
Languidamente
prese a strisciare
nelle
fanghiglie del mio pozzo
arrancandosi
verso la luce,
artigliandosi
ai miei pensieri per uscire
e
sputare acido e rendermi amaro.
Ora
vaga con me nella mia stanza,
le
mie parole magiche son vane,
i
miei talismani ridicoli coi simboli
loro
di potere angelico e solare.
Adesso
solamente, lontano dalle esperienze
dei
libri di necromanzia e dai riti
esotici
in ombrosi ruderi celebrati,
capisco
che un’anima arida di fede e di amore
non
può che creare dolore ed angoscia.
Si
posò con la delicatezza
di
un puro pensiero nel suo sbocciare.
Su
un fiore del paradiso che solo
la
mia anima bambina potrebbe ammirare.
Ne
intuii nel sogno la presenza,
vagamente
ebbe la sensazione che le sue ali
dai
colori ultraumani
fossero
pensieri divini in movimento
Taglia falce,
taglia!
Voglio vedere le
loro flaccide carni
aprirsi come labbra
oscene per vomitare
viscido sangue e
putride budella
mentre il terrore si
esaurisce nelle pupille
annebbuiae di
meraviglia ed angoscia.
Taglia, amore mia,
amputa
quei ridicoli crani
e spremili
sotto il livido tuo
tallone,
voglio vedere le
sozze cervella
spargersi e
mischiarsi col sangue,
inermi e silenziose
come dovrebbero essere.
Rimiro le tue gelide
dita stringere
la maledetta falce,
mentre procedi
nei campi della vita
e mieti, mieti, mieti.
Sei tu dunque
l’angelo che raccoglie
ciò che Dio ha
faticosamente seminato?
Quale superbo
raccolto!
II
LUSITANIA
Ogni
cosa intorno a me
era
nuda, il cielo, il vento, il mare,
i
corpi rilassati sulla sabbia dorata.
Alzando
gli occhi potevo vedere
un’esposizione
di frutti proibiti,
un
ammasso tranquillo di peccato.
Fra
quella carne sudata ed erotica
il
peccato originale perdeva il
valore
di punizione e si nascondeva
tra
i pubi rigogliosi.
Siamo
tutti nudi.
La ragazza portoghese
dagli occhi belli
Il fiore non ha petali delicati e
cuore profumato
per divenire dono tra le mani
dello spasimante,
né il supplizio del tramonto
arroventa
il cielo d’orizzonte per le
gioie del poeta,
né tanto meno la nobile aquila
si libra superba
per simboleggiare forza e libertà.
Così gli occhi di una donna
non sono laghi in cui perdersi,
ma volle l’arcano dell’ieri e
del domani
ch’io incontrassi due pozzi di
beltà,
due specchi scuri, due anime
immense.
Talmente inesauribile era la loro
bellezza
che composi una breve poesia.
Essa recitava:
Un fiore non è lo sbocciare di
una fata
per farsi ammirare dal triste
innamorato,
ed un tramonto non brucia il
cielo
per ammaliare il quotidiano
poeta,
né l’aquila è nobile per
essere simbolo.
Così una fanciulla non ha occhi
di dea
per circondarsi di ammiratori,
ma volle l’artefatto destino
ch’io vedessi
il ritratto dell’ineffabile,
talmente corruschi
erano gli occhi di lei.
Scrissi una poesia:
La natura non è ciò che è
per insinuare misteri
nell’animo,
eppure l’intero universo piega
lo spirito
ed insegna la presenza di Dio.
III
SCRITTI
SERALI
Pappagallo brasiliano,
tutto verde l’occhio giallo
Se
ne stava in una squallida
E
sporca gabbia,
negli
occhi i sogni di verdi foreste
senza
sbarre.
Così,
poeta, maturo che tu sia o meno,
non
cogliere il fiore per i tuoi canti
ma
miralo nell’apoteosi della sua bellezza.
Quanti volti di donna mi turberanno
i quieti pomeriggi della mia
vecchiaia?
Quante vite dovrò incrociare,
mai le stesse, mai due volte,
per poi allontanarmi verso
nuove tele e ricami?
Quanti ricordi, luminosi o
tormentati,
quante nostalgie, quante chimere
di glorie improbabili ed esotici
viaggi
contemplerò su quelle panchine di
giardino?
Rivedrò mio padre, i miei cari?
Per
un bambino ucciso da una pistola
Te
ne sei andato senza nemmeno
il
tempo di darti una carezza ed un bacio.
Quella
notta la luna ti salutò
per
l’ultima volta, ma tua madre non lo sapeva.
Forse,
finita la scuola, saresti corso
a
casa per raccontare di un bel voto,
e
pensavi a sceriffi e banditi
il
pomeriggio con gli amici.
Morire
in strada,
morire
sotto un cielo di città
è
una tristezza che Iddio non dovrebbe permettere.
Morire
senza conoscere l’amore
è
un grande sacrificio
che
pochi si permetterebbero.
Ci
vuole tanto, troppo coraggio,
cadere
nel buio senza l’ebrezza del primo bacio
e
dei corpi che si stringono,
privati
della bellezza della vita
e
del piacere di parlare a Dio.
Il
Signore Eterno, misteriose le sue vie,
ha
posto la soglia della tua vita
in
vicinanza del giorno natio.
Ciò
che mi addolora
è
sapere che al mondo
una
donna ti attenderà invano.
Ultime
parole di un condannato a morte
Non
nego io le mie colpe,
la
vita pretende responsabilità anche
da
parte di un omicida qual son’io.
Il
poco tempo che mi rimane
lo
spendo in queste parole
che
il mio povero ingegno mi permette.
Non
dovrebbe l’uomo, dico, giudicare
il
suo simile, inquadrarlo, incasellarlo
e
condannarlo senza rimedio.
Imperfetto,
ignorante perfino
della
sua anima, egoista ed ipocrita,
come
può sperare di emettere un limpido
giudizio
quale solo Dio può riuscire?
Se
il giudice mal conosce se stesso,
perché
giudica me come assassino?
Che
io venga condannato
per
la mia abietta azione
e
che niente venga detto sul mio conto,
né
che fu omicida, padre violento, folle
o
quant’altro.
Così,
concludo:
Lascio
il mondo per aver ucciso,
ci
fu chi lo lasciò per avere amato.
posso
ritenermi fortunato.
CANTI
COSMICI
1
Gli
istanti che regolano
i
nostri atomi
sono
isole nel vuoto
del
tempo e dello spazio.
Sono
sogni
della
materia che si muove.
2
Voglio
nell’eternità
cadere
come un corpo senza peso,
privo
di ricordi, concetti, etica, conoscenza.
Cadere
lungo le linee del tempo,
solo con me stesso, puro e vergine.
3
Ogni
istante è una danza
Sui
resti del nostro passato,
ciò
che ero ieri non è quello
che
sono oggi.
La
vita è fatta di vuoti che ci circondano,
amari
e profondi.
4
I
luminosi fotoni
che
solcano gli abissi
sono
il messaggio di un presente
sepolto
nei millenni,
che
noi ammiriamo
nel
nostro presente.
Vita
e morte in una stessa coppa
Il
cielo ci mostra. In realtà,
siamo
avvolti dall’illusione.
5
Se
urlerò il mio nome alle stelle,
il
suo vibrare giungerà alla fine
del
cosmo?
Quando
Dio riassorbirà in sé
ogni
cosa, anche il tempo, dove
andranno
le voci di questi miliardi
di
esseri viventi?
Siamo
forse come onde nel tempo,
vibrazioni
che svaniranno lasciando
solamente
dei ricordi: un’eco
che
si spegnerà in qualche generazione.
6
Il
silenzio ed il vuoto sono
gli
imperatori del cosmo,
presenti
in ogni cosa,
in
ogni pensiero e sentimento,
in
ogni vita.
Siamo
onde di pensiero
in
cerca di scogli assoluti.
V
TERRE ORIENTALI
Ma
per quanto tu viaggerai lontano,
oltre
ogni ricordo ed ogni sensazione,
sappi
che gli ultimi miei pensieri,
prima
dei sogni del sonno e di quelli dell’eterno,
saranno
i tuoi occhi di fata e le tue labbra fiorite,
e
le tue mani circonderanno il mo cuore.
Possiedi
la meraviglia della felicità
e
la bellezza di ciò che non ostenta,
che
se la morte mi sfiorasse ora
come
un fiore colto nel suo sbocciare
io
non potrei rimpiangere nulla,
giacché,
se pur in ultimo, anche l’amore
ha
illuminato lo squarcio del cielo che è la mia vita.
Potessi
starti accanto, nei pomeriggi freschi di primavera,
mi
sentirei un poeta di terre orientali che canterebbe
il
tuo fiore e loderebbe Dio per la rara visione quale tusei.
Che
Dio possa preservare per sempre la tua bellezza,
onde
estasiare noi deboli uomini.
Non
ho veduto molte albe nella mia vita,
ora
sento di riscattarmi sublimamente.
Per
quanto si dica al mondo,
una
donna è come un fiore:
solo
la rugiada può rinfrescarlo,
tanto
ch’esso poi s’aprirà
per
donare i suoi profumi.
Ma
la mia rugiada, fanciulla meravigliosa,
è
una poesia troppo scialba per musicare
la
dolcezza delle tue labbra
e l’incanto dei tuoi occhi.
Mi
basterebbe rimanere per sempre tuo amico,
così
da vivere in un angolo della tua vita
e
mirarti, come il poeta guarda
l’alba
e lo sbocciare dei fiori.
Se
tu sei il sole
un
fiore vorrei essere,
per
aprirmi al calore
delle
tue delicate carezze.
Se
tu sei l’acqua
un
cervo vorrei essere,
per
abbeverarmi della tua freschezza
e
vedere nel tuo spirito
riflessa
la mia immagine.
La
risonanza del tuo nome
ha
il sapore degli incantesimi
che
gli antichi déi mormorarono
per
creare i fiori ed i loro profumi.
Tocca
ai volgari di tutte le culture
disconoscere
le armonie del fiore interiore,
di
quella sottile e pura bellezza
che
si manifesta negli occhi
e
nella voce di ogni donna.
Io
ho scorto i tuoi petali
la
notte che venisti da me,
fragranti
e colorati con l’intensità
di
erti cieli di maggio.
Ho
sfiorato le tue labbra,
l’asfalto
era bagnato e l’aria fredda,
ed
anche le tue labbra erano fredde…
ma
per un attimo sono stato felice.
E
rimarrà nella memoria quel breve gesto.
Ti
ho baciata, lo ricordo bene,
se
pur anche solo sulle guance,
mia
dolce collina di viti e miele.
Che
ancora una volta ciò sia accaduto
è
per me oracolo senza pari;
eppur
lo so, che nel sogno il desiderio
si
realizza come illusione, giacché
la
realtà gli nega respiri di vita.
Pace,
dunque, e gioia per chi non abbisogna
delle
fumosità dei sogni
per
l’ebbrezze dell’amore.
ma
quando ti guarderò negli occhi,
mia
nuvola e ghirlanda di delizie,
sarà
una domanda nel mio pensiero:
“Anche
tu mi hai sognato, una notte
d’estate,
destandoti con un mesto sorriso?”
Io
non so quale sia la primavera
che
faccia sbocciare le rose
nel
cuore delle persone,
né
mi sento il giusto polline e forte
per
l’abbraccio di freschi pistilli.
Ma
il tuo sorriso può ordinare
il
corso di una mia giornata
ed
il canto dei tuoi occhi
è
puro come fonti di montagna.
Il
tuo nome è un delizioso sortilegio
che
mi arpeggia nei recessi dell’anima.
E’
un soave canto di deva che danzano
alle
parole ingioiellate del buddha.
E’
una ciotola di miele
ed
una brocca di latte caldo
che
brama il mio palato.
Il
tuo nome è roccia dolce
ed
erba odorosa di mughetto,
è
essenza divina, pietra filosofale.
Io
ti amo, donna che non sei mia,
sognando
la tua pelle salata
ed
il tuo caldo piacere.
Ti
ho veduta questa sera…
come
sei bella, così lontana.
I
tuoi occhi risplendono di stelle,
le
tue labbra sono foglie di miele.
Un
desiderio di sfiorarti…
No,
non di te mi scorderò,
ogni
atomo di questo mio corpo
ha
inciso quel momento.
Ti
penso ogni sera,
fiore
dei miei ricordi;
ti
amo ogni volta,
nuvola
del mio spirito.
per
amore… il mio amore…
non
potresti parlarmi?
Per
la vita… la mia vita…
non
potresti sfiorarmi?
Fiore
di maggio, acqua di fonte,
io
attendò l’improbabile; sarà
la
mia morte a condurmi la dolcezza,
unica
fedele amante.
Sei
sempre tu il fiore
oltre
il mio giardino.
Io
non so cosa mi spinge a sognarti,
a
scriverti, a lodarti come un angelo,
a
sentire l’odore dei boschi
di
primavera quando ti penso.
Tu
apri e chiudi il mio cuore,
fata
di terre orientali,
tu
decidi il verde e l’autunno
del
mio giardino.
io
non ti conosco, ma neppure le nubi
immacolate
hanno veli così leggeri.
Ti
vedevo seduta e meravigliosa
pur
se la mia mente non ti considerava.
In
quella serata di allenamento
e
di esplosione dello spirito
tu
fosti il fiore che mi dissetò
con
la rugiada dei suoi petali.
I
tuoi occhi hanno incantato
questi
miei pensieri in una ciclica
sequenza
di leggiadre visioni.
I
sublimi angeli solo potrebbero
trasformarle
in poesie di luce.
HAIKU
1
Sono
questi gli occhi
che
hanno riflesso
le
tue dolcezze.
2
E’
una stella, lassù nel cielo,
o
le lacrime di un dio
privato
dei suoi templi?
3
Ricordo
la musica
che
per un attimo sciolse
i
grigi veli della realtà.
4
Nella
mattina quell’aroma
di
the alla malva.
Frammenti
di lei.
5
Esiste
quel passato d’infanzia
che
amo ricordare con nostalgia,
od
è solo un complesso di molecole?
6
Non
devo dirti “Ti ho amata”
bensì
“Sei stata amata, è vero”.
Quello
che sono ora non ero a quel tempo.
7
Per
quanto il tempo e lo spazio
decretino
il loro dissenso,
nei
nostri sguardi ombre di desiderio.
8
Haiku
–
Ne
leggo a centinai,
ne
basterebbe uno.
9
L’ho
aspettata
per
tutta la sera.
tempo
perduto?
10
Ogni
istante
è
una realtà.
Cosa
le lega?
11
Inverno
–
Sull’asfalto
volti
che
sbucano dai cappotti.
12
Città
–
Pioggia
sui vetri,
il
cielo come le strade.
13
Rosa
di primavera,
isola
in mezzo al mare,
fammi
naufrago delle tue spiagge.
14
Ogni
istante una realtà.
chi
ti amò un tempo
non
fu quello che sono ora.
15
Musica
–
Unità
di misura della
bellezza
dell’universo.
16
Ogni
mio gesto
è
un sasso in uno stagno.
Dovrei
meditarne i cerchi.
17
Come
un sasso
in
uno stagno
i
miei gesti nella vita.
18
Da
un giorno ritmico
gocciolare
del rubinetto.
Parte
della mia vita
19
Ogni
istante è una realtà.
Ogni
realtà è vita.
Ogni
vita è morte.
20
Anche
in una goccia d’acqua
ed
in un granello di sabbia
sono
luminose le verità.
21
Uomo
e zecca.
Al
di là delle apparenze
nessuna
differenza.
VII
GOCCE
AMARE
Canterò
dei tuoi occhi
In
questa palude.
Io
vi affondo senza reazione:
sento
le mie cellule morire
istante
dopo istante.
Canterò
dei tuoi capelli
A
questa gente persa nella corsa.
Il
nuovo dio ha decretato la sua legge:
non
avere altro al di fuori dell’avere,
non
credere ad altro che non sia il possedere.
Canterò
delle tue mani,
canterò
della tua voce
e
del tuo sorriso.
E
quando il mio spirito vagherà
negli
inferni silenziosi e neri
allora
io ancora canterò di te,
ai
demoni ed ai dannati,
perché
sappiano che vi sono luoghi
dove
la luce del sole splende
ed
il suono dei flauti non cessa mai.
Oscurità,
simbolo eterno ed universale
della
verità delle cose;
tenebra,
quale spazio privato della luce;
nulla,
quale spazio privato dell’oggetto.
Pura
essenza privata di prime cause
e
primi principi, il cui significato
ha
valore indipendente, che si giustifica
da
sé, unica espressione incontestabile.
Sia
dunque lode alle tenebre,
ma
godiamo della luce,
amiamo
i fotoni che raggiungono l’infinito
portando
seco messaggi di vita universale.
Ringraziamo
le tenebre
di
fornire dimensione alla luce,
ringraziamo
il nulla di dare luogo
alle
cose che ci formano.
Vi
sono segreti le cui angosce
neppure
le poesie possono trascrivere.
Essi
vanno rinchiusi
in
stanze prive di ricordi,
private
di finestre e freschezza,
barricate
da pesanti porte che recano
cupo
questo assoluto sigillo:
LASCIA
CHE IL DORMIENTE
NON
SAPPIA DELLA TUA VITA
E
se nel fiorir di nostalgie
tu
passerai accanto a quel portale,
rammenta:
la pace e la calma
sempre
sono un baratto, ma il dolore
ed
il rimorso sono le fondamenta,
i
termini di paragone per le nostre
piccole
e veloci esistenze.