LIGNANO
PINETA
LA
NOTTE E’ SILENZIOSA
La
notte è silenziosa,
ma
tra i pini e le pioppe
ferve
un fruscio
che
assorda l’aria e fugge
dal
verde incantato della pineta.
Il
vento leviga l’arena
e
le transenne battono
un
ritmo folle.
Le
luci si schiantano
contro
il frastuono del mare.
Il
nostro respiro riempie
le
distanze, il tempo.
La
gioia è fresca come l’acqua
che
nello sciacquio si rinnova
e
ripete il suo canto.
LE
LUCCIOLE NELLA PINETA
Le
lucciole nella pineta
sono
vestite
di
luce e di blu.
Sono
dieci, sono cento,
tutte
vestite
di
luce, di blu.
Lampioncini
volanti
accendono
e spengono
luce
e colore.
Sono
venute dai prati
di
notti stellate.
Nel
buio tra gli alberi
sono
una festa
di
luce e di blu.
SINFONIA
NOTTURNA
Il
mare culla la terra
sospesa
sul perno rotante.
Noi
due su questo pianeta
illuminati
dalla luce lunare,
vaghiamo
come stelle
il
mare dello spazio,
ascoltiamo
l’ordine delle cose,
il
loro linguaggio notturno.
Il
mare accorda sciacquii
sulla
piana solitudine
di
profondi abissi.
Non
siamo soli,
viene
il suono di un frusciare,
che
ci trascina
in
questa sinfonia notturna.
Cerchiamo
violini tra i pini,
il
tamburo è la terra
sui
nostri passi,
gli
archi sono sulla riva,
stelle
volteggiano nel cielo,
la
luna segue con i riflettori
noi
due, gli spettatori.
IL
NUMERO DELLE STELLE
Se
appoggio la testa
sul
tuo petto
scopro
il numero delle stelle,
le
distanze anni luce,
il
fragore delle meteore,
l’incanto
dei cieli aperti.
Le
ore sono minuti.
Mentre
vivo del tuo respiro
ho
nella mente i miei giorni
le
foglie contate
dallo
stormire del vento,
i
limiti si aprono
per
racchiudere il tutto.
LE
TEMPESTE NOTTURNE
Le
tempeste notturne
donano
al mattino la quiete
in
spazi di luce sul mare,
la
brezza che spiega bandiere
sopra
le rotonde.
Lucenti
gocce che stillano
dagli
aghi dei pini
e
cortecce che trasudano vapori.
Le
erbe intrecciano senza posa
voglie
terrene.
Le
mie api cercano i tuoi fiori.
L’ISOLA
VERDE
Il
giorno ha suoni portati dal vento
con
la freschezza del mattino.
Cerco
un riparo ai minuti, alle ore.
Vorrei
riposare
nell’isola
verde dei tuoi occhi.
La
pineta freme nel donarsi
al
gioco dell’aria.
Nel
verde tra gli alberi
ritrovo
come le tortore
il
nido di una stagione.
Svernano,
ma a primavera
tornano
su queste punte tenere.
Il
cru cru della tortora
oggi
è il mio lamento.
La
pigna cade secca.
Arride
la rosa
nel
sangue dei petali
mentre
la tortora prega,
canta,
lamenta.
Il
ramarro quatto, quatto
respira
l’ombra d’un trifoglio.
Il
silenzio qui è più alto
dei
rumori della strada.
LA
MIMOSA GIA’ DESTA
Nel
coro dei passeri
insiste
un fringuello
nel
limare col canto,
lima
come legnaiolo
al
tronco centenario,
taglia
il placido volo
delle
colombe,
scrolla
di scintille
la
mimosa già desta.
Queste
cose mettono l’ali
e
se ne vanno non so dove.
SETTEMBRE
A PINETA
Dorato
sei ancora
e
di foglie foglioso,
col
battere d’ali
di
tortore amiche
fra
le punte dei pini,
tenere
d’aghi luminosi.
Le
aspidi crepolano
col
diramar fra le spine
di
more che nereggiano
all’ombra
dei cespugli
con
le bacche settembrine.
Di
colori s’intricano
i
rampicanti
tra
le acacie.
Voglioso
sei col riposar
d’arie
quiete
sull’erbe
copiose di semenze
in
ciuffi dilungate
tra
le eriche stoppose.
Nel
miele già arso
si
cullano i fiori piumati,
col
respirar d’ali sontuose
e
il punzecchiar
di
vespe che imperano
nel
ronzio,
che
addormenta il giorno
sotto
l’ali pietose
delle
tortore amiche.
IL
GIOCO DEL MARE
Il
mare di settembre
è
incantato, gioioso e terso.
I
bambini frenano aquiloni
che
salpano il mare,
costruiscono
castelli di sabbia,
incantati
convegni di tartarughe
e
sirene in vasche d’acqua salata.
Il
gioco del mare
nell’estremo
lambire
è
un riflesso di luce
che
arde e si trasforma
con
l’onda che viene
e
quella che va.
SCINTILLIO
NELL’ACQUA
Soffusi
cielo e mare.
Scintillii
di meduse,
sospesi
nell’acqua
ondulata.
Ombre
tremolanti
di
alti palazzi
che
evaporano.
Rombare
di
motori lontani
col
vociare
sotto
gli ombrelloni
e
lungo la riva.
Ti
inseguo
o
sole dorato
che
fuggi nell’acqua
mentre
fai gli arabeschi.
LA
CONCHIGLIA
La
conchiglia
ha
suoni e venti
nascosti
nelle
pieghe del tempo.
Suoni
incompiuti
spazi
profondi
parole
lievi.
Il
velo è teso
su
trasparenze
di
cose e profili.
Al
di là
l’orecchio
cerca
e
non trova.
Il
canto verrà.
L’OSTRICA
Come
un’ostrica
in
fondo al mare
si
apre e gorgoglia
solo
quando ha fame
e
poi si richiude
in
sé ben nutrita,
sono
un’egoista.
LAMBITA
DAL NOSTRO MARE
Spirando
il libeccio
pel
cielo lanoso
porta
all’occhio
assolata
la Dalmazia
del
nostro sole,
lambita
dal nostro mare.
Ora
dov’è il confine
segnano
di notte
i
pescatori con le lampare.
I
PESCATORI DELLA LAGUNA
Le
ombre della sera
vagano
nel porto
Cavalli
pronti
al
richiamo della corsa
sono
i pescherecci
attenti
al vento
che
vibra le corde d’acciaio.
Non
si parte! E’ tempo di bora.
Il
vento spazza il mare,
scompone
e ricompone
masse
d’acqua,
danza,
impazzisce,
sibila
e vola
finché
arriva tra le barche in porto.
Qui
il grido
si
tramuta in canto,
il
vento suona con dita invisibili
in
una melodia di arpe
il
linguaggio dell’avventura,
per
richiamare i pescatori
per
i campi aperti del mare
e
la donna cercherà di ancorare
i
fili di luce delle lampare,
sentirà
pulsare i motori,
scoprirà
la gioia del ritorno
nell’allegria
del porto
e
il suo uomo forte
più
della lontananza e del mare.