SATIRI GIOCOSI

 

   

   

Giocondo un satiro allegro

si disseta al fiume del piacere,

giocando con le ondine e con le ninfe.

Si nasconde furtivo nel bosco,

osserva una fanciulla china sui fiori:

subito si trasforma in un pene alato,

guardingo, curioso,

di amore portatore fecondo.

Si alza la fanciulla,

 stirando le braccia al sole,

si muove la veste,

come petalo vivente.

Contempla il cielo,

ma sente nell’aria,

un fuoco dolce, impetuoso,

invisibile.

Si sente avvampata,

misteriosa,

si sente piacevolmente

stimolata, incantata,

La trastullano 

pensieri allegri e divini.

Corre improvviso il pene alato,

ridente, sorpreso,

si avvicina alla fanciulla:

sotto la veste furtivo gioca.

Sorpresa ed innamorata

la fanciulla danza nel vento,

le mani cercano di prendere

chi così giocare vuole,

ma ecco che il pene alato,

ardente ed innamorato,

penetra la fanciulla abbandonata,

con impeti di piaceri.

Inondata ed innamorata la fanciulla

accoglie ora il pene vagabondo,

ma tanto lieta è della vicenda,

che lo ferma nella sua dimora.

Viaggia il pene nel ventre amato,

dona e riceve

piacere ed amore.

Ma quando l’amore

li ha accesi e stesi al sole,

vuole la fanciulla

mantenere il pene vagabondo

né vuole farlo uscire,

lieta di sentire

un piacere eterno

dentro di sé.

Si trasforma allora il pene

in un fluido d’amore,

serpeggia in tutto il corpo,

fa vibrare la fanciulla

con piaceri sconosciuti,

in transe la porta,

con novello amore,

nel gioco la sfida,

ridendo e cantando, dentro di lei.

Felice ed esausta la fanciulla,

domanda allora al gentile pene,

se goduto avesse abbastanza,

della sua visione,

l’invita a meglio amarla

al di fuori delle forme.

Esce allora il pene dalla bocca,

si trasforma nel satiro,

ridono entrambi felici,

e gode il satiro del suo corpo,

delle sue braccia e delle sue gambe,

nell’accostarsi

alla divina fanciulla.

 

Antonio Sbisà

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