LE FATE EROTICHE

 

   

   

Dorme nel prato un bel giovane,

nudo fra i fiori,

sotto i rami dell’albero.

Solenne e rapito il volto,

quasi sorridente nei sogni,

nell’abbandono

al sole, all’aria, al vento.

Si muove nel sonno,

quasi danzando lentamente,

come se le braccia e le gambe

nuotassero nell’aria.

Libero il corpo,

si libera anche il pene,

stimolato dai sogni e dal sole.

Danza anche lui,

esplorando,

ergendosi, chinandosi.

Ora sembra salire netto al cielo,

ora sembra voler giocare

con i fiori circostanti.

Allegre passano delle fate,

anche loro abbandonate

alla gioia del meriggio,

inseguite dal dio pan.

Nude e bellissime,

vestite solo dei loro capelli lunghissimi,

il corpo esposto al vento, al sole.

Vedono stupite il giovane,

immerso fra i fiori,

si avvicinano discrete,

attente a non svegliarlo.

Sanno vedere i sogni,

ridono dolcemente,

osservando i desideri, le fantasie.

Sfiorano le loro mani il corpo dormiente,

e questi riparte nella sua danza.

Osservano le fate il pene danzante,

gli rivolgono le loro attenzioni,

è più sveglio del suo padrone.

Chi vuole aiutarlo ad ergersi sempre di più,

quasi una focosa scommessa,

sfiora con le dita la lunghezza del pene,

scatta subito questo,

sussulta tutto il corpo,

incerto ormai fra il sogno e la realtà.

Chi invece gioca,

lo racchiude, lo piega,

quasi a volerlo dolcemente domare.

Sfiorano intanto le loro bocche generose,

la pelle, il volto, dell’uomo ignaro,

amore e bellezza donando,

seminando i sogni più belli e magici.

Eccitate e divertite le fate,

amanti e ridenti:

le loro yoni sussultano anch’esse,

desiderose di partecipare al gioco.

Scende allora lentamente una fata,

rivelando la magica yoni,

scende lentamente,

fino a coprire il pene solare,

fino ad accoglierlo lentamente in sé.

Sussulta felice il pene,

accolto con tanto amore,

continua ad ergersi

nel sacro tempio,

apertamente donato dalla fata

anch’essa ormai rapita,

abbandonata alla danza della sua yoni.

Accarezzano e baciano il giovane,

le altre fate,

quasi a rinfrescarlo

per il fuoco dell’amore,

quasi a lenire l’estasi

che la fata abbandonata vuole

espandere.

Si avvicendano le fate,

nella comuniond di amore,

Raggiunge una l’estasi,

passa la parola alle altre,

mentre il giovane

ormai segue il suo pene

nelle imprese di amore.

Mentre dorme,

sussulta tutto il corpo,

tutto viene vissuto dal giovane

come un sogno.

Si sveglia lentamente,

fra le braccia delle fate,

il cuore pieno di beatitudine,

il corpo ed il pene

immersi nel cielo.

Innamorato di Dio e del mondo,

abbraccia commosso e grato le fate:

chiedono queste il silenzio,

il mondo non è ancora pronto,

per questi misteri.

Liete ripartono le fate,

lasciano l’uomo al suo riposo,

né questi è più consapevole

se ha sognato nel sogno,

o che cosa fosse poi

la realtà.

Antonio Sbisà

La presente poesia non potrà essere pubblicata o utilizzata in qualsiasi altro modo, sia parzialmente che integralmente, senza il consenso dell'autore