Storia breve
Non ricordo come l’ho conosciuto in c6, ancora ci penso, e tanto, ma davvero non riesco a ricordare. È entrato nella mia vita in punta di piedi, così silenziosamente che neanche me ne sono accorta. Probabilmente è stato lui a contattarmi, magari facendo una qualche ricerca per vincere la noia di una serata vuota, ma all’inizio è stato così tranquillo e silenzioso a suo modo che non mi sono quasi accorta di lui. Ci siamo ritrovati, spesso, ambedue instancabili navigatori della rete, e fin da subito ho saputo che lui era in procinto di partire, possibilmente per non tornare più.
Quanto questo abbia influenzato il mio iniziale quasi disinteresse nei suoi confronti non so, come non ho idea se i suoi 5 anni di meno possano avermi influenzato. Ma lui era evidentemente di un’altra opinione. Lui cercava amicizia, e l’ha trovata, piano piano, sempre silenziosamente. È diventato qualcuno con cui parlare volentieri, qualcuno che sa ascoltare, anche se interrompe spesso, qualcuno che chiede e non ha paura delle risposte. All’inizio l’aggettivo che per me gli si attanagliava meglio era “innocente”, come innocente può essere un bambino, curioso e aperto a tutto. Fragile forse a suo modo, facilmente feribile, ma mai spaventato.
Poi la sua richiesta: “Monica voglio conoscerti”, ed ancora in questo non ho provato allarme, perché lui era quieto, seppure inesorabile nella sua decisione di vederci. Se ho iniziato ad avere un briciolo di consapevolezza è stato quando, dopo l’ennesimo problema che ci ha impedito di incontrarci, lui ha solo chiesto “allora quando?”, sempre tranquillo, sempre inesorabile.
Per farla breve lui è arrivato da me, dopo quasi una giornata passata in treno, in un pomeriggio di mercoledì. Io addirittura sono andata a prenderlo, l’ho portato in casa mia, l’ho lasciato lì con vaghe indicazioni sull’ubicazione di tutto quanto reputavo necessario, e sono tornata a lavorare. Mai e poi mai mi è passato per la mente che in casa mia c’era qualcuno che non conoscevo, del quale magari avrei dovuto diffidare. Mai. Perché la sua onestà è sempre stata palese.
Sono tornata alle 19.40, con mia figlia al seguito. Lui aveva apparecchiato la tavola, trovando chissà dove una tovaglia e dei piatti, aveva apparecchiato per tutti e tre, ed io non sono stata infastidita, io, che se qualcuno sposta un’oggetto dalla sua collocazione mi infurio.
È stato subito a suo agio, la persona giusta al posto giusto. Ha giocato con mia figlia, si è innamorato di lei perdutamente. Abbiamo parlato, ha dormito nel letto della bambina, abbiamo bevuto birre insieme e fumato sigarette.
Il secondo giorno già ero finita, ed ancora non lo sapevo.
Siamo andati a letto insieme, abbiamo iniziato a fare sesso giovedì ed abbiamo concluso venerdì facendo l’amore, ed ambedue sapevamo che stavamo facendoci male, ma nessuno ha potuto evitarlo, nessuno dei due ha voluto evitarlo.
Adesso sono qua e scrivo di lui; lui che tra quattro giorni parte, lui che starà con me il giorno prima della partenza, per farsi del male e farne a me. E quanti coltelli mi troverò piantata nei fianchi dopo che se ne sarà andato ancora non so, ma si aggiungeranno a quelli che ho già. Quelli che fanno sanguinare quando lo sento al telefono, quando mi dice che esce con gli amici, quando mi rendo conto che non divido la sua vita e non la dividerò, perché, comunque, lui partirà.