COMUNICAZIONI

Relazione al III Congresso Nazionale CLACS CISL del Segretario Generale CLACS CISL Paolo Tesi, Roma sala dei Dioscuri 17 e 18 maggio 2001.

Adesione al Clacs Cisl della Federazione Nazionale Totoricevitorie-FNT

Il Segr. Gen. del Clacs Paolo Tesi sottolinea che "con questa adesione si continua il progetto di dare vita a livello nazionale ad una grande realtà del gioco del trattenimento in sintonia con la sempre più attuale richiesta di innovativi servizi ricreativi per il grande pubblico."

Il Segr. Nazionale della Federazione Nazionale Totoricevitorie FNT Omero Falleri presenterà la nuova pagina web nell'ambito del sito internet CLACS CISL.

Adesione al Clacs Cisl della FIRAS, Federazione Rappresentativa degli Operatori delle Ricevitorie.

Con questa ulteriore presenza che si assomma alla FNT il Clacs Cisl può dirsi oramai ampiamente rappresentativo degli operatori delle ricevitorie.
Nei prossimi giorni pertanto, il Clacs Cisl, d'intesa con la FIRAS e la FNT chiederà incontri con il CONI e con la FISAL.

"Dal Clacs Cisl consulta per operatori culturali"
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NELLA CONVINZIONE che esistano inesplorate potenzialità di valorizzazione del patrimonio artistico e culturale attraverso forme collettive, cooperative e associative degli artisti stessi il Coordinamento del lavoro autonomo della Cisl (Clacs) ha deciso di offrire uno spazio proprio agli operatori del settore ; è stata costituita una consulta ed è previsto anche un convegno entro il 2000. In questa area sociale e professionale, emergono necessità sempre più consistenti, d’autotutela della professionalità e delle condizioni di lavoro. Da qui l’idea di una politica culturale "nuova" e di un’azione di autotutela sindacale. L’italia possiede il 70% dei beni culturali del mondo, ma non si è dotata di una linea politica economica del settore in grado di favorire un "consumo intelligente" del più prezioso tra i beni "immateriali". L’arte, la musica, il teatro, la danza, la pittura, l’architettura, il cinema e quant’altro, possono diventare occasioni di prospettive occupazionali fisiologiche, non posticce se si superano le mancanze di programmi, progetti ed iniziative capaci di dispiegarne tutte le potenzialità. Una più organica politica culturale capace di suscitare interesse in strati sociali più ampi, invece, rivelerebbe impensate prospettive d’incremento per auditori musicali, teatri stabili, spazi espositivi, conservatori, accademie delle belle arti. Ciò presuppone un impiego più razionale, produttivo ed economico delle strutture, pubbliche e private. Le tendenze "spontanee" del mercato, nel vuoto di politica della cultura, condizionano negativamente le possibilità di sviluppo (e di progresso qualitativo) a vantaggio dell’esistente ( e delle posizioni privilegiate) ; frenano la scoperta d’energie giovani e nuovi talenti, nonché la diffusione sociale del "consumo" dei beni culturali.
Così il diritto al piacere dell’arte è negato ai più. Occorre guardare anche al futuro della "economia dell’arte contemporanea" sapendo che viviamo nella società delle conoscenze. Che non sono immediatamente alla portata di tutti se manca una politica per l’espansione del consumo. Peraltro, le "conoscenze" non possono essere unicamente tecnologiche, informatiche e multimediali. Senza ignorare che anche le arti e la cultura si collocano in una società tecnologica, l’avvio di un nuovo corso nella politica del settore presuppone un "nuovo umanesimo" fatto d’idee, valori, sentimenti. Gli operatori dell’arte e della cultura debbono riconoscersi per primi in questi obiettivi di rinnovamento e collocare la propria valorizzazione professionale in coerenza con essi. E’ così che potranno esprimere una capacità competitiva individuale e "potere" contrattuale collettivo di "tipo qualitativo" ; dove al rapporto di forza si sostituisce scambio d’idee e valori ; e voce in capitolo nelle politiche del settore. Sperimentando sia un confronto di tipo nuovo con gli operatori del mercato dell’arte e della cultura e sia un originale concertazione con le istituzioni pubbliche competenti nel settore, la "categoria" potrà, peraltro, contribuire allo sviluppo sociale, prima che economico, del "prodotto" artistico e culturale. Molti i fronti delle sfide : ipertrofia legislativa, procedure burocratiche, supervisioni dei sovrintendenti, provvedimenti e interventi ossessivi, sovrapposizioni di competenze, sopravvivenze statalistiche. Tra l’altro, certe manifestazioni di politicizzazione nell’organizzazione e nella gestione pubblica del settore, fanno pensare, talvolta, ad atti discrezionali con effetti discriminatori. Governo e Parlamento, invece, devono recuperare un indirizzo generale di politica per l’arte e la cultura lasciando ampi e reali spazi alle regioni e soprattutto agli enti locali. Se c’è un campo nel quale un sano federalismo può essere utile questo è il settore dell’arte e della cultura ! I patrimoni storico-museali, i capolavori architettonici di pubblica proprietà e quant’altro possono essere conservati, tutelati, promossi e utilizzati dagli enti più vicini ai cittadini. Occorre semmai svecchiare abitudini consolidate- per certi versi già in corso di cambiamento - come gli orari delle pinacoteche. E superare gli stessi ritardi culturali esistenti nelle popolazioni del Paese che spesso ignorano le proprie ricchezze storico-ambientali. Questi settori sono stati considerati suscettibili di potenzialità occupazionali. Ma non sempre i provvedimenti occupazionali sono supportati da coordinati interventi sull’ambiente e sul paesaggio e, soprattutto, dai necessari progetti di formazione professionale specialistica. Si è dato luogo, piuttosto, ad insediamenti lavorativi a prescindere dalla predisposizione e preparazione delle persone. Persino in strutture museali di rilievo internazionale si sono lamentate mancanze sconosciute alle strutture dei paesi stranieri. Occorre superare pertanto ogni impostazione meramente assistenziale e inaugurare forme di gestione delle risorse moderne ed efficienti attraendo nel settore energie nuove che esistono nel sociale. Occorre privilegiare l’arte e la cultura offrendo spazi crescenti all’iniziativa collettiva che coopera e si associa. L’astratta diatriba tra pubblico e privato non ci appassiona ; pensiamo che debbano essere incentivati gli investimenti dei privati nel settore.
Non è necessario che il pubblico occupi tutti gli spazi per concederli a discrezione a privati privilegiati. Occorre un "mercato" più aperto, libero, dinamico. E’ necessaria, piuttosto, una qualificazione di tutti gli investimenti, pubblici e privati. Non mortificando le ragioni del "profitto" equo ; che significherebbe scoraggiare l’investimento privato (si pensi al recupero dei palazzi storici e al risanamento dei quartieri medievali). Con questi fini la cultura dell’imprenditorialità sociale potrebbe rappresentare un potente fattore di sviluppo. Il "pubblico" deve sentirsi più coinvolto nella promozione e valorizzazione dei beni storici, naturali ed artistici. Certo, è necessario che gli artisti e gli operatori culturali si riconoscano in questi obiettivi acquisendo coscienza di sé ; come gruppo sociale culturalmente qualificato, che, senza ledere l’individualità, rafforza la competitività creativa. Il "sindacato-associazione-rappresentanza" deve operare, contestualmente, per una politica della cultura moderna e per una moderna tutela del lavoro dell’artista. Gli obiettivi sono : tutela della professionalità, partecipazione associativa nelle istanze pubbliche del settore, applicazione delle norme esistenti e miglioramento della legislazione vigente, introduzione dello studio dell’arte nei cicli scolastici e inserimento di laboratori nelle scuole dell’obbligo, individuazione di nuove professionalità attraverso la mappatura dell’arte contemporanea, organizzazione di mostre, concerti, rappresentazioni per rendere visibili energie emergenti, individuazione di spazi pubblici per studi e laboratori d’arte, utilizzo di sistemi multimediali, a servizio degli associati, per la diffusione delle opere in Italia e all’estero, pubblicazione informativa per le categorie dell’arte e della cultura. Di questo ed altro parleremo nel convegno che verrà organizzato entro l’anno.

Paolo Tesi
Segretario generale Clacs Cisl

Fonte : Conquiste del lavoro
Data : 1 agosto 2000

Legge n.448/98 art.78. Costituzione Osservatori Regionali sul Lavoro Nero.
E’ stata chiesta alla Direzione Generale Sez. Vigilanza sulle Entrate un incontro interlocutorio ai fini dell’esplicazione sulle modalità ed i termini idonei a concretizzare la costituzione di un Osservatorio Regionale sia nella Regione Marche sia a livello nazionale, con compiti di verifica sull’applicazione di un accordo in esame in ambito regionale e di monitoraggio delle situazioni contrattuali ed organizzative esistenti in ambito nazionale a norma dell’art. 14 dell’intesa in oggetto.

Il CLACS inaugura oggi il suo sito internet
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