STRUTTURA

DEI CUNICOLI DI CLAUDIO

 

Rappresentazione dell'Emissario Claudio nella sua lunghezza. (Immagine personale)

 

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Il progetto dell'Emissario varato da Claudio nel 41 d.C. e realizzato nelle sue parti portanti dopo 11 anni di lavori forzati nel 52 d.C. è un progetto già ampiamente discusso e disegnato sotto i suoi predecessori a cominciare da Giulio Cesare. Per cui è un progetto che aveva già 100 anni di discussioni e bisognava ora attuarlo. In ciò Claudio è stato molto veloce e già alla fine del 41, ovvero nell'anno della sua elezione a imperatore, il progetto è entrato in fase esecutiva.

La realizzazione del progetto ha comportato per gli ingegneri romani a doversi confrontare con una natura aspra e piena d'incognite, ma soprattutto con il Lago Fucino, ovvero con un bacino dalle caratteristiche ostili, visti i suoi continui e repentini sbalzi di oscillazioni.

I Romani nell'applicazione del progetto hanno fatto un ragionamento semplice, ovvero per travasare un liquido ci vuole un dislivello e un collegamento e ciò è alla base del progetto.

Quindi considerando ciò che hanno fatto i Romani è stato di considerare il lago come un recipiente da svuotare e il fiume Liri, il recipiente da riempire tramite un collegamento sotterraneo.

 

Immagine ricostruita della struttura dell'Emissario Claudio sulla base dell'immagine osservata da

http://www.fucino.altervista.org/pagina-875331.html

 

Andando nel dettaglio osserviamo che tra il fondo del Lago Fucino e il letto del Liri vi è stata una differenza di circa 20 m. Ecco li che svuotare il lago e raggiungere il fiume vi voleva un collegamento sotterraneo che necessariamente doveva passare dentro il Monte Salviano e sotto i Piani Palentini, raggiungendo infine il Liri in prossimità di Capistrello, nel punto più facile dove raggiungere il fiume.

Riferendoci allo schema sovrastante diciamo brevemente che la quota 0 di riferimento era il letto del fiume Liri, che era pari a 635,68 m s.l.m. Questa era una quota dettata sommariamente da gli ingegneri francesi Brisse e De Rotrou che hanno condotto al prosciugmanento il Fucino nel corso della seconda metà dell'800.

Tale quota 0 è stata scelta in quanto si trovava 10 m esatti sopra il fondo del letto del fiume Liri, che è a 625,68 m s.l.m.

Per riuscire nell'impresa titanica di portare le acque del Fucino a convogliarsi nel Liri ci voleva la realizzazione di una galleria sotterranea di circa 5 km. Tanto era la distanza in linea d'area fra il Fucino e il Liri.

Tuttavia nel progetto si prevedeva una galleria di circa 6 km, e ciò in quanto bisognava considerare le dinamiche interne al sottosuolo.

Sottosuolo che i Romani seppure fra mille insidie sono stati abilissimi nel trattare, riuscendo nella non facile combinazione di essere oltre che ottimi ingegneri e architetti anche ottimi geologi.

La struttura dell'opera prevedeva tre parti da creare

1) un canale a cielo aperto dove convogliare le acque (canale collettore),

2) una galleria sotterranea dove far passare le acque convogliate, per poi farle defluire(emissario),

3) un complesso di regolazione interposto fra i due sistemi citati (incile).

- Soffermiamoci ora per un attimo sul significato di questo sistema di regolazione detto incile, dove in pratica bisognava erigere un complesso di costruzioni e bacini di servizio, composti da congegni per regolare il flusso delle acque in entrata.

- Altra postilla da considerare riguarda il Lago Fucino che seppure era il terzo lago d'Italia, era anche uno dei meno profondi. Infatti ad un'area calcolata di 140 Km2, vi era una profondità d 15 m, quindi poco. In tal modo vediamo in base al progetto romano, vediamo che si era previsto comunque di mantenere il lago e non prosciugarlo del tutto. Infatti la creazione del canale collettore prevedeva che esso fosse alla stessa quota del lago, di modo da convogliare in esso solo la parte al di sopra di una certa soglia, mantenendo il resto nel bacino, permettendo quindi ad esso di continuare ad esistere.

Le ragioni del mancato prosciugamento sono diverse sia religiose che politiche, tuttavia in questa sede non saranno oggetto d'indagine.

Tornando all'opera essa quindi si divide in tre parti canale collettore, incile e galleria emissaria.

Iniziamo la nostra trattazione dalla struttura dell'incile.

 

 

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1) INCILE.

Immagine ravvicinata dell'Incile. (Immagine personale)

 

L'incile era una grande struttura con dimensioni generali pari a 65 m di lunghezza e 40 m circa in larghezza presso la vasca esagonale. Inoltre bisogna tener presente che le acque per poter arrivare in fondo presso la galleria sotterranea, dovevano superare la quota di 16,57 m partendo dal punto 0.

L'incile come struttura si divideva in  tre parti una gola, una prima vasca esagonale e infine una seconda vasca trapezoidale.

 

- GOLA: Le acque che giungevano dal canale collettore incontravano prima la gola, ovvero un avambacino ad imbuto, costituito da due muraglioni laterali, rettilinei e convergenti.

In pratica questa struttura serviva a trattenere il terreno circostante, che era ad un livello più alto di 10 m. Il fondo della gola era posto a 16,57 m rispetto alla quota 0 di riferimento.

La gola vedeva la presenza di una saracinesca che aveva la funzione di regolare il flusso dell'acqua dal lago, a cui poi seguiva un breve e profondo corridoio.

 

- VASCA ESAGONALE

Successivamente le acque, superata la gola, entravano in una grande camera esagonale, che terminava in fondo con un muraglione.

Questo aveva poi nella parte bassa una seconda saracinesca che separava la vasca esagonale da quella trapezoidale.

La seconda saracinesca era regolabile da una manovra posta nella parte sovrastante essa.

 

- VASCA TRAPEZOIDALE

Superata la seconda saracinesca le acque penetravano nella vasca trapezoidale.

La suddetta vasca aveva una profondità di 11.09 m, presentando un dislivello di 5,48 m con la precedente vasca esagonale.

L'acqua arrivava attraversando tale vasca arrivava sul fondo dove era situata una terza saracinesca. Ma soprattutto la saracinesca era addossata alla una parete del Monte Salviano, che fungeva da inizio della galleria sotterranea, ovvero dell'Emissario.

La terza saracinesca risultava regolabile con una camera di manovra soprastante. La struttura di questo ultimo imbocco aveva una scala di servizio che permetteva l'accesso all'interno della galleria per vari interventi di manutenzione oppure ispezioni, dopo aver arrestato il flusso.

La struttura oltre a disporre della saracinesca comprendeva anche due piani superiori, nei quali vi erano la sala controllo e il posto di guardia. Il tutto strutturato con logge a tre arcate.

 

 

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2) LA GALLERIA

(Immagine personale)

 

La galleria sotterranea costruita dai Romani ai tempi di Claudio seguiva un tracciato abbastanza rettilineo al di sotto del Monte Salviano e poi dei Piani Palentini alla cui estremità finale finiva e le acque del lago si gettavano nel Liri, presso l'attuale area del paese di Capistrello.

Chiaramente viste le enormi difficoltà di esecuzione a causa della geologia delle strutture attraversate, gli ingegneri romani hanno dovuto escogitare soluzioni differenti a seconda della zona attraversata.

Difatti l'organizzazione dell'emissario non vede un unico tracciato rettilineo come ci si potrebbe aspettare, ma invece è stato scelto dagli ingegneri romani un percorso suddiviso in tre tratti, raccordati ad angoli molto ottusi, al fine di non attraversare zone rocciose, che avrebbero richiesto un maggiore sforzo umano e tecnico, allungando di molto i tempi di realizzazione dell'opera.

 

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- Pozzi e Cunicoli :

Immagine rielaborata della struttura dell'Emissario Claudio.

(Fonte da http://www.fucino.altervista.org/pagina-875331.html)

 

Successivamente fatto il tracciato della galleria, sono stati realizzati molti pozzi verticali, distanti 400 m l'uno dall'altro e profondi fino alla quota calcolata per la costruzione della galleria sotterranea.

La profondità dei pozzi tendeva a variare dagli 80 a 120 m sotto i Piani Palentini e poco più di 20 m nella parte compresa tra il Monte Salviano e l'Incile.

L'utilità di questi numerosi pozzi aveva diverse finalità, prima fra tutte il passaggio dell'aria,  il sollevamento dei materiali di scavo, e l'introduzione dei materiali di rivestimento.

Inoltre bisogna ricordare che la costruzione dei vari pozzi veniva di volta in volta cambiata in funzione della tipologia del terreno attraversato. Infatti si passava da pozzi non rivestiti a pozzi con rivestimento murario completo. Tale rivestimento era in laterizio in opus reticulatum. I pozzi rivestiti interessavano soprattutto la zona compresa tra il M. Salviano e il Fucino e ciò con lo scopo evidente di impedire infiltrazioni d'acqua da parte del vicino Lago Fucino.

Riguardo all'areazione oltre ai pozzi sono state costruite gallerie inclinate (o cunicoli), in numero più elevato rispetto ai pozzi verticali con proporzioni e disposizioni differenti in funzione del loro uso.

 

- I cunicoli nei Piani Palentini:  I cunicoli inclinati costruiti presso i Piani Palentini partivano dal suolo per incontrare successivamente i pozzi verticali che venivano così areati. In diversi casi poi tali cunicoli hanno raggiunto direttamente la galleria sotterranea principale.

 

 

- I cunicoli presso il Monte Salviano:

(Immagine personale)

 

I problemi principali nella creazione dei cunicoli li si è riscontrati presso il Monte Salviano.

Qui infatti ci si è trovati nell'impossibilità di creare pozzi verticali, data l'altezza del monte, per cui si sono realizzati diversi cunicoli inclinati. Questi ultimi sono serviti sia per l'areazione che per il transito di materiali di sterro e per il rivestimento dell'emissario.

In base a ciò si osserva che se si fosse preferito realizzare pozzi nel Salviano questi avrebbero dovuto avere un'altezza fra 150 e 300m e la loro apertura sarebbe stata di difficile accesso vista la pendenza del terreno, con i cunicoli inclinati si ha un notevole risparmio di energie.

Gli ingegneri romani inoltre incontrano altre difficoltà data la breve distanza di 890 m intercorsa fra il primo cunicolo presente sul Salviano e l'ultimo pozzo realizzato presso i Piani Palentini.

Il problema viene aggirato costruendo sullo stesso piano inclinato, uno sovrastante l'altro 2,3 ordini di cunicoli di servizio (cunicolo maggiore). Questi cunicoli sovrapposti partendo da due versanti opposti della montagna, arrivavano a convergere, sotto diverse inclinazioni, il piano profondo della galleria.

In generale vediamo che ognuno dei vari cunicoli costruiti, rappresenta in se un unicum su cui vale la pena soffermarsi.

Qui di seguito riportiamo i pricipali cunicoli presenti sul Monte Salviano e nei Piani Palentini.

 

- Il Cunicolo Maggiore :

Cunicolo Maggiore (Immagine personale)

E' sicuramente il cunicolo più rappresentativo di tutti. Questo cunicolo è strutturato con 3 grandi ordini di arcate sovrapposte e rientranti una più sopra dell'altra.

 

Cunicolo Maggiore (Immagine personale)

 

Sia questo che gli altri cunicoli seguono percorsi inclinati verso il basso e sono in diretta connessione con il condotto principale. Oltre a ciò questo come gli altri cunicoli sono serviti per l'accesso dei lavoratori, per introdurre i materiali per il rivestimento dei cunicoli e condotti vari, per estrarre i materiali d'escavazione, far passare luce e lunghe code di genti che portavano con se i secchi ripieni di acqua sorgiva o d'infiltrazione.

 

Cunicolo Maggiore (Immagine personale)

 

La struttura di questo cunicolo ricorda grandi maniche a vento e questo aveva lo scopo principe oltre a quelli appena accennati di far passare l'area esterna. Questa passando tramite questi condotti precipitava nella sottostante galleria a seguito dell'apertura dei pozzi.

 

   

Ingresso del Cunicolo Maggiore. (Immagine personale)

 

Entrata alla scalinata del Cunicolo Maggiore. (Immagine personale)

 

Perciò in seguito non sono stati usati altri mezzi, poichè già la struttura di questi cunicoli era sufficIente per immettere una grande quantità d'aria, sufficiente a ossigenare l'ambiente interno dove avvenivano le escavazioni.

 

 

 

- Il Cunicolo del Ferraro:

Cunicolo del Ferraro da cui si scorge il Cunicolo Maggiore. (Immagine personale)

 

Questo Cunicolo è inclinato come tutti gli altri ed è ubicato poco distante dal Cunicolo Maggiore. Precisamente si trova al di sotto di questo.

 

Cunicolo del Ferraro (Immagine personale)

 

Il Cunicolo del Ferraro incontra il pozzo N 23, profondo 65,395 m. Tale cunicolo aggira il pozzo sulla parte destra e va a ricollegarsi al Cunicolo Maggiore.

 

Cunicolo del Ferraro. (Immagine personale)

 

Il Cunicolo del Ferraro è più lungo di altri cunicoli, ed ai lati dello stesso vi sono incise delle nicchie di sosta, che consentivano una più agevole circolazione dei carri per il trasporto del materiale in entrata e uscita della galleria.

Anche in questo pozzo sono stati ancorati gli argani. Dalla parte terminale del Cunicolo del Ferraro non vi è possibilità di giungere alla galleria Torlonia, in quanto il passaggio è chiuso da grossi blocchi di pietra squadrata, che sono il rivestimento interno della stessa galleria.

 

Cunicolo del Ferraro. (Immagine personale)

 

Invece per impedire a curiosi di entrare all'interno dall'ingresso vi sono robuste e fitte cancellate d'acciaio.

 

 

- I Cunicoli nei Piani Palentini: 

(Immagine personale)

I cunicoli inclinati costruiti presso i Piani Palentini partivano dal suolo per incontrare successivamente i pozzi verticali che venivano così areati. In diversi casi poi tali cunicoli hanno raggiunto direttamente la galleria sotterranea principale.

 

- Il Cunicolo del Calderaro:

Questo cunicolo si trova sul pozzo N 21 e risulta più largo di altri. Questo è scavato totalmente nella roccia; sui lati dello stesso sono incisi dei gradini per poter transitare sui due lati dei piccoli carri, usati per il trasporto dei materiali necessari alla costruzione e alla escavazione. Ciò veniva svolto con grandi sofferenze umane per le file fatte, per eliminare cn i secchi l'enorme quantità quantità d'acqua di sorgente e di infiltrazione dalla sottostante galleria.

Durante la fase di realizzazione dell'Emissario Torlonia l'ingegner De Rivera, capo lavori per Torlonia, ha riattivato il cunicolo e ha spurgato il pozzo fino a 122 m di profondità. Durante l'800 in questo pozzo sono stati applicati gli argani a tamburo a tiro verticale.

Attualmente l'entrata alla galleria da questo pozzo è impedito da rivestimento eseguito in pietra da taglio nell'Emissario Torlonia. Anche la sommità del pozzo è chiusa.

 

- Il Cunicolo della Macchina:

Il Cunicolo della Macchina è posto nel mezzo dei Campi Palentini, ed è  profondo 78,44 m.

Il pozzo a inizio 800 è stato spurgato dall'ingeg De Rivera ed utilizzato per prelevare materiale dall'interno del condotto principale, che veniva ripulito per essere poi usato.

Nell'operazione di spurgo del condotto principale ci si è serviti del primo argano a tamburo, un nuovo strumento di estrazione di materiale per l'epoca. Ebbene tale strumento è stato inserito nel Cunicolo della Macchina e da qui è venuto il nome che De Rivera ha dato a tale cunicolo.

L'imboccatura esterna del pozzo è realizzata in muratura e composta da pietrame del posto, calce e malta.

Oggi l'accesso al pozzo è chiuso da un muro che lo separa dall'Emissario.

 

- Cunicolo della Lucerna:

Il Cunicolo della Lucerna è posto all'interno dei Piani Palentini ed è profondo 85,03 m.

Questo cunicolo intercetta e aggira il pozzo N. 9. Il pozzo a differenza dei Cunicoli della Macchina e del Ferraro non ha gradini.

Il cunicolo e il pozzo sono stati usati durante i lavori di costruzione dell'Emissario Torlonia

Oggi pozzo e cunicolo risultano chiusi da una robusta muratura.

 

 

- Considerazioni finali sui cunicoli e i pozzi

I cunicoli suddetti e ad altri non citati qui, risultano tutti usati durante la costruzione del nuovo emissario Torlonia sia per l'estrazione dei materiali, che soprattutto per l'areazione essendo essi collegati insieme ai pozzi alla galleria principale.

Riguardo all'areazione sappiamo che i Romani per aumentarne l'effetto avevano escogitato un sistema efficace e semplice al tempo stesso.

In pratica all'interno della galleria, in corrispondenza dei pozzi, venivano accesi dei fuochi, che producevano un effetto camino, dove aspiravano aria dall'esterno per portarla verso  l'interno ovvero verso il condotto emissario.

 

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- Sbocco della galleria di Claudio presso Capistrello:

Terminale dell'emissario di Claudio presso Capistrello. (Immagine personale)

 

Lo sbocco dell'Emissario Claudio si ha presso la parte antica del paese di Capistrello, che si trova in un'insenatura naturale che collega i Piani Palentini con la vicina Valle del Liri ( o Valle Roveto).

Le acque provenienti dal bacino del Fucino una volta attraversata la galleria di Claudio si gettano nel sottostante Fiume Liri.

 

Terminale dell'emissario di Claudio presso Capistrello. (Immagine personale)

 

Misurando lo sbocco presso Capistrello con la sottostante superficie del fiume vi sono 2,64 m di spessore, a cui una volta aggiunti altri 10 m di spessore fra superficie e fondo del fiume si arriva a 12,64 m.

 

Sbocco dell'Emissario Claudio presso Capistrello. (Fonte da Wikipedia)

 

Oggi nello sbocco presso Capistrello è stato creato un parco ad hoc, che oltre ad interessare l'opera idraulica, offre al turista anche la possibilità di ammirare una fantastica parete di roccia calcarea sul cui fondo si ha lo scenario del Liri.

 

Immagine delle Gole di Capistrello (Valle Roveto). (Immagine personale)

 

Inoltre presso il belvedere della parte antica del paese, prima di arrivare presso la vecchia centrale elettrica Torlonia, si può ammirare la bellezza naturale della Gola di Capistrello.

Di queste si osserva che tra lo sbocco dell'emissario presso Capistrello, e la superficie del Fiume Liri vi sono 2,64 m. Se poi si considera l'altezza tra l'uscita dell'emissario e il letto del fiume si devono aggiungere altri 10 m arrivando ad un'altezza di 12,64 m.

 

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- La forza umana e gli strumenti d'uso dello scavo : In generale la galleria romana misura in lunghezza 5643 m, quindi poco più di 5 km, di questi km i tre quarti sono stati scavati nella roccia, mentre il rimanente in argilla e sabbia (Piani Palentini).

La galleria romana risulta all'epoca la più lunga e maestosa costruita nell'antichità e rimarrà tale fino al XIX secolo, allorquando nuove gallerie più lunghe saranno erette.

Se consideriamo gli strumenti con cui i Romani hanno scavato ed eretto l'intera opera si rimane basiti. Bisogna considerare infatti che gli strumenti d'uso per la costituzione della galleria erano molto semplici come le mazze, le zeppe di ferro e gli scalpelli.

A questi poi si aggiungevano gli argani, che sono serviti al sollevamento dei materiali di scavo ed alla discesa di quelli di rivestimento. Il tutto avveniva poi con il solo uso della forza fisica umana.

Dall'osservazione poi del ridotto volume dei recipienti usati, della grande altezza di molti pozzi e considerando che tutto il lavoro è stato svolto con la forza umana, si capisce che il movimento attraverso i pozzi sia per scavarli, che per usarli poi per far passare la terra è stato lentissimo. A ciò bisogna aggiungere che la roccia scavata era fatta da materiale molto resistente.

Una volta che i materiali di terra e roccia erano condotti al di fuori della struttura, venivano poi caricati su delle barche e gettati nel centro del lago

 

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- Misure della Galleria claudiana

 

Immagine ricostruita della struttura dell'Emissario Claudio sulla base dell'immagine osservata da

http://www.fucino.altervista.org/pagina-875331.html

 

1) Lungezza e pendenza dell'Galleria : Dalla figura sopra si evincono le varie misure che fanno riferimento all'emissario.

Di queste si osserva che tra lo sbocco dell'emissario presso Capistrello, e la superficie del Fiume Liri vi sono 2,64 m. Se poi si considera l'altezza tra l'uscita dell'emissario e il letto del fiume si devono aggiungere altri 10 m arrivando ad un'altezza di 12,64 m.

Spostandoci poi all’imbocco dal lato del Fucino, la parte iniziale dell'emissario si posiziona a 11,09 metri sopra la quota 0 di riferimento.

Considerando poi il dislivello esistente fra gli estremi del condotto pari a 8,45 m, se rapportiamo questo con la lunghezza della galleria (5.643 m.), si ha una pendenza media di circa 1,50 m./Km..

 

2) Area della Galleria : Consideriamo ora la l'area della sezione della galleria. Questa ha una misura e una forma tedenzialmente costante, ma tendeva a variare lungo l'intero percorso del condotto.

Tendenzialmente la forma considerata del condotto è quella di un rettangolo con base di 1,80 m e un altezza di 2,10 m, sormontato da un semicerchio di 0.90 m. Quindi l'area di riferimento che ne emerge è pari a circa 5,05 m2

 

3) Portata dell'Galleria : Tendenzialmente la portata misurata in funzione della sua sezione tipica è di 9 m3/s, corrispondenti a 780.000 m3al giorno.

Tuttavia bisogna tener presente che la portata di un condotto è ricavata e limitata dalla sua sezione più piccola, in quanto non vi può essere passaggio di più acqua rispetto a quella che può transitare nel suo punto più piccolo; per cui la portata massima effettiva della galleria romana riferita alla sezione minima di 3,73 metri quadrati, era in realtà di circa 7 metri3 al secondo, vale a dire quasi 600.000 metri cubici d’acqua al giorno.
 

Va considerato inoltre che nel periodo romano la vegetazione di tutta la conca del Fucino era molto più rigogliosa ed estesa di quella attuale, con boschi che ricoprivano gran parte delle montagne, che invece oggi appaiono molto più scoperte.


In tali condizioni l’afflusso di acqua al lago, da tutto il bacino imbrifero del Fucino, doveva avere un regime meno “torrentizio” ed inoltre una evaporazione maggiore.


Quindi la sezione della galleria romana, che oggi sembra modesta rispetto a quella  Torlonia, è in realtà adeguata per il solo mantenimento delle acque del lago residuo.

 

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- Errori ed errori presunti di costruzione nella galleria :

Durante la fase di costruzione della galleria i Romani hanno fatto alcuni errori di realizzazione e ciò era dovuto a limitati e rudimentali strumenti di calcolo. Tuttavia pur in presenza di alcuni errori che sono stati comunque poi risolti, si è appurato durante l'800 nella fase di realizzazione del condotto Torlonia, che alcuni di quei ipotetici errori erano in realtà soluzioni, forse un po' ardite a problemi inerenti lo stato del luogo, veramente complicato per la sua natura.

 

1 effettivo errore: Il primo errore vero commesso dai Romani nella fase realizzativa del condotto è avvenuto tra i pozzi numero 7 e numero 9. Qui durante l'800 ci si era accorti che i Romani in un primo momento avevano raccordato male due pezzi di galleria, che in pratica non s'incontravano e quindi le quote scavate non erano in linea.

Essi hanno poi rimediato scavando un pozzo intermedio, il numero 8, e dal suo fondo sono partiti con due nuovi attacchi che hanno poi ricongiunto i due semi tunnel fuori linea.

 

1 presunto errore: Questo primo errore presunto era stato in realtà ritenuto tale solo all'inizio nel corso dell'ispezione ottocentesca della galleria. Difatti ad una visione successiva ci era resi conto che esso era in realtà una soluzione pur grossolana, operata dai romani per risolvere un problema legato ad un crollo.

Questa situazione è stata visionata tra i pozzi numero 19 e numero 20. All'inizio qui si era osservata una deviazione che non doveva esserci. Tuttavia da un'esame successivo, fatto dagli ingegneri Torlonia, ci si era resi conto che i Romani avevano fatto quella deviazione per aggirare un effetto di crollo presente in quel punto, che si era manifestato con un crollo importante avvenuto durante la cerimonia del 52 d.C.

Il crollo era avvenuto all'altezza del punto di congiunzione fra il Salviano e i Piani Palentini, quindi un punto di particolare debolezza e la deviazione trovata dagli ingegneri Torlonia era proprio in quel punto, dove dove finiva la roccia compatta del Salviano e iniziava lo strato d'argilla dei Piani Palentini.

Qui in pratica si aveva sul lato sinistro della galleria quasi come fosse un angolo retto con una direzione fisiologica rispetto alla struttura naturale del posto.

Avvenuto il crollo gli ingegneri Romani avevano risolto il problema di stabilità immaginando di creare in quel punto un'ardita deviazione del percorso, che però in un primo momento gli ingegneri francesi di Torlonia avevano capito come un errore di valutazione dei Romani.

Ora la soluzione della deviazione, progettata dai romani era di un percorso curvilineo strutturato in modo da allontanarsi ad una determinata distanza, per poi riavvicinarsi alla direzione naturale del tunnel. In questo modo si disegnava un percorso arcuato molto irregolare, che serviva per arrivare di nuovo alla galleria in un punto che distava a 132 m da quello lasciato in precedenza.

 

2 presunto errore: Gli ingegneri francesi di Torlonia nell'esaminare la galleria romana hanno riscontrato altre situazioni simili alla precedente, che inizialmente avevano indicato come errore tecnico e che in un secondo momento esaminando il luogo, hanno poi inteso essere una soluzione tecnica.

Ciò è vero nel caso di alcune irregolarità legate alla pendenza in alcuni punti del condotto sotterraneo.

Ebbene tali irregolarità riguardavano alcuni cedimenti del terreno sottostante, che avvenuti nel corso dei secoli romani sono sicuramente da imputare ad eventi sismici vicini all'area fucense o ancor più all'area marsicana.

 

2 effettivo errore: Uno dei pochi veri errori riscontrati dai francesi nei confronti dell'opera romana era da imputare ai tempi nei quali essi vivevano, dove cioè non si erano ancora raggiunte soluzioni tecniche più moderne.

In pratica l'errore che i tecnici francesi avevano riscontrato, riguardava la forma dell'emissario, che era una struttura rettangolare sovrastata da un semicerchio.

Tale struttura a semicerchio conferiva debolezza all'opera dell'emissario, poichè non consentiva una resistenza adeguata all'enorme pressione dei terreni sovrastanti.

Questo è vero soprattutto per i terreni argillosi, che imbevendosi di acqua a causa delle numerose infiltrazioni, portavano ad un certo punto al crollo della struttura in qualche zona del condotto a causa dell'enorme peso.

I romani accortisi del problema hanno provato successivamente a risolverlo, adottando un metodo di schiacciamento della galleria.

In pratica schiacciando la galleria in alcuni punti più deboli, attraverso una riduzione della sezione,  si era cercato con il ridotto contorno, di arrivare ad avere una migliore e più efficace resistenza alle forze di pressione date dalle roccie circostanti.

Questo metodo adottato dai romani ha portato alla riduzione in alcuni punti della galleria della sezione normale da 5,05 m2 a 4 m2. Ciò ha comportato in questi punti la riduzione della portata dell'emissario a livelli critici per lo svuotamento parziale del Lago Fucino.

In questo modo attraverso il metodo, detto di "strozzamento della galleria", i romani sono riusciti seppure non completamente a ridurre il problema dei numerosi crolli, che spesso si verificavano in qualche punto del condotto.

 

 

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3) IL CANALE COLLETTORE

Delle tre parti che costituivano l'opera di riduzione del livello del Lago Fucino, il "Canale Collettore" è stato l'ultimo ad essere realizzato.

Il canale collettore era un canale a cielo aperto, che aveva la funzione di dover prelevare le acque del lago e convogliarle all'incile. Rispetto alle altre due parti era sicuramente di più facile risoluzione, ma comportava comunque dei problemi.

Dai dati che ci hanno lasciato gli ingegneri francesi, che a metà ottocento hanno guidato l'opera di prosciugamento per Torlonia del Lago Fucino, si capisce che i romani hanno avevano adottato la pendeza del 1/1.000. Questa pendenza indicava che la quota del fondo del collettore si doveva alzare gradualmente di 1 m ogni km mano a mano che si avanzava verso l'interno del Fucino.

In questo modo iniziando dalla vasca esagonale posta a quota 16,57 m, si aveva che dopo 1 km il fondale del canale collettore arrivasse a 17,57 m rispetto alla quota 0 di riferimento e così in avanti per tutto il resto.

Facendo così il punto d'incontro del canale collettore con il fondale del lago diventava il punto più elevato di tutto l'emissario, inteso nel suo complesso di sistema Galleria-Incile-Collettore.

In questo modo le acque che si trovavano sopra la quota iniziale del Collettore potevano uscire dal bacino lacustre, mentre la parte rimanente, posta al di sotto della presa, erano  impossibilitate a muoversi, consentendo così il mantenimento di una certa quantità di lago.

Il nome di questa quota del canale collettore si definiva "quota iniziale" o "quota critica".

Chiaramente  la quota critica  dipendeva  non solo dalla pendenza del collettore, ma anche dalla sua lunghezza. Infatti se il collettore fosse stato piuttosto corto, magari anche solo poche centinaia di metri, la differenza di quota tra il suo inizio e la sua fine non sarebbe stato un problema importante, comportando tutt’al più un dislivello di appena qualche decina di centimetri.

Invece la sua notevole lunghezza, di diversi Km., comportava un dislivello non più trascurabile, dell’ordine diversi metri, sempre sulla base della pendenza de’1/1.000 usata dai romani nel Fucino.

Quindi riuscire a rilevare con precisione la pendenza del collettore era di particolare importanza, poichè il Fucino risultava profondo appena 15 m, per cui anche l’errore di un solo metro, avrebbe comportato una notevole riduzione della fascia di terreni prosciugabili.

Abbassando invece il punto di raccordo del collettore all’incile, per esempio riducendo o eliminando del tutto il dislivello tra le due vasche,  il canale collettore avrebbe raggiunto il fondo del lago in un punto più basso e distante, consentendo  il prosciugamento di una fascia di terreni più ampia.
 

Il canale collettore, secondo il progetto di Claudio, si raccordava  alla quota della vasca esagonale( 16,57 m.) raggiungendo al massimo una lunghezza di poco superiore ai 2.500 metri e ciò non era del tutto sufficiente per far funzionare bene l'opera. Per cui in un successivo intervento il progetto era stato riadattato raccordando il tutto alla quota d’imbocco della galleria sotterranea (11,09 m.), sempre con una pendenza costante dell’1/1.000. Così facendo si sarebbe potuto raggiungere una lunghezza di circa 6.200 metri, permettendo il prosciugamento di una fascia di terreni altrettanto ampia.

Tuttavia nel successivo intervento varato da Adriano, nel completamento dell'opera, la lunghezza massima raggiunta dal collettore romano,è stata di 4.500 metri.
 

Durante la solenne inaugurazione dell’emissario, nel 52 d.C., verosimilmente il collettore non era ancora arrivato alla sua “quota critica” perché questo avrebbe richiesto ancora tempi piuttosto lunghi di costruzione e, quindi, incompatibili con la “fretta” di Claudio di procedere con i festeggiamenti per il compimento della “sua” opera.

E’ chiaro perciò che, finché non fosse stata portata a termine la realizzazione del canale collettore, la quota del fondo della vasca esagonale non poteva avere nessuna influenza ne determinare quale sarebbe stato il nuovo livello del lago e, quindi, quanta acqua sarebbe potuta uscirne e quanta ve ne sarebbe rimasta dentro.
 

Perciò, prima di quel momento, l’unico vero responsabile, come ostacolo o limitazione all’uscita dell’acqua del lago, restava il canale collettore con la sua quota critica e solo dopo la costruzione finale del collettore, la vasca esagonale avrebbe costituito un limite reale e diretto ad un ulteriore abbassamento delle acque del lago.

Per realizzare ciò però si sarebbe dovuto o abbassarla o cancellarla del tutto, e questo è stato fatto in seguito con l'intervento di Adriano, ma in quel momento era di vitale importanza per problemi politici, avere l'inaugurazione dell'emissario.

 

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CONSIDERAZIONI SULL'OPERA DI CLAUDIO

Parlando dell''Emissario di Claudio, pur con tutte le sue limitazioni, l'opera è stata di per se grandiosa e immensa sia per l'ingegno che per la realizzazione visti i carenti strumenti di lavoro usati all'epoca. Inoltre se tale opera è stata  realizzata il merito va anche e soprattutto ai tantissimi uomini liberi e schiavi, che vi hanno lavorato per 11 anni in condizioni di vita estreme.

Certo l'opera che è stata realizzata all'inizio sotto Claudio, una volta conclusa ha mostrato da subito tutti i suoi limiti, per cui l'intervento successivo era urgente, altrimenti si sarebbe perso un qualcosa di grandioso come questa.

A questo proposito esiste la testimonianza di Plinio il Vecchio che nelle sue memorie ricorda le grandi fatiche, degli schiavi e degli uomini liberi, che hanno messo per 11 anni per la realizzazione del grande emissario fucense.

Plinio dice nel 52 ...

“Eiusdem Claudi inter maxime memoranda equidem duxerim, quamvis destitutum successoris odio, montem perfossum ad lacum Fucinum emittendum inenarrabili profecto impendio et operarum multitudine per tot annos, cum aut conrivatio aquarum qua terrenus mons erat egereretur in verticem machinis, aut silex caedetur, omniaque intus in tenebris fierent quae neque concipi animo nisi ab iis qui videre neque enarrari humano sermone possunt”.


“ Tra le opere più altamente memorabili di Claudio, dovrei innanzitutto citare – sebbene lasciato in abbandono a causa dell’odio del suo successore – il traforo della montagna per la costruzione di un emissario per il lago Fucino, (realizzato) in verità con spese immense e con un’enorme quantità di lavori per tanti anni, essendosi dovuto o smaltire in alto per mezzo di macchine le infiltrazioni d’acqua dove la montagna è permeabile, o tagliare la viva roccia: tutti lavori eseguiti sotto terra, nelle tenebre, i quali non possono essere immaginati se non da quelli che li hanno visti, né possono essere descritti con parole umane”.
(PLINIO IL VECCHIO; NATURALIS HISTORIA; XXXIII, 24, 124).

Inoltre il riconoscimento all'efficenza dell'opera creata dai Romani giunge anche dagli ingegneri di Torlonia a metà ottocento che hanno avuto  parole di ammirazione per quello che erano riusciti a fare i romani 1.800 anni prima dicendo...


“A mala pena si comprende come i romani, a tanta profondità, con l’aiuto del solo scalpello, osarono attaccare un massiccio montuoso come il Salviano, ed aprirvi una sì lunga galleria in un calcare così duro e come abbiano avuto l’audacia d’impegnar la lotta con una massa d’acqua così considerevole e come, infine, con tanto deboli mezzi d’azione, abbiano potuto vincere tali difficoltà che, ai nostri giorni ancora, esigono gli aiuti più potenti che ci vengono forniti dall’arte e dalla scienza”.

 

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IL COMPLETAMENTO DEI LAVORI DELL'EMISSARIO SOTTO TRAIANO E ADRIANO

 

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1) SITUAZIONE DELL'EMISSARIO DOPO LA MORTE DI CLAUDIO

Nel 54 d.C. dopo la morte di Claudio, i lavori dell'emissario claudiano venivano sospesi su ordine di Nerone. Nerone infatti licenziava Narciso quale direttore dei lavori e ne bloccava di colpo la continuazione.

Con questo atto scellerato l'emissario che era ancora incompleto e malfuzionante cessava di funzionare del tutto nel giro di poco tempo.

Ciò portava alla rovina dell'opera, ma soprattutto al ripristino completo del livello del lago Fucino.

Negli anni trascorsi fra il 54 e il 110 il lago Fucino tornava a dare notevoli problemi alle popolazioni marse. Successivamente nel 110 si ha una tremenda alluvione che invade nuovamente le terre fucensi. I Marsi tornavano a chiedere l'intervento di Roma e dell'imperatore affinchè riprendano i lavori sul vecchio emissario claudiano e si consenta un definitivo abbassamento del livello lacustre.

Il governo di Roma e l'imperatore Traiano rispondevano fin da subito alle richieste pressanti del popolo marso, ben sapendo di compiere anche un notevole servizio a Roma proprio, poichè con l'abbassamento del lago vi sarebbero state terre fertilissime da coltivare e da cui ricavare cibo per Roma.

 

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2) L'INTERVENTO DI TRAIANO

Tra il 111 e il 116 Traiano dava avvio ai nuovi lavori intorno al Lago Fucino.

Da documentazione e deduzione fatta da studiosi sembra che i lavori fatti eseguire sotto Traiano siano consistiti nella pulizia del canale collettore e nella disostruzione della galleria sotterranea.

Quest'ultima operazione è stata sicuramente la più complicata, ma realizzata entro il 116.

A celebrazione e ringraziamento per l'opera svolta il Senato e il popolo albense costruiscono in un periodo che va tra dicembre 116 e luglio 117 una statua in onore di Traiano. Al di sotto della statua vi è poi un iscrizione, trascritta in seguito anche da vari storici. La dedica dice...

IMP. CAESARI. DIVI

NERVAE. FIL. NERVAE

TRAIANO. OPTIMO

AVG. GERMANICO

DACICO. PARTHICO

PONT. MAX. TRIB. POT. XXI

COS. VI. PATRI. PATRIAE

 SENATUS, POPULSQ. ROMANUS

OB. RECIPERATOS. AGROS. ET POSSESS. RE...

OB. RECIPERATOS. AGROS. ET. POSSESS. RE...

QUOS. LACUS. FUCINI. VIOLENT......

 

Integrazione del testo:
IMP(eratori) CAESARI, DIVI NERVAE FIL(io), NERVAE, TRAIANO, OPTIMO, AVG(usto), , GERMANICO, DACICO, PARTHICO, PONT(ifici) MAX(imo), TRIB(unicia) POT(estate) VIGESIMAPRIMA, CO(n)S(uli) SEXTUM, PATRI PATRIAE, SENATUS POPULUSQ(ue) ROMANUS, OB RECIPERATOS AGROS ET POSSESS(oribus) RE(stitutos), QUOS LACUS FVCINI VIOLENT(ia inundaverat.)

Traduzione:
“All’Imperatore, Cesare, figlio del divo Nerva, Nerva, Traiano, Ottimo, Augusto, Germanico, Dacico, Partico, Pontefice Massimo, Tribuno per la ventunesima volta, Console per la sesta volta, Padre della Patria, il Senato ed il Popolo romano, per i terreni recuperati e restituiti ai (loro) possessori, che la violenza del lago Fucino aveva inondati”.

 

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3) L'INTERVENTO DI ADRIANO

Nel 117 moriva Traiano a cui succede Adriano. Con l'ascesa di Adriano al potere imperiale, i lavori di completamento dell'emissario claudiano, ripresi da Traiano, sono continuati alcuna interruzione, arrivando ad essere conclusi alla morte di Adriano nel 138.

Ciò almeno è quanto affermato, dal biografo di Adriano, Elio Sparziano, il quale nella opera DE VITA HADRIANI, XXII, 12 scrive "Fucinum lacum esmisit", ovvero (Adriano) dette un emissario al Lago Fucino.

 

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3a) CAMBIAMENTI DI ADRIANO NELL'INCILE

L'operazione di completamento di Adriano riguardava per lo più la zona dell'Incile.

L'Incile rappresentava la zona d'ingresso delle acque verso l'emissario di Claudio e per varie ragioni si era deciso d'intervenire in questo punto.

Le ragioni che avevano spinto Adriano e i suoi ingegneri a intervenire nell'Incile, erano legate direttamente agli effetti che le operazioni di Traiano avevano avuto sulle zone limitrofe al lago.

Infatti l'intervento di Traiano aveva consentito di liberare i terreni rivieraschi, che erano stati sommersi con l'alluvione del 110, tuttavia osservando che le acque, dopo questo intervento, avevano continuato ad abbassarsi ritirandosi dalla fascia più periferica dell'alveo del lago, si era pensato di aumentare tale spazio, consentendo la nascita di nuovi e ricchi terreni fertili.

Per ottenere ciò Adriano e i suoi ingegneri avevano ideato un nuovo progetto.

Questo nuovo progetto prevedeva di abbassare il canale collettore per consentire la conquista dei nuovi terreni. Tale progetto era stato ideato negli anni tra il 120 e il 130 e ed era stato reso esecutivo a partire dal 130.

Questo lasso di tempo si era necessario per consentire che i nuovi terreni, liberati dalle acque con l'intervento di Traiano, continuato sotto Adriano, fossero bonificati.

La bonifica aveva occupato più o meno 10 anni, quindi un tempo piuttosto lungo.

La gran parte della bonifica delle terre emerse della prima fascia era terminata nel 130. A partire da questa data si era passati a realizzare la progettata modifica all'Incile.

Tra l'altro gli ingegneri romani avevano capito, che avendo ormai l'intero emissario  completato, la realizzazione della modifica apportata non sarebbe stata ne lunga ne  dispendiosa e il risultato di avere un livello lacustre più basso ancora di qualche metro, che avrebbe liberato molte terre altamente fertili, giustificava ampiamente la nuova operazione.

La situazione dell'Incile al momento iniziale dell'intervento di Adriano vedeva la presenza di un dislivello posto tra il fondo della vasca esagonale e quello della vasca trapezoidale di 5,48 m.

Secondo il nuovo progetto di Adriano, il nuovo livello lacustre sarebbe stato determinato dalla "quota critica" del canale collettore. In pratica si sarebbe scesi come quota a quella della vasca trapezoidale e del piano d'imbocco sotto il monte Salviano.

Sotto questa quota i Romani non sarebbero andati, altrimenti ci sarebbero problematiche più grosse, che avrebbero portato a un ripensamento completo dell'intero progetto.

Tornando al dislivello di 5,48 m, secondo la nuova modifica, bisognava portare  la pendenza a raccordarsi con la quota della prima vasca che avrebbe incontrato, ovvero la vasca esagonale.

Tuttavia in corso d'opera, tale progetto è stato cambiato ancora; in altre parole la vasca esagonale è stata tolta, sostituendola con un condotto sotterraneo, che sarebbe passato al di sotto della vecchia vasca esagonale.

Facendo ciò la vasca trapezoidale si sarebbe collegata con la gola tramite questo nuovo condotto, e il canale collettore necessariamente sarebbe divenuto più basso raccordandosi così con il nuovo condotto sotterraneo.

In termini di misure si sono posti allo stesso livello di quota 11,09 m: il canale collettore, una nuova vasca di forma ellittica il nuovo tunnel passante sotto la vecchia vasca esagonale.

Altro cambiamento appena accennato nell'Incile riguardava l'avambacino. L'avambacino infatti veniva modificato in vasca ellittica che era funzionale all'insieme del nuovo progetto riguardante l'Incile.

Quindi riassumendo le modifiche apportate all'Incile sono:

1) Eliminazione della vasca esagonale con collegamento diretto del canale collettore al fondo della vasca trapezoidale.

2) Abbassamento di varie quote per lo scolo delle acque del lago.

 

Oltre alle due modifiche esposte, ve ne sono poi altre 3 minori ma non meno importanti:

1) La prima riguardava i muraglioni laterali dell'avambacino, dove la parte destra era crollata precedentemente.

Qui viene ricostruita nella parte destra crollata una sagoma curvilinea del vecchio muraglione mentre veniva rinforzata la parte sinistra rimasta in piedi.

Oltre a ciò le estremità vengono unite tramite un nuovo muro che svavalcava il canale collettore.

 

2) La seconda modifica riguardava l'avambacino stesso.

La forma dell'avambacino veniva modificato in vasca ellittica, che era funzionale all'insieme del nuovo progetto riguardante l'Incile.

In pratica l'interno dell'avambacino veniva abbassato fino a quota 11,09 m. Il lavoro veniva svolto costruendo fiancate curve, che creavano un nuova piccola vasca di espansione, che dalla sua forma è stata definita "vasca ellittica".

 

3) La terza e ultima modifica riguardava l'innesto di una nuova saracinesca, posta nella parte bassa del nuovo muro terminale. Questa saracinesca sostituiva in toto la seconda, posta tra la vasca esagonale e la vasca trapezoidale, ormai del tutto fuori uso.

 

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3b) CONSIDERAZIONI SUI CAMBIAMENTI DI ADRIANO SULL'INCILE

In generale si osserva che le modifiche apportate all'Incile hanno creato alcuni problemi tecnici che i Romani hanno risolto egregiamente.

Infatti con le modifiche svolte si venivano a generare due grossi problemi  ovvero 1) l'eliminazione di una grossa vasca per la raccolta e la rimozione dei detriti, e 2) la forte riduzione del sistema di sicurezza con la inutilizzazione della seconda saracinesca posta all'uscita della vasca esagonale.

Ebbene i due problemi sono stati da subito affrontati e risolti con la creazione della vasca ellittica e con una nuova saracinesca posta al suo ingresso, dove il nuovo muro, che andava a collegare le due al divergenti dell'avambacino, scavalcava il canale collettore.

A fianco a questi interventi il lavoro svolto sotto Adriano ha interessato anche altri settori che erano contingenti al lavoro principale sull'Incile. Tra questi interventi secondari ricordiamo il lavoro svolto intorno al lago residuo.

Infatti l'abbassamento del lago non lo aveva eliminato, rimanendo presente nella parte centrale del bacino. Ebbene i lavori di Adriano su questo erano consistiti nel consolidare gli argini del nuovo bacino, attraverso la costituzione di un argine di 2-3 m di altezza.

In pratica quel tanto che era sufficente per non far "vagare" la linea di costa e rendere la profondità del lago più consistente, garantendo un buon passaggio delle barche durante le fasi di pesca.

Terminando in ultimo le considerazioni sull'opera di Adriano soffermiamoci sui suoi tempi di realizzazione. All'inizio di questo approfondimento sull'intervento di Adriano, abbiamo detto che il termine dei lavori è avvenuto prima della morte dell'imperatore, confermato in ciò dal racconto del biografo imperiale.

Ora pur ammettendo che il grosso dei lavori fosse stato svolto sotto Adriano è inverosimile che questo sia finito del tutto sotto di lui. Questo è vero se consideriamo che la data di ridistribuzione delle terre coltivabili ricavate con la seconda bonifica, non è avvenuto prima del 149, ovvero sotto il regno di Antonino Pio.

E' impossibile immaginare che si sia lasciato passare 11 anni per avviare l'assegnazione dei terreni, a meno che non si consideri che vi siano state delle ragioni precise come appunto un termine dei lavori successivo alla morte di Adriano. A ciò non bisogna dimenticare, che fatti i lavori e abbassato il livello del lago, le terre emerse andavano bonificate e solo in ultimo assegnate, quindi la fine dei lavori è avvenuta necessariamente nei primi anni del regno di Antonino Pio, all'incirca tra il 141-42.

Una considerazione finale merita il risultato raggiunto con gli interventi di Traiano e Adriano sulla % di terra  conquistata  all'agricoltura.

Infatti con l’intervento eseguito all’emissario del Fucino sotto Adriano, la superficie del lago è passata dai 140 Km2 iniziali a circa 60 Km2, ovvero appena il 40% del valore di partenza, con l’acquisizione di oltre 8.000 ettari di nuove terre.

Se l'intervento di Adriano non vi fosse stato e si fosse mantenuto il progetto originale di Claudio, il lago residuo avrebbe avuto una estensione superiore di 90 Km2, pari al 65% della superficie iniziale, ed avrebbe portato all’acquisizione di “appena” 5.000 ettari di terra.

 

 

 

 

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BIBLIOGRAFIA

1) http://www.fucino.altervista.org/pagina-875331.html

2) http://www.aercalor.altervista.org/index_file/Lago_Fucino.pdf

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CUNICOLI DI CLAUDIO