Racconti



CORREVA L’ANNO 846…

Anno 846 del Signore il secondo giorno di Agosto
Gli abitanti del piccolo borgo erano tutti lì, nei pressi della cappella ed attendevano l’arrivo, ormai imminente, del Santo corteo. I nobili ed il clero, in viaggio già da parecchi giorni, avevano lasciato Roma, la città eterna, portando con sé in dono i venerati resti di due Santi: i fratelli e guerrieri Primo e Feliciano. Il canonico della chiesa di San Siro faceva mentalmente i suoi progetti: “intitoleremo l’edificio ai due Ospiti illustri e provvederemo ad accogliere tutti i fedeli che giungeranno in massa a chiedere qualche grazia, renderemo più decorosa la chiesetta ... magari utilizzando quei vecchi marmi, resti di un sarcofago pagano”.  Le madri chiamavano a gran voce i figlioli che si rincorrevano scalzi lungo le vie polverose, gli uomini sistemavano per l’ultima volta con grande cura gli archi di fiori, che il Presbitero aveva fatto predisporre ove sarebbe transitata la processione.
Un cavaliere riccamente vestito annunciava il sopraggiungere del carro sul quale erano poste, tra fiori ed immagini sacre, le Reliquie custodite in una teca intarsiata con grande maestria dagli artigiani del Papa. Davanti a tutti il conte Eremberto, che montava uno stallone nero, apriva la sfilata; subito dietro i figli, i nobili del suo casato, alcuni religiosi ed un’infinità di pellegrini. Eremberto incuteva rispetto e timore, tutti chinavano il capo al suo cospetto. Al passaggio della preziosa teca ognuno si inginocchiava e, tra i fumi dell’incenso ed i petali gettati dai bimbi, una voce acuta intonava un inno sacro.
Era presente una nutrita rappresentanza dei paesi circostanti guidata dai preti e dalle famiglie più facoltose; i giovani diaconi correvano qua e là cercando di mantenere la calma tra la folla: mai a Leggiuno erano accorse tante persone, mai il paese era stato al centro dell’attenzione come in quel momento. Qualche ciarlatano, senza dare troppo nell’occhio, proponeva ai sempliciotti l’acquisto di false reliquie... un frammento della Croce, l’osso di qualche Santo dal nome sconosciuto, un lembo del mantello del Cristo ... oppure decantava i poteri di unguenti e filtri portentosi. Frati ed eremiti, truffatori e mendicanti, facevano la questua approfittando della predisposizione alla bontà ed alla generosità; si era creata una situazione di isteria collettiva dove sacro e profano si mischiavano rendendo le persone ebbre di una felicità surreale.
Il conte Eremberto, fermatosi dinanzi al portale in legno della chiesuola, con un cenno aveva chiamato al suo fianco il Presbitero ed il Canonico; il Messo Papale iniziava lentamente ad alta voce la lettura della pergamena che attestava la donazione dei resti di San Primo e San Feliciano… ora anche Leggiuno aveva due Corpi Santi! La messa sul sagrato e la benedizione solenne avevano posto fine alla traslazione dei Martiri, il viaggio si era felicemente concluso e i due fratelli avrebbero potuto riposare in pace protetti dagli abitanti del luogo, semplici ma tanto devoti. La massa dava sfogo alla gioia, erano rare le occasioni per festeggiare, questo giorno sarebbe rimasto nella storia!
Il Vasso Eremberto, prossimo al congedo, alzava la mano per salutare i presenti e spingeva lentamente avanti a sé il cavallo; avanzato di una decina di metri si voltava ancora una volta per osservare il piccolo edificio, tanto modesto se paragonato alle maestose basiliche romane. A terra, ricoperte dai rovi, erano posate due belle ed antiche colonne dimenticate ai bordi dello spiazzo antistante la chiesa, dove il sottobosco avanzava impossessandosi dei terreni dissodati dall’uomo. “Domani darò ordine al miei servitori perché provvedano a farle ripulire con cura - pensò il conte - le utilizzerò con i capitelli che giacciono abbandonati dietro al pozzo, per decorare la facciata della cappella… ricorderanno ai due Santi l’architettura di Roma”!

Anno 846 del Signore il terzo giorno di Agosto
L’anziano canonico sedeva esausto su di una panca posta a fianco della chiesa, al riparo dalla calura di quel torrido primo pomeriggio d’estate. I festosi eventi della giornata precedente avevano fiaccato il suo vecchio corpo, ma lo spirito e l’anima erano permeati da una gioia ed una serenità indescrivibili, mentre la mente già lavorava freneticamente a mille progetti futuri. La stanchezza stava però prendendo lentamente il sopravvento e, reclinato il capo su di un lato, il religioso chiuse gli occhi in preda ad una sonnolenza alla quale non era in grado di opporre alcuna resistenza. Dietro alle palpebre calate i suoi sensi sopiti percepirono una sottile nebbia che celava ombre, o meglio forme e figure diafane, entità testimoni di un remoto passato. Vide intorno a sé i primi uomini insediatisi nel luogo, tribù celtiche qui giunte alla ricerca di terre calde e rigogliose, di acque pescose, di boschi ricchi di selvaggina. Ammirò le semplici capanne con il tetto in paglia, il primo nucleo abitativo… Lezedunum. Udì antiche melodie ed assistette a culti remoti… vide dei immortali, boschi sacri, acque miracolose… assistette a danze pagane, a riti arcaici che faticò a comprendere. Poi il rumore di mille passi,  di soldati in marcia,  la legione romana, un accampamento, sangue e clangori annunci di battaglie …nuove civiltà. Un centro urbano ben strutturato lungo una delle importanti vie romane di comunicazione…Legiodunum.
Solo il vociare dei bimbi ed una leggera brezza salita dal lago ridestarono il canonico, lo riportarono gradualmente al presente. Sogno, fantasia, realtà? L’uomo non fu mai in grado di darsi una risposta razionale. Da allora egli amò recarsi all’imbrunire sul piccolo sagrato per restare seduto, in silente attesa, delle notti più serene; solo allora sopraggiungeva il vento notturno recante con sé melodiosi echi musicali di arpe e cetre, violenti e metallici rumori di cozzare di spade. In quel momento la bianca luna nel cielo emetteva un pallido chiarore che dava forma a ombre, a figure irreali: sacerdoti e guerrieri che ondeggiavano rapidi e sfuggenti tra le are romane e i marmi del Peloponneso, sotto le due imponenti colonne in marmo bianco, sui ciottoli sconnessi del selciato. Qui un tempo, così come forse ancor oggi, si fondevano culti arcaici e religioni; druidi, santi, dei e sacerdoti divenivano un’unica entità, una forza sovrannaturale che dimorava e dimorerà sino alla fine dei tempi in una modesta cappella nelle quale riposano pacificamente due Santi guerrieri.

Giulio Effigiati


Nota dell’autore. L’antichità della chiesetta sita in Leggiuno (monumento nazionale), dedicata ai santi Primo e Feliciano è ampiamente documentata: un atto di donazione risalente all’846 attesta che il Vasso Regio Eremberto vi depose le reliquie dei due martiri ricevute in dono da Papa Sergio II. Il centro abitato era ubicato in un luogo di notevole importanza strategica per il controllo delle vie di comunicazione lungo il lago Maggiore. Le antiche pietre, nel 1999, sono state oggetto di un restauro conservativo mentre l’edificio è tuttora al centro di ricerche e studi volti alla conservazione.







I racconti del concorso letterario "I cantastorie del 2002: i nuovi bardi"
organizzato da Voci di Piazza, Pro Loco, Assessorato alla Cultura e Oratorio. Giuria Presieduta da Massimo Riva, capo redattore di Ouroboros.
























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