Angurie e meloni
di Davide Bregola  

 

Per un momento, penso che tutti quelli che
 
vengono dal Sud del mondo rimangono,  
in un modo o nell’altro, dei clandestini.

Immigrato
di Salah Methnani  

Con questo intervento vorrei dare delle suggestioni e iniziare a ragionare assieme a chi leggerà il mio intervento sulla questione dell’immigrazione e più propriamente sul disegno di legge Bossi-Fini.
Ho notato che la maggior parte dei mass-media, parlando del disegno di legge Bossi-Fini, pone l’accento sulla questione impronte digitali sì, impronte digitali no spostando, di fatto, il problema e portandolo sul versante folkloristico. Il problema della regolamentazione dell’immigrazione non si risolve con questa azione pittoresca che in sé è un’azione antipatica e triste per la sua pochezza.
Chi non ricorda che alla visita militare è stato “schedato” con questa tecnica? Sembra quasi che la stampa, consapevole o meno, sposti l’opinione pubblica cercando di distrarla su questioni molto più importanti quali: il ricongiungimento familiare, il lavoro, la cittadinanza, i diritti e doveri di chi provenendo da altri paesi con una speranza, rischia di trovarsi carne da macello ad uso e consumo di datori di lavoro e funzionari “protetti” dal diritto.

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Fatti di cronaca recente avvenuti nella “democratica” provincia “rossa” di Mantova: Da “La Voce di Mantova” di giovedì 13 giugno 2002: Blitz dei carabinieri ieri mattina all’alba nella valle dei meloni per rintracciare eventuali clandestini. I Carabinieri della stazione di Sermide, Magnacavallo, Felonica e Ostiglia hanno effettuato ieri all’alba un controllo nei casolari fatiscenti dell’area della coltivazione del melone per riscontrare l’eventuale presenza di clandestini. I Militari ne hanno trovati 18, tutti di nazionalità marocchina. Per loro, oltre alla denuncia per infrazione alle norme dell’immigrazione, sono scattati diversi provvedimenti.
Il Comandante dei carabinieri spiega: “Nel corso della giornata abbiamo provveduto ad identificarli attraverso la comparazione delle impronte digitali. Non abbiamo trovato nessun immigrato regolare.” Delle persone controllate, tutti asserivano di lavorare alla raccolta dei meloni, 4 avevano dei precedenti e 1 era già stato colpito da decreto di espulsione a Verona nel 2000. Gli extracomunitari si trovavano in abitazioni abbandonate e pericolanti in mezzo alle campagne, evidentemente in condizioni igienico sanitarie alquanto precarie…
Il sindaco di Sermide, neoeletto nelle file dei Ds afferma: Sono il primo a rammaricarmi di questo fenomeno, ma il problema deve essere gestito dalle forze dell’ordine. […] è certo che non possiamo permettere che i clandestini circolino liberamente sul nostro territorio.
E ancora, sullo stesso quotidiano, in data 27 giugno 2002: Mangiavano pesce vivo. Irregolari reclutati in Serbia, per lavorare in campagna, venivano lasciati senza cibo al punto che furono visti pescare con le mani e divorare vivo il pesce gatto catturato. Alcuni contadini li avevano successivamente sfamati, ma il maltrattamento aveva indotto i serbi a rivolgersi all’autorità giudiziaria.

Queste non sono storie di guerra o narrazioni medioevali, sono casi, avvenuti pochi giorni fa, di uomini ridotti in schiavitù. Guarda caso si stanno verificando controlli e denuncie solo adesso che la campagna della raccolta di frutta e verdura come il melone o il radicchio, fonte redditizia per la zona, sta finendo.

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Non sono i politici o i disegni di Legge come nel caso della Bossi-Fini, che producono l’intolleranza, al contrario essi sfruttano un fondo d’intolleranza diffuso che già esiste e forti della popolarità di alcuni atteggiamenti cercano di assecondare le intenzioni dei loro elettori o di cavalcare un pensiero diffuso per creare corrispondenza tra sentire comune e giurisdizioni.

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Brano tratto da: Creoli meticci migranti clandestini e ribelli di A.Gnisci Meltemi (1998) Pag. 71-72.

Il migrante –da est a ovest e da sud a nord- è l’unico avventuriero (pacifico) del nostro tempo. Egli/ella decide, per una questione di dignità, di giocarsi, rischiare e avventurare la propria vita, senza assicurazioni e garanzie. Solo da lui/lei –se si ha il talento dell’ascolto narrativo e antropologico- si può venire a sapere che cosa è e quanto vale oggi l’esistenza umana; egli, infatti, è il soggetto che narra dal luogo più rischioso e più vicino alla sventura, alla sparizione e alla morte. Solo il migrante può narrare il caso umano del nostro tempo con una lingua che può aspirare ad essere mondiale, perché egli/ella parla dall’antro della sibilla più povera: da sotto i ponti delle grandi città occidentali e africane, dal buio ventoso delle stazioni ferroviarie, dagli incroci delle vaste strade metropolitane dove si protende e offre nello spazio accelerato e ansioso di un cambio di colore del semaforo, sulle vie antiche e degradate della prostituzione. Eppure anche il migrante può diventare un nuovo modello di uomo e donna del mondo. Migrare è un gesto originario e fortissimo che sfonda il chiuso mito mediterraneo di Ulisse e lo lascia indietro. Migrare è un gesto arcaico del ripudio. […] Il migrante decide di deviare dalla propria terra-madre, culla e cuccia sicure ma scarne dell’esistenza, e farsi strada da sé. […] Migrare è il gesto trascendente del coraggio, contro la zavorra discendente della disperazione. Il migrante perciò ha diritto al rispetto più alto. Egli/ella è portatrice della “sacralità”, laica e mondana del nostro tempo, trasferita interamente nell’umano. Egli/ella si sta giocando la vita e ha battuto, per ora, la violenza e la morte. E’ il nostro vessillo, anche se dovesse perdere.

In tema con il brano di Gnisci, un fatto di cronaca recente avvenuto nella “democratica” Italia: da “La Stampa” di martedì 2 luglio 2002: -Brindisi- Tragedia dei disperati sul Tir dei cocomeri –due clandestini curdi muoiono asfissiati, altri due gravi. Non importa come: sui gommoni che sfrecciano sull’Adriatico pilotati da scafisti assassini pronti a gettare in acqua anche i bambini. Se nelle stive delle navi o nei doppifondi dei camion. Quattro giovani curdi questa volta si erano nascosti in un Tir imbarcato su un traghetto. Erano nascosti fra le angurie. Due sono morti asfissiati, gli altri due sono ricoverati nell’ospedale Perrino di Brindisi. Le loro condizioni sono gravi. E’ questa l’ultima tragedia dell’immigrazione in Puglia, regione distesa nell’Adriatico, come una grande banchina su cui approdano ogni giorno immigrati di qualunque etnia.[…]

Questi non sono casi di magnaccia o spacciatori che uccidono per regolare i conti tra bande. Queste non sono storie di violenze fatte a cittadini inerti e inconsapevoli che si sono visti entrare in casa loschi individui che li hanno tenuti come ostaggi mentre saccheggiavano le loro case. Sono storie di persone con una speranza, magari un sogno, e cercano, con ogni mezzo necessario, di esaudirlo.


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