L’immigrato come outsider – Immagini di Africani in Italia
di Peter N. Pedroni
(Department of French and Italian, Miami University; Oxford, Ohio)  
Traduzione di Mirella Monesi e Enzo Saffiotti

Nel Maggio 2001, Kossi Komla-Ebri ha compiuto un grande passo avanti per lo status degli immigrati in Italia, essendo il primo afro-italiano a candidarsi per le elezioni per la Camera dei Deputati italiana.Come candidato per l’Ulivo, la coalizione di Centro-sinistra, ha ricevuto una percentuale sorprendentemente alta di voti (36%) nella città di Erba, roccaforte della Destra.
Questa vittoria “morale” ha premiato il suo impegno politico e sociale e allo stesso tempo ha richiamato l'attenzione sull’importanza della popolazione immigrata in Italia. Kossi Komla-Ebri è nato in Togo nel 1954 ed è cittadino italiano di adozione. Ha studiato medicina all’Università di Bologna e opera come medico all’ospedale Fatebenefratelli di Erba
E’ una figura di primo piano tra gli scrittori migranti che cercano di costituire in Italia un gruppo letterario organizzato. Ha vinto diversi premi letterari: il primo premio per la narrativa al terzo concorso annuale Eks&Tra, svoltosi a Rimini nel 1997, con il racconto Quando attraverserò il fiume1. Tra i suoi temi l'Africa, ricordata e rivisitata, l’Italia come paese di adozione, le diversità e le somiglianze tra le culture, e la lotta dell’individuo entro questi contesti. Questi temi sono sviluppati nel suo romanzo, dal titolo Neyla2, che ho tradotto  e che sta per essere pubblicato. In questo romanzo, scritto dalla prospettiva di un africano che ritorna in Africa in vacanza dopo diversi anni trascorsi in Italia, Komla-Ebri va oltre lo stile testimoniale, caratteristico di molta letteratura di immigrati, per raggiungere un lirismo di qualità universale. Lo scopo di questo saggio è di esaminare le immagini in trasformazione degli africani che vivono in Italia come emergono dalla letteratura e dall’attività politica di Komla-Ebri e di altri scrittori afro-italiani.
Le prime manifestazioni di quella che può essere definita come ‘Letteratura della migrazione' furono le pagine autobiografiche scritte nella lingua madre dell’autore e trascritte in italiano da uno scrittore italiano collaborante. L’esempio più famoso è quello del senegalese Pap Khouma, il cui romanzo Io venditore di Elefanti3 fu dettato in francese e trascritto in Italiano nel 1990. Graziella Parati tratta di questa collaborazione nella sua introduzione molto istruttiva a Mediterranean Crossroads, Migration Literature in Italy4, un’antologia di lavori di questo tipo in traduzione inglese. Un elemento comune a molte di queste opere è l’immagine dell’Italia come terra di ricchezza. Ma quasi altrettanto comune è il desiderio di tornare al paese natale. Molti autori manifestano la propria delusione nei confronti dell’Italia e della loro esperienza personale, mentre altri esprimono impressioni positive ed esperienze piacevoli.
Nel suo racconto, “La mia tradizione in valigia5, scritto direttamente in Italiano e non ancora tradotto in inglese, lo scrittore ugandese Sinan B. Wasswa sottolinea il senso di esclusione che sente in relazione al mondo europeo. Egli parla di “ circo bianco dei cavalieri della tavola rotonda, la razza da cui provenne un popolo nobile, dal cuore trasparente e dallo spirito puro come la neve”. E continua dicendo che “ riesci a entrare solo quando sei diventato un membro del clan, in ogni minimo dettaglio. Nessuno ancora ci ha mai messo piede dentro dall’esterno.” Egli usa il termine “extracircolari”, con chiaro riferimento al termine politico italiano “extracomunitari”,  per definire il proprio mondo, quello africano, dove la legge dominante è “uguaglianza per tutti”. Il testo di Wasswa sembra suggerire il bisogno europeo che l’Africa rimanga diversa e sconosciuta allo scopo di giustificare la propria esclusività socio-economica.Anche Komla-Ebri, nel suo racconto “Sognando una favola6, esprime le difficoltà del conflitto interculturale, ma con un’ampia dose di speranza per il futuro. La voce narrante, in terza persona, è situata due generazioni nel futuro . L’autobiografico nonno africano e la nonna italiana, usando il passato remoto storico, raccontano storie agli increduli nipotini, che sono venuti dall’Italia con i genitori per le vacanze natalizie, su come andavano le cose: “Le coppie miste, in Italia. erano viste come strane, perché per la gente era una novità… Ho visto genitori tagliare i ponti e i viveri con le loro figlie, perché avevano la sola colpa di essersi innamorate di un negro… non eravamo tutti pronti ad accettare le differenze, ad accogliere
il diverso da noi ” In contrasto, quello dei nipoti è un mondo di armonia culturale: “ Erano veramente felici di appartenere a mondi nello stesso tempo così diversi e così simili”. Il nonno può ora dire ai nipotini che, “al di là delle nostre differenze, siamo prima di tutto dei cittadini della terra”.
La favola o sogno è una immagine idilliaca di quello che Komla-Ebri chiama “interculturalismo” che è fondamentale per la sua ideologia politica. In un’intervista che gli feci nel 1999, la cui versione tradotta appare in Italiafrica7 di Sante Matteo, l'autore spiegava la sua opposizione al “multiculturalismo”, caratteristico di una società ghettizzata. Con parole sue, ciò significa che “qualcuno vive al primo piano, qualcuno al secondo, qualcuno al terzo, e non c’è alcun contatto”. E’ una società basata nel migliore dei casi sulla coesistenza, ma senza interazione. Komla-Ebri si oppone anche al concetto di assimilazione, o  “intraculturalismo”, che era lo spirito del “melting pot”,  in cui identità culturali particolari erano destinate a perdersi  nella mescolanza chiamata "Americanismo". In una società interculturale, ogni componente culturale mantiene la propria identità, mentre questa si evolve ed è arricchita dall'interazione reciproca con ognuna delle altre componenti culturali. Per restare con l’immagine collegata all’alimentazione del “melting pot”, il multiculturalismo è un’insalata mista in cui ciascuno degli ingredienti  mantiene la propria identità senza influenzare gli altri. L’interculturalismo è, invece, un minestrone nel quale ciascuno degli elementi è identificabile, e tuttavia  influenza ed è influenzato da ognuno degli altri.
In una storia di  Imbarazzismi8, Komla-Ebri offre brevi esempi dell’ignoranza culturale prevalente in una società multiculturale. Eccone una abbastanza breve da poter essere riportata per intero: “Un bel pomeriggio di primavera, Charles, un mio amico togolese, sposato con una ragazza italiana, portava a passeggio i suoi due figli, quello di due anni per mano e il piccolino di qualche mese nel passeggino, per le vie del giardino pubblico.
Incrociarono due signore anziane. Una di loro, mossa da amorevole compassione, esclamò:
- Oh, por diavül, ga tùca fa ül baby-sitter! (Oh povero diavolo, gli tocca fare il baby sitter).”
Un altro brano sottolinea il razzismo innocente manifestato da giovani scolari ben intenzionati: “Un giorno, in classe durante un incontro sull'interculturalità, chiesi ai ragazzi di darmi una definizione del termine "razzismo".
Subito, il più sveglio esclamò:
- Il razzista è il bianco che non ama il nero!
- Bene! dissi. -E il nero che non ama il bianco?
Mi guardarono tutti stupiti ed increduli con l’espressione tipo : "Come può un nero permettersi di non amare un bianco?".
Per Komla-Ebri è essenziale che le scuole educhino i bambini secondo il concetto di interculturalismo allo scopo di creare un nuovo tipo di cittadinanza basato sui valori essenziali dei diritti umani. Inoltre, sostiene che i mass media non fanno niente per promuovere l’interculturalismo anzi, al contrario,  peggiorano le cose spersonalizzando gli immigrati con titoli come, “ Immigrati clandestini uccidono", senza specificare i nomi degli individui coinvolti.
“Trattare gli immigrati in quel modo porta a penalizzarli tutti. Finisce che si ha paura di camminare in certe strade perché la gente ti considera come uno di loro."
Un problema fondamentale, come suggerisce Komla-Ebri, è l'ignoranza, anche tra coloro che potrebbero considerarsi di ampie vedute. Per esempio la narrativa italiana del XX° secolo rivela un'assenza quasi totale di personaggi neri o africani. Alcune eccezioni  nell'opera di Alberto Moravia sono lì soltanto per sottolineare il fatto che i Neri e gli Africani sono sconosciuti e perciò esotici ed inspiegabili. Persino dopo i viaggi di Moravia in Africa negli anni Sessanta e Settanta, nei tre libri di viaggio e nel romanzo che ne deriva, non c'è segno alcuno  di un atteggiamento diverso. E in effetti, questi libri rivelano l'evidente necessità dell'autore di conservare l'idea di un'Africa sconosciuta, misteriosa e "diversa". Egli spesso fa riferimento in negativo alle città, "europeizzate" o "americanizzate", e in positivo alle aree sottosviluppate del mondo, come esempio dell'"Africa vera". Moravia per di più mostra poco interesse verso gli scrittori africani contemporanei le cui opere potrebbero attenuare il  suo senso di vera e propria inesplicabilità nei confronti dell'Africa. Al contrario, il suo interesse si concentra sulla bellezza primitiva di una natura pericolosa e irrazionale. Nel suo romanzo "La donna leopardo"9, la donna, incarnata dall'ambigua, misteriosa, irrazionale e inesplicabile moglie del protagonista, è una metafora dell'Africa, come è stato evidenziato da Giuseppe Stellardi nel suo eccellente articolo sull'argomento. Anche Neyla, la protagonista del romanzo di Komla-Ebri, è una metafora dell'Africa, ma lei è, al contrario, sensibile, dolce ed esplicabile. In realtà Neyla si pone come mezzo attraverso cui il narratore recupera la propria identità africana ritrovata.

Il romanzo manifesta un tono altamente lirico, ma è anche uno strumento attraverso cui l'autore rivela un'Africa meno esotica e più familiare. Mentre il racconto espone il lettore ad una abbondanza di costumi e tradizioni peculiarmente africani, il messaggio fondamentale è quello della universalità dei valori umani.
Kossi Komla-Ebri respinge comunque l'etichetta di scrittore afro-italiano, preferendo invece di essere considerato semplicemente uno scrittore che esprime se stesso in lingua italiana. Inoltre, non accetta l'idea che egli scrive per " la sua gente", il che sarebbe come dire che fa il medico per “ la sua gente”. Fondamentalmente, Komla-Ebri è un poeta lirico che misura la validità del suo lavoro dall’efficacia con cui riesce a provocare reazioni emozionali nei suoi lettori. "Se io, con quello che scrivo riesco a suscitare un'emozione nel mio lettore, questo è un eccellente risultato, poiché sono riuscito ad attraversare la soglia della sua anima e a suscitare quelle sensazioni che abbiamo in comune. Ed è esattamente in quella nozione dei sentimenti che abbiamo tutti in comune che si rivela il messaggio politico-sociale della narrazione.
"Se è un migrante che scrive, ciò può essere utile nella misura in cui altri si rendono conto che gli immigrati vivono le stesse sensazioni che tutti provano, pensano e sognano come chiunque altro." […] Nel racconto intitolato "All'incrocio dei sentieri " Abra, la narratrice, racconta la storia delle varie vicende che portarono alla decisione di lasciare il suo paese e la conseguente maledizione di sua madre.
Il lettore è così esposto a un insieme di tradizioni culturali, peculiarmente africane, compresa quella della riunione di famiglia, che è chiamata a comporre una questione di diritti di sepoltura, ma inaspettatamente deve anche occuparsi di una proposta di matrimonio. Noi tuttavia non abbiamo mai la sensazione che questo sia il motivo per cui la storia è stata scritta. Al contrario, siamo colpiti di più dall'universalità del racconto di Abra, combattuta tra la sua propensione a rispettare le tradizioni della sua gente e il suo desiderio di sposare l'uomo che ama, malgrado le obiezioni della madre. E' una situazione specifica e allo stesso tempo universale. " Stavo per fare un grande passo, lasciare definitivamente il mio villaggio che mi aveva visto nascere, crescere, giocare, ridere, piangere, ballare ed innamorarmi. Lasciavo l’innocenza, la mia infanzia e la sua spensieratezza. Lasciavo mia madre e la migliore amica che non avrei mai più avuta. Lasciavo una parte di me ad Ablomé.” Sarebbe stato sufficiente  cambiare il nome di Ablome con quello di qualunque altro luogo in qualunque tempo, e tutti questi pensieri ed emozioni si sarebbero potuti provare ugualmente.."
Il risultato è l'opposto di ciò che Moravia ha scritto o altri scrittori europei potrebbero scrivere sull'Africa. Certo, Komla-Ebri presenta differenze culturali specificamente africane, ma, cosa che è più importante, esprime emozioni umane comuni agli Africani e agli Europei.
Anche nel racconto "La manif"10, che potrebbe altrimenti essere un resoconto giornalistico di una pacifica manifestazione che diventa violenta, ciò che è veramente importante per l'autore sono le reazioni psicologiche del narratore il quale fa una osservazione che è certamente più universale che particolare: " È strano com’è fatta la mente umana: quell’agganciarsi o ricordarsi d’eventi futili come l’aprirsi all’improvviso di una valvola di sicurezza, un rigagnolo di pensiero che aiuta ad allontanare l’angoscia opprimente di un dramma, dell’insopportabile.” La difficoltà di vivere tra due culture è anche il tema del racconto Mal di …,11 il cui titolo gioca ironicamente sull’espressione “mal d’Africa”, con riferimento alla nostalgia che qualche visitatore europeo prova quando ritorna in Europa. Qui invece c’è il mal d’Europa provato dalla narratrice, allorché si ricorda della sua vita in Italia. Nel corso della narrazione al lettore vengono proposte immagini dell’Italia che riflettono il punto di vista africano in contrasto con i soliti stereotipi. Per esempio: “Credo che qui [in Italia], il ritmo della vita è tale che, il tempo annacqua i sentimenti divorando la vita e la gente” e “ questo paese, questa nebbia non fa per me, mi manca il sole, le feste al villaggio, il tempo, le risa della gente, il vivere assieme con le persone”.   Ma dopo che si è stabilita di nuovo in Africa, allora si ricorda delle immagini positive dell’Italia e cerca di ricrearle nel suo paese. Così lei e la sua amica  escono per “un aperitivo al Gattobar”, “una pizza” da Silvia, un film con Mastroianni e Sofia Loren, e per ascoltare le musiche di Baglioni, Ramazzotti, Zucchero. In effetti, lei era stata sicuramente molto attratta dalla cultura italiana; viceversa, all’inizio della stessa storia, una signora di una certa età, italiana, per cui aveva lavorato, le aveva detto che lei e i suoi amici avevano portato luce e gioia di vivere nella sua casa. Così abbiamo una rappresentazione letteraria del concetto di interculturalismo che esprime il punto di vista dell’autore.
Un altro tema di Mal di …è la necessità percepita dal fratello di inserirsi nella comunità italiana. “Era diventato come un bianco: freddo ed indifferente alla sua gente… lui rivendicava il suo diritto a vivere la sua vita come libertà individuale e non collettiva come predica la solidarietà africana. Qui in Europa- sentenziò- ognuno deve pensare per sé.”
In una intervista, Komla-Ebri spiegava la situazione del fratello che viveva la prima delle tre fasi che gli immigrati normalmente attraversano. Nella prima fase l’immigrato cerca di diventare più europeo possibile. Nella seconda rivaluta la propria cultura; per esempio, i musulmani che non sono mai andati in una moschea cominciano a frequentare le moschee in Italia. Poi, nella terza fase, quella dell'interculturalismo, l’immigrato scopre che “l’umanità è la base di tutte le culture.” Certamente, Komla-Ebri è impegnato nella difesa dei diritti dei lavoratori immigrati in Italia, ma allo stesso modo è attivo nella campagna per il miglioramento delle condizioni sociali della comunità nella sua dimensione più ampia. Per esempio, una delle sue più importanti tematiche sociali è il miglioramento delle condizioni di vita degli anziani, all’interno e all’esterno delle “case di riposo”. Ma il suo principale interesse è l’educazione. Sostiene che le scuole italiane sono preparate in maniera insufficiente per affrontare la nuova realtà che avanza in Italia. Rispondendo a una domanda che spesso gli viene posta osserva: “Se io ho in classe un bambino marocchino, dovrei concentrarmi sulla cultura italiana o su quella marocchina?” La sua risposta è:”A mio avviso, su nessuna delle due. Gli scolari dovrebbero essere educati ai valori essenziali, ai valori dei diritti umani. Poi ci saranno le peculiarità che distinguono la ricchezza della cultura di ciascuna persona”.
Uno dei più importanti problemi, secondo Komla-Ebri, è l’immagine negativa, creata e costantemente consolidata, senza dubbio con buone intenzioni, dei bambini africani con la pancia gonfia e la mano tesa per chiedere l’elemosina. Questa immagine inevitabilmente pone i bambini africani in una posizione di inferiorità agli occhi dei bambini italiani. Nelle sue frequenti visite nelle scuole, a Komla-Ebri piace mostrare giocattoli fatti a mano dai bambini africani con materiale di scarto e poi sfidare i bambini italiani a costruire dei giocattoli con gli stessi materiali. Oltre la lezione ecologica, i bambini italiani imparano ad ammirare i bambini africani per essere capaci di realizzare un compito che non è tanto facile. In ogni caso, i bambini degli immigrati di oggi non saranno immigrati domani e non si accontenteranno di svolgere soltanto i lavori umili che i loro genitori fanno ora e che gli italiani non vogliono più fare. L’economia italiana dipende dal lavoro degli immigrati, come si evidenzia dal fatto che le aziende devono richiedere periodicamente al governo di rinunciare o aumentare le quote di immigrazione.[…] In ogni caso - sostiene ancora Komla-Ebri - l’immigrazione dall’Africa non si fermerà, finché il denaro, sotto forma di rimborso del debito, continuerà a scorrere da Sud a Nord.
La democrazia e la libertà di impresa hanno fallito in Africa a causa del flusso di denaro nella direzione sbagliata. Nel romanzo Neyla, la protagonista era stata iniziata alla “bella vita”, in senso materiale, e poi abbandonata, quando non era più necessaria. L’autore afferma che questo è il destino dell’Africa dalla caduta del Muro di Berlino, dopo di che  essa non è più stata importante nell’equilibrio di potere tra Est e Ovest.
In ogni modo, l’emigrazione continuerà e porterà a un più forte avvicinamento tra Italia e Africa con la conseguente necessità dell’interculturalismo. Citiamo le parole di Komla-Ebri: “Le persone devono cercare di conoscersi. Devono incontrarsi… Soltanto la conoscenza può abbattere le barriere tra i popoli.”

1Kossi Komla-Ebri “Quando attraverserò il fiume” (Antologia “Memorie in Valigia” Fara Editore, Santarcangelo di Romagna 1997 – Antologia “Voci MigrantiLunaria, Roma 2000)

2Kossi Komla-Ebri  Neyla (romanzo) Edizioni dell’Arco-Marna  2002

3 Pap Khouma (Senegal) Io venditore di elefanti. Una vita per forza fra Dakar, Parigi e Milano (a cura di Oreste Pivetta)Garzanti, Milano 1990

4Graziella Parati  Mediterranean Crossroads, Migration Literature in Italy.Madison-Teaneck, NJ: Farleigh Dickinson University Press; London: Associated University Presses. Pp 219

5 Sinan B. Wasswa “La mia tradizione in valigia” (Antologia “Memorie in Valigia” Fara Editore, Santarcangelo di Romagna 1997

6 Kossi Komla-Ebri  “Sognando una favola” (Antologia “Destini sospesi di volti in cammino” Fara Editore Santarcangelo di Romagna 1998) e in (“Parole di Babele- percorsi didattici sulla letteratura dell’immigrazione” Loescher Editore 2002)

7 Peter Pedroni “Intervista a Kossi Komla-Ebri”  in “Africa Italia due continenti si avvicinano” (a cura du Sante Matteo e Stefano Bellucci) Fara Editore, Santarcangelo di Romagna 1999

8 Kossi Komla-Ebri Imbarazzismi –Quotidiani imbarazzi in bianco e nero- Edizioni dell’Arco-Marna  2002

9 Alberto Moravia La donna leopardo, Bompiani Milano 1991

10 Kossi Komla-Ebri  “ La Manif” sulla rivista NarraSud.-Roma- Distrazioni Editoriali -scritti e percorsi migratori Anno I N° 1- marzo –aprile 2000.  Sul sito www.sagarana.net (N° 2 Gennaio 2001- in Ibridazioni)

11 Kossi Komla-Ebri “Mal di…” (Antologia “Destini sospesi di volti in cammino” Fara Editore Santarcangelo di Romagna 1998) e in (“Parole di Babele- percorsi didattici sulla letteratura dell’immigrazione” Loescher Editore 2002) ù

 

 


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