Nel Maggio 2001, Kossi
Komla-Ebri ha compiuto un grande passo avanti per lo status degli immigrati in
Italia, essendo il primo afro-italiano a candidarsi per le elezioni per la
Camera dei Deputati italiana.Come candidato per l’Ulivo, la coalizione di
Centro-sinistra, ha ricevuto una percentuale sorprendentemente alta di voti
(36%) nella città di Erba, roccaforte della Destra.
Questa vittoria “morale” ha premiato il suo impegno politico e sociale e
allo stesso tempo ha richiamato l'attenzione sull’importanza della popolazione
immigrata in Italia. Kossi Komla-Ebri è nato in Togo nel 1954 ed è cittadino
italiano di adozione. Ha studiato medicina all’Università di Bologna e opera
come medico all’ospedale Fatebenefratelli di Erba
E’ una figura di primo piano tra gli scrittori migranti che cercano di
costituire in Italia un gruppo letterario organizzato. Ha vinto diversi premi
letterari: il primo premio per la narrativa al terzo concorso annuale Eks&Tra,
svoltosi a Rimini nel 1997, con il racconto Quando attraverserò il fiume1.
Tra i suoi temi l'Africa, ricordata e rivisitata, l’Italia come paese di
adozione, le diversità e le somiglianze tra le culture, e la lotta
dell’individuo entro questi contesti. Questi temi sono sviluppati nel suo
romanzo, dal titolo Neyla2,
che ho tradotto e che sta per
essere pubblicato. In questo romanzo, scritto dalla prospettiva di un africano
che ritorna in Africa in vacanza dopo diversi anni trascorsi in Italia,
Komla-Ebri va oltre lo stile testimoniale, caratteristico di molta letteratura
di immigrati, per raggiungere un lirismo di qualità universale. Lo scopo di
questo saggio è di esaminare le immagini in trasformazione degli africani che
vivono in Italia come emergono dalla letteratura e dall’attività politica di
Komla-Ebri e di altri scrittori afro-italiani.
Le prime manifestazioni di quella che può essere definita come ‘Letteratura
della migrazione' furono le pagine autobiografiche scritte nella lingua madre
dell’autore e trascritte in italiano da uno scrittore italiano collaborante.
L’esempio più famoso è quello del senegalese Pap Khouma, il cui romanzo Io
venditore di Elefanti3
fu dettato in francese e trascritto in Italiano nel 1990. Graziella Parati
tratta di questa collaborazione nella sua introduzione molto istruttiva a Mediterranean
Crossroads, Migration Literature in Italy4,
un’antologia di lavori di questo tipo in traduzione inglese. Un elemento
comune a molte di queste opere è l’immagine dell’Italia come terra di
ricchezza. Ma quasi altrettanto comune è il desiderio di tornare al paese
natale. Molti autori manifestano la propria delusione nei confronti
dell’Italia e della loro esperienza personale, mentre altri esprimono
impressioni positive ed esperienze piacevoli.
Nel suo racconto, “La mia tradizione in valigia”5,
scritto direttamente in Italiano e non ancora tradotto in inglese, lo scrittore
ugandese Sinan B. Wasswa sottolinea il senso di esclusione che sente in
relazione al mondo europeo. Egli parla di “ circo bianco dei cavalieri della
tavola rotonda, la razza da cui provenne un popolo nobile, dal cuore trasparente
e dallo spirito puro come la neve”. E continua dicendo che “ riesci a
entrare solo quando sei diventato un membro del clan, in ogni minimo dettaglio.
Nessuno ancora ci ha mai messo piede dentro dall’esterno.” Egli usa il
termine “extracircolari”, con chiaro riferimento al termine politico
italiano “extracomunitari”, per
definire il proprio mondo, quello africano, dove la legge dominante è
“uguaglianza per tutti”. Il testo di Wasswa sembra suggerire il bisogno
europeo che l’Africa rimanga diversa e sconosciuta allo scopo di giustificare
la propria esclusività socio-economica.Anche Komla-Ebri, nel suo racconto “Sognando
una favola”6,
esprime le difficoltà del conflitto interculturale, ma con un’ampia dose di
speranza per il futuro. La voce narrante, in terza persona, è situata due
generazioni nel futuro . L’autobiografico nonno africano e la nonna italiana,
usando il passato remoto storico, raccontano storie agli increduli nipotini, che
sono venuti dall’Italia con i genitori per le vacanze natalizie, su come
andavano le cose: “Le coppie miste, in Italia. erano viste come strane, perché
per la gente era una novità… Ho visto genitori tagliare i ponti e i viveri
con le loro figlie, perché avevano la sola colpa di essersi innamorate di un
negro…
non eravamo tutti pronti ad accettare le differenze, ad accogliere il
diverso da noi ” In contrasto, quello dei
nipoti è un mondo di armonia culturale: “ Erano veramente felici di
appartenere a mondi nello stesso tempo così diversi e così simili”. Il nonno
può ora dire ai nipotini che, “al di là delle nostre differenze, siamo prima
di tutto dei cittadini della terra”.
La favola o sogno è una immagine idilliaca di quello che Komla-Ebri chiama
“interculturalismo” che è fondamentale per la sua ideologia politica. In
un’intervista che gli feci nel 1999, la cui versione tradotta appare in Italiafrica7
di Sante Matteo, l'autore spiegava la sua opposizione al “multiculturalismo”,
caratteristico di una società ghettizzata. Con parole sue, ciò significa che
“qualcuno vive al primo piano, qualcuno al secondo, qualcuno al terzo, e non
c’è alcun contatto”. E’ una società basata nel migliore dei casi sulla
coesistenza, ma senza interazione. Komla-Ebri si oppone anche al concetto di
assimilazione, o “intraculturalismo”,
che era lo spirito del “melting pot”, in
cui identità culturali particolari erano destinate a perdersi
nella mescolanza chiamata "Americanismo". In una società
interculturale, ogni componente culturale mantiene la propria identità, mentre
questa si evolve ed è arricchita dall'interazione reciproca con ognuna delle
altre componenti culturali. Per restare con l’immagine collegata
all’alimentazione del “melting pot”, il multiculturalismo è un’insalata
mista in cui ciascuno degli ingredienti mantiene
la propria identità senza influenzare gli altri. L’interculturalismo è,
invece, un minestrone nel quale ciascuno degli elementi è identificabile, e
tuttavia influenza ed è influenzato da ognuno degli altri.
In una storia di “Imbarazzismi”8,
Komla-Ebri offre brevi esempi dell’ignoranza culturale prevalente in una
società multiculturale. Eccone una abbastanza breve da poter essere riportata
per intero: “Un bel pomeriggio di primavera, Charles, un mio amico togolese,
sposato con una ragazza italiana, portava a passeggio i suoi due figli, quello
di due anni per mano e il piccolino di qualche mese nel passeggino, per le vie
del giardino pubblico.
Incrociarono due signore anziane.
Una di loro, mossa da amorevole compassione, esclamò:
- Oh, por diavül, ga tùca fa ül baby-sitter! (Oh povero diavolo, gli tocca fare il baby sitter).”
Un altro brano sottolinea il razzismo
innocente manifestato da giovani scolari ben intenzionati: “Un giorno, in
classe durante un incontro sull'interculturalità, chiesi ai ragazzi di darmi
una definizione del termine "razzismo".
Subito, il più sveglio esclamò:
- Il razzista è il bianco che non ama il nero!
- Bene! dissi. -E il nero che non ama il bianco?
Mi guardarono tutti stupiti ed increduli con l’espressione tipo : "Come
può un nero permettersi di non amare un bianco?".
Per Komla-Ebri è essenziale che le scuole educhino i bambini secondo il
concetto di interculturalismo allo scopo di creare un nuovo tipo di cittadinanza
basato sui valori essenziali dei diritti umani. Inoltre, sostiene che i mass
media non fanno niente per promuovere l’interculturalismo anzi, al contrario, peggiorano le cose spersonalizzando gli immigrati con titoli
come, “ Immigrati clandestini uccidono", senza specificare i nomi degli
individui coinvolti. “Trattare gli
immigrati in quel modo porta a penalizzarli tutti. Finisce
che si ha paura di camminare in certe strade perché la gente ti considera come
uno di loro."
Un problema fondamentale, come suggerisce Komla-Ebri, è l'ignoranza, anche tra
coloro che potrebbero considerarsi di ampie vedute. Per esempio la narrativa
italiana del XX° secolo rivela un'assenza quasi totale di personaggi neri o
africani. Alcune eccezioni nell'opera
di Alberto Moravia sono lì soltanto per sottolineare il fatto che i Neri e gli
Africani sono sconosciuti e perciò esotici ed inspiegabili. Persino dopo i
viaggi di Moravia in Africa negli anni Sessanta e Settanta, nei tre libri di
viaggio e nel romanzo che ne deriva, non c'è segno alcuno
di un atteggiamento diverso. E in effetti, questi libri rivelano
l'evidente necessità dell'autore di conservare l'idea di un'Africa sconosciuta,
misteriosa e "diversa". Egli spesso fa riferimento in negativo alle
città, "europeizzate" o "americanizzate", e in positivo
alle aree sottosviluppate del mondo, come esempio dell'"Africa vera".
Moravia per di più mostra poco interesse verso gli scrittori africani
contemporanei le cui opere potrebbero attenuare il suo senso di vera e propria inesplicabilità nei confronti
dell'Africa. Al contrario, il suo interesse si concentra sulla bellezza
primitiva di una natura pericolosa e irrazionale. Nel suo romanzo "La
donna leopardo"9,
la donna, incarnata dall'ambigua, misteriosa, irrazionale e inesplicabile moglie
del protagonista, è una metafora dell'Africa, come è stato evidenziato da
Giuseppe Stellardi nel suo eccellente articolo sull'argomento. Anche Neyla, la
protagonista del romanzo di Komla-Ebri, è una metafora dell'Africa, ma lei è,
al contrario, sensibile, dolce ed esplicabile. In realtà Neyla si pone come
mezzo attraverso cui il narratore recupera la propria identità africana
ritrovata.
Il romanzo manifesta un tono altamente
lirico, ma è anche uno strumento attraverso cui l'autore rivela un'Africa meno
esotica e più familiare. Mentre il racconto espone il lettore ad una abbondanza
di costumi e tradizioni peculiarmente africani, il messaggio fondamentale è
quello della universalità dei valori umani.
Kossi Komla-Ebri respinge comunque
l'etichetta di scrittore afro-italiano, preferendo invece di essere considerato
semplicemente uno scrittore che esprime se stesso in lingua italiana. Inoltre,
non accetta l'idea che egli scrive per " la sua gente", il che sarebbe
come dire che fa il medico per “ la sua gente”. Fondamentalmente, Komla-Ebri
è un poeta lirico che misura la validità del suo lavoro dall’efficacia con
cui riesce a provocare reazioni emozionali nei suoi lettori. "Se io, con
quello che scrivo riesco a suscitare un'emozione nel mio lettore, questo è un
eccellente risultato, poiché sono riuscito ad attraversare la soglia della sua
anima e a suscitare quelle sensazioni che abbiamo in comune.” Ed è
esattamente in quella nozione dei sentimenti che abbiamo tutti in comune che si
rivela il messaggio politico-sociale della narrazione.
"Se è un migrante che scrive, ciò
può essere utile nella misura in cui altri si rendono conto che gli immigrati
vivono le stesse sensazioni che tutti provano, pensano e sognano come chiunque
altro." […] Nel racconto intitolato "All'incrocio dei sentieri "
Abra,
la narratrice, racconta la storia delle varie vicende che portarono alla
decisione di lasciare il suo paese e la conseguente maledizione di sua madre.
Il lettore è così esposto a un insieme
di tradizioni culturali, peculiarmente africane, compresa quella della riunione
di famiglia, che è chiamata a comporre una questione di diritti di sepoltura,
ma inaspettatamente deve anche occuparsi di una proposta di matrimonio. Noi
tuttavia non abbiamo mai la sensazione che questo sia il motivo per cui la
storia è stata scritta. Al contrario, siamo colpiti di più dall'universalità
del racconto di Abra, combattuta tra la sua propensione a rispettare le
tradizioni della sua gente e il suo desiderio di sposare l'uomo che ama,
malgrado le obiezioni della madre. E' una situazione specifica e allo stesso
tempo universale. " Stavo per fare un grande passo, lasciare
definitivamente il mio villaggio che mi aveva visto nascere, crescere, giocare,
ridere, piangere, ballare ed innamorarmi. Lasciavo l’innocenza, la mia
infanzia e la sua spensieratezza. Lasciavo mia madre e la migliore amica che non
avrei mai più avuta. Lasciavo una parte di me ad Ablomé.” Sarebbe stato
sufficiente cambiare il nome di
Ablome con quello di qualunque altro luogo in qualunque tempo, e tutti questi
pensieri ed emozioni si sarebbero potuti provare ugualmente.."
Il risultato è l'opposto di ciò che
Moravia ha scritto o altri scrittori europei potrebbero scrivere sull'Africa.
Certo, Komla-Ebri presenta differenze culturali specificamente africane, ma,
cosa che è più importante, esprime emozioni umane comuni agli Africani e agli
Europei.
Anche nel racconto "La manif"10,
che potrebbe altrimenti essere un resoconto giornalistico di una pacifica
manifestazione che diventa violenta, ciò che è veramente importante per
l'autore sono le reazioni psicologiche del narratore il quale fa una
osservazione che è certamente più universale che particolare: " È strano
com’è fatta la mente umana: quell’agganciarsi o ricordarsi d’eventi
futili come l’aprirsi all’improvviso di una valvola di sicurezza, un
rigagnolo di pensiero che aiuta ad allontanare l’angoscia opprimente di un
dramma, dell’insopportabile.” La difficoltà di vivere tra due culture è
anche il tema del racconto Mal di …,11
il cui titolo gioca ironicamente sull’espressione “mal d’Africa”, con
riferimento alla nostalgia che qualche visitatore europeo prova quando ritorna
in Europa. Qui invece c’è il mal d’Europa provato dalla narratrice, allorché
si ricorda della sua vita in Italia. Nel corso della narrazione al lettore
vengono proposte immagini dell’Italia che riflettono il punto di vista
africano in contrasto con i soliti stereotipi. Per esempio: “Credo che qui [in
Italia], il ritmo della vita è tale che, il tempo annacqua i sentimenti
divorando la vita e la gente” e “ questo paese, questa nebbia non fa per me,
mi manca il sole, le feste al villaggio, il tempo, le risa della gente, il
vivere assieme con le persone”. Ma
dopo che si è stabilita di nuovo in Africa, allora si ricorda delle immagini
positive dell’Italia e cerca di ricrearle nel suo paese. Così lei e la sua
amica escono per “un aperitivo al
Gattobar”, “una pizza” da Silvia, un film con Mastroianni e Sofia Loren, e
per ascoltare le musiche di Baglioni, Ramazzotti, Zucchero. In effetti, lei era
stata sicuramente molto attratta dalla cultura italiana; viceversa, all’inizio
della stessa storia, una signora di una certa età, italiana, per cui aveva
lavorato, le aveva detto che lei e i suoi amici avevano portato luce e gioia di
vivere nella sua casa. Così abbiamo una rappresentazione letteraria del
concetto di interculturalismo che esprime il punto di vista dell’autore.
Un altro tema di Mal di …è la
necessità percepita dal fratello di inserirsi nella comunità italiana. “Era
diventato come un bianco: freddo ed indifferente alla sua gente… lui
rivendicava il suo diritto a vivere la sua vita come libertà individuale e non
collettiva come predica la solidarietà africana. Qui in Europa- sentenziò-
ognuno deve pensare per sé.”
In una intervista, Komla-Ebri spiegava la
situazione del fratello che viveva la prima delle tre fasi che gli immigrati
normalmente attraversano. Nella prima fase l’immigrato cerca di diventare più
europeo possibile. Nella seconda rivaluta la propria cultura; per esempio, i
musulmani che non sono mai andati in una moschea cominciano a frequentare le
moschee in Italia. Poi, nella terza fase, quella dell'interculturalismo,
l’immigrato scopre che “l’umanità è la base di tutte le culture.”
Certamente, Komla-Ebri è impegnato nella difesa dei diritti dei lavoratori
immigrati in Italia, ma allo stesso modo è attivo nella campagna per il
miglioramento delle condizioni sociali della comunità nella sua dimensione più
ampia. Per esempio, una delle sue più importanti tematiche sociali è il
miglioramento delle condizioni di vita degli anziani, all’interno e
all’esterno delle “case di riposo”. Ma il suo principale interesse è
l’educazione. Sostiene che le scuole italiane sono preparate in maniera
insufficiente per affrontare la nuova realtà che avanza in Italia. Rispondendo
a una domanda che spesso gli viene posta osserva: “Se io ho in classe un
bambino marocchino, dovrei concentrarmi sulla cultura italiana o su quella
marocchina?” La sua risposta è:”A mio avviso, su nessuna delle due. Gli
scolari dovrebbero essere educati ai valori essenziali, ai valori dei diritti
umani. Poi ci saranno le peculiarità che distinguono la ricchezza della cultura
di ciascuna persona”.
Uno dei più importanti problemi, secondo
Komla-Ebri, è l’immagine negativa, creata e costantemente consolidata, senza
dubbio con buone intenzioni, dei bambini africani con la pancia gonfia e la mano
tesa per chiedere l’elemosina. Questa immagine inevitabilmente pone i bambini
africani in una posizione di inferiorità agli occhi dei bambini italiani. Nelle
sue frequenti visite nelle scuole, a Komla-Ebri piace mostrare giocattoli fatti
a mano dai bambini africani con materiale di scarto e poi sfidare i bambini
italiani a costruire dei giocattoli con gli stessi materiali. Oltre la lezione
ecologica, i bambini italiani imparano ad ammirare i bambini africani per essere
capaci di realizzare un compito che non è tanto facile. In ogni caso, i bambini
degli immigrati di oggi non saranno immigrati domani e non si accontenteranno di
svolgere soltanto i lavori umili che i loro genitori fanno ora e che gli
italiani non vogliono più fare. L’economia italiana dipende dal lavoro degli
immigrati, come si evidenzia dal fatto che le aziende devono richiedere
periodicamente al governo di rinunciare o aumentare le quote di
immigrazione.[…] In ogni caso - sostiene ancora Komla-Ebri - l’immigrazione
dall’Africa non si fermerà, finché il denaro, sotto forma di rimborso del
debito, continuerà a scorrere da Sud a Nord.
La democrazia e la libertà di impresa
hanno fallito in Africa a causa del flusso di denaro nella direzione sbagliata.
Nel romanzo Neyla, la protagonista era stata iniziata alla “bella
vita”, in senso materiale, e poi abbandonata, quando non era più necessaria.
L’autore afferma che questo è il destino dell’Africa dalla caduta del Muro
di Berlino, dopo di che essa non è
più stata importante nell’equilibrio di potere tra Est e Ovest.
In ogni modo, l’emigrazione continuerà
e porterà a un più forte avvicinamento tra Italia e Africa con la conseguente
necessità dell’interculturalismo. Citiamo le parole di Komla-Ebri: “Le
persone devono cercare di conoscersi. Devono incontrarsi… Soltanto la
conoscenza può abbattere le barriere tra i popoli.”
1Kossi
Komla-Ebri
“Quando attraverserò il fiume”
(Antologia “Memorie in Valigia” Fara Editore, Santarcangelo di Romagna
1997 – Antologia “Voci Migranti” Lunaria, Roma 2000)
2Kossi
Komla-Ebri Neyla
(romanzo) Edizioni dell’Arco-Marna 2002
3
Pap Khouma (Senegal) Io venditore di
elefanti. Una vita per forza fra Dakar, Parigi e Milano (a cura di
Oreste Pivetta)Garzanti, Milano 1990
4Graziella
Parati Mediterranean
Crossroads, Migration Literature in Italy.Madison-Teaneck, NJ: Farleigh
Dickinson University Press; London: Associated University Presses. Pp 219
5
Sinan B. Wasswa “La mia tradizione in valigia” (Antologia “Memorie in
Valigia” Fara Editore, Santarcangelo di Romagna 1997
6
Kossi
Komla-Ebri “Sognando
una favola” (Antologia
“Destini sospesi di volti in cammino” Fara Editore Santarcangelo di
Romagna 1998) e in (“Parole di Babele- percorsi didattici sulla
letteratura dell’immigrazione” Loescher Editore 2002)
7
Peter Pedroni “Intervista a Kossi Komla-Ebri”
in “Africa Italia due continenti si avvicinano” (a cura du Sante
Matteo e Stefano Bellucci) Fara Editore, Santarcangelo di Romagna 1999
8
Kossi Komla-Ebri Imbarazzismi –Quotidiani imbarazzi in
bianco e nero- Edizioni dell’Arco-Marna
2002
9
Alberto Moravia La
donna leopardo, Bompiani Milano 1991
10
Kossi Komla-Ebri “ La
Manif” sulla rivista NarraSud.-Roma- Distrazioni Editoriali
-scritti e percorsi migratori Anno I N° 1- marzo –aprile 2000.
Sul sito www.sagarana.net (N°
2 Gennaio 2001- in Ibridazioni)
11
Kossi
Komla-Ebri “Mal
di…”
(Antologia “Destini sospesi di volti in cammino” Fara Editore
Santarcangelo di Romagna 1998) e in (“Parole di Babele- percorsi didattici
sulla letteratura dell’immigrazione”
Loescher Editore 2002)
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