Heleno Oliveira
Se fosse vera la notte

Cittadini della poesia
Collana diretta da Mia Lecomte

Heleno Oliveira
Se fosse vera la notte
A cura di Alessandro Cecchi e Andrea Sirotti
Zone Editrice, 2003 - Euro 10,00

 

Mai più saremo esotici e mansueti
L'itinerario poetico-biografico di Heleno Oliveira
di Giovanni Avogadri


La poesia di Heleno è un mondo nello stesso tempo uno e molteplice. È contemporaneamente un cammino e il diario di quel cammino. 
(Sophia de Mello Breyner Andresen)


Dire che la poesia di Heleno Oliveira è fortemente ancorata al suo percorso biografico non rende del tutto ragione della realtà delle cose. Si può dire che Heleno ha creato lo spazio per la sua vicenda esistenziale insieme alle parole per dirla. La sua poesia è esperienza di vita allo stesso modo in cui la sua biografia è esperienza poetica. 
Vale la pena raccontare brevemente la sua storia.
Heleno Afonso Oliveira nasce nel 1941 nel Nord-Est del Brasile, precisamente a Santa Clara, nell'entroterra di Recife (Pernambuco). Suo padre Clarindo, bianco di origine europea, è uomo di fiducia dei latifondisti e ha un carattere rozzo e violento. Laura, la madre nera, è una donna colta, dai modi dolcissimi e raffinati che proviene da una famiglia della buona borghesia.

Mai ho sentito le note del Cantico
nelle preghiere di Laura e Clarindo.
Mai ho sentito i sospiri del corpo
In quel bianco nero amore. 

Sono versi di Clarindo, clarindo, poema pubblicato nel 1993 dall'Università di Belém. Heleno vi traccia il disegno di uno stridente connubio, di una tensione vissuta fin dentro l'anima, che tuttavia, come nella conclusione del poema, apre la porta alla salvezza:

I vostri corpi
intreccio di rovina e splendore
schiariscono le linee storte
accelerano la resurrezione.


A sedici anni Heleno è un giovane estroverso e sensibilissimo, dedito a molte letture. Non frequenta la scuola pubblica, ma piuttosto i matinée dei cinema di Recife: adora i grandi film holliwoodiani, il neorealismo, la nouvelle vague. Durante la breve stagione della rinata democrazia brasiliana, insieme ad altri ragazzi figli della borghesia colta, partecipa agli incontri della Azione Cattolica, che, organizzata sul modello francese, rappresentava allora una avanguardia progressista. Questa esperienza segna una sorta di preparazione per quello che si rivelerà l'incontro decisivo della sua vita. Heleno conosce alcune persone del Movimento dei Focolari, che iniziava allora a muovere in Brasile i primi passi. È il 1958. Nel maggio 1961 Chiara Lubich - fondatrice del Movimento - compie il suo primo viaggio in Brasile, prima nazione extra-europea ad accogliere il suo messaggio. Heleno conosce la Lubich e ne riporta un'impressione molto forte: quella donna stava iniziando un'originalissima esperienza ecclesiale e si accostava con grande rispetto alla realtà culturale del Brasile, nella quale percepiva un'intima vocazione evangelica. 
Alle soglie della crisi religiosa, il Dio temuto e concepito nella sua irraggiungibilità, si rivela a Heleno come amore infinito, misericordia, predilezione per i gli "ultimi", i poveri, i diseredati, gli emarginati. Appena maggiorenne, Heleno consacra a quel Dio la sua vita nel Movimento dei Focolari e sarà testimone e apostolo di una nuova manifestazione di Dio e del Vangelo, nel quale trova la profezia per il suo popolo.
Nella poesia Veronica Anna esprimerà questa visione di una Sacra Scrittura:

piena di rivelazioni, fatta perché i ricchi
se ne andassero a mani vuote
e per dire ai poveri la predilezione del Figlio
che dava loro il Padre che è nei cieli
ma che in terra non vuole
la preghiera separata dalla giustizia.


Nel 1959 Heleno lascia la famiglia per vivere nel focolare di Recife. È tra i primi focolarini brasiliani. Si impegna anima e corpo nella fondazione delle comunità dei focolarini in tutto il Brasile, da Recife, a Belém, a Porto Alegre. Nel frattempo a Belém vince la cattedra di letteratura portoghese. Negli anni '70, con i suoi studenti legge e analizza la poesia di Sophia de Mello e dei grandi poeti portoghesi del '900, ma anche i testi politici, censurati nel tempo della dittatura, di Chico Buarque o di Caetano Veloso; mette in scena spettacoli dei quali scrive i testi dove danza la gioia della liberazione nel Vangelo vissuto, testimoniando la figura di Gesù come uomo-mondo, capace di mettere in luce i semi di verità che ogni cultura e ogni uomo porta in sé.
Sono gli anni di una sintesi originale di vita e riflessione che lo matura come cristiano e come intellettuale; Heleno approfondisce la conoscenza delle culture dei neri e degli indios, le culture "subalterne" che convivono, insieme a quella europea, in quella che lui chiamava la "bugia della democrazia razziale" brasiliana. 
Nella voce di Heleno non troviamo mai disgiunte la parola poetica dalla riflessione storica e sociale, e questo forse perché esse affondano le loro radici in una percezione della vita che ha incontrato la Parola di Dio attraverso un carisma dello Spirito, e per questo diviene parola non solo poetica ma soprattutto profetica, parola che mentre denuncia, opera un'apertura di orizzonti, dischiude nuove possibilità di vita e giustizia.

L'arrivo di Heleno a Firenze, nel 1983, si situa in un momento di grande sofferenza, psichica e spirituale: si riacutizza il dramma irrisolto della sua vita, la duplice dimensione nera e bianca, radice della lacerazione di cui abbiamo parlato. Heleno vive talvolta il soggiorno fiorentino come un esilio. Così l'attacco di una poesia in questo volume:

Firenze è un mattino di Dicembre
Dove arrivai urlando dal mio Ade.


Ma Firenze diviene presto possibilità di un diverso cantare, spazio di un felice matrimonio tra immanenza e trascendenza:

Firenze bianco centro di un mondo 
dove si può cantare senza il pianto
perché gli dèi e il Verbo ci procurano
la strada felice di un incontro…


A Firenze Heleno incontra infatti una nuova dimensione d'anima, che trova presente e viva, incarnata nella città: le chiese, i monumenti, ma soprattutto il popolo, la comunità ecclesiale. Molto più di una esperienza estetica o esistenziale, o del ritrovamenteo di una nuova patria, Firenze diviene per lui spazio immaginale e archetipico, dove riuscirà col tempo a oggettivare la sua sofferenza, cogliendone anche dal punto di vista psicologico tutte le possibilità di vita e di liberazione.
Questo straordinario rapporto tra il poeta brasiliano e la città culla del Rinascimento, emerge in particolare attraverso un episodio, un'esperienza molto profonda e inaspettata. Nel 1985 Heleno visitò con grande emozione una mostra sull'arte africana allestita al Forte Belvedere, una mostra che raccoglieva opere di scultura pressoché contemporanee al Rinascimento fiorentino. Di fronte a quei volti di re e regine africani, di grande suggestione e potente sacralità, che poteva paragonare senza imbarazzo alle sculture di Michelangelo o Donatello, Heleno si sciolse in un profondissimo pianto: un brasiliano, disse, vive sempre, anche inconsapevolmente, una sorta di complesso di inferiorità nei confronti del Vecchio Mondo; arrivare in Europa e incontrare proprio qui la manifestazione della dignità dell'anima e dell'arte africana fu una specie di choc, o meglio una catarsi, dalla quale è scaturito uno dei poemi in portoghese più forti e coinvolgenti di Heleno, Àfrica, non inclusa in questa raccolta. Sophia de Mello l'ha posta significativamente al centro di un scelta di oltre quaranta poesie di Heleno, As Sombras de Olinda, pubblicata a Lisbona dall'editore Caminho nel 1997.
Questo poema inizia proprio nel seno di una Madre Nera e disegna il destino del Verbo che scende di nuovo dalla Trinità per una nuova epifania: quella del Negro e dell'Africa.

...riporterà il Negro sulla scena del mondo
brillante diamante
uscito dalla Trinità che non ha colore
ma tutta nera lo rivelerà a tutti.


L'Europa è svanita: ora è il mondo a fare da sfondo, da palcoscenico. Non più culture "subalterne", nessun senso di inferiorità, nessuna vergogna, ma anzi una "cosmica preghiera", il mito di una nuova origine, di un nuovo inizio per la negritudine che "ha tinto di nero tutti i popoli", e per la Trinità stessa. Ancora una volta, a Firenze, la poesia è diventata profezia, luogo di incontro e conoscenza.
La forza evocatrice della parola di Heleno è stata per molti di noi la possibilità di un incontro, un'esperienza di reciprocità che ha avuto la capacità di orientare in modo nuovo il nostro modo di vedere le cose. Heleno si è fatto per noi guida inaspettata di mondi altrettanto inaspettati. Non solo ci ha fatto conoscere il suo Brasile, la sua Africa - da giovani curiosi, eravamo ben disposti vedere le cose dalla prospettiva del sud del mondo, dei diseredati, di chi ha subito la storia più che esserne attore - ma, grazie al suo coraggio e al suo ingegno poetico non meno che teologico, ha riletto il suo destino e quello della sua africanità riattualizzando, da brasiliano, il mito di Firenze, ci ha fatto rivedere il nostro stesso mondo, il nostro passato, la civiltà italiana e in particolare fiorentina, sullo sfondo della sua visione. Heleno ci ha fatto vedere come l'Africa, i Neri, gli Indios, possano essere radice dell'Europa. Superata ogni tentazione egemonica, si prospetta la possibilità concreta di una reciprocità di sguardi, di una profezia per il futuro, radicata, da un punto di vista antropologico, nel passato della nostra specie. Per questo poteva arrivare a dire, come in una poesia raccolta in As sombras de Olinda:

Tropicalissima vegetazione dei della Robbia
che circonda il candore delle Madonne
luminoso splendore mediterraneo
porta liquida di nostalgia
disegno di verde foresta.


Heleno si recava spesso a Lisbona, dove lavorava a una tesi di dottorato sulla poesia di Sophia de Mello. Lisbona è stato l'altro polo della sua vita intellettuale e spirituale. È impossibile dire in poche parole quello che Lisbona rappresentava per lui. Heleno ha dedicato alla capitale lusitana almeno due ampie raccolte di poesie portoghesi, tuttora inedite, Arcano Arcanjo e O cais da fim do mundo. In quest'ultima, Lisbona è tratteggiata come luogo di passaggio ("Il porto della fine del mondo", recita il titolo), altro luogo, accanto a Firenze, di scoperta e di rinascita, porta aperta verso il suo Brasile, nostalgia e riconciliazione della memoria attraverso lo sguardo, uno sguardo nuovo sulla vita e sulle cose.
La tesi di dottorato, che procedeva con estrema lentezza, era diventata, con l'andare del tempo, un'opera davvero impegnativa, un compito arduo e doloroso, un peso che Heleno sentiva ed esprimeva agli amici, che si accompagnava a un'attività poetica intensa sia in portoghese sia in italiano, e a un'opera altrettanto puntigliosa di autotraduzione e revisione, che ha prodotto tra l'altro una notevole quantità di varianti. Possiamo dire che la tesi è sostanzialmente completata: comprende capitoli di grande densità contenutistica, quali quelli sul mito, sul sacro e sulle forme cristiane e greche nella poesia di Sophia de Mello. 

Heleno Oliveira è morto improvvisamente a Lisbona il 30 luglio del 1995. 
Due anni prima, in occasione della pubblicazione di Clarindo, clarindo a Belém, aveva avuto la possibilità di ritornare in Brasile. Ricordava con gioia quel viaggio: l'incontro con i colleghi, la presentazione pubblica, il riconoscimento ufficiale ottenuto da quel suo poema così cruciale, che segna tra l'altro la riconciliazione con l'ombra del padre, la visita ai luoghi dell'infanzia, legati a ricordi spesso infelici, furono l'opportunità per un ritrovamento "quasi felice". Dopo il riconoscimento accademico e culturale della facoltà in cui si era laureato e dopo aver partecipato ad una delle scuole di scrittura organizzate a Firenze dalla rivista "Semicerchio", Heleno cominciò a organizzare le sue raccolte di poesia in vista di una possibile pubblicazione: ce lo confermò esplicitamente in una lettera, all'indomani della partenza "estiva" per Lisbona e quindi pochi giorni prima di morire.

A sette anni dalla morte, il suo lascito poetico ha già una storia. Sophia de Mello, saputa la notizia, contattò noi, gli amici fiorentini per "conoscere meglio Heleno", esprimendo subito una grande ammirazione per la sensibilità e per l'originalità della sua poesia, nonché la decisa volontà di pubblicare alcune poesie di Heleno. Ne è nato As sombras de Olinda, la raccolta ricordata sopra. 

Ancora qualche parola sul suo itinerario poetico-biografico. Potremmo condensarlo nell'espressione "la realtà dell'anima", intesa quest'ultima non solo e non tanto come intima, nascosta, invisibile individualità, alla quale si tende sempre più a limitarla, ma nel senso di spazio archetipico che è anche rapporto con il cosmo, socialità, città, Ecclesia. In questa dimensione possiamo comprendere il suo lavoro al Centro la Pira, il suo servizio alla Chiesa fiorentina, la sua testimonianza di laico consacrato nel Movimento dei Focolari, di maestro e formatore di spiritualità, di poeta e intellettuale. Heleno sperimentava sulla sua pelle di brasiliano che "vivere secondo lo Spirito" nel nostro contesto non è situazione beatifica ma una condizione caratterizzata dalla povertà, dalla solitudine, dall'esilio, una condizione di "resistenza" al consumismo, al pensiero unico imperante e omologante, nella consapevolezza che soltanto a partire da questa scelta si guadagna la possibilità di essere uomini confermati nella nostra identità e diversità e proprio per questo capaci di incontrare chiunque. Ci sembra che alla fine della vita Heleno avesse raggiunto una dimensione alla quale aveva costantemente aspirato: quella di sentisi "uomo-mondo", che trovava tratteggiata in queste parole di Ugo di San Vittore che amava citare: "L'uomo che trova dolce la sua patria non è che un tenero principiante, colui per il quale ogni terra è come la propria è già un uomo forte; ma solo è perfetto colui per il quale tutto il mondo non è che un paese straniero".
Caratteristica in Heleno ci pare non soltanto l'originalità, la forza visionaria e la potenza del linguaggio, ma il suo essere stato per noi luogo di un incontro e di una esperienza di vita e conoscenza che non ci permetterà mai più di essere "esotici e mansueti", come in questi versi di Galabya, la raccolta inclusa in questo libro:

Il muro tra di noi s'abbatte lentamente 
mai più saremo esotici e mansueti.
Porteremo le sabbie del deserto
e le oasi più lontane
e se Firenze è bugiarda 
andremo alla cupola
a invocare 
tempeste
una città
lavata dal deserto
purificata dalle lacrime.


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