Esistono libri che
ti piacciono perchè sono dei tuoi scrittori preferiti, altri perchè sono
dei classici, altri ancora perchè te li hanno consigliati per cui non
puoi farne a meno. Poi ce ne sono altri, e questo è il caso, di romanzi
che ti arrivano in mano in modo rocambolesco e alla fine però lasciano il
segno, come questo che hai acquistato in galleria da un simpatico
venditore ambulante e che rappresenta un buon regalo da farsi.
E' la storia di un uomo che dopo cinque anni torna in Africa per le
vacanze. Non sa più se si sente più occidentale o più africano. E la
contraddizione si svela subito per la sua attrazione verso una donna di
colore e che ha tutte le caratteristiche europee.
Proprio lei rappresenta il modo migliore per attutire il suo ritorno fatto
di gioie come il ricongiungersi con la famiglia (soprattutto sua madre e
lo zio stregone) e i dolori di vedere il suo paese piegato dalla
corruzione, dalla violenza inaudita, dalla sporcizia e dagli
approfittatori.
Trovando l'amore in Neyla ritrova anche se stesso e la "sua
Africa", quello per cui era venuto. Non più solo responsabilità per
essere il figlio maggiore e costituire il traghettatore verso l'Europa per
altri della famiglia. Gli si fanno chiare le immagini dell'infanzia e
tutto il periodo di privazioni e solitudine passato in Europa. Da questo
punto di vista vedo un parallelo con un altro bellissimo romanzo:
"Conversazione in Sicilia" di Elio Vittorini: anche lì c'è il
ritorno, in Sicilia, per fuggire alla retorica del regime fascista. E' a
casa dello zio, dove sono mantenute tutte le virtù dell'Africa, che lui
accetta se stesso (la sua razionalità occidentale e al contempo la sua
sensibilità perchè con la prima non si può spiegare tutto) dopo aver
accettato la storia di Neyla che rappresenta bene la storia dell'Africa.
Un bellissimo romanzo, necessario, che dimostra che esistono scrittori
italiani di origine africana che vanno dritti al cuore.
Kossi
Komla-Ebri, Neyla; un incontro due mondi, edizioni Dell'Arco-
Marna, 2002
Un romanzo
d'amore per la propria terra
Neyla è una giovane donna, simbolo dell’amore
struggente che il protagonista nutre per la sua terra. La sua presenza è
calda e rassicurante, accogliente come il grembo della madre terra, e
riesce a placare i dubbi e le inquietudini di Yawo (Fofon per i parenti)
durante il suo viaggio di ritorno nella terra d’origine, il Togo. Un
itinerario geografico e spirituale comune a molti migranti che
sperimentano il dolore della duplice mancata appartenenza: la sensazione
di non essere più una cellula organica al corpo sociale della famiglia
d’origine, ne’ un vero prototipo di successo sul modello dell’uomo
occidentale. Il dissidio si fa ancora più forte quando tocca la
dimensione spirituale, nella quale tornano a vibrare le corde
dell’ignoto e dell’irrazionale.
“L’Africa dei misteri è reale, fuori dalla classica dicotomia del
bene e del male, in una continua comunione con la natura e con le sue
forze. Là dove la certezza scientifica gareggia con la credenza
tradizionale nasce un conflitto interno che inevitabilmente si traduce in
malattia”
La Malattia spirituale si materializza: sia “Fofogan” che la sua donna
ne sono vittime, e lo struggente amore reciproco non può compiersi. Neyla
si è concessa più volte a turisti e uomini d’affari stranieri, così
come il protagonista maschile si è venduto al sogno occidentale studiando
negli atenei europei e assimilando la cultura razionalistica e
individualista dell’uomo bianco. Il filo con cui entrambi tentano di
ricucire modernità e tradizione, passato e presente, si spezza con la
morte di Neyla, inequivocabile metafora femminile del continente Africa.
Lo scrittore Kossi Komla-Ebri, nato nel 1957 in Togo, vive dal 1974 in
Italia, dove ha compiuto i suoi studi e dove attualmente esercita la sua
professione di medico. E’ autore di diversi racconti, articoli e saggi.
CULTURE/Libri
09/06/2003
Neyla. Un incontro, due mondi: il nuovo
romanzo di Kossi Komla-Ebri
di Carla Mellidi
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Kossi
Komla-Ebri, Neyla, Edizioni dell'Arco e Marna 2002 (gruppocome@tiscali.it,
marna@marna.it), pp.104, euro 6,20
«Neyla è un romanzo a diversi livelli di lettura, ma
prima di tutto è una storia d'amore, un grande amore come lo
sappiamo vivere noi uomini» esordisce l'autore alla presentazione
del libro.
In una lunga lettera il protagonista ripercorre, intrecciandone i
fili, un ritorno e un incontro. Il ritorno è l'Africa, l'incontro
è Neyla. Presto le due immagini, i due momenti si sovrappongono,
sfumando uno nei contorni incerti dell'altro. Neyla diventa
portatrice di simboli, immagini, contraddizioni del Paese del
ritorno, Neyla diventa l'Africa. L'Africa: una donna che attrae e
spaventa, culla nell'abbraccio consolatorio di una madre,
sensualità di un'amante inafferrabile, oltraggio di un corpo
svenduto che all'immobilità mortifera del ricordo preferisce
l'amaro compromesso della sopravvivenza. Il viaggio a ritroso, a
ricercare sulla mappa ingannevole di una nostalgia velenosa un
punto di saldatura, di ricomposizione e ricollocazione di un sé
sospeso fra il non più e il non ancora, il refrigerio dalla
calura oppressiva del rimpianto è un tradimento. Tradisce la
terra che cancella il posto di chi se n'è andato, che fa a meno e
va avanti; tradisce due volte chi parte: quando volta le spalle
all'ultimo abbraccio di chi resta, quando torna e il suo sguardo
è irrimediabilmente viziato dal tempo passato lontano, e si
scopre straniero, cambiato, nelle braccia di chi l'ha aspettato
senza restare fedele all'immagine costruita arbitrariamente a
proteggersi dal gelo-solitudine. Frana la certezza cullata da
lontano di ritrovare in un posto passato un'identità compatta. Il
ritorno è un'illusione concessa a patto dell'accettazione totale
dell'esilio. Il senso di perdita si fa smarrimento totale nel
tentativo di recupero.
Ma nell'accettazione consapevole della condizione d'esilio, nella
rinuncia alla pretesa titanica di farsi ponte di salvezza per sé
e per gli altri, il protagonista intravede un sentiero
percorribile. L'identità è un doloroso divenire, una definizione
mai certa, possibile solo nel confronto serrato, impietoso con
l'altro, un incessante morire a se stessi per poter andare
incontro all'altro e nell'altro ritrovarsi. Neyla è l'altro, è
lo sguardo che denuda l'anima, è lo stupore di uno specchio
abbagliante, Neyla è l'amore, perché solo nell'amore ci si
concede e ritrova. Allora in Neyla ritorno e incontro coincidono.
Ma anche Neyla deve diventare rimpianto, creatura silente
sublimata e sacrificata all'altare della nostalgia e del racconto
postumo per permettere all'alba di ritrovare le sue dita di rosa e
i suoi passi felpati. Perché solo nel racconto, nell'invenzione
continua di una lingua narrativa, lo scrittore-protagonista
ritrova una casa, che è ancora partenza, solitudine e freddo, ma
anche parola. La letteratura si recupera come (unico?) spazio
d'incontro.
La scrittura racconta senza reticenze l'amore carnale, imperfetto,
complesso, l'incapacità di accettare nell'altro le proprie
contraddizioni, il fallimento della pretesa, «l'amore come gli
uomini lo sanno vivere». Per farlo l'autore rinuncia alla
sicurezza del distacco, abbandona le forme rassicuranti
dell'ironia bonaria o tagliente e sceglie l'immersione totale in
una lingua espressiva. Non ammicca al lettore alludendo alla
complicità del gioco intellettuale, azzarda il coinvolgimento
diretto, lo richiama all'emozione. Al lettore la responsabilità
di accettare o ritrarsi.
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