La strada non c'è, si farà
 Maria Calabrese, Carolina Peverati, Paolo Trabucco

La strada non c'è, si farà"  recita  una canzone brasiliana intonata dalla scrittrice Christiana de Caldas Brito  durante il suo intervento. Sono parole che ci parevano adatte a presentare un convegno dal titolo "Culture della migrazione e scrittori migranti", perché ci comunicano l'incertezza  di un percorso ancora tutto da costruire, ma anche l'apertura verso itinerari non battuti, lo slancio e  la determinazione  per compierlo, quel percorso. Nei versi di quella canzone, insomma, in una delicata melodia, si condensano alcuni dei motivi che hanno attraversato  il  convegno e ne hanno costituito la premessa: il desiderio di contribuire alla costruzione di un percorso di incontro e di scambio tra esperienze, culture, linguaggi, visioni del mondo.
La letteratura, mentre ci rivela   realtà composite e multiformi,  costruisce nuovi linguaggi che, intrecciandosi, agiscono come   veicolo per il confronto, lo scambio tra individui,  culture e  identità, costringendoci a disegnare prospettive nuove.
Quello che ci scorre davanti è un mondo nel quale le frontiere e i confini paiono  sempre più rarefatti,  dove si  assiste, almeno esteriormente,  ad una progressiva integrazione dello spazio economico e  comunicativo;   ma dove le distanze spaziali non si misurano più in chilometri, bensì in denaro e si approfondiscono le distanze sociali (il reddito medio di un cittadino statunitense è pari a 232 volte quello di  un mozambicano);  dove si diffondono nuove forme di estraneità, resistenze localistiche,   forme xenofobe  ostili verso ogni forma di alterità; e dove al crescente universalismo delle merci non corrisponde l'universalismo dei valori e dei diritti.
Di fronte a  una realtà in così rapida e profonda trasformazione, la letteratura della migrazione  si offre, da un lato, come specchio dei mutamenti sociali e culturali in corso, dall'altro come chiave di lettura  di questa nuova complessità. Essa " attraverso le storie e i racconti, le narrazioni dei mondi, aiuta a comprendere in modo partecipe la "storia" dei paesi di origine degli autori (africani, arabi, latinoamericani, indiani...); aiuta a percepire le motivazioni storiche della marginalità, della disuguaglianza e della disumanizzazione dell' "altro"; mostra come le frontiere vadano dissolvendosi e come sia necessario guardare al contatto con le altre lingue e altre culture non come dispositivo per costruire delle identità chiuse, ma come il più potente motore di scambio/relazione che l'uomo possiede." [1]
La  letteratura della migrazione rappresenta una significativa testimonianza su altre culture e tradizioni e rivela una particolare sensibilità verso tematiche legate all'emarginazione e allo sfruttamento. Le opere di autori stranieri che scelgono di scrivere in italiano, inoltre,  facendo incontrare e mescolando le diverse culture di provenienza con quelle del paese ospitante producono  un significativo rinnovamento del panorama letterario e costringono a " ridefinire, in maniera oltrenazionale il tradizionale costrutto della letteratura (nazionale) italiana".[2]
D'altra parte, risulta improbabile  classificare, secondo le usuali categorie, autori che portano con sé formazioni  umane e culturali così ricche come quelle di chi ha attraversato, nell'esperienza della migranza,  paesi, lingue, culture diverse, se non riconsiderando i confini della mentalità comune e della stessa geografia letteraria, prendendo coscienza del fatto che ogni identità culturale è sintesi di molteplici apporti, scambi, incontri. "Spero che con la mia nuova lingua - perché io sono senz’altro uno scrittore italiano, anche se nato a Niterói, perché scrivo in italiano, e sull’Italia  - spero che come scrittore italiano io possa dare a questa mia nuova lingua, la vostra lingua, qualcosa di nuovo, qualcosa di originale, un po’ più di conoscenza profonda sulla vera natura dei nuovi esseri umani" sostiene Julio Monteiro Martins, scrittore brasiliano che si sente   "un europeo lontano dall’Europa da 200 anni".
Sul piano linguistico, questi intrecci culturali producono  un mescolamento di carte continuo tra linguaggi codificati e deviazioni dalla norma. Le Interferenze linguistiche, le ambiguità semantiche, perfino l'intraducibilità, che a volte si manifestano nel passaggio da una lingua all'altra, possono dare  origine a percorsi inaspettati, talora divergenti, e condurre a soluzioni e prospettive insolite,  a modi diversi di leggere la realtà: "si cercano parole nuove" - sostiene la scrittrice italo-argentina Sandra Ammendola - " parole che siano in grado di dare un corpo e un' anima alle definizioni dell’ ”altro” per renderlo visibile."
Questa letteratura contiene poi un alto valore educativo nella prospettiva interculturale. Da qui la rilevanza che è stata data, nel pensare a questo convegno,  alla collaborazione con le scuole. Le attività di studenti e insegnanti  sui temi della letteratura della migrazione hanno affiancato, in un percorso durato mesi, la preparazione del convegno stesso e ne hanno costituito una  caratteristica distintiva. Lo testimoniano l'interessata partecipazione di ragazze e ragazzi  e i loro contributi,  ricchi  e a volte originali,  a cui è interamente dedicata la seconda parte di questa pubblicazione.
L'incontro, il confronto con le "storie di mondi" e con i loro autori  ci pongono in una condizione di ascolto, scambio,  spingono alla consapevolezza della reciprocità, al riconoscimento di un comune patrimonio umano e consentono quel    " decentramento del punto di vista per la comprensione di fenomeni apparentemente distanti"  che  Davide Rigallo, nel suo intervento, ci ricorda essere la vera molla dell'approccio interculturale.
Queste storie, come tutte le storie " ci attraversano, ci trapassano, ci costituiscono" - sostiene Armando Gnisci, perché "raccontare storie è l'atto con il quale ci prendiamo la responsabilità di dare un senso al tempo, ai frammenti di tempo dai quali noi siamo costituiti". Questa  letteratura ci può far condividere una comune esperienza di ricerca, fare del disorientamento la scintilla che spinge verso l'immaginazione di un altro mondo possibile. Non è certo, ci dice un grande pedagogista,  se impariamo a capire i racconti dalla vita o se impariamo a conoscere la vita dai racconti, di certo, proprio perché  le storie "non possono  essere racchiuse entro i limiti di un unico orizzonte… arricchiscono enormemente  il nostro senso del possibile".[3]
Anche grazie a questa letteratura  -  per dirla con le parole del musicista e poeta rom Santino Spinelli - "la strada che porta alla città della felice convivenza  è  all'orizzonte, seppur piena di insidie". O, per concludere così come avevamo iniziato, con parole per  canto: "La strada non c'è, si farà".



[1] Rita di Gregorio, "Percorsi di lettura per 'decolonizzare la mente'" in Nuovi approcci all'insegnamento della letteratura, Strumenti CRES, n.28, 2001.
2] A.Gnisci, La letteratura degli immigrati in Italia, relazione al Convegno Internazionale "Migrazioni, interazioni e conflitti nella costruzione di una democrazia europea", Bologna, 16-19 dicembre 1997).
3] Jerome Bruner, La cultura dell'educazione, Milano, Feltrinelli, 2001, pp.106-109

 


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