il manifesto - 02 Febbraio 2003

CULTURA

 
Fabulatori per nuove cartografie
Dall'Oriente al Sud America, dall'Africa al Meditteraneo, una raccolta di scrittrici e scrittori che vivono nel nostro paese e scrivono nella nostra lingua. «Parole di sabbia» per l'editore Il Grappolo
Migranti. La parola come memoria delle proprie origini, esperimento di un mosaico ancora da comporre. Mescolanza di storie e culture che resiste al meticciato

di ORSOLA CASAGRANDE


E'un libretto prezioso quello uscito per la piccola casa editrice di Salerno Il Grappolo. Si intitola Parole di sabbia e raccoglie i testi di alcuni scrittori e scrittrici stranieri che vivono in Italia e scrivono in italiano. E' anche un libro coraggioso che parte dalla parola scritta di «tuareg laureati e mendicanti alchimisti di parole, sognatori poeti e strane nonne, antiche come i racconti più antichi» per insegnarci a «riappropriarci di una relazione passata al cui ascolto erano stati educati in un'epoca che sembra perduta. Una relazione avvolta nella nebulosa primordiale dell'oralità», come scrive Armando Gnisci nella sua introduzione. Attento osservatore e divulgatore della letteratura dei nuovi cittadini dell'Italia, Gnisci non a caso sottolinea che «a rieducarci all'ascolto del racconto sono venuti fate e fabulatori dall'Oriente e dal Sud America, dall'Africa e dal Mediterraneo, scrivendo nella lingua italiana». Sono «narratori di storie nuove e inconsuete, che vengono da lontano, ma apposta per incontrare noi». E per offrirci appunto storie e punti di vista diversi, quelli del migrante il cui destino, come scrive Christiana de Caldas Brito, è quello di «abbandonare il proprio luogo d'origine, come gli uccelli, per vivere altrove. Con due grandi differenze: gli uccelli ritornano al posto da dove hanno migrato; raramente, gli essere umani. Gli uccelli mantengono le proprie ali nel paese di arrivo, ma gli scrittori migranti devono acquisire nuove ali. E le ali degli scrittori migranti sono le loro parole».
E proprio la parola è il cuore di questa piccola antologia. Parola come memoria delle origini, come strumento affabulatore, ma anche come «lampi, accordi musicali improvvisi». E ancora come esperimento, pezzi di un puzzle, di un mosaico che è ancora tutto da comporre. Quello della difficile convivenza (non integrazione, parola che assume sempre più spesso il significato di rinuncia ad una parte di sé, quella originale per adattarsi alla nuova realtà, cercando di diventarne parte) tra due mondi, due appartenenze. Una convivenza sempre in precario equilibrio. Ma che è fonte di una ricchezza incredibile, per il migrante e per chi, da stanziale, entra in contatto con nuove culture, nuove parole, nuove storie.
Forse è proprio questo l'elemento che sottende questa raccolta, la curiosità di tutti gli scrittori, la loro voglia di raccontare, di sperimentare, di indicare possibili percorsi di incontro e di farlo in lingua italiana. Non è un caso allora che i curatori della raccolta (Francesco Argento, animatore di un convegno annuale sulla scrittura dei migranti in Emilia Romagna, Alberto Melandri e Paolo Trabucco) abbiano scelto di affiancare, o meglio di intrecciare ai racconti degli scrittori migranti anche i contributi di poeti italiani e stranieri.
In comune tutti hanno «l'adozione e la ricerca di un linguaggio di confine che scavalca frontiere, colma distanze, affida all'universalità del canto e dell'ascolto della parola la costruzione di un'identità aperta e plurima», come scrivono i curatori nella presentazione di Parole di sabbia. I poeti «ospiti» dell'antologia sono Jack Hirschman definito il più importante poeta vivente d'America, Alberto Masala, Serge Pey, Carmine Abate e il poeta tuareg Hawad. Hirschman (già noto al pubblico italiano grazie al lavoro della casa editrice di Salerno Multimedia edizioni che da anni lo pubblica organizzando decine di incontri) è un poeta comunista americano che ha fatto della traduzione e quindi della divulgazione delle voci più interessanti della poesia militante contemporanea la sua seconda attività. Alberto Masala (tradotto proprio da Hirschman in inglese) non ha bisogno di presentazioni: la mescolanza linguistica per lui è strumento di liberazione e difesa da ogni omologazione.

Gli scrittori migranti sono Sandra Clementina Amendola, Christiana de Caldas Brito, Yousif Jaralla, Tahar Lamri e Kossi Komla-Ebri.


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