Canto di rivoluzione
di Lance Henson

Lance Henson
Canto di rivoluzione
Il libro è stato pubblicato a cura di:
- Associazione"Mitakuye Oysin di Vicenza
- Associazione "Huka Hey" di Pordenone - 2 003

 

Prefazione

Alla stazione di Pordenone, una sera d'inverno, insieme a Mauro Marra, ero in attesa del treno da Milano e di Lance Henson. Quando mi sono presentato con l'infelice battuta "Mister Henson, I presume", egli ha sorriso con gentilezza. La caratteristica principale di Lance è infatti una timidezza delicata, che contrasta con il suo abbigliamento da perenne "hobo", il vagabondo che viaggia clandestinamente nei treni attraverso l'America della Grande Depressione e che nell'aspetto fisico è un po' Bukowski e un po' Hell's Angel. Lance Benson parla con voce pacata, gentile, e riflette qualche istante prima di rispondere, quasi a voler essere sicuro di non creare fraintendimenti. Abbiamo capito dopo, quando l'amicizia è diventata un rapporto fraterno, che Lance non può permettersi di parlare senza soppesare le parole, perché lui è la voce del suo popolo, sia che parli ad un giornalista o ad un amico, sia che prenda la parola alle Nazioni Unite a Ginevra. E allora ti rendi conto del peso enorme che è costretto a sopportare come poeta e come  'tsistsistas": ìl vero nome del popolo Cheyenne, che nella lingua tribale definisce I'"essere umano". Lance Henson, inoltre, parla con la gentilezza tipica di chi è abituato a controllare la propria rabbia, di chi sa quanto male possano fare le parole: per questo egli le padroneggia, ordinate e nitide, come il suo inglese colto e perfetto. Perché lo Cheyenne Lance Henson è una delle grandi voci della letteratura americana contemporanea, e lo dimostrano le innumerevoli traduzioni delle sue opere, delle sue poesie, che ‑appaiono persino nelle antologie scolastiche italiane, quale unico rappresentante, insieme a Walt Whitman, della poesia nordamericana.
lo e Mauro abbiamo spesso pensato che questa seconda edizione del suo "Canto di Rivoluzione" avrebbe meritato di essere presentata da qualche luminare della critica letteraria mondiale; ed invece è toccato a noi, e ci sentiamo quasi schiacciati dalla responsabilità, perché per noi, per la gente del "Cerchio" (coordinamento nazionale dei gruppi di supporto al Nativi Americani) e per tutti quelli che hanno la fortuna di essergli amici, il grande poeta nativo americano Lance Henson è semplicemente Lance, il compagno di tante serate e notti sulla strada, in viaggio per chissà dove, di risate ai caselli sull'autostrada, di tante notti tirate fino a tardi a parlare delle iniziative riuscite e a programmarne sempre di nuove, ad ascoltarlo recitare nella sua lingua le sue poesie, travolti dalla loro bellezza. Solo entrando nel suo mondo, lasciandosi trasportare dal fascino e dalla magia delle sue evocazioni, che si tratti di un bar dell'Oklahoma o di un treno per Sarajevo, che ci indichi le sagome schive di due coyote nella prateria o che urli un dolore sempre vivo per la sua gente massacrata e violentata materialmente  e culturalmente dal "Veho" (il termine dispregiativo con cui gli Cheyenne chiamano nella loro lingua i bianchi), solo allora si intravedono la complessità e le sfumature della sua anima. Lance, infatti, non è solo uno Tsistsistas, un Uomo: in lui convivono il padre amorevole, il poeta, l'officiante del culto del Peyote, il portavoce della sua gente e il veterano del Vietnam e, infine, l'Hetomitoneo", il Dog Soldier, il componente della più importante confraternita di guerrieri del popolo Cheyenne, formata da quanti si votavano alla morte per la salvezza del proprio popolo.
Soltanto la certezza che la sua poesia basti da sola a rendere la grandezza del suo talento ci consola della nostra incapacità a forgiare l'immagine di questo guerriero in jeans e in giubbotto di pelle che scruta con amarezza i mali del mondo e li denuncia chiamando a testimoni i grandi del suo popolo e dei popoli nativi d'America, da Lama Spuntata a Toro Alto, da Cavallo Pazzo a Capo Giuseppe, con una potenza lirica senza pari.
Solo questo ci rasserena; e nello scusarci con lui e voi ci rendiamo conto che siamo capaci solo di volergli bene.

Auro Basilicò

I momenti che ricordo più volentieri con Lance sono quelli immediatamente successivi ad una conferenza, quando si allenta la tensione e tutti tiriamo un respiro di sollievo: "Anche stavolta è andata!".
In una di queste serate, in qualche posto del nord-est, dopo i saluti e le strette di mano, Lance ci fece rimanere tutti di stucco dicendo:."Io ho girato un po' dappertutto, ma non penso di aver coltivato delle amicizie; io intreccio legami familiari e voi siete la mia famiglia". E questo è il tratto che più impressiona in Lance: questa ricerca di legami profondi, radicati, come quelli che tenevano insieme il 'tiospaye", la famiglia allargata dei popoli delle Grandi Pianure. Si può spiegare così anche la sua lotta ìn difesa del suo popolo e di tutti i popoli tribali, perché lui riconosce e sa che il valore e la forza di tali legami rimangono ancora intatti in quei popoli che non hanno sacrificato la propria cultura e le proprie tradizioni sull'altare della società dei consumi. Lance e tutti gli altri superstiti dell'immane tragedia che ha colpito per oltre cinquecento anni i Nativi Americani sono riusciti a sconfiggere il trauma del genocidio e dell'etnocidio solo mantenendo vivi questi legami con la forza del sentimento, oltre ogni barriera temporale. Per loro la storia non è la scansione cronologica degli eventi: per loro la storia è il "topos", il luogo: è il brandello di coperta rossa che sbatte ancora nel vento a Sand Creek, greve dei bimbi sventrati in nome della Bibbia e del Progresso, è il sangue sparso a Wounded Knee, che fa piangere ancora, dopo più di cento anni, le donne Lakota, come noi possiamo testimoniare.
Nella società americana questa gente non ha molte alternative: o si piega e accetta di produrre i beni di consumo che stanno distruggendo gli alberi, l'acqua, le montagne e il mare, o fugge nell'oblio e nel vuoto dei whisky o della droga; oppure resta in piedi e lotta con le armi che la tradizione mette a loro disposizione. Una di queste è il mito e la metafora; ed è questa la strada che ha percorso Lance per ritrovare se stesso e per riscoprire il proprio popolo. Non è un caso che la presa di coscienza politica dei Nativi Americani sia obbligatoriamente passata attraverso il recupero delle tradizioni e della propria religione, quest'ultima intesa nel senso etimologico di "religio", ideologia e filosofia che lega le cose e le tiene insieme. Tutto questo è trasfuso da Lance nella sua poesia: e questa diviene allora sul serio un "Canto di Rivoluzione", un canto universale che libera il mondo e l'uomo da se stesso e dalle proprie paure, che generano guerre e tirannie, un canto che mette l'uomo al suo posto, in fratellanza con tutto ciò che vive, e gli consente di ritessere la trama originaria dell'universo.
Questo, in definitiva, è sempre stato il compito dei poeti e il canto di questo bardo dell'Isola della Grande Tartaruga, della TERRA ERRONEAMENTE CHIAMATA AMERICA, per dirla con le sue parole, è un dono importante per tutti noi. Le nostre associazioni, l'Huka-Key di Pordenone e la Mitakuye Oyasin di Vicenza, sono orgogliose di poter presentare, su gentile concessione della Casa Editrice Selene di Milano, questa seconda edizione di "Canto di Rivoluzione", arricchita da alcune poesie inedite in Italia. Questa pubblicazione è un tangibile segno della nostra fratellanza con Lance e con il suo mondo; e non è un caso neppure il fatto che gli utili di questo libro vadano a sostenere due scuole Cheyenne. Noi speriamo che tutte le mattine, tra i bambini indiani che vanno a scuola, ci possano essere tanti Lance Henson che rivendichino con orgoglio la propria identità e cantino, a voce spiegata, la gloria del proprio mondo, del proprio popolo e di tutti gli oppressi della terra.

Mauro Marra

 


 Torna alla prima pagina