Il tragediometro e altri racconti
di Helene Paraskeva

Helene Paraskeva
Il tragediometro e altri racconti
TerrEmerse Fara Editore
2003, 7 euro

Presentazione dell'autrice

INTRODUZIONE A "IL TRAGEDIOMETRO E ALTRE STORIE"

Il "Tragediometro e Altre Storie" ha la valenza del ritorno nei luoghi di memoria. Il ritorno può essere lungo o breve, definitivo o provvisorio. Può essere avventuroso e gratificante, come quello di Ulisse, o tragico, come quello di Agamennone. Nel ritorno c'è l'angoscia della partenza, l'impatto dell'arrivo e l'affanno per recuperare il tempo trascorso "altrove". Ritornare comporta dimostrare di non aver "tagliato i ponti". E soprattutto il ritorno è un confronto, ricordiamo quello di Ulisse con i pretendenti.
"Il Tragediometro…" nasce nella scena iniziale, non solo cronologicamente ma anche in senso eziologico. Mentre la scena iniziale, che può essere un avvenimento "storico" come un colpo di stato, una guerra, l'occupazione dal nemico o una semplice lite nel quartiere, accade in primo piano, il personaggio, che fino ad ora è stato testimone stando all'ombra, comincia ad allontanarsi portando con sé l'emozione dell'evento. Si allontana ancora nel tempo e nello spazio. Si allontana parecchio, anche culturalmente. Emigra. 
I racconti de "Il Tragediometro…" sono rituali di ritorni in quei luoghi di memoria. E trattandosi di rituali apotropaici, che fungono per scacciare il male, sono accompagnati da musica e risate, sin dall'Introduzione.
A volte i personaggi si muovono con leggerezza. Nel "Quella sera che il bacio...", le scene comiche si alternano a riflessioni più o meno serie. Ma il personaggio rimane sulla leggerezza. Rabbia, frustrazione e ira sono controllate e mutuate da umorismo e ironia.
Il rischio
A volte il sentimento controllato porta a giocare "giochi" d'anticipo, che, sebbene divertenti, rischiano di trasformare la comunicazione in uno specchio che riflette i reciproci pregiudizi all'infinito.
Lo svantaggio
A volte l'emozione incontrollata può comportare una "retrocessione" culturale e sociale. L'emozione soffoca, toglie la parola, rende stranieri. L'emozione dello straniero lo rende due volte straniero, un alieno.
Il pensiero disciplinato
La razionalità e l'ispirazione artistica, invece, salvano dall'auto-commiserazione e sviluppano l'originalità e il pensiero divergente, come in "Balanzà l'acacia del tradimento" e in "Tempi Illuminati".
Quando scrivevo "Ai Giovani", un racconto che parla di guerra e occupazione dal nemico, temevo di essere anacronisticamente patetica ma l'attualità mi ha dato torto, purtroppo. 
Infine, vorrei spendere due parole per "Da Sisifo" e "La Prima Passione di Queen Lady Blue". Il primo, che per me è un tentativo di avvicinamento agli elementi di "eros e thanatos" attraverso le strettoie delle parole-non-parole, è stato anche definito un po' "hard" o "osè". Bene. Hanif Kureishi ha iniziato la carriera scrivendo racconti "hard" per vivere. Dà da pensare…
"La Prima Passione di Queen Lady Blue", non è il racconto di "una Drag Queen alle prime esperienze". "Queen Lady Blue c'est moi!"

Helene Paraskeva

Intervista a Helene Paraskeva
autrice del Tragediometro e altri racconti

Chi è Helene Paraskeva in poche parole?
Per essere onesti la mia caratteristica specifica è quella di sbagliare "maschere". Uso quella privata in pubblico o quella pubblica nel privato e combino pasticci. Qualche volta dimentico addiritura la "maschera" e sono guai.
Come è nata la passione per la scrittura?
Una volta pensavo che fosse nata per motivi sbagliati, come la solitudine, la disubbidienza, la sfida. Adesso che la passione è matura, mi guardo indietro e rivaluto quei motivi. Un parto può anche essere difficile ma la nascita è sempre positiva.
Quali sono gli autori preferiti?
Hemingway e Moravia perché mi ci sento molto vicino. Mi piace U. Eco, J. Lahiri e H. Kureishi. Christiana de Caldas Brito mi riempie di ottimismo.
Che tipo di lettore pensi possa maggiormente apprezzare i tuoi racconti?
Il tipo di lettore che non desidera essere classificato. L'altro giorno, la signora gentillissima di una libreria mi ha detto che avrebbe collocato ll Tragediometro nel reparto di scrittura femminile. Ma se le donne leggono scrittura femminile e gli uomini scrittura maschile, quando impareremo a conoscerci?
Come definiresti il tuo stile?
Quando ero studentessa, l'estate lavoravo come mascherina in un cinema all'aperto. Le mie "mansioni" erano principalmente due. Sradicare l'erbaccia che cresceva fra le sedie, attività che odiavo, e vendere il "programma", cioè la sintesi della trama dei film per orientare lo spettatore, cosa che amavo fare. Adesso capisco il valore della prima mansione. Il mio stile non è vendere trame...
Che rapporto c'è fra vita e scrittura?
Mi sembra un tormentato rapporto amoroso. L'Autore cerca la Vita ma lei fa la difficile. Poi la Vita finalmente si sveglia, capisce che l'Autore è l'uomo per lei e lo cerca ma lui non è più disponibile. Oppure succede l'inverso. La Vita per prima cerca l'Autore ma lui è impegnato altrove. E quando l'Autore capisce che lei era la sua Vita, lei è già passata. Nel corso di questi inseguimenti, qualche volta si congiungono. È la felicità.
Hai qualche progetto nel cassetto?
Non lasciare che il mio romanzo rimanga nel cassetto.

(Fara Editore, febbraio 2003)

 

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Il tragediometro e altri racconti

Presentazione di Christiana de Caldas Brito
Libreria Odradek, Roma, giovedì 13 febbraio 2003


Nell'Italia multietnica del duemila, una brasiliana presenta una scrittrice greca. Come mai si sono incontrate?
Sono stati i libri a farle incontrare.
Una telefonata: un leggerissimo accento in un italiano perfetto. Era
Helene Paraskeva. Aveva avuto il mio numero da Alessandro Ramberti, il suo attuale editore. Proprio con Alessandro, della Fara Editore, io avevo pubblicato, nel '95, il mio primo racconto in Italia.
Helene si interessava di progetti interculturali e m'invitava a presentare il mio libro di racconti, pubblicato nel '98, nell'l'Istituto Caetani di Roma, scuola dove lei insegnava, e tutt'ora insegna, lingua e letteratura inglese.
Fatto interessante: tre delle mie quattro cognate italiane, e anche mia nuora, molti anni dopo, avevano frequentato le Magistrali proprio all'Istituto dove Helene insegna oggi. Tra l'altro, la classe del Liceo Scientifico Augusto Righi, frequentato da mio marito, per un periodo si era trasferita all'Istituto Caetani e quindi anche mio marito in qualche modo è legato al posto dove Helene lavora oggi.
Io che avevo raccontato storie di donne con difficoltà nella propria affermazione, donne senza voce, capii, al telefono, che Helene era una donna la cui voce si faceva sentire.
Ci siamo conosciute in un pomeriggio del dicembre del '98, in mezzo agli allievi dell'Istituto che avevano messo in scena uno dei miei racconti, e in mezzo ai suoni della chitarra di un altro allievo che suonava musica brasiliana.
Ecco altri punti di unione fra Helene e me oltre i libri: il teatro e la musica.
L'incontro di quel giorno è stato pieno di entusiasmo. La parola entusiasmo ha un'origine greca, come Helene. Viene da enthusiasmós e significa essere pieni del dio (entheós). Conservo un bel ricordo di quell'occasione.
Un anno dopo, Helene mi richiama perché vuole presentare nella sua scuola lo spettacolo teatrale che avevo tratto dal mio racconto "Ana de Jesus".
Contatti telefonici, scambio di idee, molte risate: la brasiliana e la greca vanno d'accordo, si stimano a vicenda.
Il tempo passa. La giovane Michela Carpi, una delle fondatrici dell'Associazione Bombacarta, mi invita a condurre con lei un laboratorio di scrittura. Creiamo così un corso di scrittura autobiografica con lo scopo di trasformare in racconti gli eventi della propria vita.
Avevo letto on line qualche racconto di Helene. Telefono io a lei e le comunico del laboratorio. Forse conosce qualcuno che sia interessato.
Con grande sorpresa, nel giorno dell'inizio del laboratorio, si presenta Helene. No, non è venuta solo per sapere di che si tratta, come pensavo. Vuole partecipare agli incontri. Vuole seguire il laboratorio. La Professoressa Helene Paraskeva vuole essere allieva.
Gugenbuhl Craig, che per un periodo è stato Presidente della Società di Psicologia Analitica (psicologi junghiani), dice che un bravo insegnante per continuare ad esserlo deve mantenere vivo l'allievo dentro di sé.
Venendo a far parte del laboratorio di scrittura, Helene conferma l'osservazione dello psicoterapeuta junghiano. Sarà sempre una brava insegnante perché non ha perso il contatto con il bisogno di imparare.
Nel vero processo d'insegnamento - soprattutto quando si tratta di scrittura - non esiste una gerarchia, ma il corso è un per-corso da fare insieme, nella condivisione delle esperienze creative.
Rimango sorpresa dai racconti di Helene: maturi e ben costruiti. In uno dei nostri incontri del lunedì, le dico: "Helene, tu hai il raro dono dell'ironia, presente in tutto quello che scrivi."
I racconti di Helene, che ho la gioia di presentarvi oggi, fanno riflettere e ridere allo stesso tempo. A cominciare dal racconto "IL TRAGEDIOMETRO", uno strumento per misurare le nostre tragedie quotidiane...
In che consiste l'ironia di Helene? Nella sospensione di ogni affermazione, nel dire e nel negare quel che dice. È come se lei non scrivesse, ma svuotasse l'anima (con le sue contraddizioni) in parole. I suoi racconti raggiungono la loro pienezza grazie ai sentimenti svuotati. Sono dei veri e propri "acting out" letterari, delle emozioni non trattenute che straripano attraverso la scrittura.
Ho letto questo libro senza fermarmi. Credo che succederà lo stesso anche a voi. Helene trasforma i suoi lettori in quello che gli anglosassoni chiamano i "page turners", i divoratori di pagine.
Oltre all'ironia - e c'è anche un'ironia semantica in questo libro, un'ironia costruita sulle parole e sui suoni che formano le parole - direi che un'altra grande qualità della scrittura di Helene è il suo ritmo. Se i suoi racconti fossero delle macchine, avrebbero tutti una multa sul parabrezza: eccesso di velocità. Leggere "Il tragediometro" significa correre per afferrare le imprevedibili immagini di Helene.
L'introduzione di "Il tragediometro ed altri racconti" è musicale. Mi ha ricordato l'ultima scena del Fellini di "La dolce vita" in cui i vari personaggi danzano, uno dietro l'altro, in una spiaggia, vicino al mare. Così i racconti della Paraskeva, uno dietro l'altro, per le vie del quartiere, portati dalla musica di Gaitán.

Che cosa sono i racconti del TRAGEDIOMETRO?
Sono dei flash di vita quotidiana, senza eventi clamorosi: la scuola, il quartiere, il vicinato, una circoscrizione di Roma. Una donna, i suoi uomini, le sue lotte, la sua solitudine... Il gusto del momento. Le storie s'interrompono e tu, lettore, vorresti che continuassero. A differenza di Cenerentola, Helene lascia il ballo un po' prima della mezzanotte. I suoi personaggi non perdono le scarpe nel palazzo del Principe. Sei tu, lettore, a rimanere con la scarpa. Ti domandi: e adesso che il racconto è finito, che faccio con questa scarpa in mano? In quel momento, afferri la profondità del racconto.
Vi invito all'ascolto del racconto "Tempi illuminati", uno spot su un ricordo adolescenziale.

Domande rivolte alla scrittrice da parte di Christiana:
1. Ogni tanto s'intravede un "qui" e un "là" nelle tue storie. Nel racconto "Balanzà, l'acacia del tradimento" si legge:
"Col panama in testa, anche d'inverno, il vecchio si sedeva sotto l'ulivo e scriveva. Faceva i conti, si diceva. I conti di quello che aveva lasciato. Di quello che aveva perso nella fretta di svendere. Di quanto rendevano gli investimenti qui. Di tutto quello che avrebbe potuto possedere se fosse ancora rimasto là." (evidenziazione di Christiana).
Vorrei sapere se le tue storie sono un modo di mantenere viva in te la tua patria.
2. Ho notato molte metafore mitologiche nei tuoi racconti. La mitologia greca è la base dell'inconscio occidentale. Difatti, le storie mitologiche sono viste come delle proiezioni della psiche umana. In che modo la mitologia ha influenzato la creatività di una scrittrice come te, nata proprio ad Atene?

 

 

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...Schede

Helene Paraskeva
Il tragediometro e altri racconti

€. 7,00 pp. 80 (TerrEmerse)
ISBN ISBN 8887808376

«Leggendo gli otto racconti del libro della Paraskeva si ha come l'impressione di penetrare in uno spazio teatrale le cui comparse si muovono su fondali di scorci mediterranei carichi di colori forti e brillanti.
Scene di vita di quartiere e personaggi familiari vengono rischiarati all'improvviso dalla luce calda, talvolta spietata, dei riflettori del ricordo. L'autrice rivive e ci fa rivivere il periodo più bello e più tormentato della vita di ciascuno: quello dell'adolescenza e della prima giovinezza. Un mondo fatto spesso di sentimenti aggrovigliati e contraddittori, in cui faticosamente si tenta di costruire il proprio sé in mezzo a tante piccole vittorie e sconfitte, in mezzo a tante figure nelle quali, volenti o nolenti, ci rispecchiamo.
Anche se il testo non fornisce alcun riferimento cronologico preciso, è facile rintracciare negli indizi sparsi qua e là e nell'atmosfera complessiva della narrazione quel pezzo di storia inquieto ed entusiasmante insieme che va dalla fine degli anni Sessanta all'intera decade dei Settanta del secolo appena trascorso. Anni contrassegnati da tensioni continue tra rinnovamento e conservazione nel travagliato panorama del sud di questo Mare Nostrum. Anni in cui il boom economico conviveva con residui di economia arcaica e il modo di vivere nelle periferie delle grandi città non era molto dissimile da quello che sussiste ancora nei villaggi o nei piccoli centri di ogni dove.
In questi luoghi brulicanti di umanità, tutti sono i protagonisti della vita degli altri e le singole persone assurgono inevitabilmente a "tipi", inconsapevoli paradigmi delle svariate corde dell'essere: dalla vigliaccheria al coraggio, dalla meschinerìa alla nobiltà d'animo, dall'umiltà all'orgoglio.
Ma il Tragediometro e altre storie non è soltanto una rassegna di quadri tipologici. Il coinvolgimento di chi scrive è totale: i ricordi sono gioie e ferite che lasciano ancora il segno, nonostante l'ironia e l'autoironia che come un filo sottile attraversa tutto il libro. Ed è proprio questo coinvolgimento che cattura il lettore e lo rende partecipe di questa "visita guidata"nei luoghi della memoria.
Il ritmo brioso del discorso costituisce poi l'anima di tutti i racconti che si snodano con un linguaggio sapientemente condito di riferimenti sottili. Un testo che incuriosisce e avvince il lettore sin dalle prime righe e lo trascina con la sua leggerezza come la musica del saltimbanco Gaitàn che introduce e fa da Cicerone al libro.»
(Rosanna Budelli)

 

Il Tragediometro che unisce la Grecia all’Italia

Una scrittura dal Sud del mondo. Una scrittrice che vuole essere "più mondiale". Intervista a Helene Paraskeva.

Roma - Misurare le piccole e grandi tragedie umane e riderci su. Ci riesce Helene Paraskeva con il suo Tragediometro e altri racconti, pubblicato da poco da Fara Editori. Una storia dopo l'altra per rintracciare le origine greche della scrittrice, per riscoprire ritmi, abitudini e odori del nostro Mediterraneo, per conoscere di più noi stessi.

Helene Paraskeva, scrittrice greca. Cittadinanza italiana?
Ho due cittadinanze, greca e e italiana. E tre culture: italiana, greca e inglese. Ho studiato a Manchester e sono diventata insegnante di lingua e letteratura inglese, la materia che insegno, qui a Roma. La formazione inglese c'entra con me, ma non è solo formazione, e oggi didattica, non è una cultura posticcia. L'ho vissuta e la vivo.

Qual è la sua identità, dunque?
E'molto difficile avere un'identità, in generale. L'identità è costruirsi un sè, un sè disciplinato, fatto di emozioni mediate da sentimenti e da ... freschezza! E' qualcosa a cui attingere. Mentre l'identità è una, le culture che ho e che vivo sono tre. E sono fuse insieme, non sono divise! Sono dentro di me.

Ne è cosciente come donna e come scrittrice?
Lo scrittore deve scrivere in modo spontaneo. E' nella rilettura critica che può diventare consapevole e dire: "Oh, sono molto italiano in questo, sono molto inglese in quest'altro". Io scrivo in italiano, direttamente in italiano, un italiano non mediato da traduzioni.

Qual è il risultato?
Il risultato lo devono giudicare gli altri. A me piace scrivere nel senso del viaggio, del percorso. Se arrivo alla fermata dell'autobus o alle Americhe è il lettore che deve giudicare. La cosa importante è il viaggio, non l'arrivo.

Chi sono e cosa fanno gli italiani in Grecia?
Gli italiani in Grecia li sento molto vicini, adesso, cioè da quando sono in Italia anch'io. Più di quando vivevo in Grecia.

Conosce molti greci a Roma?
Bè, molti... conosco un architetto greco. Sono persone molto ben integrate nella società. Ecco, so che uno delle iene (Le iene, programma televisivo, n.d.r.) è greco, si chiama Chessissoglou, ma non lo conosco.

Dice che è eurocentrica, quando invece vorrebbe essere più mondiale. Cosa significa?
Purtroppo sono solo europea. Vorrei rivolgermi a un pubblico globale, ma sento ancora dei limiti.

Alessia Rapone/ News ITALIA PRESS

CULTURE/Libri

02/05/2003
Il tragediometro e altri racconti

Helena Paraskeva, Il tragediometro e altri racconti, Santarcangelo di Romagna (Rimini), Fara editore 2003, pp. 78, € 7

Una musica arriva da lontano, una festa di strada, un centauro - arlecchino, cortigiane improbabili, l'invito a lasciarsi portare tra gente normale e forestieri ambigui, alienati, scapestrati, ribelli. Per cominciare.
Il primo racconto: Dora, aspettative e scelte sul crinale dei suoi diciotto anni; due indirizzi di studi, due ragazzi. Una storia leggera e scanzonata decisa a resistere alla virata improvvisa degli eventi intorno. In Grecia arrivano i generali, il colpo di stato spazza via la rete dei rapporti, distorce il profilo di amici e conoscenti in fattezze inaspettate, anche nell'incrocio familiare di vite e strade del quartiere. Ma il tempo gira e capita di rincontrarsi sul limite di un altro cambiamento di scena, dopo la fine della “rivoluzione”, allora succede di dover riprendere un filo lasciato interrotto tanto tempo prima e, senza proclami, senza enfasi, voler ripercorrere il presente a ritroso, riannodare il filo a propria misura.
Come Dora, le protagoniste degli altri racconti attraversano ironiche, scanzonate, ribelli piccole storie incastonate nel mosaico imprevisto della vita. La bambina che legge Nanà, irretita fra il maestro che le rimprovera la precocità e la madre l'ispirazione; la signora Mattesi che cuce reggiseni per riscattare una macchina con la quale continuare a cucire reggiseni e lascia esplodere infine un moto di ribellione; l'amore ostinato di Toni, come Sisifo condannata a ripercorrere ossessivamente una caduta rovinosa, testimone troppo partecipe e impotente del crollo di un uomo.
I personaggi si stagliano quasi loro malgrado dalle pagine del libro: inconsapevoli o innocenti catturano il lettore a una complicità empatica. Geco ha sei anni quando a furia di bacchettate sugli stinchi diventa Queen Lady Blue e un ambiguo ribelle; un uomo finisce protagonista di una rivolta senescente. Infine prende la piega di un racconto la voce narrante: nella fatica di addomesticarsi all'ipocrisia politicamente corretta, nella simpatia per il rigurgito di ruvida rozzezza di un altro vecchio, l’autrice si svela e appone una sorta di firma interna al libro.
Leggera, ironica, la scrittura di Helene Paraskeva accompagna con bonaria indulgenza i personaggi nelle loro vicende, e il tragediometro è uno strumento che mentre misura alleggerisce il peso.
Helene Paraskeva è nata ad Atene, dopo aver studiato in Grecia, in Italia e nel Regno Unito vive oggi a Roma. Insegna e organizza progetti interculturali nell’Istituto superiore “G. Caetani”. Con questa raccolta di racconti ha vinto la prima edizione del concorso «Pubblica con noi» indetto dall'editore Fara (0541 377660, fara@kaleidon.it ).


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