Alexian Santino Spinelli
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Incontro con Santino Spinelli
Santino Spinelli: voce autentica della poesia romanì
Francesco Argento
(Istituto Professionale "L.Einaudi - Ferrara)
Con i nostri occhi…
I nostri occhi scuri,
i vostri chiari.
Con i vostri chiari
Voi vedete il mondo
Come noi, e noi,
coi nostri occhi scuri,
lo vediamo come voi.
(Bronislawa Weiss, in arte Papusza)
Gli Zingari, pur avendo lasciato tracce consistenti nella letteratura europea - la gitanilla di Cervantes, Carmen di Mérimée, Esmeralda di Hugo, lo Zingaro di Lawrence, i gitani di Garcia Lorca, Melquìades di Marquez, Sindel di Sgorlon sono figure emblematiche di questa presenza - non hanno tuttavia mai avuto, come in generale i popoli nomadi, una letteratura scritta. Tutto ciò che costituisce il loro immaginario letterario è arrivato a noi attraverso la trascrizione di studiosi gagè (non rom), che hanno raccolto canti, storie e poesie, ascoltandoli direttamente dalla voce dei narratori zingari.
Soltanto a partire dal secondo dopoguerra escono alcune opere di autori zingari, che si esprimono sia in romanés che nella lingua del luogo di residenza. Menyhért Lakatos, zingaro ungherese, pubblica Il pane acre, in cui descrive la propria infanzia vissuta in un accampamento ungherese; Matéo Maxinoff, di origine catalana ma francese d'elezione, è autore di diversi romanzi (Le Ursitori, Le prix de la liberté, La septième fille), ispirati alle tradizioni e alle leggende zingare.
Nel campo della poesia si segnala l'esperienza tragica della poetessa polacca Bronislawa Weiss, in arte Papusza, che scrive direttamente in romanés. Analfabeta, impara a leggere a tredici anni, frequentando il negozio di una donna ebrea. Costretta ad abbandonare la vita nomade, in seguito a una ordinanza del governo polacco, ed emarginata dalla sua comunità, Papusza trascorre gli ultimi anni della sua vita in solitudine e isolamento, recuperando nelle sue opere quel mondo cui aveva dovuto rinunciare.
Il dolore, la sofferenza, la famiglia, l'infanzia, il viaggio, l'amore, la gioia di vivere, la natura costituiscono la base poetica degli autori zingari. Queste tematiche si innestano su una ricca simbologia che trova le sue radici nell'immaginario collettivo e nel vissuto del popolo Rom: l'albero, il bosco, la pioggia, le stelle sono immagini ricorrenti nella mitologia zingara, ma anche segni familiari di una natura amica con cui lo zingaro ha convissuto da sempre in un rapporto simbiotico.
Il motivo che ricorre con frequenza nella letteratura romanì è quello dell'identità. Si tratta di una identità che interroga e "scruta la propria collocazione e il proprio destino come se soltanto il riconoscimento del proprio 'io' autentichi l'esistenza romanì, fornendole un appiglio esistenziale di consapevolezza… Il poeta zingaro si affaccia sulla pagina a specchiarsi ed è proprio il netto contrasto tra le immagini negative stereotipate esterne e la propria interiorità che provoca incertezza e sbalordimento, ma al tempo stesso determina una maggiore presa di coscienza della propria identità…Allo specchio della pagina gli stessi poeti chiedono qualcosa di più di un fedele riflesso. Su di essa si affacciano desideri inespressi, preghiere, incantesimi, volontà di partecipazione che trovano realizzazione nella parola."
La parola è - per il Rom - uno strumento di resistenza e di difesa della propria specificità culturale e linguistica, ma anche tentativo di rottura dell'isolamento, volontà di comunicare con gli altri per superare il muro della diffidenza e dell'emarginazione costruito dal mondo esterno.
In Italia, una delle voci più interessanti e più autentiche del panorama letterario romanì è, senza dubbio, quella di Santino Spinelli, poeta e musicista, fortemente impegnato nella difesa dei diritti del suo popolo. Nell'opera di Spinelli si possono rintracciare tutte le tematiche che tradizionalmente hanno caratterizzato la letteratura romanì:
- l'infanzia/nomadismo contrapposta al presente/sedentarietà:
Agonizzante
Da bambino
ero riccamente povero
vedevo lo splendore del sole,
da adulto
sono poveramente ricco
non vedo più il mondo.
Quando le tenebre della morte
verranno a prendermi
lo faranno in assoluto silenzio.
La strada la mia vita
la casa la mia morte
(da Romanipé)
- i riti zingari, come il matrimonio o la serenata che precede e prepara il fidanzamento (Serenata zingara), la nascita (Natalità), gli affetti familiari (Dolce mia madre), la difesa dell'identità zingara (Ricchezza zingara, Ziganità, Cuore zingaro), le discriminazioni (Primo giorno di scuola, Perquisizione) e le persecuzioni:
Maledizione zingara
Gelide mani nere rivolte al cielo,
la palude ricopre la testa
schiacciata, un grido soffocato si eleva,
nessuno ascolta.
Un popolo inerme
al massacro condotto,
nessuno ha visto
nessuno ha parlato.
Cadaveri risorti dalla palude,
orribili visi mostrati al sole,
il dito puntato
verso chi
ha taciuto.
(da Romanipé)
Partendo da questi temi, Spinelli ricostruisce i momenti più significativi della storia romanì (le origini indiane, le peregrinazioni attraverso l'Europa, l'Olocausto - oltre 500.000 zingari trucidati nei campi di sterminio nazista ), ne rimarca le peculiarità culturali, senza tuttavia cedere mai al vittimismo o a forme patetiche di rappresentazione; al contrario, la sua ricerca si colloca in una prospettiva di "comprensione" - da com-prehendere, apprendere insieme - e di dialogo/incontro/confronto con la cultura maggioritaria. "Due culture in me ruggiscono forte - spiega in un breve saggio - sono state due belve feroci che mi hanno azzannato da una parte e dall'altra. Ognuna di loro poteva annientarmi, eppure con tanta pazienza e tanta fatica sono riuscito ad addomesticarle e a conciliare le loro forze. Così oggi di una conservo la testa e dell'altra il cuore."