Kossi Komla-Ebri


Cittadino italo- togolese, sposato e padre di due figli, è laureato in Medicina e Chirurgia e lavora attualmente presso l'ospedale Fatebenefratelli di Erba (Co).
Nel 1997 vince il primo premio della sezione narrativa del terzo concorso letterario Eks&Tra di Rimìni con Il racconto Quando attraverserò il fiume. Autore di diversi racconti, articoli e saggi, è coautore con Aldo Lo Curto di Afrique - La santé en images che, con il contributo del Rotary Club Lugano-Lago, viene distribuito gratuitamente nei villaggi africani di diversi paesi.
Nel 2001 ha pubblicato con Edizioni dell'Arco la raccolta di aneddoti Imbarazzismi e con lo stesso editore, nel 2002, il romanzo Neyla.




Imbarazzismi
Quotidiani Imbarazzi in bianco e nero


Bel negro, vuoi guadagnarti 500 lire?"
Un giorno uscivo dal supermercato con mia moglie, che è un'italiana. Avevamo fatto tanta spesa da riempire due carrelli. Dopo aver caricato il tutto nel portabagagli della macchina, mia moglie mi spinse i due carrelli da riportare per recuperare le 500 lire.
M'incamminavo con i miei due carrelli, quando sentii dietro le spalle un "ssst !" accompagnato da uno schioccare di dita. Mi girai e vidi un signore sulla cinquantina farmi segno con l'indice di avvicinarmi, ed abbozzare il gesto di spingere il suo carrello verso di me. Lo guardai con un'espressione che mia moglie descrisse poi come carica di lampi e fulmini.
Comunque il mio sguardo doveva essere stato eloquente, perché lo vidi trattenersi il suo carrello e portarselo per conto suo.
Senz'altro, visto il colore della mia pelle e il gesto d'affido dei carrelli da parte della mia signora, il "sciur" aveva fatto la somma deduttiva: negro + carrelli = povero extracomunitario che sbarca il lunario.
Tornando alla macchina, vidi la mia dolce metà, che conoscendo la mia permalosità, si contorceva dalle risate. Mi misi poi a ridere anch'io.
Ora ogni volta che andiamo a fare la spesa, lei mi spinge, ammiccando, il carrello con voce scherzosa: " Ehi bel negro, vuoi guadagnarti 500 lire? ".

" Lezione di geografia"

Un giorno, andavo a scuola di specialità su un treno delle Ferrovie Nord. Ero seduto su quelle sedie micidiali d'inverno perché super riscaldate, per cui bisognava discretamente sollevare una natica dopo l'altra per ottenere un po' di sollievo.
La gente come al solito occupava prima tutti gli altri posti e solo disperata, quando non aveva più altra scelta, veniva man mano a sedersi nei miei paraggi.
Un signore sulla sessantina, si sedette di fronte a me e vedevo che già si preparava ad " attaccare bottone" perciò mi rifugiai dietro il mio libro, per sfuggire al solito interrogatorio poliziesco con l'uso diretto del "tu" del tipo: "Da dove vieni? Cosa fai? Di che religione sei? ".
Questa volta, mi trovai di fronte un "attaccatore" coriaceo, che iniziò con:
- Hello! America?
Risposi con un dignitoso silenzio
- Capire italiano?
Feci "si" con la testa, ma non riuscì a scoraggiarlo.
- Africa?
Feci di nuovo "si" pazientemente con la testa, e lui prendendo la mia apparente rassegnazione come un tacito consenso proseguì con la sua inquisizione:
- Tu da che paese Africa venire?
Sentii la mia voce rispondere:
- Togo 
In genere a questo punto, c'è chi dice: "Togo? Si, ma quale paese? Stato?" oppure nasconde la sua ignoranza, sotto il velo pudico di un "Ah!" d'intendimento, pensando senz'altro ai famosi biscotti.
In fondo avevano ragione: come si fa a raccapezzarsi di fronte a questo continente balcanizzato con tutti quegli staterelli che cambiano nome ad ogni starnuto di un colpo di stato?
Intanto il viso del mio perspicace aguzzino, dopo aver aggrottato la fronte in un riflessivo ed intenso silenzio, s'illuminò di un sorriso di compassione. Concluse con infinita pazienza per spiegarmi:
- Ah Togo! Nel tuo dialetto forse dire "Togo", ma noi in italiano dire "Congo". Tu capire? Congo!!
Certo che avevo capito. 
E... grazie per la lezione di geografia!

"Baby - sitter "

Un bel pomeriggio di primavera, Charles, un mio amico togolese, sposato con una ragazza italiana, portava a passeggio i suoi due figli, quello di due anni per mano e il piccolino di qualche mese nel passeggino per le vie del centro.
Incrociarono due signore anziane. Una di loro, mossa da amorevole compassione esclamò:
- Ohi, por diavül ga tuca fa ül baby-sitter!


" Etnocentrismo "

Un giorno, in classe durante un incontro sull'interculturalità, chiesi ai ragazzi di darmi una definizione del termine "razzismo".
Subito, il più sveglio esclamò:
- Il razzista è il bianco che non ama il nero!
- Bene! dissi - E il nero che non ama il bianco?
Mi guardarono tutti stupiti ed increduli con l'espressione tipo "come può un nero permettersi di non amare un bianco!".


"Il colore dei soldi "

Estate, Agosto, ferie sospirate dopo un anno a lavorare come un... negro. Sarebbe, pensava Apélété forte della sua esperienza, più giusto dire " lavorare come un ...brianzolo ".
Infatti, sposato con una brava brianzola, il nostro amico aveva messo da parte un po' di "danè" e aveva prenotato telefonicamente in una pensione in riva al mare.
Arrivati a destinazione, mentre lui scaricava i bagagli, la moglie, recuperate le chiavi in reception salì su in camera.
Carico come un facchino, Apélété s'avviava verso le scale quando si sentì interpellare dal gestore:
- Ehi tu, dove pensi d'andare?
Al suo sguardo interrogativo e di stupore, il padrone rispose con un linguaggio per sordo- muto del genere "tu non poter andare su!".
A questo punto, il nostro amico...nero dalla rabbia si spiegò concitatamente:
- Ho prenotato qui una stanza da più di un mese, e ne avete appena dato le chiavi a mia moglie!
- Oh mi scusi- iniziò l'oste- l'avevo preso per...
E Apélété di finire nella sua mente"...un facchino...nero".
E' proprio vero che la voce al telefono non ha colore, ma di certo, i soldi non hanno ...colore...


"Punto a...Capo "

Un giorno che si trovava nel corridoio della corsia dove lavorava come infermiera, Akolè vide arrivare un signore elegante e distinto.
Con premurosa gentilezza, gli andò incontro e gli chiese:
- Mi scusi, posso esserle utile?
Lui rispose con un secco "No" oltrepassandola per recarsi diritto verso la dispensa dove le ausiliarie stavano apprettando i pasti per i degenti.
Arrivato lì disse:
- Sono il figlio della signora Galimberti del letto 130 che è stata operata stamani e vorrei avere notizie dalla caposala sulle sue condizioni.
Gli fu indicato che la caposala era quell'infermiera "di colore" che aveva appena sorpassato nel corridoio.


" Grande capo Carlo "

Un'estate, trovai lavoro come custode e curatore di cavalli da corsa in una fattoria.
Il fratello del proprietario, che era lì come uomo di fatica a tutto fare, mi portò a fare il giro delle scuderie. Subito s'informò:
- Tu venire Brasile? (il fratello ci aveva delle tenute).
-No- risposi- Vengo dall'Africa.
- Tu conoscere cavalli?
Risposi:
- Questa è la mia prima esperienza, ma i cavalli mi hanno sempre affascinato.
Intanto eravamo giunti nel box di una bella giumenta rossiccia a cui il proprietario stava propinando dell'avena.
Suo fratello disse ancora rivolgendosi a me:
- Tu dare mangiare due volte al giorno cavalli e...
A questo punto suo fratello l'interruppe dicendo:
- Perché tu parlare così grande capo viso pallido Carlo? Guarda che lui è studente universitario al quarto anno di medicina e parla l'italiano meglio di te...
Passò un angelo con le narici palpitanti in groppa ad un cavallo impallidito dal disagio.


" Il trasloco "

Cissé non tornava in Senegal da due anni per poter accumulare così due mesi di ferie da passare in terra natale.
Sulla strada dell'aeroporto della Malpensa, già pregustava oltre il "tieboudienne" che gli avrebbe fatto trovare la sua mamma, cucinato con gli ingredienti "giusti", le grida di gioia dei fratelli, sorelle e cugini, quando aprirà per loro suoi due valigioni pieni di regali.
Al check in, la signorina raffreddò il suo entusiasmo informandolo che le sue valigie pesavano 40 chili e ne aveva diritto solo a 20.
La sua gioia si tramutò dapprima in angoscia per sprofondare poi nella più nera disperazione.
Non poteva di certo tornare a casa senza regali. Sarebbe stata la più cocente delle umiliazioni, perché i regali erano il segno tangibile della sua riuscita in Europa e si era privato di tante cose per quello. 
Per sua fortuna una giovane coppia di neo-sposi in viaggio di nozze per Dakar, avendo pochi bagagli si offrirono per condividere i suoi chili eccedenti.
Il suo sollievo fu mitigato dal commento della signorina alla coppia:
- Cosi li abituate male, perché questi qua non viaggiano, traslocano. 


" Moglie e buoi dei paesi tuoi"

Quando ero in Francia, un mio professore, di fede liberista-avanguardista, che aveva una gran simpatia nei miei riguardi, m'invitava spesso a passare la fine settimana con la sua famiglia.
Col tempo, m'ero legato ai figli, d'affettuosa amicizia, e non perdevamo mai un'occasione per stare insieme.
Una sera dopo un servizio televisivo sull'intolleranza razziale, il prof. salendo in cattedra declamò:
- Non riesco proprio a capire come fa la gente ad essere razzista. Vedi, tu qui da noi, sei come uno dei nostri figli. Ti trattiamo alla pari, ti parliamo sempre senza atteggiamenti di superiorità, ti facciamo mangiare a tavola con noi...
Dentro di me pensai "tante grazie! " mentre lui concludeva:
- Non abbiamo mai tenuto conto del colore della tua pelle. Vedi, noi non siamo razzisti.
Dissi:
- Sa, professore, a volte la gente è razzista senza saperlo, almeno finché non è coinvolta in prima persona. Supponiamo per esempio, che m'innamorassi di sua figlia, e, contraccambiato, la chiedessi in sposa, lei cosa direbbe?
Rispose:
- Beh...questa è un'altra cosa!
La nostra discussione si arenò lì.
L'unica cosa strana, è che da quella sera non mi ha mai più invitato a casa sua.
Chissà mai perché?


" La voce dell'innocenza "

Quando c'invitarono, mia moglie ed io ad una trasmissione televisiva sulla coppia mista, mio figlio di nove anni mi chiese:
- Papà, ma perché devono fare una trasmissione sulla coppia mista? Cosa vuole dire una coppia mista?
Risposi:
- Vedi che papà è nero e la mamma è bianca, noi formiamo una coppia mista. Siccome per la gente è una cosa nuova, vogliono che ne parliamo.
Dopo averci pensato per un po', mi guardò e disse:
- Oh, per me, una coppia mista è un uomo che sposa un robot.


"Le ragioni della speranza "

Salendo sull'autobus, sentii gridare ancora prima di vederlo, un ragazzino di una scuola in cui ero andato a parlare dell'Africa:
-Kossi, ciao Kossi!
Girai la testa in direzione della sua voce e lo vidi strattonato da sua madre che mi squadrò con gli occhi diffidenti, mentre si abbassava per dirgli concitatamente qualche cosa a bassa voce.
Lo sentii ribattere ad alta voce la faccia stupita:
- Ma, mamma è Kossi! 


" Sindrome da vù-cumprà "

Tornando da scuola, Gratus passò per il centro per comprare dei quaderni alla cartoleria.
Appena entrarono nel negozio, lui e il suo borsone, il commerciante gli venne incontro con mani e palmi aperti con:
- No grazie, non compriamo niente!
- Ok!- disse Gratus - ma io, posso comprare dei quaderni?


" Eufemismo "

Stavo confezionando un gesso dietro al paravento, quando bussarono. Pregai l'infermiere di vedere chi era quel paziente... impaziente.
- Mi scusi infermiera - disse la voce di una signora- non c'è quel dottore?
- Quale dottore signora?
- Sa...- disse esitante-hmm...quello con gli occhiali.
- Sono in tanti con gli occhiali.- rispose perfidamente l'infermiera.
- Quello... quello di...- disse la signora, annaspando per trovare il termine più appropriato.
- Quello? Chiese impietosamente l'infermiera.
E la signora buttandosi come in apnea disse:
- Quello di... quello un po' ... insomma quello...negrettino!
- Lei cerca il dottor Kossi?
- Appunto! Rispose con evidente sollievo.
- Se vuole aspettare un attimo, sta visitando.
- Grazie

Io intanto pensavo: "Cara mia signora, definire uno della mia stazza" un negrettino" è davvero... un eufemismo!"



"Vu cumprà mania"

Quando Kuma si recò con la sua adorata Serena in Sardegna per conoscere i futuri suoceri, lei lo portò ad assaporare la tiepida brezza salmastra della sera in spiaggia.
Mentre Kuma apriva il borsone per estrarne la salvietta per sdraiarsi, gli si avvicinarono due amabili signore che con sollecitudine chiesero:
"Non hai qualche braccialetto o collanina da vendere?"

"D'uso comune"

Il sindaco di una grande città del nord Italia in un discorso ufficiale definì con il termine "vu cumprà" i venditori ambulanti senegalesi.
Qualcuno obiettò che la parola era offensiva e carica di significato dispregiativo.
Il primo cittadino ribatté che si trattava di una polemica pretestuosa in quanto ormai "vu cumprà" era una parola d'uso comune.
Quando chiesero ad un mio amico giornalista senegalese cosa ne pensava, egli rispose:
"Dite a quel sindaco che è un cretino! Tanto, "cretino" è ormai una parola d'uso comune."

Identità

Appena sposati, le amiche (?) di mia moglie erano davvero incuriosite della nostra coppia "domino".
Di certo per loro aver sposato un negro era davvero una cosa… strana.
"Cosa mangia?" le chiesero alcune senz'altro agghiacciate al pensiero di un rnenu a base di serpente affumicato o di ginocchio d'elefante bollito.
"Chi sa come verranno fuori i vostri figli!" esclamò un'altra di fede milanista tormentata all'idea di una generazione a strisce tipo zebra-Juventus.
L'intellettuale del gruppo si contorceva la mente nel dilem- ma amletico:
"In chi e in che cosa si identificheranno i vostri figli?"
Oh Dio! Finora per i miei figli sono il loro papà e mia moglie è semplicemente la loro mamma.
Credo che loro si sentano ormai (e lo auguro a tutti)… cittadini del mondo.

(Da Kossi Komla-Ebri, Imbarazzismi. Quotidiani imbarazzi in bianco e nero, Edizioni dell'Arco, 2002)


Incontro con Kossi Komla-Ebri



Maria Calabrese 
(Liceo Classico "L.Ariosto" - Ferrara)



Agli studenti della 3 R

IMBARAZZISMI, quotidiani imbarazzi in bianco e nero è il titolo di un piccolo libro di Kossi Komla-Ebri, uno scrittore togolese da anni residente in Italia, che, ricorderete, lo scorso anno ha partecipato, il 20 aprile, al Convegno 'Culture e letteratura della migrazione'.
Si tratta di una serie di quadretti, "spesso divertenti, tutti illuminanti", come si legge nella prefazione di Laura Balbo, in cui si raccontano episodi di vita quotidiana che mettono in luce pregiudizi, luoghi comuni…
Mi sembrano uno spunto adatto per sondare le reazioni a situazioni di imbarazzo, appunto, che spesso si vengono a creare, pure in una società diventata ormai dichiaratamente multiculturale, quando si incontrano/scontrano il bianco e il nero della pelle.
A voi, che con entusiasmo avete partecipato lo scorso anno alle attività propedeutiche e alle giornate intense del Convegno, chiedo di leggere gli IMBARAZZISMI che ho selezionato, di 'ascoltare' le vostre reazioni e di scrivere sensazioni, osservazioni…..

Grazie per la collaborazione
Maria Calabrese


Ferrara, 11/2/2003 
Gli studenti e le studentesse rispondono…

Lettera di un'inconsapevole razzista.
E' veramente imbarazzante rendersi conto che, nonostante mi dichiari una "non razzista", cado nel limbo dell'ignoranza come la maggior parte delle persone che non hanno l'abitudine al multirazziale.
Forse sto cercando scusanti, ma il problema penso sia proprio questo: in fin dei conti ciò che non conosci ti spaventa, hai paura perché hanno una cultura diversa, religione diversa, diverso modo di pensare e di atteggiarsi, e noi in qualità di custodi del sacro scrigno del sapere abbiamo paura che il nostro regno dorato venga profanato da rozzi abitanti di capanne, che danzano intorno ad un fuoco e si nutrono di insetti.
La radice del razzismo sta proprio nella ottusità di pensiero, nel mondo che ci circonda, e che ci ha assuefatto e che ci spaventa cambiare, insomma "razzismo = paura".
Credo che le generazioni future smetteranno di vedere l'uomo di colore diverso come venditore ambulante, accattone e mangiatore di bambini. Io personalmente lo spero, perché, in cuor mio non vorrei esserlo, ma la mia ignoranza….

Erika Albieri

Leggendo gli imbarazzismi la prima cosa che ho pensato, lo dico con sincerità, è che molte delle cose scritte avvengono spesso nella realtà quotidiana, che, a mio parere, resta ancora fortemente radicata nella mentalità "superiore" tipica dell'europeo.
Credo sia semplice fingere di non essere razzisti: "siamo tutti uguali ecc….", ma la realtà è un'altra, e non mi sento nemmeno in grado di dare l'intera colpa al pregiudizio, è forse semplicemente colpa del nostro modo di generalizzare…?
La molteplicità dei fattori che contraddistinguono questi atteggiamenti sicuramente è correlata; giusto è anche ricordare che la storia dei popoli non viene cancellata, è come una macchia indelebile che ogni uomo ha nella parte più intrinseca della propria anima, la storia, è vero, non può essere rimossa ma forse può essere ripercorsa dalla speranza, che io voglio e spero si chiami giustizia.

Letizia Bencivelli


Premetto che ho apprezzato tantissimo l'idea dello scrittore di scrivere un libro sugli imbarazzismi.
Questo librino è particolare e può essere visto come un assieme di battute divertenti o come una riflessione sulla nostra realtà. La chiave ironico - burlesca di cui si è servito l'autore del libro rende ancora di più l'idea della superficialità che spesso si usa nel classificare la diversità. Bastano poche sfumature che non rientrino nella nostra gamma di colori per farci fare un pregiudizio, una classificazione e magari anche un'esclusione. Parlo di sfumature e non di tante realtà, in quanto siamo tutti accomunati da "colori base" come la vita, ma ognuno sviluppa in essa una sua gamma di sfumature che un altro non ha. Talvolta però siamo talmente accecati dalle nostre o talmente impauriti dalle altre, che non ci vogliamo nemmeno accorgere di quanto possano essere belle, calde e ricche di sapore anche per noi. Nel mondo d'oggi si parla di globalizzazione e di omogeneità, ma a mio parere prima di questo dobbiamo imparare a cogliere le sfumature che gli altri ci offrono e farne tesoro. 

Mauro Biasiolo


Leggendo questi Imbarazzismi, mi è balzata alla mente una poesia di Maria-Clara Raddi, che rispecchia precisamente i miei pensieri per quanto concerne il problema del razzismo:

" Giorno dopo giorno
assistiamo impotenti
a continui nonsensi,
che portano a pensare
che il tempo si è fermato
e che l' uomo ha dimenticato
il compito a lui assegnato:

egoismo, involuzione,
rabbia, desolazione.

Si potrebbe ora riparare
a quanto si è fatto di male;
si potrebbe ora prender coscienza
dell' importanza di ogni esistenza,
che ha il diritto di costruire
la propria vita senza subire,
che ha il diritto di regalare
ciò che di bello ha da donare. "


Purtroppo la prima parte della poesia conferma l' esistenza di questi imbarazzismi ai quali ci rassegniamo, o che forse non vogliamo ammettere. L' immagine che mi viene in mente è quella descritta in G. Mantovani, L' Elefante Invisibile quando si parla della strage del Nazismo: noi vediamo una fitta nebbia, non il fumo degli inceneritori di corpi umani … Insomma, noi non siamo razzisti, la nostra è una società multiculturale … però quando nostro figlio vorrebbe parlare con un ragazzo di colore, lo richiamiamo subito: " Non rivolgergli la parola, lui è l' uomo nero, ti rapisce, ti fa del male … " 
Questa è una visione realistica, mentre la seconda parte della poesia mi fa pensare solo ad un' utopia … .

Elisa Borghi


Dopo aver letto questi brevi testi ho riflettuto su un'esperienza passata che uno dei miei migliori amici, un ragazzo di colore, ha vissuto. Gli episodi che il mio amico ha provato li ho vissuti personalmente anch'io e ho capito, anche se in piccola parte, come si vivono queste situazioni di diseguaglianza che i testi di Kossi hanno descritto molto bene. Questi atteggiamenti non li ho mai accettati e speso questo orribile ed inutile problema venga risolto al più presto. 

Valentina Carrieri 


I racconti di Kossi Komla-Ebri che ho letto mi sono molto piaciuti ma, contemporaneamente mi hanno fatto pensare molto. Queste notizie mi hanno molto stupito per il fatto che è la realtà, purtroppo è la realtà. E' notevole il metodo in cui vengono raccontati, sembra quasi di vivere le vicende in prima persona. La cosa più interessante di queste storie è che riguardano fatti che accadono tutti i giorni davanti ai nostri occhi. Anzi, forse a volte ne siamo anche protagonisti, facendo figuracce. Questo purtroppo accade a causa della nostra ignoranza, perché non conosciamo l'altro, o perché siamo stati educati ad evitare di conoscerlo. Forse per non commettere questi errori bisognerebbe parlarne di più, e non solo nelle scuole. 

Rachele Fortini


Trovo che i raccontini dello scrittore Kossi Komla-Ebri siano piuttosto divertenti, poiché mettono in luce in modo ironico il razzismo delle persone, e la loro inconsapevolezza di essere razziste.
Penso che benché ormai tutti facciamo gli "splendidi" e sosteniamo di essere aperti alla multiculturalità, tutto sommato restiamo sempre un po' diffidenti, o continuiamo a sentirci superiori rispetto a chi non è occidentale e ha culture, colore della pelle e religioni profondamente diverse da noi. Secondo me gli italiani hanno grossi problemi a gestire il fenomeno della multiculturalità, sia da un punto di vista politico, sia per quanto che riguarda i rapporti interpersonali; non siamo abituati a considerare un marocchino, per esempio, o un nigeriano, un nostro pari. Al contrario, ho potuto notare, in altre grandi città europee come Parigi, o Amsterdam, che le persone di colore, o comunque non occidentali, sono perfettamente inserite e accettate dalla comunità. 

Irene Del Principe

Si può considerare il razzismo come tendenza a difendere la purezza della propria razza da ogni possibile contatto o contaminazione, per la convinzione che alla differenza di colore della pelle, forma del cranio, lingua o dialetto, credenze o usanze particolari, religione ecc. corrisponda una superiorità o un'inferiorità intellettuale e morale. Da qui deriva il fatto che certi gruppi, che i autoproclamano superiori, si sentono in diritto di sfruttare, opprimere, se non addirittura distruggere altri nuclei giudicati inferiori. Ancora oggi, nel nostro paese, nonostante la crescita economica e sociale e la tanto nominata multiculturalità, continuano ad esistere fenomeni di razzismo: è molto più semplice far germogliare la paura piuttosto che l'amicizia.
Ma perché questo odio? Perché abbiamo paura di quelli diversi da noi ed è più comodo non mettersi in discussione: per questo formiamo i nostri piccoli gruppi, abbiamo la nostra razza, il nostro Paese, il nostro partito politico, la nostra squadra di calcio, e mentre tutti gli altri sono potenziali nemici, noi siamo automaticamente i migliori.
Nella nostra società, caratterizzata da una presenza massiccia di extracomunitari, occorre molta larghezza di vedute per superare il sentimento di diffidenza verso gruppi minoritari, purtroppo esaltato dai mass media e da alcuni partiti politici.
L'Italia, che ha visto milioni di suoi figli emigrare in varie parti del mondo, sappia dare una giusta e doverosa accoglienza a coloro che sono costretti ad entrare nel nostro Paese per motivi di sopravvivenza.

Lucia Govoni


Credo proprio che la parola IMBARAZZISMI sia la più appropriata da usare per i brevi ma efficaci quadretti presentati nel fascicolo, efficaci perché permettono di comprendere, senza mezzi termini, l'italiano tipo, cioè quello che pensa che l'uomo o la donna di colore debbano per forza essere in un certo senso subalterni agli italiani, mentre questo, come dimostrato dai brevi testi, non è obbligatoriamente vero.
La nostra cultura ci porta a pensare che il "nero" sia meno intelligente di noi, e quindi, come è capitato al signore in ospedale, vedersi indicare come capo-sala una ragazza di colore fa effetto soprattutto perché si è portati a pensare che la supremazia bianca stia per svanire, in poche parole ci sentiamo minacciati.
Io penso che l'<immigrato> è parte della nostra società esattamente come noi, come noi abbia il proprio ruolo e per questo deve avere le nostre stesse possibilità di farsi una vita, di avere un'istruzione adeguata per vivere e lavorare degnamente.
In generale, l'italiano tipo pensa che la donna o l'uomo di colore siano 'ignoranti' solo perché non hanno potuto ricevere una minima istruzione, a causa delle enormi difficoltà politiche-economiche, nel paese d'origine da cui sono fuggiti e che quindi non abbiano diritto ad avere un'occupazione adeguata in Italia. Chi afferma questo dimostra di essere lui stesso "ignorante", nel senso che "ignora" le altre culture non portandogli rispetto.
In conclusione, l'extracomunitario viene accettato solo quando si sottomette, svolgendo i lavori più umili, ma soprattutto quando non pretende di coltivare la propria cultura e la propria religione d'origine. 

Sara Leoni


La sottile satira con cui vengono raccontati questi brevi episodi di vita quotidiana fa sicuramente riflettere.
Se ad una prima lettura suscitano divertimento e spingono al sorriso, pensare al loro significato, a quello che vogliono trasmettere, non può che essere l'ennesima dimostrazione di come la nostra società sia impregnata, ancora oggi, di pregiudizi e luoghi comuni.
Gli imbarazzismi di cui qui si parla credo appartengano, proprio per questo motivo, a comportamenti propri del colore bianco più che del nero, perché, se è vero che è quest'ultimo a trovarsi immerso in una situazione diversa, che può forse dare adito a disagi, rimane comunque il primo in una situazione imbarazzante e vergognosa rispetto al modello di società multiculturale che ormai si è delineato.

Lisa Magri


Dopo la lettura dei brani ho pensato molto a questo problema che ci tocca da vicino ogni giorno: infatti basta passeggiare per le strade di una città o di un paese per incontrare persone diverse da noi, non solo per il colore della pelle, ma anche per cultura o religione diverse dalle nostre.
A mio parere il razzismo è strettamente collegato alla paura della diversità, quando per diverso si intende una persona che non ci assomiglia; il singolo difficilmente si considera razzista fino a quando non si trova a stretto contatto con una persona che appartenga ad una "razza" diversa: a quel punto si instaurano dei rapporti particolari che vanno dall'indifferenza alla simpatia all'odio…
Questi "pregiudizi" si notano solo negli adulti, in quanto i bambini non nascono razzisti e non si creano problemi a stare con persone diverse da loro; tutto dipende dall'educazione che si è ricevuta.
Sono rimasta molto colpita da una frase del brano intitolato La voce dell'innocenza perché viene messa in luce la semplicità e l'innata obiettività del bambino, quando definisce la coppia mista l'unione tra un uomo e un robot. A lui non importa il colore di suo padre o sua madre, per lui sono i suoi genitori.

Monia Masperi


Sostengo che tale lettura ponga l'accento su aspetti ancora non superati della nostra società.
Ho gradito la scelta dello scrittore di trattare tematiche rilevanti sottoforma di satira o quantomeno cercando di sollecitare riso amaro.
Si potrebbe definire lo specchio del frutto dell'ibridazione culturale, del cosmopolitismo, che, ancora oggi, provoca forti diffidenze e timori, radicati a fondo nel passato. 
Ritengo che occasioni di questo genere sono opportune per capire noi stessi.

Erica Melandri


Non so davvero cosa dire riguardo a ciò che più volte ho appena letto. 
Quando si leggono questo genere di cose si rimane letteralmente senza parole. 
E' molto triste pensare che questi episodi avvengono ogni giorno; ed è ancora più triste mettersi nei panni di queste persone che devono subire le "incomprensioni" della nostra cultura. 
Si, perché è proprio di "incomprensioni" che si parla; la nostra cultura si sofferma solo all'apparenza, non riuscendo (o volendo?) comprendere tutto ciò che sta dietro al semplice colore della pelle.
Non per niente è frequente dire " L'apparenza inganna . . . ".

Elisa Mingozzi 

Leggendo i racconti di Kossi, il primo elemento che ho notato è la modalità con cui tratta un tema tanto attuale quanto diffuso: il razzismo.
Questo scrittore di origine togolese descrive varie situazioni di discriminazione razziale in chiave satirica, con l'intento di 'giocare' e allo stesso tempo far riflettere su questo tema. Questo modo insolito di scrivere, a mio parere, risulta forse il più efficace e comprensibile per tutti, in quanto la satira riesce a coinvolgere trattando anche i temi più problematici.
Nel leggere i passi tratti dal libro Imbarazzismi mi sono resa conto di quanto il razzismo sia radicato nelle menti della gente; nella maggior parte delle frasi o espressioni che usiamo quotidianamente sono presenti termini discriminanti. E il fatto più preoccupante è che non ce ne rendiamo conto, e solo se qualcuno o qualcosa ce lo fa notare, allora ci fermiamo a riflettere.
Per questo, secondo me, è importante diffondere una cultura, anche attraverso la letteratura, che ci liberi dai 'paraocchi', ovvero dai pregiudizi presenti nella nostra società. 

Martina Montagnana


Tanto vale ammetterlo: vivo in un paese dove la multiculturalità rimane solo in superficie, nel profondo rimane il razzismo, una malattia incurabile che tende a generalizzare, sotto cattiva luce, il diverso. 
A questo punto mi sorge spontanea una domanda: ma quanti anni abbiamo? Siamo adulti ormai? Se la risposta a questa domanda è si, allora mi spiegate perché continuiamo ad aver paura dell'uomo nero, facendolo apparire sempre più spaventoso davanti ai bambini che dovranno imparare a diffidare di lui? Eppure, quando accendo la TV per ascoltare i telegiornali non sento la notizia "un extracomunitario ha ucciso… ha rubato… ha fatto…" ma sento che questo lo fa, il più delle volte, una persona qualsiasi, eppure i bambini non devono avere paura dell'uomo bianco…. 
Trovo i racconti dello scrittore Kossi Kombla - Ebri molto istruttivi, in quanto possono insegnare a ciascuno di noi che la realtà delle cose non è in superficie, stampata sulla nostra pelle, ma che rimane nel profondo, un luogo che solo poche persone hanno la facoltà di vedere. Solo quando tutta l'umanità sarà in grado di togliersi il paraocchi potremo dire di aver raggiunto la vera uguaglianza, che ora vive nei cuori di pochi, e nella mente degli ignoranti, ovvero di coloro che la inneggiano e non la sanno mettere in pratica… 

Sonia Randi


Su questo argomento si è parlato molto e la maggior parte della popolazione si è dimostrata d'accordo nell'affermare che il razzismo non doveva più esistere, ma purtroppo ancora oggi assistiamo nella vita di tutti i giorni ad atti di discriminazione razziale. Di fronte a ciò provo imbarazzo, disgusto e rabbia, mi dispiace che tutti gli insegnamenti siano stati per alcuni inutili e che non esista in loro la volontà di cambiare.

Ambra Rinaldi



Ben fatto, Kossi!
Il mio commento ricade innanzitutto sulla freschezza dello stile, che non ha troppe pretese intellettuali: i racconti ''di vita'' di Kossi (e dei vari protagonisti)sono contraddistinti da una semplicità tale da lasciare i lettori di stucco. E proprio questo è l'intento del "nostro" dottore. Allora, come si deve leggere questo testo? Personalmente, trovo che sia necessario leggere i racconti tutti d'un soffio, uno dopo l'altro, gustandosi le risate che sorgono spontanee, pagina dopo pagina. Ma, pagina dopo pagina, il lettore (probabilmente bianco e italiano) si accorge della profondità dell'argomento, della necessaria riflessione da fare sulle testimonianze di Kossi: tutti i racconti trovano il protagonista coinvolto in situazioni a dir poco imbarazzanti, ma per noi il comportamento lì rappresentato è normale. Anzi, così normale da essere diventato consuetudine. Nero (o immigrato) = povero cristo che sbarca il lunario. Giustamente, Kossi ci chiede, sottovoce, se questa possa essere definita una società progredita. La mia risposta è negativa, e fortemente arrabbiata perché ancora oggi il colore della pelle parla prima della voce; è indispensabile comprendere il neologismo "imbarazzismi", poiché dalla radice di questo si comprende l'ignoranza patetica di tutti i personaggi che, senza nome e senza volto, entrano nelle pagine del libro: il ragazzo dell'episodio Etnocentrismo che risponde a Kossi sono io. Il signore che chiede della caposala, dopo aver schivato la caposala di colore, è il signore che abita di fonte a noi. Nella nostra mentalità deve nascere un neologismo: società multi-etnica. E' un neologismo? Per molti ancora sì. per me no, come non lo è per gli interlocutori-lettori di Kossi, per tutti coloro che credono in una dimensione sociale molto più ampia di quella conosciuta in Italia sino ad ora: un cittadino deve sapere bene dove inizia e dove finisce la propria casa. La mia inizia al polo nord e finisce al polo sud. Che ci sta dentro o di fianco è un concittadino o vicino di casa. Gli extracomunitari? Sono quelli piccoli e verdi, e fino ad ora si sono ben guardati dal venire tra persone che non riescono a vedere al di là del proprio naso, bianco o nero che sia….

Sara Sanguinetti


Questi piccoli imbarazzi capitano tutti giorni dentro la normale monotonia della nostra vita italiana e distruggono l'idea che avevamo fissato a grandi lettere nei nostri pensieri: io non sono razzista. Non lo sarò mai. Anche se non ci è mai successo di scivolare in modo così evidente sul pregiudizio, nel parcheggio della coop, in un vagone rumoroso del treno o in riva al mare, gli imbarazzismi lasciano un alone di sporco sulla nostra vita e ci ricordano che è nella quotidianità che si concretizzano i pensieri. Oggi, in un mondo in cui la differenza fa paura, in cui non si vogliono più conoscere altri, diventa sempre più difficile essere coerenti e gli imbarazzismi urlano senza sosta ciò che abbiamo bisogno di ricordare.

Lucia Trida


Vorrei riportare subito una frase del racconto Etnocentrismo: "Come può un nero permettersi di non amare un bianco?"
Proprio perché noi siamo bianchi, una razza pura, pulita che ricopre gran parte del mondo, possiamo permetterci di criticare, di discriminare le persone 'diverse' da noi. Questo non vale solo per i neri, ma per qualsiasi razza diversa dalla nostra, che sia gialla rossa o di qualunque altro colore possibile…ma cosa dico, non è solo il colore della pelle che ci fa discriminare una persona diversa, giacché ogni pretesto è buono pur di ferire una persona, specie un immigrato.
Mi sono molto divertita leggendo questi piccoli racconti, con un profondo significato reso divertente dall'autore, ormai abituato ad essere scambiato per un vu-cumprà, per un immigrato senza un briciolo di cultura che non sa nemmeno dire da quale paese proviene, oppure ancora allontanato da tutti…per paura di non so che cosa e che forse non riuscirò a capire mai.
Mi sembra un libro veramente molto bello, non esiste alcuna forma di vittimismo dell'autore per la sua condizione, anzi egli insieme a sua moglie ci ride sopra ed è lo spirito migliore che una persona possa avere. Ammiro molto lo scrittore che forse mentre scriveva non si è neanche accorto del modo in cui è riuscito a proporsi al pubblico, un modo del tutto giocoso e scherzoso pieno di allegria, forse per cercare anche di aiutare le persone nella sua stessa situazione a prendere nel migliore dei modi tutte le accuse e le discriminazioni subite.

Martina Vancini 


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